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Full text of "Historiae patriae monumenta edita iussu regis Caroli Alberti. Tomus X. Codex diplomaticus Sardiniae. Tomus I"

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06603921130014 
<36603921130014 
Bayer. Staatsbibliothek 



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MONVMENTA 



HISTORIAE PATRIAE 



Tomvs X. 




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HISTORIAE PATRIAE 



MONVMENTA 



EDITA IVSSV 



REGIS CAROLI ALBERTI 



TOMVS X. 



CODEX DIPLOMATICVS S\I!IHM\K. 

Toiavs 1. 



AVGVSTAE TAVRINORVM 

B REfilO TYPOGR APHEO 

An. h . o . ccr. . lxI. 




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VICTORIO EMMAWELI H 



REGIS CAROLI ALBERTI F. 



ITALIAE REGI 



CODIGEM INSVLAE SARDINIAE DIPLOMATICVM 



CVRATORES HISTORIAE PATRIAE STVDIIS PROMOVENDIS 



D. D. D. 



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VII 

Eslraito dalla Gazzetta Ufficiale del Regno, n.° 47. 24 febbraio 4860. 



VITTORIO EMANVELE 



EGG. EGG* 



Sulla proposizione del Nostro Ministro Segretario di Stato per gli aflari dellTnterno ; 

Abbiamo decretato e decretiamo : 
Art. 1. La Deputazione sovra gli Studi di Storia Patria, creata con Regio Brevetto del 

20 aprile 1 855 , aggiungera ai lavori di cui trovasi attualmente incaricata quelli 

relativi alla pubblicazione di opere inedite o rare e di diplomi ed atti appartenenti 

alle Provincie Lombarde. 
Art. 2. Sara proposto al Parlamento un congruo assegnamentd in aggiunta alla Cat. 46, 

art. 6 del Bilancio 1860 del Ministero delFInterno , e cosi pel tratto successivo di 

anno in anno per i lavori ed il servizio di detta Deputafcione, onde supplire alle 

esigenze di quanto e prescritto nell'articolo precedente. 
Art. 5. La Deputazione suddetta e investita , rispetto alle summentovate Provincie , di 

tutte le facolta che le vennero attribuite dal citato Brevetto per le altre parti dello Stato. 
II predetto Nostro Ministro dell'Interno e incaricato dell'esecuzione del presente 

Decreto. 

Dat. a Milano, 21 febbraio 1860. 

VITTORIO EMANVELE. 



C. Cavovb. 



Al preriferilo R. Decreio precedette la segimte Relazione del Ministro deltlnterno . 



SlRE , 



La R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria, creata dal Magnauimo Re Carlo Alberto con 
Brevetto del ao aprile i833, attese mai sempre con indefesso zelo ai lavori, che risposero non meno 
allo spirito della sua istituzione, che alla giusta aspettazione delia dotta Europa. 

Nove volumi di gran mole , e ricchissimi di documenti preziosi ed inediti hanno gia avuto il giudizio 




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Tlfl 

del pubblico , che fu appieno fevorevole , e laie da accrescere skimolo al pre&eguimento della felice 
impresa. 

Si stanno preparando, e probabilmente entro questo istess'anno 1860 saranno compiti, il volume 
decimo, che conterra il Godice Diplomatico dell'Isola di Sardegna , e 1'undecimo, che comprendera 
parecchie Storie inedite , ragguardanti. al Piemonte. 

Di un duodecimo volume la R. Deputazione ha gia destinato le materie , fra le quali saranno 
gli atti degli Stati generali del Piemonte e della Savoia , viva espressione di nazionale rappresentanza, 
nobile memoria di non mai legalmente e formaunente abolite pubUicbe frauchigie. 

Ora , coll'aggiungersi di nuove e preclare Provincie aglt antichi Stati deila Casa di Savoia , sorge 
spontaneo il desiderio di vedere compresa nel giro degli studi e delle pubblicazioni della R. Deputazione 
quella eletta parte dltalia, che viene accomunarido le sue sorti colle nostre. 

Non e gia che la Lombardia difetti di tali illustrazioni , che anzi fu in essa , e diremo anche per 
essa , che nella prima meta del secolo xvm s'intraprese la magnifica collezione degli Scrittori di cose 
italianc , merce della cura e della diligenza delFuomo il piu benemerito degli Studi Storici in Italia, 
Ludovico Antonio Muratori ; e furono i Soci Palatini Milanesi 7 che fornirono i mezzi di attuare Jla 
grande impresa, la quale, favorita allora dal Governo, coll'assistenza di valenti eruditi, tra cui TAr- 
gelati, ed il Sassi , riusci a tanto vantaggio delle lettere, ed a cosi grande decoro dltalia. 
'' Ne lo splendido esempio datosi con quella celebre pubblicazione maitcb di seguito , e dHmrtatori , 
che nessnna provincia italiana ebbe piu della Lombardia larga copia di documenti raessl a ^posizione 
tkgh studiosi per le dotte fatiche det Fumagalli, del Lupi , del Giolini, del Fasi, del HoTblt , e di 
parecchi altri, che s'aggiunsero a quella illustre schiera. 

La R. Deputazione estendendo la sua azione sugli Studi di Storia Patria selie nuove Provincie', 
non avra che a secondare il movimento gia impresso e continuato cola aUe investigazioni di suo. isti- 
tuto , ad applaudire a quel c^ie si e fatto, e ad associarsi a quello che si sara per fare.. 

Rigorosamente parlando forse non occorrerebbe neppure un atto esplicito del GovernO per estendere 
alla Lombardia la letteraria ingerenza della R. Deputazione , poiche ' questa si applica in genere 
a tutti gli Stati di V. M., ma sarebbe certamente gradito a qUelle stesse Provincie un tratto di par- 
ticolare attenzione del Governo a tale proposito. 

Converxebbe quindi che oon un Decreto Reale si facesse tale dispositione. 

La R. Deputazione prowederebbe in seguito per dar mano a qualche pubblicazione speciale di cose 
Lombarde , eleggendo , col Sovrano beneplacito, alcuni membri scelli fra quelli che neUe anzidette 
Provincie coltivano piu fervorosamente gli studi storici. 



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IX 



REGIA DEPVTAZIONE 



SOVRA CLI STVDI 



DI STORIA PATRIA 



»■> Presidente. 

SCLOPIS.1DI SALERANO Ecc. Conte D. Fedewgo , Ministro di Stato , Vic^-Preiidente 
del Senato' del Regno , Primo. Presidente , Presidente del Gonsiglio del Contenzioso 
diplomat&o, e della Commissione di Statistica giudiziaria, Socio della R. Accademia 
<deUe Scienze di Torino, Socio corrispondente deiristituto.di Francia, Memhro aggre- 
gato, deirAccademia Imperiale di Savoia , ecc, Cav. di Gran Croce, decorato del 
Gran Gordone , dell' ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro , G&v. e . Consigliere 
deirordine del Merito Civile di Savoia, Cavaliere delTordine della Legioft d^Onore 
di Francia , e di quello del Merito sotto il titolo di S. Giuseppe. . - 

Vice-Presidentu 

...■>...' ' . .... 

CIBRARIO Ecc. Nobile Lvigi , Ministro di Stato , Senatore del Regno , Piimo Presi- 
dente, Primo Segretario di S. M. pel Gran Magistero deirordine dei Ss. Maurizio 
e Lazzaro, Sbcio della R. Accademia delle Scienze di Torino, Socio corrispondente 
■ >' deUlstituto< di Franeia^ corrispondente <JelT Accademia Iniperiale di SavOia , delle 
Societa d'Economia Politica di Parigi c di Madrid , deIl'Accademia Imperiale degli 
Ahtiquarii xli. Francia ^ deirAceadeania Archeologica Spagnuola, ecc., Cav^ <ii Gran 
Croce, decorato del Gran Cordone dei Ss* Maurizio e Lazzaro, Gav. e Cbnsigliere 
i dell ? cn*dine.iteloB(|erito Civile di Savoia, Cav. tli G. Cordone dcgli Qrdml di Carlo IH 
... A\\ »Spagna ,< della Concezione di Portogallo : r ' di Leopoido <lel fielgio, del Mediidie 
Ottomano , endeli;Lewne Neerlandese , eoci > 
FERREHQ DELLAJ MARMORA Conte Albekto f Senatore del Regno , Luogotenente Ge- 
i ; iiejfale, ^Yicc-Presidente' della R. Accademia delle Scienzd i di Torino, Membrb della 
Commissione Superiore di Statistica , Cavaliere di Graii Croce , decorato del Gran 
. t ieordone deil'0rdine dei Ss. Mawizio e Lazzaro, Grahd?lJfficiale delFOrdine Militare 
di S»voia r Gav. e Consigliere deh"ordihe del Merito Civile di Savoia, Gavaliere del- 
. .'r IWdinei 'della Legion d onore di Francia. 

RICC^I Marchese Vikchkzo , Deputato al . Parlamehto Italiano , Gerwva. 

MANJSOoEeC; fiarone D. GiVseh»e, Senatore del Regno , Primo Presidente della Corte 
di Cassazione , Socio della R. Accademia delle Scienze di ToFino„ Socio corrispon- 
dente dell'Accademia della Crasca, Membro onorario del Regio Istituto Lombardo 
di Scieuzc^ Lettere ed Arti, Presidente perpetuo della Reale Societa Agraria ed Ero- 




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nomica di Gagliari , Cavaliere di Gran Croce decorato del Gran Cordone delTordine 
dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Cav. e Consigliere Onorario deirordine del Merito 
Civile di Savoia , MUano. 



Segretariu 

BAUDI DI VESME Cav. Carlo , Senatore del Regno, Membro della R. Accademia delle 
Scienze di Torino, e della Commissione Provinciale di Statistica, Cav. delTordine 
dei Ss. Maurizio e Lazzaro , e dell'ordine del Merito Civile di Savoia. 

FRANCHI-VERNEY DELLA VALETTA Conte e Cav. Alessandro , Uffiziale dell'ordine 
dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Consigliere d'Appello. 

Membri residenti. in Torino. 

SAULI D' IGLIANO Conte Ludovico , Senatore del Regno , Consigliere di Legazione , 
Membro e Direttore della Classe di Scienze Morali , Storiche e Filologiche della 
R. Accademia delle Scienze di Torino , Vice-Presidente del Consiglio del Contenzioso 
Diplomatico , AccademiCo d'onore deH'Accademia Reale di Belle Arti , Commenda- 
tore delFordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Cav. e Consigliere dell' orjdine del 
Merifo Civile di Savoia. 

SCLOPIS Ecc. Conte D. Federigo, predetto. 

CIBRARIO Ecc. Cav. D. Luigi , predetto. 

PEYRON Teol. Amedeo , Prof. emerito di Lingue Orientali , Membro e Tesoriere della 
Reale Accademia delle Scienze di Torino, e Socio straniero delFIstituto di Francia 
(Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Accademico corrispondente della Crusca, 
Commendatore deH'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Cav. e Consigliere dell'ordine 
del Merilo Civile di Savoia , Cav. della Legion d'Onore di Francia. 

PROMIS Domenico , Bibliotecario e Conservatore del Medagliere di S. M. , Socio della 
R. Accademia delle Scienze di Torino , Uffiziale dell' ordine dei Ss. Maurizio e 
Lazzaro. 

MALASPINA (dei Marchesi) Ab. D. Fabrizio, Comm. delL'ordine dei Ss. Maurkio e Lazzaro. 
BAUDI DI VESME Cav. Carlo , predetlo. 

RICOTTI Ercole , Maggiore nelle R. Armate, Membro del Consiglio Superiore di Pub- 
blica Istruzione, Socio della R. Accademia delle Scienze di Torino, Cav. delPordine 
dei Ss. Maurizio e Lazzaro, e di quelli del Merito Civile, e Militare di Savoia. 

PROMIS Carlo , R. Archeologo, Prof. d'Architettura Civile nella R. Universita di Torino, 
Socio della R. Accademia delle Scienze di Torino, Accademico d'onore delliAcca- 
demia.R. di Belle Arti, Cav. delPordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. 

VALLAURI Tommaso, Dottorc Collegiato di Belle Lettere, Prof. di Eloquenza Latina nella 
R. Universita di Torino v .Cavaliere dell'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. 

BONCOMPAGNI DI MOMBELLO Cav. Carlo, Deputato al Parlamento.Italiano, Membro 
della R. Accademia delle Scienze di Torino , Inviato straordinario e Ministro plehir 
potenziario in riposo, Cav. Gran Croce decorato del Gran Cordone deilordme dei 
Ss. Maurizio e Lazzaro. * ; 

FERRERO DELLA MARMORA Conte Alberto, predetto. 

FRANCHI-VERNEY DELLA VALETTA Conte e Cav. Alessandro, predctto. 



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CASTELLI Michel- AiViELO , Senatore del Regno , Direltore generale degli Archiyi gene- 
rali del Regno , Commendatore deU'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzftro, 

CARUTTI DI CANTOGIJO Domsnico, Segretario Generale nel Ministero degli Affari 
Esteri, Deputato al Parlamento Italiano, Membro e Segretario del Consiglio del 
Contenzioso Diplomatico , Socio della Reale Accademia deile. Scienze di Torino , 
Commendatore delT ordine dei Ss. Manrizio e Lazzaro , Cavaltcre delT ordine del 
Merrto Civile di Savoia, Cavaliere di Gran Cordone deirordine d'Isabella la Cat- 
tolica di Spagna , Grand'Uffiziale deirordine di Leopoldo del Belgio. 

COMINO Garlo Fblice, Sostituito del Procuratore Generale presso la Corte d'AppeIIo 
di Torino, Cav. delT ordine dei Ss. Maurizio e Lazaaro, e di quello di Cailo III 
di Spagna. 

BOSIO Priore D. Awromo, Dottore in Teologia. 

Membri non residenti in Torino. 

MANNO Ecc JBarone D, Giuseppe , predHto , MUano. 
DATTA Avv. Pietbo, Parma. 

MULETTI Cablo , Cavaliere delTordine dei Ss. Manrizio e Lazzaio , Veriuol» (Cii con- 
dario di SaluzzoJ. 

GAL Canonico D. Giovanni Antonio , Cavaliere dell'ordine dei Ss. MauriztO' e Lazzaro, 
Professore einerito di Teologia, Membro della Societa Geolegica di Franeja, fe, del- 
l'Accademia Imperiale di Savoia , Membro onorario della SocielA Savoina di 
Stoiia e d'Archeologia, Cerrispondente della Societa di Scienze Storiche e Naturali 
deU'Yonne r Membro della Giunta Statistica, e della Giunta d'Antichita , e Presi- 
deate della Societa accademica del Ducato d' Aosta , Aosta. * 

MARTINI Pdbtro , CaValiere degli ordini dei Ss. Maurizio e Lazaaro , e del Merito 
Civile di Savoia , Dottore d'ambe Leggi , Presidente della Biblioteca della Jtegia 
Universita di Cagtiari, Membro non reeidente deU'Accademia Reale delle Seienze 
di Torino, Memhro della Reale Societa Agraria ed Economica di CagUari, e della 
Societa Lignre di Storia Patria , Socio corrispondente delT Istituto Arlneoiogico di 
fioma , e della. Soeieta Economica di Chiavari , Cagliari. 
3FOLA Nobile D. Pasquale, Gavatiere delTordine dei Ss.Maurizio e Lazzaro* Consigliere 
nella Corte d'Appelto «ii Genota* Socio corrisporniente della Reale Accademia delle 
Scienze, e della Reale Societa Agraria di Torino , Soeio onorario della Reale Socifeta 
Agraria ed Economica di Cagliari ; Vice*Presidente delia Societa Ligure di Storia 
, Patria , : Genova. 

MORENO Monsignor D^ Luwt, Vescovo dlvrea, Cwimeridatore deirordise dei Ss. Mau- 
rizio e Lazzaro, Ivrea. 

SBERTOLI • Abate PasqlalB Aotomo , Genova* '\ . . 

FERRERO PONZIGLIONE DI BORGO D ALE Conte Vineento , Dnttor d Amhe Leggi , 
Cavaliere delFordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. 

CROSET-MOIJCHET Canonico D. Gicseppe , Dottore in Teologia ed in Ambe Leggi, 
Uffiziale deHWdine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , R. Professore di Teologia nel Se- 
rainario Vescovile di Pinerolo e Pro-Vicario generale della Diocesi Socio . corri» 
spondente delta R. Accademia delle Scienze di Torino , Soeio deU'Accademia Imp. 
di Savoia , della Societa Accademica d'Aosta , e dell' Accademia Rotnana dei 
Quiriti, Pinerolo. 



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XII 

GHARVAZ Monsignor D. Andrea , Arcivescovo di Genova , Gavaliere di Gran Groce , 
decorato del Gran Gordone , dell' ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Membro 
della Reale Accademia delle Scienze di Torino , dell'Accademia Imperiale di Savoia, 
e deH'Accademia Romana dei Quiriti, Genova. 

ADRIANI Padre D. Giambatista, de'Chierici Regolari Somaschi, Rettore del Reale Collegio- 
Gonvitto di Gasale Monferrato , gia Professore di Storia e Geografia nel Collegio 
militare di Racconigi , Membro della R. Accademia di Filosofia e Belle Lettere di 
Fossano, della Societa Accademica del Ducato d'Aosta, deirAccademia Imp. di Dijon , 
Socio d'onore delTIstituto nazionale di Ginevra, della Societa Istorica della Moravia 
e della Silesia , della Economica di Ghiavari e di Savona , Socio corrispondente della 
R. Accademia delle Scienze di Torino e della Imperiale di Savoia , della R. Aecademia 
Lucchese, della Societa Ligure di Storia Patria, delle Imperiali Accademie di Scienze, 
Belle Lettere ed Arti di Marsiglia, e di Aix in Provenza, della Societa Archeologica 
di Montpellier e di quella di Storia e Archeologia di Savoia, delFAccademia Reale 
di Storia di Madrid, deiristituto Istorico di Francia , ecc, Gavaliere degli ordini dei 
Ss. Maurizio e Lazzaro, e di Leopoldo del Belgio , fregiato della grande medaglia 
d'oro di Sardegna, e di quella di Sassonia pel merito Storico-Diplomatico , e del- 
rimperiale di Russia pel merito Scientifico-Letterario, Casale di Monferrato. 

MANUEL DI SAN GIOVANNI Barone Giuseppe , Dottor d'Ambe Leggi , Dronero (Cir- 
condario di Cuneo). 

BONAINI Francesco , Gavaliere degli ordini dei Ss. Maurizio e Lazzaro , del Merito 
sotto il ftitolo di S. Giuseppe, e dell'Aquila Rossa di Prussia, Sovr' Intendente Ge- 
nerale dei Regii Archivi nelle Provincie Toscane , Professore emerito delle Regie 
Universita di Pisa e di Siena, Accademico residente della Grusca , Socio ordinario 
dei Georgofili , Vice-Presidente dell'Ateneo Italiano , Socio . corrispondente della 
Regia Accademia delle Scienze di Torino , dell' Accademia Romana d'Archeologia x 
e deiristituto Archeologico , Firenze. 

BANCHERO Giuseppe , Catastraro della Citta di Genova, Gorrispondente della Societa 
Letteraria di Lione , e di quella di Statistica di Marsiglia , Genova. 

BELGRANO Luigi Tommaso , Applicato agli Archivi Governativi di Genova , Vice-Segre- 
tario Generale e Segretario della Sezione d'ArcheoIogia nella Societa Ligure di 
Storia Patria, Gorrispondente deU'Accademia degli Euteleti di San Miniato, Genova. 

BOSISIO Canonico D. Giovanni, Proposto e Preside del Gapitolo Gattedrale di Pavia, Pavia. 

GANALE Avv. Michble Giuseppe , Genova. 

CANTU' Cav. Cesare, Cavaliere dell'ordine del Merito Civile di Savoia, ecc. ecc, Milano. 
DE SIMONI Cornelio , Dottor d'A. L., Applicato straordinario negli Archivi Goveraativi 
di Genova , Presidente della Serione di Storia nella Societa Ligure di Storia Patria, 

Genova. 

FINAZZI D. Giovanni , Ganonico Teologo ^del Capitolo Cattedrale di Bergamo, R. Prov- 
veditore agli Studi della Provincia di Bergamo, Socio attivo , e Vice-Presidente di 
quelPAteneo, Professore emerito nei Semihari di Pavia e di Bergamo, Socio d*onore 
degli Atenei di Brescia e di Bassano , delPAccademia Valdarnese del Poggio , e di 
quella di Religione Cattolica, e delTImmacoIata Concezione di Roma , Bergamo. 

GIULINI DELLA PORTA Conte Cesare , Senatore del Regno dltalia , Commendatore 
delfordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Presidente del Consiglio Provinciale di 
Milano , Milano. 

MARCHESE Padre Vince^zo Fortunato , deUVdine dei Predicatori Cavaliere deU*ordine 



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»11 

dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Professore onorario della R. Universita di Siena , 
Dottore di Gollegio per la facolta di Filosofia e Belle Lettere nella Regia Universita 
di Genova , Socio della Romana Accademia dei Quiriti, della Fiorentina Golombaria 
e di quella delle Belle Arti , della Yaldarnese del Poggio in Montevarchi , della 
Valle Tiberina in Borgo San Sepolcro , dei Filomati di Lucca , delFAteneo di Scienze 
Lettere ed Arti di Bassano , della Societa Ligure di Storia Patria , e di quella di 
Belle Arti in Genova , Genova. 

MAZZOLDI Angelo, Cavaliere dell'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Dottor di Leggi, 
Professore straordinario di Storia Italiana nella Regia Universita di Torino, Preside 
del Liceo di Piacenza , Membro effettivo delTAteneo di Brescia, Socio onorario delle 
. Accademie di Lucca , di Milano e di Genova , Piacenxa. 

ODORICI Federigo , Gavaliere deU' ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Socio corri- 
spondente della Reale Accademia delle Scienze di Torino , Membro dell'Ateneo di 
Brescia, Gorrispondente della R. Accademia Ercolanense, e deirAccademia Pontaniana di 
Napoli, Membro dell'Ateneo di Firenze e della Societa Ligure di Storia Patria, Brescia. 

OLIVIERI Agostino , Gavaliere deH'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Bibliotecario della 
R. Universita di Genova , Professore di Paleografia e Diplomatica , Segretario ge- 
nerale della Societa Ligure di Storia Patria, Vice-Presidcnte della Sezione di Storia 
nella Societa stessa , Genova. 

RIGGI Marchese Vincenzo , predetto , Genova. 

ROBOLOTTI Francesco , Gavaliere deir ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Medico 
primario e Direttore emerito dello Spedale magglore di Gremona, Socio corrispon- 
dente della R. Accademia Medico-Chirurgica di Torino, dell'Istituto di Scienze, Let- 
tere ed Arti di Milano , delT Accademia Medico-Ghirurgica di Ferrara , e delT Acca- 
demia Fisico-Medica-Statistica di Milano, Vice-Conservatore del Vaccino pella Pro- 
vincia di Cremona , Cremona. 

SALA Aristide, Licenziato in ambe Leggi, Cavaliere deirordine dei Ss. Maurizio e Laz- 
zaro , Canonico nclla Metiopolitana di Milano, Terzo Erogatario del Clero delle 
cento Ferule, Archivisla di quella Curia Arcivescovile , Socio fondatore dell'Asso- 
ciazione Pedagogica di Milano, Socio d'onore dell'Accademia Cingolana degli Incolti, 
Socio corrispondente dello Istituto Storico di Francia, classe terza, della Pontificia 
Accademia Tiberina e della Societa Ligure di Storia Patria , Milano. 

GOSSA Nobile D. Giusefpe , Dottore in Matematica, Primo Assbtente della R. Biblioteca 
di Brera in Milano , Professore di Paleografia e Diplomatica , Socio corrispondente 
del R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti , Socio d'onore delFAteneo 
di Brescia , Milano. 

DOZIO Abate Don Giovanni , Dottore della Biblioteca Ambrosiana , Milano. 

ROSA Gabriele, Cavaliere dell' ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Socio effettivo degli 
Atenei di Bergamo e di Brescia, Socio corrispondente di quelli di Bassano, Treviso e 
Venezia, e Membro corrispondente della Societa d'Antichita patrie di Zurigo, Bergamo. 

ROSSI Girolaho , Professore di Rettorica , e gia Provveditore agli Studi nel Collegio 
di Ventimiglia , Membro corrispondente dell' Archivio Storico Italiano di Firenze , 
della Societa Ligurc di Storia Patria , e dell'Ateneo di Milano , Socio d'onore del- 
TAccademia degl'Incolti di Gingoli , .Fentimiglia. 

VIGNATI D. Cesare , Arciprete , Cavaliere dell' ordinc dei Ss. Maurizio e Lazzaro , 
Socio corrispondente dell' Accademia Colombaria di Firenze , e Socio onorario del- 
1'Accademia d'Agricollura , Commercio ed Arti di Verona , Lodi. 




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xrv 

OSIO Loigi , Cavaliere deH'ordine Reale Danese del Danebrog, Socio effettivo dell'Ateneo 
di Milano , Direttore Gapo di Divisione di \ .* classe agli Archivi Governativi in 
Milano, Milano. 



Membri residenti alVEstero. 

BILLIET Monsignor D. Alessio , Arcivescovo di Chambery, Cavaliere di Gran Croce 
decorato del Gran Cordone dell' ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Commenda- 
tore delPordine Imperiale della Legion d'Onore , Membro della Reale Accademia 
delle Scienze di Torino , dell' Accademia Imperiale di Savoia , e delle Accademie 
di Scienze , Belle Lettere ed Arti di Lione , Dijon , e Rouen, Chambdry. 

COSTA DI BEAUREGARD Marchese Pantaleone, Commendatore dell'ordine dei Ss. Mau- 
rizio e Lazzaro , Socio della R. Accademia delle Scienze di Torino , Presidente 
deirAccademia Imperiale di Savoia, Chambery. 



La Regia Deputazione ha inoltre Socii corrispondenti Italiani , e Stranieri. 



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MVTAZIONI ACCADVTE NEL CORPO DELLA R. DEPVTAZIONE 

DOPO LA PVBBLICAZIONE DEL PRECEDENTE VOLVMB, 
SEGONDO DEL LIBER IFRIFM E NONO DELLA SERIE 



'HOMINE 

In seguito a proposta della R. Deputazione S. M. si degnava di chiamare a farneparte 

Con Decreto 47 maggio 1857. 

CASTELLI Cavaliere Aw. Michel Angelo. 
CARUTTI CavaJiere Domenico. 

j 

Cdn Decreto 24 aprile 1858. 

COMINO Cavaliere Avv. Carlo Felice. 
BONAINI Cavaliere Fbancesco. 
, TROYA Cavaliere Carlo. 

Con Decreto 4 4 giugno \ 860. 

BANCHERO Gidseppe. 
BELGRANO Lcki Tommaso. 
BOSIO Priore e Teologo D. Antonio. 
BOSISIO Canonico D Giovanni. 
CANALE Awocato Michele Giuseppe. 
CANTU' Cavaliere Cesabe. ^ 
, DE SIMONI Awocato ConNBUo. 
FINAZZI Canonico D. Giovanni. 
GIULINI DELLA PORTA Gonte Cesabe. 
MARCHESE ^adre Vincenzo Fobtunato. . 
MAZZOLDI Cavaliere Angelo. 
ODORICI Cavaliere Fedebigo. » 

•.••.;;>.•» I . i . ■ . - 

OLIVIERI Avvocato Agostino. 
RICCI Marchese Vincenzo. 
ROBOLOTTI Cavaliere Dottore Fbancgsco. 

SALA CabonicO D. Aristide. 

•' t ■ . - ". ' • 

Con Decreto 5 luglio 4860. 

COSSA Nobile D. Giuseppe. > 
DOZIO Abate Giovanm. , ... . 

MANDELLI Cavaliere Notaio Vittorio. 



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Xfl 

ROSA Cavaliere Gabriele. 
ROSSI Girolamo. 
VIGNATI Arciprete Cesare. 

Con Decreto 5 dicembre 4 860. 
OSIO Luigi. 



IHORTI 

II 24 maggio 4857. 
II nobile Leone Menabrea , Deputato residente in Chambery. 

II 19 settembre 4857. 
II Cav. Givuo Cordero dei Conti di S. Quintino , Deputato residente in Torino. 

II 5 maggio 4859. 
II Cav. Abate Costanzo Gazzera , Vice-Presidente. 

II 2 settembre 4859. 
II Conte Ignazio Sohis di Chiavrie, Deputato residente in Torino. 

II 4 ottobre 4859. 
II Conte Lvigi Nomis di Cossilla , Deputato residente in Torino. , 

II 25 novembre 4859. 
L'Aw. Matteo Molfino , Deputato residente in Genova. 

U 6 febbraio 4860. 
L'Abate e Professore Giambatista Raggio , Deputato residente in Genova. 

II 6 febbraio 4864. 
II Cav. Vittorio Mandelli , Deputato residente in Vercelli. 



ELEZIOII DI VFFIZIJILI 

approvate con Regii Decreti delle seguenti date 



4 859 , 2f luglio. 

FERRERO DELLA MARMORA Conte Alberto, Pice-Presidente , in surrogazione del 

defunto Cav. Abale Costanzo Gazzera. 
FRANCHI-VERNEY Cavaliere Alessandro, SegretariOy in surrogazione del Conte Vincenzo 

Ferrero Ponziglione , demissionario. 

4860 , 44 giugno. 
GIVLINI DELLA PORTA Conte Cesare , Vice-Presidmte in Milano. 
RICCI Marchese Vincenzo , Fice-Presidente in Genova. 

4 860 , 5 dicembre. 

MANNO Ecc. Barone D. Givseppe , Fice-Presidente in Milano , in surrogazione del Conte 
Cesare Givlini della Porta , demissiohario. 



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CATALOGVS 



XVII 



MONVMENTORVM HVC VSQVE EDITORVM 



CVRANTE SOCIETATE REGIA STVDIIS RERVH PATRIAE PR0M0VEND1S INSTITVTA 



INTOMO I. (Charlarum L). 
Chartae ab anno dcu. ad annum mcclxxxxu. 



IN TOMO II. (Leges Municipales ) . 



Statuta ac privilegia Civitatis Secusiae. 
Statuta et privilegia Civitatis Augustae Praetoriae. 
Statuta et privilegia Civitatis Niciae. 
Statuta Consulatus lanuensis anni mcxlii. 
Imposicio Officii Gazariae. 



Statuta et priviiegia Civitatis Taurinensis. 

Statuta Societatis Beati Georgii populi Cheriensis 

Statuta Comunis Casaiis. 

Statuta Civitatis Eporediae. 

Statuta Civitatis Montiscalerii. 



.0 



IN TOMO M. (Scriptorum I). 



Anciennes Chroniques de Savoye. 

Fragments de la Chronique du Comte Rouge par 

Perrinet Du-Pin. 
Chronica Latina Sabaudiae. 
Chronica Abbatiae Attaecumbae. 
Chronica Iuvenalis de Acquino ab anno mcdlxxv 

usque ad annum mdxv. 
Dominici Machanei Mediolanensis Epitomae histo- 

ricae Novem Ducum Sabaudiae. 
Memoires sur la vie de Charles Duc de Savoye 



Neuvieme des Tan mdv jusqu'en Tan mdxxxix 
de messire Pierre de Lambert Seigneur de la 
Croix President des Comptes de Savoye. Avec 
un discours sommaire du succes du Siege mis 
au-devant du. Chateau et Cite de Nipe par 
Francois Roy de France et par le Turch Bar- 
berosse de Tan mdxlui. 
Historico Discorso di Giuseppe Cambiano de' Si- 
gnori di Ruffia al Serenissimo Filippo Emanuele 
di Savoia Prencipe di Piemonte. 



IN TOMO IV. (Scriptorum II). 
Storia delle Alpi Marittime di Pielro Gioffredo, Libri xxvi. 




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XVIII 



IN T03I0 V. (Scriptprum III). 



Fragmenta Chronicae Antiquae Civitatis Pedonae. 

Chronicon Novaliciense. 

Waltharius. 

Beati Heldradi Novaliciensis Abbatis Vita. 
Necrologium Prioratus Sancti Andreae Taurinensis. 
Necrologium Monasterii Sanctorum Solutoris, Ad- 

ventoris et Octavii Taurinensis. 
Sancti Iohannis Confessoris Archiepiscopi Raven- 

natis Ecclesiae Vita. 
Libellus Narrationis seu Chronicon Coenobii Sancti 

Michaelis de Clusa Nicolai u. S. P. iussu exa- 

ratum. 

Venerabilis Benedicti Clusensis AbbatisTita. Auctore 

Willelmo Monacho eius discipulo. 
Summariae Constitutiones Monasterii Beatae Mariae 

de Abundantia. 
Necrologium Monasterii Beatae Mariae de Abun- 

dantia. 

Fragmentnm Martyrologii Ecclesiae Beati Evasii Ca- 
salensis. 

Necrologium Insignis Collegii canonicorum San- 

ctorum Petri et Ursi Augustae Praetoriae. 
Selecta e libro Anniversariorum , Refectorioriun , 



Vigiliarum et Missarum Conventualium Ecclesiae 

Cathedralis Augustanae. 
Martyrologium Graeco-Augustanum Ecctesiae Sancti 

Mauricii De Brusson in valle Challand apud Au- 

gustanos, saeculi x., vel xi. 
Kalendarium Augustanum, ad fidem Autographi 

saeculi xu. inclinantis vel xni. ineuntis. 
Extractus Anniversariorum , Refectoriorum , Vigi- 

liarum et Missarum Conventualium fieri soli- 

tarum in Ecclesia Cathedrali Gvitatis Augustae 

Praetoriae ad fidem Apographi saeculi xvi. 
Fragmenta de Gestis Astensium excerpta ex libro 

Ogerii Alpherii Civis Astensis. 
Memoriale Guilielmi Venturae . Civis Astensis , de 

Gestis Civium Astensiiun et plurium aliorum. 
Memoriale Secundini Venturae Civis Astensis. 
Cronaca di Saluzzo di Gioffredo Della Chiesa. 
Cronica di Monferrato di Galeotto del Carretto del 

Terzero di Millesimo. 
Benvenuti Sangeorgii Chronicon. 
Chronicon Imaginis Mundi fr. Iacobi ab Aquis 

Ordinis Praedicatorum. 



IN TOMO VI. (Chartarum II). 

Chartae ab anno ncc ad annum mcclxxxxix. 
Vrsonis Notarii Genuensis, Carmen saec. xm. 

IN TOMO VII. (IAbri Iurium Reipublicae Genuensis Tomus I). 
Chartae ab anno nccccLvm ad annum hcclxxx. 



in tomo vm. 



Edicta Regum Langobardorum. 



IN TOMO IX. (Libri Iurium Reipublicae Genuensis Tomus II). 
Chartae ab anno ncxxxvm ad annum nccccxLvn. 

IN TOMO X. (Codicis Diplomatici Sardiniae Tomus I). 
Chartae ab anno mii ad annum mcccxcii. 



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LIBRI OFFERTI 



XIX 



ALLA 



KEGIA DEPVTAZIONE SOVRA GLI STVDI DI STORIA PATRIA 



m 1.« ccnnmo m* al u mgcm m\ 



Musee de Tzarskoe-Selo, ou CoUection d'armes de Sa Majeste l'Empereur de toutes 
ies Russies, ouvrage compose' de 180 planches litographiees par Asselineau , 
avec une intcoduction historique par Flox Cille, Conseiller d'Etat, BibUothe- 
caire de S. M. ImpeYiale, etc. S*-Petersbourg, et Carlsruhe, Velten, i835- 
i853; 3 vol. 

Antiquites de TEmpire de Russie e*dite'es par ordre de S. M. TEmpereur Nicolas I. 
' Six vol. de texte, en langue Russe, et sit series de planches coloriees. Moscou, 

Cromolith. de Bachmann, 1 849-1 853. 
Notizie storiche deUa Valsassina e delie terre limitrofe dalla piu remota lino. alla 

presente eta , raccolte ed ordinate dall' Ingegnere Giuseppe Arrigoni. Milano , 

Pirola, 1840 ;. 8.° con carta. 
Delle Acque minerali subacidulo-salino-ferruginose di Taceno nella Valsassina , 

Cenni scritti daUTogegnere Giuseppe Arrigooi. Mtfano, Piroia, 1848. 
Una Corsa per la Valsassina dellTngegnere Giuseppe Arrigoni. Milano, Redaelli, 

i854. 

Di alcuni Artisti Valsassinesi ignoti o poco noti , Cenni deliTngegnere Giuseppe 
Arrigoni, eslratti dal Manuale della Provincia di Como per 1'anno i854< Como, 
OstineUi, 1854. 

Documenti inediti risguardanti la storia della Valsassina e delle terre Jimitrofe , 
naocoUi dattTnge§»ere Giuseppe Arrigoni. Vol I. fasc. 1 e 3. Milan«, Pirola, 
i85 7 . t . 

Storie Breseianie >dai primi tempi Sino aU'eta nostra, di Federico Odorici. Vpl. L-VIII. 
Breacia , Gtfberli, i853. 

Spirito di associazione di alcune Citta Lombarde nel medio evo , indagini di Fe- 

j derioo Odarici ; estratto 4«jU'Archivio Storicp Italiano , tom. XL p. 1. Firenze,, 

- ; CeJttni.,;i8f5p. ..;•■:•' , 

Istoria Civile dei Ducali di Parma, Piacenza e Guastalk», di Luciano Scarabelli. 
■ r Yol L ; e II. Itaha, |84& 

&toria deUa Guerra di Fedejigo: Primo contro i Cpmuqi, 4i Lombardia, di 
Gio. Battista Tesla. Vol. I. e II. Doncaster. Edwin, "VS^hite ,- 1 853 . e ,1857. 

Manfredi, Tragedia e Notitie stpriche, di Cwlp Cocqhe^i. Vel>. I, Padow, Sicca, 
i854. " 

Mjemprie delta Tipografia Bresciajnja nej secplo decimoquin to , di Luigi Lecchi 

, Presidente deU'Ateneo. Brescia, Venturini, i854- 
Vita e gesta dei Sommi Poutefici Romani degli Stati Sardi , del Canonico Onor. 

C Domenioo Gerri Professbre di Teolpgia , VoL I. e I(. >Tprino, i855, Ti- 

pografi» di Martipengo Francesco e Comp. 
I Borgia ossia Alessandro VI. Papa e suoi coatemporanei , di C. Domenico Cerri. • 

Torino, 1857, Tipografia Martinengo e Comp. 



S. M. LImperatohK 

DI RUSSIA. 



Abrigoni. 



Odomci. 



SCARABELLI. 



TESTA. 



COCCBBTTI. 



LECCRI. 



Cerbi. - 



9 



M 



RUPKMM. 



RANCHUO. 



OUTIUI. 



Sala. 



Liohi. 

RoaOLOTTI. 
FlflAUL 



ACCADBMIA RBALB 

DI Stobxa 
DI Madbid. 



Storia del Lago di Como, e principalmenle della parle superiore di esso detla 

le Tre Pievi , libri dodici di Gaspare Rebuschini , 3/ edizione. Bergamo, coi 

tipi di Pietro Cattaneo, i855 ; 8.° 
II Duomo di Genova illustrato e descritto da Giuseppe Banchero, Catastraro della 

Citta di Genova. Genova, Fr. 11 ' Ferrando, i855. 
Carte e Cronache manoscritte per la storia Genovese , di Agostino OHvierL Ge- 

nova, tipi de'Sordo-Muti , i855. • 
Storie Genovesi del secolo XVIII. di Emanuele Celesia. Genova, Sordo-Muti, i855. 
Documenti - per )a storia della Diocesi di Milano , del Canonico Aristide Sala. 

Milano, Agnelli , i855 (edizione di sole i5o copie). 
Documenti circa la vita e le gesta di S. Carlo Borromeo , del Canonico Aristide 

Sala. Vol. III. Milano, ditta Boniardi - Pogliani - Besozzi, 1857 e i858. 
Memorie storiche di Todi per Lorenzo Leoni. Todi , Natali , i856. 
Dei documeoti storici e letterari di Cremona , Lettera di Francesco Robolotti 

a Federico Odorici. Cremona , Feraboli , 1857. 
Della importanza di conservare e di crescere le Glorie Patrie, Discorso acca- 
' demico del Prof. Abb. Giovanni Finazzi. Bergamo, Crescini, i84a. 
Degli Antichi Scrittori delle cose di Bergamo, Commentario del Can.°° Giovanni 

Finazzi. Bergamo, Crescini, i844- 
Cenni sulla dedicazione del nuovo Tempio di S. Andrea e del solenne trasporto 

delle reliquie de' Ss. Martiri Domnebne Domino ed Eusebia , del Can. co Gio- 

vanni Finazzi. Bergamo, Crescini, 1848. 
Delle Lapidi Bergamasche , Memoria del Can. 00 Giovanni Finazzi. Bergamo, Maz- 

zoleni, i85i. 

Sinodo Diocesano in Bergamo , 1 3o4 , sotto il vescovo Giovanni da Scanzo ; del 

Can. co Giovanni Finazzi. Milano, Boniardi-PogHani, i853. 
II a5 Aprile in *S. Onofrio di Roma o la visita alle celle che furono 1'ultima 

dimora di Torquato Tasso , Reminiscenze del i85i del Canonico Giovanni 

Finazzi. Milano , Agnelli , 1857. 
Del Codice Diplomatico Bergamense pubblicato dal Can. 00 Lupo e dalTArc. Ron- 

chetti , Memoria del Can. co Giovanni Finazzi. Milano , Pubblicazione degli 

Annali ecc. Galleria De Cristoforis, 1857. 
NelPoccasione del riaprimento delCAteneo di Bergamo, e della inaugurazione di 

un nuovo busto del Tasso, discorso del Can. co Finazzi. Mitano, Galleria De G*i- 

stoforis, 1859. j 

SuUe antiche miniere di Bergamo, Relazione epistolare del Can. 00 Giovanni Finazzi. 
Milano , Societa per la pubblicazione degli Annali universali delle Scienze , 
1860. 

Cose antiche di Bergamo , pubblicate in appendice al Codice Diplomatico del 

Can. co Mario Lupo, con prefazioni e note del Can. co Giovanni Finazzi. Ber- 

gamo, Pagnoncelli editore. 
Ensayo sobre los alphabetos de las letras desconocidas, que se encuentran en las 

mas antiguas medallas , y Mcnnmentos de Espana , por Don Luis Ioseph 

Velazquez. Madrid , Sanz, 1752. 
Espana Sagrada , Theatro geographico-historico de la Iglesia de Espana , per Hen-* 

rique Florez. Madrid, 1754 al i85o; 47 ▼ol. 
Clave de Ferias , o Prontuario Manual para la inteligencia de las Flechas de los 

monumentos de Espana , par Don Antonio Matheos. Madrid , Perez de Soto , 

1760. 

Informe dado al Consejo por la Real Academia de la Historia en 10 de junio 
de 1783 sobre la disciplina ecclesiastica antigua y moderna relativa al lugar 
de las sepulturas. Madrid , de Sancha , 1 786. 

Memorias de las Reynas Calholicas , Historia Genealogica de la Casa Real de 



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Castilla, y de Leon , todos los infantes , por Hehrique Florez. Madrid, de la 

Vinda de Marin , 1 790 ; tom. I. II. 
La Caslilla, y el Mas famoso Castellano , Discurso sobre el sitio, nombre, extension, 

gobierno, y condado de la antigua Castilia. Historia del celebre castellano 

Rodrigo Diaz, Uamado vulgannente El Cid Campeador, por el p. Mro Fr; Manuel 

Risco. Madrid, Blas Roman , 1793. 
Historia de la Ciudad y Corte de Leon , y de sus Reyes , su autor Manuel Risco. 

Madrid , Blas Roman , tom. I. n. 1792. 
Cartas de Gonzalo Ayora , Cronista de los Reyes Catolicos , de Rey Don Fernanclo. 

Dalas a Luz D. G. V. Madrid, De Sancha, 1794« 
Memorias de la Real Academia de la Historia. Tom. I. a Vni. 1796 a i85a. 

Madrid, de' Sancha. 

Viage literario k las iglesias de Espana , publica con algunas observaciones 

Don Ioaquin Lorenzo Villanueva. Valencia, i8o3-i85a, XXII. vol. ; 8.° 
Dimostracion historica del verdadero valor de todas las monedas que corrian en 

Castilla, etc, su autor el padre Fray Liciniano Saez. Madrid, de Sancha, i8o5. 
Las Siete Partidas del Rey Don Alfonso el Sabio contejadas con varios codices 

antiguos por la Real Academia de la Historia. Tom. III. Madrid, 1807, de 

la Imprecia Real. 

Memoria historica sobre qual ha sido la opinion nacional de Espana acerea del 
Tribunal de la Inquicion, porDon Juan Antonio Llorente. Madrid, de Sancha, 
1812. 

Observaciones dirigidas a averiguar las medidas y pesos corrientes, 0 imaginarios, 
que estan en uso en las diferentes provincias de Espana , e Islas adyacentes. 

Clave geographica para aprender Geographia , por Henrique Florez. , Madrid , 
Del Collado, 1817. 

Sumario de las antiguedades Romanas que hay en Espana , 4as pertenecientes 
a las bellas artes, por D. Juan Agustin Cean-Bermudez. Madrid, De Burgos, i832. 

Opusculos legales del Rey Don Alfonso el Sabio de todos los derechos. Madrid , 
tom. I. II. i836, tom. I. 

Diccionario de voces Espanolas geograficas. 

Disertacion sobre Ia Historia de la Nautica , y de ias ciencias matemalicas , 

del D. Martin Fernandez Navarrete. Madrid, Vinda de Calero, 1846. 
Diccionario geograpMco-historico de Espana - D. Angel Casimiro de Govantes. 

Madrid , De Jordan e Hijos , 1846. 
Memoria historico-critica sobre el gran disco de Theodosio encontrado en Almen- 

dralejo , leida a la Real Academia de la Historia por su anticulario Don An- 

tonio Delgado. Madrid, Vinda de Calero, 1849. 
Historia general y naforai de las Indias, islas y tierra-firme del mar Oceano , 

por el capitan Gonzalo Fernandez de Oviedo y Valdes por D. Jose Amador 

de los RJos. Madrid, Rodriguez , i85i-i855, IV. vol. 
Coleccion de Fueros y Cartas-pueblas de Espana, por la Real Academia de la 

Historia. Catalogo. Madrid , Rodriguez, i85a. 
Elogio historico del Don Antonio de Escano , por Don Francisco de Paula Qua- 

drado y de R06 - ia R. Acad. - Madrid , Rodriguez , i85a. 
Memorial historico Espanol , coleccion de documentos, opuscuios y antiguedes 

que publica la Real Academia de la Historia - Cuaderno 17 a 43 - Madrid, 

R. Academia. Rodriguez, i853 a i858 et tom. I. n. III. IV. - Madrid, Ro* 

driguez , i85i-i85a. 

Htstoria del combate naval de Lepanto, Don Cayetano Rosell. Madrid, Rodriguez, i853. 

Examen critico -historico del influjo que tuvo en el comercio, industria y pobla- 
cion de Espana su dominacion en America - D. Jose Arias y Miranda - Madrid, 
Rodriguez , i854- •'...> 



mi 



Sabau. 



Trauaio. 



Bonaiw. 



Compromiso de Caspe , por *Don Florencio Janer. Madrid , Matute y compagni , 
i855. 

Inioio critico del Feudalismo en Espana, por Don Antonio de la Escosura y Hevia. 

Madrid, Martin Alegria , i856. 
Coleccion de Cortes de los Reinos de Leon y de Castilla. Madrid, MarceUino 

Calero y Portocarrero , fascicoli 38. 
Condicion social de los Moriscos de Espana - Don Florencio Janer - Madrid, 

Matute y Cdmpagni, 1857. 
Discarsos lcidos en las sesiones publicas que para dar posesion de plazas de nu- 

mero ha celebrado desde i85a la R. Academia de ' la Historia. Madrid, Matute, 
^858. 

Noticia de las Actas de la Real Academia de la Historia , por Don Pedro Sabao. 

Madrid , Rodriguez, 1860. 
II Clero Pavesc nella santa causa deU'Indipendenza nazionale , di Pietro Terenzio, 

Pavia y Fusi e Socio , 1848.' 
D'un monnmento scoperto 1'anne 1839 ne Ua cattedrale di Pavia e deile Memorie 

citeliache di detta citti , dissertazione deli'abate Terenzio Pietro. Pavia, Fusi, 

1848. 

Costituzione? Repubbiica? Pensieri dell'abate Terenzio Pietro. Pavia, Bizzooi, 1848. 
Notizie storiche intorno alla Dottrina Cristiana in Pavia, dell'abale Terenzio Pjetro. 
, Povia, Fusi, i85o. 

Notizie intorno alcune chiese della citta e dintorni di Pavia. Pavia , Tip. Fusi 
e Comp. , i85i. 

Le Iscrizioni del cimitero diPavia raccolte e pubblicale per la prima volta sc- 
■ ; " ooodo 1'ordine cronologico daU'abate Pietro Terenzio. Pavia,' Fr. u Fusi, i855. 
La Societa Reale degli Antiquari del Nord in Copenaghen. ... 
H Pio Istituto delle povere Sordo-mute in Pavia ( estratto daUa gazzetta provin* 

ciale di Pavia, n.° 16). Tavia, Bizzoni. 
Esefcitazione archeologica. II Muto deU'Accia al collo , statUa . roman* in Pavia, 

dellabate Terenzio Pietro. Pavia, Bizzoni, i855. ' " , 

Cenni storici intorno la Confraternita della SS. Trinita nella chiesa di S. Luca. 
Memorie storicbe della parroccbia di S. Pietro in Verzolo, dell'abate Pietro Te- 

renzio. ; Pavia , Bizzoai , i856. '..••. 
Riassonto deU'Archivio .municipale diPavia, di C. Tefenzjot Pavia , Bizzoni. 
Notizie della vita e delle opere di Bernardo Sacoo , dell' abate Pietro Terenzio. 

Pavia^ Bkzoni , 1857. 
Gdnno mtomo i^Arcliivio vescovile di.Pavia^ clel Gaii. Tereiizjo Cancelliere, esitralto 

dallo stato del clero diocesano del i858. , . ' , ':.'.'." ' 
L'Arcbltio della Curia vescovide di Pavia, del Gajn. Teresaio: Gancelliere. . . ; 
Uha Visita- a Pavia nel secolo XIV. . , '•_' : A f ,- : > . „! 

Sulla preziosa reliquia deUe Ss. Spine della Corona ;di N. S, G. Gi eonservata 

neUa cattedrale di Pavta. , • • • , ■, ■■" ; 1 

Le Scuole serali di Carita e le Figlie deUa Garita in Pavia. .i 
Vita della Beata . Sibillba de'Biscossi Povese, del Can. Terenzio. Pavia>.FusS, 185.71 
Istanzc degli abitanti dej BorgorTicino aUa' Congregazione inunicipale relatiwnente 
- all'att«rramento del loro portico , ed, a||a sistemazione della Idro strada piio- 
. I.Loipale , <del *Can. Terenzio. Bizzoai, i858. •-<■''.". 
Di ; Ambrogw Teseo degU Alboncsi Pavese , Nottzie biograucbe e Unguistiche 

raccolte dal Can. Terenzio. Pavia, Bizzbni, 1860. 
Motizie detta . Diocesi di Pavia.edegli sraewbramenti che ,ne fuuoono i&tti dal 1,7^9 

ol i&i-g^ raccolte dal Can. P. Terenzio. Pavia, Fuii , i8$t>. ,.•<•, 
Stattiti inediti deUa Citta di Pisa dal XII. al XIV. secolo, racpolli ed iilusti-ali 

dal Prof. Francesco Bonaini , vol. III. Firenze, Viesseux^ 1857. 



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/ 



Retlificazioni istoricbe dedicate alla Gazzetta ufficiale di Milano , del C. to Giuseppe 

Greppi. Torino, Favale, 1857. 
Extraits de la Correspondance diplomatique de J.-T. de Langosco, O de Strop- 

piana, et de Gtaude Maloperar, i546-i559, par le C. to Giuseppe Greppi. 

Bruxelles, impr. de M. Hayez. 
Notices et Extraits de quatre relations d'Ambassadeurs Ve^nitiens sur Philippe II. 

conserves aux Aixjhives de Conr de Turin , par. le O Giuseppe Greppi. 
Ricerche storiche dei Medici e degli Archiatri dei Principi della R. Gasa di Sa- 

voia , del Comm. w Benedetto Trompeo, parte I. e II. Torino , Biahcardi, 1857. 
Storia della Gitta di Ventimiglia dalle sue origini sino ai nostri tempi scritta da 

Girolamo Rossi. Barera , 1857. 
Studi storici del Principa to di Mdnaco, di G irolamo Rossi. Torino, Tip. del Diritto, 1 860. 
Gommentario storico sulla vita e sugli scritti del Can. Giuseppe Vogel Ant.° del ' 

Marchese Filippo Raffaelli. Recanati, Tip. Morici e Badaloni, 1857. 
Serie cronologica dei Consoli , dei Giudici, dei Vicari, Signori e Podesta di Fa- 

briano dal secolo XII. al 1607, e dei Governatori dal 1610 al i85g, del 

Marchese Filippo Raffaelli. Recanati , Tip. Badaloni , 1 859. 
La grande Illustrazione del Lombardo-Veneto compilata da L. Gualtieri Gonte dt 

Brenna, diretta dal Cav. Cesare Cantu. Milano, Societa editrice , 1857. 
Di alcune falsificazioni storiche e del Sig. Wiistenfeld , di Cesare Canta, estratto 

dalFArchivio storico. 

Indice Analitico e Cronologico di alcuni documenti Cheraschesi del secolo X. al 

XVn. di Giovambattista Adriani. Torino, dalla Societa TUnione Tipograf., 1857. 
Breve Cenno storico della Citta di Crescentino con appendice e documenti , del 

Not. Giuseppe ^uffa. Torino, Arnaidi, 1857. 
Lettera intorno agli Studi storici sulhvCitta di Crescentino del Notab Vittorio 

Mandelli ; del Notaio Giuseppe Buffa. Torino, Arnaldi, i858. 
II Gomune di Vercelli nel medio evo. Studi storici di Vittorio Mandelli. Tom. III. 

Vercelji, Guglielmoni , 1 857-1 858. 
Giornale storico degli Archivi Toscani , dalla Soprintendenza generale agli Archivi 

del Granducalo. Vol. I. II. in. Firenze, Cellini e Comp., 1857, 58 e 59. 
Del Governo Civile di Vercelli nel secolo XII. 

Cenni storici e Versioni di S. Massimo Vescovo di Torino , del Prof. D. Carlo Fer- 

reri. Torino, Zoppis e Comp., i858. 
Vita di Alessandro Vittoria scultore Trentino, composta dal Conte Benedetto dei 

Giovanelii e rifusa e accresciuta da Tommaso Gar. Trento, Monanni, i858. 
Studi e Notizie storico-critiche dei Marchesi del Vasto e degli antichi monasteri 

dei Santi Vittore e Costanzo e di S. Antonio nel marchesato di Saluzzo, 

del Barone Giuseppe Manuel di S. Giovanni. Torino, Speirani e Tortone , 1 858. 
Llnvestigateur, Journal de 1'Institut historique - Paris, k FAdministration de l'Ins- 

titut historique, 1857- 1860. 
Memoires et Documents par la Societe Savoisienne d'Histoire et d'Archeologie. 

Tom. II. et IU. Chambery, Imp. du Gouvernement, 1 858- 1859; et Tom. IV. 1860. 
Memorie. storiche della Citta e Marchesato di Ceva, deU'Arciprete Gio. Obvero. 

Ceva , Garrone Teonesto , • i858. 
Memorie storico-critkhe della vita e delle opere del Marchese Gerolamo Serra, 

di Luigi Tommaso Belgi-ano. Genova, Sordo-muti , 1859. 
Documenti inediti (anni 1246-1278) riguardanti le due Crociate di S. Ludovico IX. 

Re di Francia, di Luigi Tommaso Belgrano. Fascicoli I a VII. Genova , Boeuf 

e Rossi, 1859. Librai. 
Cenni storici con annotazioni e documenti inediti sui Comuni di Giaveno, Goazze 

e Valgioie , di Gaudenzio Glaretta. Torino , Favale , 1 859. 
Genni sugli scritti inediti di Gian Tommaso Terraneo, delFAvv. Gaudenzio Claretta, MS, 



XXIII 



Gum. 



TSOMHO. 



ROMI. 



IUFFABLLL 



Cahto'. 



Adbiani. 



Bom. 



Mambblll 



SoTB'brraa>BNZA 
oenbbalb 
dbgli abchiti di toscana. 



Fbbbbbi. 



GlOTANBLLI B GAB. 



Mahobl di S. Giotannl 



SOCIBTB tAVOIBIENRB. 



Olitebo. 



8BL0BAN0. 



Clabbtta. 



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MKNAMBA. 



CAMPOBI. 



COBBADIM 



bmvaccsi. 



JBMJOU. 



ACADEMIK DE SAVOIK. 



Cboset-Mouchet. 



VttW*. 



PlLLITO 



ROTKRK. 



Davila-Condemabin. 



Valeuo. 



<Osio. 



Palbbmo. 



ACADEMIE IMPEKIALE 

DB SAVOIE. 



fiosio. 



MlNISlEBO 
DEGLI AFFABI BSTEBI. 



VMNATI. 

Calandbi. 



Cbronique de Yolande de France Duchesse de Savoie, soeur de Louis XI , do- 

cuments inedits par Leon Menabrea. Paris, Ghamerot, 1859. 
Scritto sui documenti inediti della Storia Modenese, e su quelH specialmerite del- 

l'Archivio nazionale , di Gesare Campori ( estratto dal Giomale Unitario ). 
Lexicon totius Latinitatis J. Facciolati, Aeg. Forcellini et J. Furlanetti Seminarii 
i' Fatavini alumnorum cura, etc. juxta opera R. Klotz, G. Freund. L. Doderlein 

cur r le Francisco Gorradini. Patavii, typis Seminarii, 1859; fasc. I.-VIL 
Monografia di Bobbio, owero Genni storici, statistici , topografici ed economici, 

di Daniele Bertacchi. Pinerolo, Chiantore, i85g. 
Degli Scritti e deila Vita dell Abate Costanzo Gazzera, Memofia storica, del Prof. 

Casimiro Danna. Torino, Franco e Comp., i85g. 
M^moires de 1'Acade'mie Royale de Savoie. Seconde Sene , tom. III. Chambery , 

Pnthod fils, 1859. • 
Histoire de la vie de S^-Anselme d'Aoste Archevdque de Cantorbery, par le . Cha- 

, noine J; Croset-Mouchet. Tournai , Casterman , i85g. 
Histoire de Saint-Guillaume d'Ivree , par 1' Abbe J. Croset-Mouchet. Tui-in ; Mar- 

zorati, 1860. 

L antica Collegiata di S. Maria di Castello in Genova , Ulustrata di documenti 
inediti dal P. Raimondo Amedeo Vigna dei Predicatori. Genova , Rossi, 1859. 

Poesie ltaliane del Secolo XII. appartenenti a Lanfranco de Bolasco Genovese in un 
Ms. cartaceo del secolo XV. di Ignazio PUlito. Cagliari , A. Timon , 1859. 

U Piemonte antico e moderno , delineato e descritto da Clemente Rovere. Ms. con 
moltissime carte geografiche , piante di citta e d'edifizi , e vedute ; 277 volu- 
metti in formato piccolo (dovevano essere 36o). Opera che rimase incompiuta 
per la immatura morte delfautore, Socio corrispondente della R. Deputazione, 
il quale con testamenio deW % febbraio 1860, rogato Dqllosta in Torino, legava 
alla medesima il suo lavoro. 

Cenni storici, geografici e statistici del Peru, di Giuseppe Davila-Condemarin. 
Torino , Unione Tipografica, 1860. 

Espostzione delle condizioni della Provincia di Como nel 1860, Discorso^ e do- 
pumenti al Consiglio Provinciale di Como del Governatore della Provincia 
Lorenzo Valerio. Como, Ostinelli , 1860. 

Impronte di sigilli pubblici e privati cavate dal carteggio ducale dei secoli XV. e se- 
guenti presso i R. Archivi di Milano, di Luigi Osio. Secolo XV. dispensa i." 
con 4 tavole. 

I Manoscritti Palatini di Firenzc ordinati ed esposti da Francesco Palermo 

Vol. IIL Firenze, dalla R. Bihlioteca Palatina (Tipografia Galileiana), 1860; 4«* 
BuUetin de la Societe Savoisienne d'Hi£rtoife et d'Arch^o!ogie 1860-1 861, N.° n. 

Chamb^ry, Imprimerie du Gouvernement , 1860. 
Documents publies par 1'Acad^mie Imperiale de Savoie. Deuxieme volume. Chamv 

bery, Puthod, 1861. 
Vita di S. Veremondo Arborio Vescovo d'Ivrea nel secolo X. Ivrea, Tipografia 

diretta da G. Tea, i858. 
Operette Patrie del Teologo Antonio Bosio. Torino, 1860, Faletti. 

II Congresso di Vienna, 1'ltalia Centrale e Venezia. Milano, Boniotti, 1860. 
Traites publics de la Royale Maison de Savoie avec les puissances etrangeres 

depuis la paix de CHateau-Cambresis jusqu'a nos jours, publies par ordre du 

Roi. Tom. VIII. Turin, J. Favale et Comp., 1861. 
Recherches sur le veritable auteur du plan des fortifications de la vdle de Nancy. 

Nancy, A. Le Page, 1861. 
Lodi e il suo territorio per Cesare Vignati Milano, Comma e Caimi, 1860. 
In morte dcl Regio Notaio Vittorio MandeUi Cavaliere Mauriziano, iscrizioni di 

Fraucesco Calandri C. R. Somasco. Vercelli, Guglielmoni , 1861. 



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LECTORl BENEVOLO 

PASCHALIS TOLA 



Quem , superioribus annis , diligenti studio, multisque laboribus paratum, 
et non exigua primi Voluminis parte in lucem edita , propediem 
integre praelo supponere, ad fidem datam liberandam, optavi, en tandem, 
post varias rerum mearum yicissitudines, tibi se offert, ac benignum 
tuae humanilatis exposcit iudicium, Codex Sardiniae Diplomaticvs. Habes 
in Praemonito caussas, ob quas ab incepto necesse fuit manum removere, 
et quorum hominum patriae historiae apprime doctorum consilio , et 
auctorilate, ne diutius delitesceret, opus hoc ad vitam revocatum fuerit. 
Rationem autem operis ipsius, quot in partes divisura, quibus chartis, 
diplomatibus , aliisve rerum sardoarum varii generis monumentis refertum, 
et quam multifario notarum, et dissertationum italico sermone conscri- 
ptarum adiumento, ut planior ad legendum via sternatur, exploratum, 
firmatum, illustratumque sit, habes in Introdvctione amplissima, quam 
toto Codici praeficiendam existimavi. Siquid erratum, aut minus diligenter 
et accurate scriptum invenies, omnibus te precibus obteslor, ut in re 
tantae molis humanae fragilitati humaniter indulgeas. 




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CODICE DIPLOMATICO 

DI SARDEGNA 

CON 

ALTRI DOCUMENTI STORICI 

RACCOLTO, ORDINATO ED ILLISTRATO 

DA L 

CAVALIERE D. PASQUALE TOLA 



AUTORE 

[)EL DIZIONARIO BIOGRAFICO DEI SARDI ILLUSTRI 



Hoc itlud est praecipue in cngnitione rerum salubre 
ac frugiferum, omnit te exempli documenta in 
illuttri posita monumento intueri. 

Hv., Praefat. Hist. rom. 



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Bay^rischs 
StaatLbMoiiiQ]: 



AVVERTIMEINTO 



La pubblicazione del Codice Diplomatico di Sardegna fu incominciata 
in Torino, sotto gli auspicii del Re Carlo Alberto I, negli anni 1845, 
1846, 18475 e videro la luce (in cinque Fascic. in fol. Tip. Chirio e Mina) 
la Introduzione alFopera, la Dissertazione Prima sopra i monumenti storici 
e diplomatici anteriori al secolo xi, e una parte deirAppENDicE, e delle Giunte 
al Periodo Romano, ora riprodotte nel presente Volume primo (da pag. 7 a 
pag. i3a). Ma i sopravvenuti rivolgimenti politici dTtalia, poco favorevoli 
allo studio tranquillo, e alla diffusione di libri di antichita storiche, 
aggiuntavi la impossibilita per parte deirAutore di sopperire ulteriormeole 
col suo censo privato al grave dispendio di una edizione cosi splendi- 
damente iniziata dai tipografi Chirio e Mina, ne impedirono la conti- 
nuazione. Se non che la Regia Deputazione sopra gli studi di storia 
patria, dotta e sollecita promotrice dei lavori destinati specialmente ad 
accrescere il ricco deposito degli antichi documenti storici italiani , nelle 
due adunanze del i5 febbraio, e 9 ottobre i855 delibero (col consenso 
delP Autore medesimo) di comprendere (.in due Vol. ) nella grande 
raccolta = Monvmenta Historiae Patriae == il detto Codice Diplomatico, 
assegnandogli il posto , nelP ordine delle pubblicazioni , dopo il Libro 
Ivrivm della repubblica di Genova. Alla prelodata Deputazione pertanto 
si debbe riferire questa nuova e compiuta edizione del Codice Diplomatico 
di Sardegna. 



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INTRODUZIONE 



Se mi volessi porre innanzi 1'esempio di que' scrittori i quali delle opere loro , sempre che 
rengano in luce, sogliono con apparato di lunghi ed eruditi proemii dimostrare la bonta e rim- 
portanza, io dovrei N , nel pubblicare il Codice Diplomatico di Sardegna., ragionare in sul principio 
della sua utilita, e con essa eziandio della utilita generale derivata alle lettere tutte da somiglianti 
specie di storiche collezioni. Ne la materia sarebbe a dir poca , si bene amplissima , e per Tec- 
cellenza del suggetto, e per la varieta delle parti capacedi belli e buoni adornamenti; conciossiache 
sia manifesto nei monumenti scritti pervenutici colla successione dei tempi, dove si ieggono 
generazioni , progressi e decadimenti di popoli , principii di citta , di regni e d' imperi , genealogie 
di monarchi, imprese, alleanze, guerre, tregue e paci di principi e di repubbliche, ambizioni di 
magnati , usurpazioni e violenze di potenti , spogliamenti e oppressioni di deboli , diversita di 
reggimenti politici, di religioni, di riti, di feste e di costumanze, continua vicenda di sapere e 
d'ignoranza, di verita e <Ji errori , di virtu e di vizi , di felicita e di sventure degli uomini che 
vissero prima di noi , trovarsi sempre infinita varieta di casi , e correre fortunoso di eventi che 
trae gli animi a istruzione e a diletto, e fatti ed esempi, or tristi or lieti , a ognuno protittevoli , 
e soprattutto storia solenne , sincera e contemporanea delle molteplici e talvolta maravigliose 
vicissitudini delle nazioni. Dalle quali considerazioni del genere discendendo poi alla specialita 
dell' oper.a , potrei trarre argomento di opportuni ragtonari, e dalla sua novita , perciocche non e 
stata da nessun altro a illustrazione delle cose sarde fatta mai per lo innanzi, e dalla copia dei 
documenfi da me raccolti, e dalla importanza istorica delle carte che or vengono per mia fatica 
ia luce primieramente. E penso che di tale precipuo discorrere del inio lavoro non ne avrei biasimo 
da nessuno il quale discreto fosse e di animo benevolo , ne tampoco di essere accusato come 
ambizioso di aver fatto prova di buono e grave momento, ovvero di voler pretendere a lode die 
non mi fosse dovuta, giacche a veruno che sia generoso, e quindi nemmeno agli scrittori e con- 
tendibile il sentire e il dire delle cose proprie modestamente , se dippiu alle parole vengono 
appressO i fatti, pe'quali resta a ciascuno e inezzo e dirilto di conoscere il vero. La sola o 
troppa fede nelle fatiqhe e nei giudizi proprii e dannevole, non pero la speranza che siano quelle 
proScue e questi assennati; la quale, se- non sia effrenala, e quindi stolta, e anzi virtu che'appiand 
1'ardua yia delle lettere , e che accende mjrabilmente alla gloria. 



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8 



1NTR0DUZI0NE 



Ma comeche per si buoni ed autorevoli esempi potessi aver ragione di favellare largamente delle 
sopraddette utilita , ho creduto miglior consiglio non far parola ne dell' una ne dell'altra. Non di 
quella che e comune a tutte le collezioni di monumenti storici , poiche piu facile assai e il com- 
prenderla che addimostrarla ; e di cose per se evidenti , e delle quali hanno gia discorso tanti 
sommi e venerati uomini , e meglio tacere di quello sia volerne dir piu o 1'istesso. Non di questa 
che risguarda specialmente il mio Codice Diplomatico, perche se sara vera, sapra esso medesimo 
addimostrarla , e se salda e perenne , lo conosceranno i presenti ed i futuri , e questi ultimi forse 
anche meglio lo giudicheranno. 

Questo solo io non voglio tacere , che forse per autorita e il piu saldo argomento della utilita 
delFopera , cioe dei molti e gravissimi scrittori i quali in ogni nazione applicarono 1'animo a siffatti 
studi. E 1'esempio , se non viene primo , e pero molto antico e frequente in Germania , dove , o 
natura sia o costume di quelle menti , le tevere discipline e le dotte investigazioni delle cose 
antiche ebbero finora special culto ed incremento. Ne percio rimasero indietro in tal via , anzi 
emularono i laboriosi Tedeschi la Francia , Tlnghilterra e Tltalia , che nemmeno in tal rispetto e 
seconda a nessun' altra ; e tale e si gagliardo fu 1'impulso dato da esse a somiglianti lavori, che 
non vi e oramai popolo o paese , grande sia o mezzano , il quale non vanti su di cio li suoi 
scrittori. Ne qui vuolsi parlare della Diplomatica considerata come scienza , poiche in tal parte 
rimane sempre Tanteriorita , se non il primato , agl' Italiani ; e. sanno gli eruditi che tre secoli 
innanzi di esistere il Mabillon e la sua famosa opera De re diplomatica , riputata oggimai come il 
primo libro classico di tal genere (*), avea il gran Petrarca dischiuso prima di ogni altro la via 
a siffatte trattazioni , dimostrando con erudizione e con critica superiore alFeta sua la falsita del 
supposto diploma di Giulio Cesare e di Nerone presentato a Carlo IV imperatore di Germania (2). 
Nemmeno vuolsi parlare dei raccoglitori delle opere degli antichi , prima e dopo 1'invenzione della 
stampa, poiche sebbene ancor essi abbiano contribuito a salvare molti monumenti relativi alla 
storia, i loro lavori pero o non appartengono esckrsivamente , o non sono dacollocarsi tufti. nella 
serie delle diplomatiche collezioni. Ragionando adunque di queste ultime, e deile ahre< ancora 
che per somiglianza di iini e di materia vanno a loro congiunte , non potendo parlar di tuite , che 
sarebbe opera lunghissima e forse impossibiie , diro soltanto delle piu note e delle piu famose. '■■ 

E cominciando daU'Alemagna , i primi coilettori diplomatici ed istorici furono il Freher , ii 
Canisio e il Goldast, il quale per ie sue PolUiche e Costituzioni imperiali e riguardato comunemente 
come il padre di tutte le collezionidi tal genere fatte in Germania (3)r Contemporanei ai medesimi 
rurono lo Schott, che illustro le istorie spagnuole, portoghesi, etiopiche ed indiane (4), il Gruyter 
primo raccoglitore delle antiche iscrizioni lapidarie (5) , il Besold , benemerito specialmente deUe 



(1) Se «i riguarda il terapo , il Mabillon noo e nemmeno il 
primo ehe nel seoolo XVII abbia traltato scientificamente della 
diploraaliea. Prima di lui il Coringio nel 1672 pubblicd an libro 
por combattere la credata autenticila dei diplomi custoditi mel- 
1'abazia di Lindau ; e iu appresse il Papebrocbio , nel continuare 
la raccolta del Bollando ( 1675 ) , manifesto gravi sospetti sulla 
genoinita di molti diplomi pubblicati dai monaci , e specialmente 
di quello famoso del re Dagoberlo a favore delfabazia di S. Dionigi 
( Acta St., mens. apr. , tom. 2 , praefat. ). Anzi il Petit , allorcbe 
nel 1677 pubbKcd il Penttenziale di Teodoro arciveseovo di Can- 
torbery, irapugno apertamente colla piu parte dei titoli e doi 
docnmenti raonacali questo stesso diploma di S. Dionigi , produ- 
cendone un altro esemplare (copiato da un ras. gik appartenuto 
aila biblioleca Colbertina) afiatto diverso da quelio measo in luce 
dal P. Doublet nelle sue Antichita Dionisiane. Ma fu appunlo 
nelFoccasione di tali assalti dati dai dotli, e particolarraente dal 
Pttrt, ai diplomi e alle carte detfordine benedettuio, che il Mabillon 
coU'aiato del suo collegn P. Germain starapo 1'anzidetta opera De 
re diplomatica (1681) , la qnale , rol supplemento da tni pubblicato 
nel 17%, malgrado le mende che pnr yi sono, 6, e sara tempre 
opera classica in qoesto geoerc. Siffatto lavoro e anche iraportan- 
tissimo per aver dato vita a lavpri somiglianti , i quali nulla ormai 
lasctano a desiderare sulle regole critiehe per la conoseenza dei 
veri e de' falsi diplomi. Contraddittori del Mabillon furouo tra gli 
altri i gesuiti Jourdan e Germon , il primo nella sua Critique de 
1'originede la Mauon de Francr, 1683, e il sreondo nell* sue giu- 



diziose ed erudite Dusertasioni , 1708, il Baudeiot uel Imdo II De 

Vutmte" dei voyaget , 1686, e il dolto ioglese M. flickes (di coi 
parleremo in appresso) nella soa Literatura teptentrionalit. Fautore 
e difenfore ne fa (e forse ei eolo basta per taUij il P. Rnyniart 
nella importante opera Ecclesia Paritiensu vindicata, 1704. , , , 

(2) Pelrarca , Epitt. tenil. XV, 5. 

(3) Le principali oollezioni storiche del Freher sono le seguenU: 
L Germunicarum rerum tcriptores aliquoi intignet. PraDcofurti, 160p 
et seq., vol. 3 in-fol. II. Rerum Boemicarum tcriptoret aliquot antiqui. 
Uanau, 1602, 1 vol. in-fol. III. Rerum Mostovitamm auetoret aKqvot. 
Francomrli , 1600 , 1 voi iu-foL IV. Corpm Franeicq* hutprmt. 
Hanau, 1613, 1 vol. in-fol. Del Canisio ( Canisius), abbiarao ie 
Lectionet antiquae (lngolstadii , 1601 et seq., vol. 7 in 4") che sono 
nna raccolta di opere e di scritture antiohe. fi di Meieiriorre Uildjast 
si hanno : 1. Scriploret aliquot rerum Svecicarum. Francofurti. 1605, 
1 vol. in-V. II. Alemannicarum rerum tcriptoret aliquot vetutii 
collecti et glotsit illuttrati. Francofurti , 1606 et seq„ roL 3 ia-lbl iU. 
Politica imperialia tive diicursut polhici, acta publica et tractatut 
generahs de imperaloris regis Romanoi um, pontificit romani, electorum 
ete., juribut, privilegiis, dignitatibut. Francofurti , 1614 ; in-fol. tV. 
Constitutionum imperialium collectio. Francofurti, 1713 , yol. 4 in-foj. 
( ristampa delle precedenti ). 

(4) Hispania ilhutrata , seu rerum ubieumque flispaniae, Lusftisnime, 
/Ktiopiae ct Indiae tcriptores varii. Francofurti , 1603 et «eq, , 
yol. 4 in-fol. 

(5) Corpui micriptiomtm. Heidelbergae , 1601 \ Vol. 4 in-fol. •• ■ 



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INTRODLZIONK. 9 

aaiichita ecclesiasticliie del Wurtemberg, suo paese nataie (4), e il Gretsero, cui dobbiamo la 
pubblicazione di tanti opuscoli eruditi di anticbi scrittori alemanni. Vennero appresso ii Meibomio 

i due Meursii, il Nessel e lo Schatten (3), e per taoer d'altri, queirinagne raccogliiore delie aa- 
tichita pomane Giorgio Graef (Grevius) (4), e il farnoso Leibnizio, coilettore del primo codice 
diplomatieo del diritto delle geati($). Questi tutti ed altri molti appartengono ai secolo XVII; ma 
nel secolo seguente il loro numero crebbe quasi allMnfinifo. Fra gli antichi ricorderd solamente il 
Becmana, rfiabn, il Buder, THoffmann, ii Ludewig, il Maicbel, il Georgisch, il Pez, il Westphal, 

ii Guden, lo Schannat, il Meichelbeck, il Mencke^ e ii non men dotto che iaborioso Luriig (6). 
Tra i piu recenti, che fiorirono nella seconda meta di quello stesso secolo, bastera rammentare 
lo Scheidt, 1'flaeberlin, 1'OefelS (Evelius), il Boeheme, gli Oelrichs, il Fischer, il Gerstlacher, i 
due Moser e 1'Usserman (7). Anche Ia Svezia, la Danimarca, TOlanda e il Belgio ebbero i suoi 
raccoglitori e illustratori di memorie antiche, e i aomi di Wegelin, di Wilde, di Qernhielm, di 
Dlfeld, di Spanmiiller, di Langebeck, di Aitzema , di Gronovio, di Lemire, di Wiltheim e di 
Foppens (8) sono tali, che onorerebbero qualunque piu grande nazione. 



(1) Le piu conosciute raccolte fatte da Cristoforo Besold sono : 
I. Documenta rediviva monasteriorum Wurtembergicorum. II. Virginum 
taerarum mowmenta. 1IL Docttmenta cmcemtntia ecclesiam col- 
kgiatam StuUgardientem. IV. Documenta ecclesiae Backenangensii. 
Tubingae, 1636, in-4°. 

(2) 1° Oputcuia varia ai rtt gemanicat pertintntia. Hetnatad , 
1660, it^k*. 2' Scriptoret rerum germamcarum. Leida, 1688, vol. 3 
in-fol. 

(3) Oel Nessd si ha solamente H Breviarium ac tHpplementum 
commentariprum Lambecianorum ( Vlndobou, Caes. , 1690 , vol. 2 
in-fol. ), giacche le raccolte dei trattati di pace dal 1400 al 1685, 
e di atcone opere del roedio evo da lui atmunziatc col Prodromut 
kutoriae pacificatoriae e colla Sciagraphia magni corporit hittoriei 
nel 1690 e 1692 non videro poi mai la pubblica loce. Dello Schatten 
si hanno i tanto stimati Annales Paderbornenset, 1693, 1 vol. in-fol. 

(4) Thesaurut antiqvitatum *omaHeknm. Utreehf, 1691» , vol. 12 
in-fol. 

(5) CMtre il Codex juris gentrum diplomatieut { Annover , 1693 , 
in-fol.) si hanno 1 dello stesso Leibnilz tfiScriptores rerum Brunsvi- 
eentium. Aiinover, l^OT et seq. , vol. 3 in-fol. 

(6) I. Becmann , Hittoria Anhaltina cum accessionibut , 1709 et 
seq. , vol. 3 in fol. II. Hahn , Collecdo monumentorum veterum 
et recentium , diphmatum , tigillorum , literarum , chronicorum , etc. 
Brunswigae , 1724. et seq. , vol. 2 in-8". III. Budcr , Raccolta di 
atti e documenti relaliri alla tloria di Germania ( in tedesco ). 
Francfort, 1735. IV. HoCTmann, 1° Scriptores rerum Lutaticarum. 
Lipsiae, 1719, vol. 2 in-fol. 2" JVova tcriptorum ac monumentorum 
collectio. Lipsiae, 1731 et seq., vol. 2 in 4". V. Ludewig, 1" Col- 
lectio scriptorum epitcopatut Herbipolensit. Francofurti, 1713, in-fol. 
¥ Novum volumen tcriptorum rerum germanicarum. Francofurti , 
1718, vol. 2 in-fol. 3" ReUquiae ■manutcriptorum omnit aevi di- 
plomatrem ac monumentorum meditorum. Francofurti et 1 Lipsiae , 
1720 et seq., vol. 12 in-8°. VI. Maichel, 1° Introductio ad hittoriam 
literariam de praecipuit bibliothecis parisiensibus ( specialmente di 
quelle del Colbert, di S. Germano, del Mazzarini, della Sorbona, 
di S. Vittore ec, e dei codici e monnmenti nelle medesime esistenti). 
Cantabrigiae , 1720 , 1 vol. in-8°. 2° Lucubrationes Lambethanae 
(della biblioteca del Lambcth in Londra), queit sistimtur monumenta 
ete. Tabingae, 1729, in-8°. VII. Georgisch, 1° Corput juris germanici 
antiqtti, quo continentur leges Francorum , Salicae et Ripuariorum , 
Alemannorum etc. Hallae Magdeburgicae, 1738, in-4". 2° Regesta 
chronologico-diplomatica, m quibut recensentur omnit generitmommenta 

et documenta publica conventionum , foederum , pacit , armi- 

ttitiorum .... commerciorum . . . cmtionum, venditionum, donationum, 
pacta quoque matrimomalia .. fideicommissa, testamenta, eodicilUetc.etc. 
Prancofurti et Lipsiae, 1740 et seq., vol. 3 in-fol. La seconda di 
dette opere h nn ntilissimo registro o indice diplomatico nniversalo 
di documenti storici di ogni sorta gia pubblicati, ed appartenenti 
a quasi tutte le nazioni, a cominciare dal 314 dell'era volgare Gno 
al 1730. Ho riferito piu sopra alla nota (3) on pensiero somigliante, 
ma non cosl vasto, manifestato dal Nessel nel Prodromus hittoriae 
paeificatoriae e nella Sciagraphia magni corporis historici. Anche 
Cristiano Buder scrisse della utilita di una Bibtioilieca diplomatica 
in una sua erudila Ictlcrn al Pez , c pcr rcdigcrla vi spcsero , 



prima e dopo di lni, dottisstme faticbe il Ruhlmann, il Mosero, 
Rab e Mascow. Ma i loro Iavori rimasero nell' oscurita del ms. , 
e quindi 6 dovuto al Georgisch il prima saggio edko di tal falka 
veramente erculea. VIII. Pez Bernardo, 1° Thetaurut anecdotorun 
novittimus, teu veterum monumentorum cotiectio recentittima. August 
Vindel., 1721 et seq., vol. 6 in-fol. 2' Codex diplomatico-hittorico- 
epittolarit. August. Vindel. , 1725 , 1 vol. in-fol. Pez Girolamo , 
Scriptoret rerum auttriacarum veteret ac genuini nune primum editi. 
Lipsinc , 1721 et seq. , vol. 3 in-fol. IX. Westpbal , Monumenta 
itudita rerum germanicarum, praeeipue cmbrkarum. Lipstae, , 17fc0, 
vol. 3 in-fol. X. Gudcn, Codex diphmaticut, tive sylloge diplomatum, 
monumentorumque veterum .... ret germanicas, praecipue mogunlinat 
ilhutrantium. Gotting; et Francof. , 1743 et seq. , vol. 5 in 4.°. 
XI. Schannat, 1° Vindemiae Utterariae h. e. veterum monumentorum ad 
Germaniam praecipue tacram spectantium collectio. Fuldae , 1724 , 
vol. 2 ih-lbl N 2* Corput traditionum fuldensium, sive donationum ad 
eeclesiam FuUHsem collatarum. Lipsiae, 1724, 1 vol. in-fol. TSylloge 
vetcrum monumentorum historieorum ete. Fuldae , 1725 , 1 vol. in-4". 
4° Vindieiae quorundam archivii Fuldcnsis diplomatum. Francofirrtj, 
1728, 1 vol. in-fol. XII. Meiehelbcck, Historia Frisingensit. August. 
Vmdel. , 1724 et scq. , vol. 2 iu-fol. II secondo volume conticne 
circa cinqueccnto documenti istorici , per la maggior parte inediti. 
XIII. Mencke, 1° Bibliotheca Mencheniana. Lipsiae , 1727, in-8". 
2° Scriptoret rcrum germanicarum , praecipue saxonicarum. Lipsiae „ 
1728 et seq. , vol. 3 in-fol. XIV. Luuig , 1° Codex jurit militarts 
S. R. imperii. Lipsiae, 1723, vol. 2 in-fol. 2° Codcx Italiac diplo- 
maticus. Francofurti, 1725 et seq., vol. 4 in-fol. 3° Codcx Germaniae 
fliphmaticus. Francoforli , 1732 et scq. , vol. 2 in-fol. , oltre lo 
Spicilegium ecclesiasticum , vol. 4 in-fol. , e il ponderoso Archivio- 
(Reichs archiven), che comprende un numcro stragrande di do- 
cumenTi per la storia civile e politica deirimpcro germanico, voL 
13 in-fol. 

(7) I. Scheidt, 1* Manifesla documentorum nobililatis Germanicae. 
Hannover , 1755 , 1 vol. in-4°. 2° Analecta ex medio aevo ( ubi ) 
Diphmata Wenceslai imperatoris hactcnus inedita (et) Specimcn codicit 
diphmatici Bavarici. Gottingae, 1759, 1 vol. in-fol. II. Haoberliu, 
Analccta medii aevi ad illustranda jura et ret germanicat. Noricae 
Cacs. et Lipsiae, 1764, in-8°. III. Oefels (Evelius Andreas), Rerum 
boicarum seriptores nusquam antehac edili, ex membranis et chartit 
vetustis eollecti. Augustae , 1763 , vol. 2 in-fol. IV. Boeheme , 
1° Acta pacis olivensis inedita. Budergis , 1765 , vol. 2 in 4°. 
2' Codex diplomaticut Moeno-Francofurlanus. V. Oelrichs Gerardus, 
Statuta Bremcnsia antiqua. Bremae, 1771, in-4°. Oelrichs Joannes, 
Miscellanea historica et diplomalica , Berlini , 1790 , vol. 2 in-4". 
VI. Fischer, Novissima scriptorum ac monumentorum rerum germa- 
nicarum , tam ineditorum quam rarissimorum collcctio. Hallao 
Magdeburg., 1781-82, vol. 2 in-4°. VII. Gersllacher. Corpus juris 
gcrmanici. Francofurti et Lipsiae , 1785 et seq. , vol. 4 in-8*. 
VIII. Ussermann jEroilianus, 1° Mpnumcnta res allcmanicas illustran- 
tia, 1792, vol. 2 in-4". 2° Episcopatus Wirceburgentis chronologice 
et diplomatice illustralus, 1794, in-4°. 

(8) I. Wegelin , Thesaurus rerum tvecicarum , in-fol. II. Wilde 
Jacobus , 1° Sveciac historia pragmalica , Stockolm , 1731 , in-4°. 
2" Introductio ad S:eihici stattts historiam (con documenti giu- 




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10 



INTRODUZIONK. 



Ne cosi antico, ne cosi frequente come in Germania fu in Inghilterra 1'amore per siffatti studi. 
Tuttavia non mancarono dotti in.quella famosa patria del Newton, i quali vi spendessero sopra 
le generose loro fatiche. II primo, o uno almeno dei primi fu Pirlandese Giacomo User (Usserius), 
che scrisse delle antichita ecclesiastiche della Gran-Brettagna , e mando fuori tra le altre sue opere 
la interessante collezione delle antiche epistole irlandesi (1). Lo seguirono a poco intervallo nello 
stesso correre di tempi lo Twisden e il Dudley, collettore il primo degli antichi scrittori anglicani 
e della famosa cronaca del monaco Brompton (2), e redattore il secondo del Complete ambassador, 
raccolta importante degli atti e delle negoziazioni sostenute in Francia dal Walsingham, ministro 
della regina Elisabetta, nel declinare del secolo XVI (3). Molti documenti preziosi pubblico pure 
nel cominciare del secolo XVMTHickes ne'suoi eruditi libri della Letteratura settentrionale (4); 
e al Wotton siamo debitori della importante collezione delle leggi ecclesiastiche e civili del paese 
di Galles (5); al Wilkins di quella rarissima delle antiche leggi anglo-sassoni , e dell'altra dei 
concilii inglesi e irlandesi gia innanzi raccolti dallo Spelmann (6). Alla storia ecclesiastica delle 
isole britanniche appartengono eziandio il Monasticon anglicanum (7) del Dugdale e del Dfarsham, 
e VAnglia sacra (8) pubblicata dal Warthon nel secolo precedente. Ma sorpassd di gran lunga ogni 
altra raccolta quella ponderosissima e veramente diplomatica di Tommaso Rymer, che sotto il 
titolo di Acta publica venne primamente in luce nel 1625, e fu poi continuata ed accresciuta da 
Roberto Sanderson (9). 

Superiore alP Inghilterra, si pel numero, che per Fimportanza delle collezioni, e stata la Francia, 
la quale sin dal declinamento del secolo XVI ebbe in Giovanni di Lastage un pubblicatore di 
documenti e di carte antiche (10). Non vi e infatti veruna parte della loro istoria e di quelle ancora 
di altre nazioni cbe i Francesi non abbiano ampiamente arricchito ed illustrato. I trattati politici 
piu conosciuti, da quello di Arras del 1435 fino al 1600, ebbero in Federico Leonard il loro 
primo raccoglitore, al di cui lavoro aggiunsero ppi maggior pregio le osservazioni critiche ed 



stiflcanti ) Stockolm , 1738 , in-4°. 111. Oernhielm Claadii , 
Bullarium romamm h. e. eompage» epistolarum quas pontificet 
romatu ad reget Sveciae , proeeret , archiepitcopot etc. tcripserurU. 
Lipsiae , ann. incert. , in-fol. IV. Ulfeld Jacobi , Hodaeporieon 
Ruthenieum. Franoofurti, 1608, ia-k" V. Spanmiiller Jacobus, 1° Ori- 
ginum Friticarum, libri sex, 1616, in-V. 2° Rerum dankarum, libri 
decem. Amstelodami , 1631 , in-fol. VI. Langebeck Jacobus , 
1° Scriptoret rerum danicarum medii aevi. Coduniae, 1772 et seq., 
vol. 7 in-fol. 2» Bibliotheca Danica, vol. 8 in-V. VII. Ailzema 
Leone , gentiluorao olandese , pubblico la storia degli affari di 
stato e di guerra d'Europa dal 1621 al 1688 corredata di docu- 
menti diplomatici , tra i quali leggesi pure il trattato di pace di 
Munster, vol. 14- in-V VIII. Gronovii Jacobi, Thetaurut antiqui- 
tatum graecarum. Lugdun. Batav. , 1697 et seq. , vol. 15 in-fol. 

IX. Miraei Auberti, Opera diplomatiea et hittorica. Lovanii, 1723 
et seq. , vol. 4 in-fol. NB. Alcuni dei documenti contenuti in 
quest' opera non sono di assoluta e riconosciuta autenticita. 

X. Wiltheim , Dipticom Leodient* et Bituricente , 1759 , in-fol. 

XI. Foppens Joannes , Bibliotheca Belgica. Bruxellae, 1739, vol. 2 
in-4°. Oltre gli accenuati autori tedeschi, svedesi, danesi, olandesi e 
belgi, sono pubblicazioni fatte in Alemagna nel cadere del secolo 
XVII e nel cominciare del secolo XVIII il Theatrum pacit , il 
Diarium europaeum , il Theatrum europaeum , e Ie Relationet 
Francofurtentet , le quali , quantunque non siano vere collezioni 
diplomatiche, contengono perd molti documenti politici che servono 
mirabilmente a illuslrare la storia dei tempi nei quali vennero 
in luce. 

(1) Usserii Jacobi , 1° Veterum epittolarum hibernicarum tylloge. 
Londini, 1632, in-8 J . 2° Britannicarum eccletiarum antiquitatet. 
Dublini , 1639 , in-V. 

(2) Twisden Roggerius , Scriptoret rerum angUcarum , Londini , 
1652, in-fol. La cronaca del monaco Bromplon che vi e compresa 
(chiamata cosi da lui che ne fu il discopritore) comincia dal 588 
e termina nel 1198. 

(3) Duldlcy Digges, Complcte ambattador. London, 1655, in-fol. 
I documenti coutenutivi abbracciano il periodo di soli tre anni , 
dal 1570 al 1573. 

(4) Hickes Jeorgii, Antiquac litteraturac srptetitrionalis libriduo. 
Oxonii, 1703-1705, vol. 2 in-fol. 



(5) Wotton Goillelmus , Leget WalUcae ecclesiatticae et civiles. 
Londini , 1730 , vol. 2 in-fol. 

(6) Wilkins Davidis , 1° Leget anglo-taxonicae . . . accedunt leget 
Eduardi .... Codex kgum veterum etc. Londini , 1721 , in-fol. 
2° Concilia magnae Britanmae et Hiberniae. Londini, 1736, voL 4 
in-fol. 

(7) Londini , 1655 , iu-fol. 

(8) 1691 , in-fol. 

(9) Foedera, conventionet, litterae et cuiutcumque generit aetapublica 
inter reget AngUae et aliot quotvit imperatoret, pontificet , principet 
vel communitatet ab anno 1101 ad nottra usque tempora habita et 
tractata, 1625, vol. 17 in-fol. Le cdizioni fatte in Londra nel 1704 
e 1727 e seg. comprendono 20 vol. in-fol. Quella fatta nell'Aia 
nel 1739 e seg., colla traduzione francese a fronte dcl testo inglese, 
e di vol. 10 in-fo|. Quesla raccolta fu fatta dal Rymer per ordine 
della regina Auna dlnghilterra, e fu ricavata per la maggior parte 
dagli alti politici custoditi negli archivii della corte brillannica. 
Quindi tal collezione e limitata agli affari della Gran-Breltagna , 
come quasi tutle le altre del Lunig a quelli di Germania. Se noo 
che gli eruditi osservarono tra il Bymer o il Lunig questa notabile 
differenza , che mentre il primo ebbe aperti alle sne ricerche , 
per ordine del Governo, tutti gli archivii pubblici e privati della 
sua patria , il secondo non godelte di lal vantaggio , e colla sola 
sna fatica sostenuta dalla propria generosita e dalfamore del pub- 
blico bene riuscl a scoprire quella Inngaserie d'inediti documenli, 
dei quali gli e debitrice 1'Alemagna e 1'ltalia. Quindi egli e dop- 
piamente benemerito delle lcttere, e tanto in tal rispetto prevale 
al Rymer, quanto la virtu che opera ncglelta o sola e superiore 
alla virtu che procede lietamente col favore della forluna. 

(10) Sono annesse alTopera intitolala Memoires et recherchet de 
France et de la Gaule Aquiianique. Paris, 1581. Questa opera del 
Lastage, specialmente in quanto riguarda rautonticila delle carte 
messe in luce daIl'autore, e stata troppo severamente censurata 
dal Duchene nella sua Bibliothique des historient de Franee. Ma il 
Duchene , nel censurare altrui , si scordo di certo ch' egli stesso 
non fu assai scrupoloso nella scella dei documenti comprovanti le 
genealogie di alcune grandi famiglie di Europa da lui pubblicate; 
nel qual lavoio, comunque grandc cd crudito, sacrilieo talvolta piu 
all'adulazionc cbc allu vcrita. 



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I.NTR0DU2ICWE. 



44 



istortche deU r Amelot cohdotte fino al 4684, e i trattati posteriori fino al 47-14 che g)i servono di 
appendice. k questet tennero dietro Ie Raccoite del Dupuy e del Perard , J'ima riguardante !a storia 
gerierale di Francia (t), . e Faltra la storia particolare della Borgogna (2),.e Ia graii Saccoltd pab-» 
hlicata \w Amiterdam nel 4700, alla di cui compilazione posero mano rribltf dotti uominl di qriella 
'eta (9).^$eguiron0 poi la Stdria dei trattati di pdce del secolo XVII, colle Memorie relative del 
Lamberti (4), e le Nego&axdoni secrete detta pace di Munster e di Osnakurg (5). Pero di qoeste e 
di melte<>altFe fu opera principale quella def Dvmont, il quale concepi e ridusse ad atto il gj* 
gant^eebipensiero di "un Codice dipjomatico universale, abbracciando nel suo vasto e qaasi imraenso 
lavoro tutti i documenti piu importanti si editi che inediti, politici, religiosi e eivili 4el tnoridb 
europeb, dalFanno SOf) ddrera volgare fino al 4734 (6). E cotne era impossibile ehe-in tanta e si 
grande mole di edifizio storico non fossero siuggiti al Dumont alcuni materiali atnche impobtanti^ 
il Rousset completb poi, snppli ed estese quel primo lavoro, includendovi atti : , paci 'e monumeiiti 
di ogni sorta fino al 4738, e un completo Cerimmiale diplomatico di tutte le cbrtii d^Europ* ^, 
oltre airis-toria compiuta di' tutti gli antichi trattati , dai tempi piu remoti fino *\V iimpero; di Ca»lo 
Magno, redatta con tarita critica e doUrina dal famoso Barbeyrac (8). II qual C6d}ce Dumoniiano\ 
in tal guisa arricchito e comprato in 'ogni sua parte, occupa un posto cosi eminente neli moiidb 
letterario, ed ha oramai tanta utilita e rinomanza, cb'io credo rion doverne fare ulteriori )r&* 
gidnamenti. ' V l>h . i /io 

I collettori di moriumeriti ecclesiastici e profani non attineritl alla pblitica furono in - EVaiaeia rioh 
meno eruditi che numerosi. A capo dei medesimi puo essere eollocato pier antiohita io^Seaiigere^ 
cui siamo debitori della pubblicazione di preziosi frammenti delle greche lettere in quella sua 
elaboratissima opera De emehdatione temporum (9), e^appresso 1 a fui il Dbublet, aufore delle' An- 
iichita Dionigiam (40), e il BloBdel (1 4 ) prof ugnatore v^lproso del, Chijllet e. delle opinioni gegetliae&e, 
da lui espresse' nella sua Biblioteca antica di scritture inedite. Venneia pqi m campo il Siririond (49^, 
il Petit (13), il Labbe (44)*. i, Sanmartani a.utori della Gallia sdcra, e il Du-Bons sqriUo^e d^lta $1^4,^ 
particolare della Chiesa di Parigi. Quindi ascors i dotti Maurini Menard' e d'Achery (4&), i4 Bigo<X^)» 



(1) Dupuy Pierre , Traites relatifs a 1'histoire de France. ParLs , 
16oi , uu vol. in-4°. Vi sono tra gli allri compresi gU atli della 
coudanua dei templari , e dello scisma di Avignone. Molti docu- 
menti concernenti la detta storia di Ffancia erano stali pubblicali 
alcuni anni avanti dallo stesso Dupuy nol Trattato dei diritti e 
della liberta della chiesa gallicana. Parigi , 1G39 , vol. 3 in-fol. 

• (2) Perard Etienne , Rrcucil des piicesrares pow servir hrhistoire 
de Bourgogne. Paris, 1669, in-foL. 

(3) Becueil de paix, d» trive, d» neutralite', de suspension d'armes, 
de confederation etc. Ainsterdam , chez Enrique Boomc el Adriaa 
Moeljens, 1700, vol. 4 in-fol. Questa raccolta ricavata neila mas- 
sima parle dalle precedenli del Lconard , dell' Aitzcma , dei 
Leibnizio e dcl P^rard, quantunque inesatta in m«lte sue parti, 
diveotd tosto , dopo la sua pubblicazione , Ia piu famosa e la 
piu rara. 

• (4) Histoire des traites de paix et autres nfyociations du dix-septiewe 
siecle , depuis la paix de Vervins jusqua la paix de Nitnigue. 
Amsterdam et La-Haye, 1723, vol. 2 in-fol. 

(5) Mgociations secretes toucliantes lapaix de Munster etd Osnabruch. 
La-Haye, 1726, vol. k in-fol. Quest'opera, e la precedentc Histoire 
des traites de paix etc. vanno al presente unite al Corps diphmatique 
universel del Dumont coi supplemcnli del Barbeyrac e del Roussct, 
e formano insieme vol. 19 in-fol. mass. 

(6) Corps diplomatique universel du droit des gcns contenant tm 
rtcueil des traites d'alliance , de paix , de trive , de neutraliti , de 
commerce , dichange , de protccHon et de garantie , de toutes les 
conventions , transacUons , pactes , concordats et aulres contrats qui 
ont ite faits en Europe depuis le.rigne de t 'empereur ■Charles-Magne 
jusqua present etc. Amslerdam ct La-Haye, 1726, 28, 31,vol. 8 
ia-fol. mass. 

(7) SuppUment au corps universel diplomatique du droit des gens 
etc.,&Le cei enwnial diplomatique des cours de VEurope etc. Amsterdam 
et La-Haye, 1739, vol. 5 in-fol. mass. II Rousset, oltre il detto 
Supplemento, pubblico all'Aia dal 1728 al 1752 un altra importanlc 
collezione di documenti storiri intitolata Recueil hisfnrique. des actet, 



V. i.i 



ndgociations, mimoires etc, depuis la paix d Utrechtjusqu'au congris 
de CambraL 1648, yol. jq in-12> . 

(8) .Histaire des unciens traitfs , oif recueil. historique .et ,i;hromlo- 
gique des trQttes rdpandus dans lcs auteurs grccs e< latitu, et autret 
monumens de 1'antiquite" depuis les tems les plus recuUs jusqua 
l'emp«r.eur Chmrles-Magne. Amsterdam et La-Hay«, 1789, yoV 1, 
W-fol, ., .. , . .. ; .:. ., ,. 

„(9) Luletiae. ,Parisi«T., 1383^,1 vo). ia-fol. „ , , 

.m Porig» , 1625, vo^ 2 in : fc». . ' ; / t 

. (11) Assertio genealogiae Frcmcifiae, Ams.telocJainj, 1652, vol<.9 
in-foL Di Dovide Blon^el abbiamo ancqra il Pn udo-Iiidorus sl^taf^ 
jn Giqevra nel 1628 , in-4". 

(12) Concilia antiqua Galliae. Lnteliae Parisior. * 1629»' ;in-foL 
Oltre a. questa. H Sirmond lascio uoa raceolta di o^ere p/d» mss. 
as^ai rafi, ehe fn pubblicate dopo la. 4>..l.Mi WQisle boI 1696,,avq1. 
8 iftrfoi. . ... . .;. , a . ,. t ,,. ,, u;;.i 

(13) MisceUaneorum Ubri novem , 1630 , inri, 0 ,. , .,;,(■■ 
(lk) 1° ' Bibliotheqa novauscijptpr. hittor, Lutetiae Parisioj,, 4657, 

voj. 2, 2° Thesaurus epitaphioripn, ve&rum ac refientivtn, ■ Lute^ia.Q > 
Parisipr. , 1666, in-8°. 3" St, ooneiUa cum ,duobu* aj/pai QUkut ctc, 
Lutetiae Parisior. , 1671 et seq. , vol. 18 in-fol. ., .,> 

(15) A' Menard sono debitrici ,le antichita. moaastichet-de^a Con- 
cordia regularum S. Benedicti abbatis Anianensis , e, d*Ua illustra- 
zione del libro sagramentaU di S. Gregorio. ll D Achery p*i,non 
solo fu pnbblicatore e illustratore delle opere di Gqiberto ; nbale 
e di Lanfranco arcivescovo d|, Cantorbery, ma,diede. ancliejn ijnce 
nel 1653-77 quel sao prezioso Spicilegium veterum aliquot scripU>rwH 
qui in GalUae bibUothecis latuerant, yol. 13 in-i°, pbe-e un , .tejj* 
emporio di sorilti del medio evo , di a.tli i, di : canpni , dj\qoi)«i|ii| 
di cronache , di lettere, di.diplami eec, , trajii, daglj . aroliivii 4i 
molli monasteri. , , . ': 

(16) Vita di S. Gio. Grisostomo, ed alcuni, mgs.. gyeci per lp in- 
nanzi inedili , colla tra^uzione latioa di A^mbrogio GaroaWolese. 
Parigi , 1680, in-V. . • ' 



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INTRODUZIONE. 



il Combefis (1), il Guichenon (2) e il Gotelier (3), c quei due famosi luminari delle anticbita 
erudite Giovanni Mabillon (4) e Stefano Baluzio (5) , nei quali la scienza ando del pari colla virtu 
e colla modestia. Ne con essi fini la serie degl'illustri collettori gallicani, poiche nel secolb. XVUI 
iiorirono il Sallengre (6), il Basnage (7), il Lopin, il Pouget, il Montfaucon (8), il Bouquet (9)» 
il Cocqtielines (10), il Le-Plat (44), e, tra gli altri moltissimi che potrei ricbrdare, il Martene e il 
Durand, i quali donarono ai dotti e alle nazioni quasi tutte di Europa due rare Coltezioni di 
scrittori, di carte, di diplomi e di documenti di ogni eta e d'ogni specie; egregio frutto di lunghe 
peregrinazioni e di erudite ricerche da essi fatte nelle chiese, negli archivi e nelle biblioteche 
della Fraacia, del Belgio e della Germania (12). 

Venendo poi a discorrere delfltalia, la messe e cosi ampia ed ubertosa, che se tutti volessimo 
ricordare i tesori storici che vi furono discoperti ed illustrati, imprenderemmo forse a trattar 
materia senza confini. E prescindendo dal Baronio.e dai dotti suoi continuatori , che tanta dovizia 
di carte pria inedite pubblicarono in quelta solenuissima mole degli Annali ecclesiaslici (43) , e dal 
Muratori, quasi incredibile ma pur vero ed unico atlante degli scrittori, della storia e delle an- 
tichita italiane (\ 4), a chi sono ignoti i nomi deirimmirati, dei Manuzi, del Panvinio, del Sigonio, 
del Nerli, del Ficino, del Doni, del Siri, delPUghelli, del Cherubini, del Bena, del Ciampini, 
del Puricelli, dei Ballerini, del Zaccagni, del Corbinelli, del Cocchi, del Lupi, del Poleni, del 
Gori, del Maffei, det Salvini, del Buonarotti, del Calogera, del Lami, del Fantucci, del Zaccaria, 
del Biscioni, del Manni, del Lazzeri, del Mattei, del Mansi, del Gattola, del Mittarelli, del Dal-Borgo, 
del Maccioni, del Bottari, del Tiraboschi, del Fumagalli, del Marini (15) e di cento altri, editori, 



(1) 1° Graeco-latinae PP. b&Uothecae novum auciuarium, et 
auctuarium novissimum. Lutetiae Parisior. , 1648 et 1672 , vol. 4 
in-fol. 2° Originum rerumque constantinopolitarum manipulus. Lutet. 
Parisior., 1664, 1 vol. in-4°. 3° Hittoriae byzantinae scriptores post 
Theophanem usque ad Nicephorum Phocam (graeco-latin.) Lntetiae 
Parisior. , 1665 , 1 vol. in-fol. 

(2) Bibliotheca Sebusiana, tive variarum chartarum, diplomatum 
ete., Centuriae duae eum notis (Lugduni 1666 in-4°), oltre la Storia 
genealogica della R. Casa di Savoia (Lione, 1660, vol. 2 in-fol.), 
e la Storia di Bresse e Bugey (Lione, 1650, in-fol.), comprovate 
con diplomi , documenti ec. 

(3) Oltre varie stimatissime edizioni di opere di Ss. PP., ab- 
biamo di lui Monumenta ecclesiae graeeae (Lutet Parisior., 1677 
et seq., vol. 3 in-4°), che e una raccolta di mss. della biblioteca 
reale di Parigi , e della Colbertiua. 

(4) 1° De re diplomatica libri tex ( col supplem. ) Lutetiae 
Parisior. , 1681 et 1704, vol. 2 in-fol. 2" Musaeum italieum, seu 
collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italieit eruta. Lutetiae 
Parisior. , 1687-89 , vol. 2 in-4°. 3" Veterum analecta. Luletiae 
Parisior. , 1675 et seq. , vol. 4 in^8". Molti documenti storici si 
trovano anche sparsi negli Annalet et aeta St. ordinis S. Benedicti, 
e ucWAntiqua ecclesiae Gallicanae liturgia, pubblicati dal Mabillon 
nel 1668 e 1713 , vol. 9 in-fol. 

(5) Miscellanea , h. e. CoUeetio veterum monumentorum , quae 
haetenut latuerant tn variit codicibus ac bibUothecis. Lutetiae Parisior., 
1678 et seq. , vol. 7 in-8". Di questa famosa raccolta Baluziana 
fece una nuova edizione , coll' aggiunta di molte osservazioni , e 
di alconi altri monumenti inediti, il dotto P. Gio. Domenico Mansi 
(Lueca, 1761, coi tipi del Giuntino, vol. 4 in-fol.); ed ivi e da 
vedersi il catalogo delle opere tutte di vario genere pubblicate dal 
Balnzio. 

(6) Novus thesaurus antiquitatum romanarum, 1716, vol. 3 in-fol. 
i5 nn segnito a quelli del Grevio e del Gronovio. 

(7) Thesaurus monumentorum ecelesiastkorum. Amstelodami, 1725, 
vol. 5 in-fol. 

(8) 1° Diarium italieum , tive monumentorum notitiae itinerario 
itaUco colleetae. Parisiis , 1702 , 1 vol. in-4°. 2° AnaUcta graeca. 
Ibid. , 1688, in-fol. 3° CoUeetio novapatrum et teriptorum graecorum. 
lbid., 1706, vol. 2 in-fol. 4° BibKotheca CosUniana oUm Segueriana 
tte. Ibid., 1715, 1 vol. in-fol. 5° Monumenta monarchiae Fr ancicae. 
lbid. , 1729 , vol. 5 in fol. 6° BibUoiheca bibliotheearum mt. nova. 
Ibid. , 1793 , vol. 2 in-fol. 

(9) Rerum Gallicarum et Franciearum scriptoret. Lutetiae Parisior., 
1738 et seq., colla continuazione di D'Antine, Haidiquier, Poiricr, 
Precieux , Housseau , Glcmeut , e Brial , vol. 16 in-fol. 



(10) Bullarium romanum. Romae , typ. Mainardi, 1739 et seq., 
voi 24 in-fol. 

(11) Monumentorum ad hittoriam coneitii tridentini potissimum il- 
htstrandam spectantium ampUssima collectio. Lovanii, 1781 et seq., 
vol. 7 in-4° gr. 

(12) Thesaurut novut anecdotorum, complectens regum ac principum 
aUorumque virorum iUustrium epistolas et diplomata bene multa, 
chroniea varia , aliaque tum ecclesiastica tum civilia omnium pene 
nationum monumenta etc. Luteliae Parisior. , 1717 et seq. , vol. 5 
in-fol. 2° Veterum scriptorum et monumentorum historicorum , dogma- 
ticorum,moraUumampUssima coUectio,complectcns regum et principum, 
aUorumque virorum illustrium epistolas et diplomata bene multa , 
vetera monumenta imperialis monasterii Stabukntis etc.,plures scriptoret 
historicot de rebus praesertim germanicis, galUcis , anglicis, italicis, 
eonstantinopolitanis , Terrac-sanctae ete. Parisiis , 1724 et seq. , 
vol. 9 in-fol. 

(13) Gli AnnaU ecclesiastici , ch'erano stati condotti dal cardinal 
Baronio fino al 1198 ( vol. 12 in-fol. ) furono poi continuati da 
Oderico Rainaldi fino al 1571 ( vol. 10 in-fol. ) , e quindi dal 
Laderchi fino ai tempi piu recenti (vol. 3 in-fol.). 

(14) Nel prodigioso numero delle opere pubblicate dal Muratori, 
le riferibili a collezioni ed illustrazioni di monumenti antichi sono 
le seguenti: 1° Anccdota ex ambrotianae bibUothecae codicibus nunc 
primum eruta etc. Mediolani , 1697-98 , vol. 2 in-4°. 2° Anecdota 
graeca ex mss. codicibus latine donata etc. Patavii , 1709 , in-4°. 
3° Delle antichita cstensi ed itaUane. Modena, 1717 e seg. , vol. 2 
in-fol. 4° Rerum itaUcarum scriptores. Modiolani , 1723 et seq. , 
vol. 29 in-fol., ai qnali vanno appresso le Accessioni del Tartini e 
del Mittarelli. 5.° Antiquitatet itaUeae medii aevi. Mediolani, 1738 
et seq. , vol. 6 in-fol. 6° Novus thesaurus veterum inscriptionum. 
Mediolani , 1739 et seq., vol. 6 in-fol. 

(15) Ne il soggetto del mio discorso, ne la brevila di una nola 
comportano la enumerazione precisa e distinta di tutte le opere 
dei sopraddetti autori , riferibili a collezioni e ad illustrazloni di 
documonti storici. Percid mi liraitero ad accennarne alcune prin- 
cipali. Le Storie fiorentine di Scipione Ammirati sono ricche di 
carte e di docamenti giustificativi. Ognuno conosce gl'importanti 
lavori di Aldo Manuzio il vecchio, di suo figlio Paolo, e del Panvinio 
sopra le opcre degli antichi e sopra le antiohita di ogni genere. 
Dcl Sigonio poi , oltre la notissima De regno ItaUae , abbiamo 
quella classica opera , Regum , consulum , dictatorum ac censorum 
romanorum fasti (Mutinae, 1550, in-fol.) che vale per molte altre. 
Nel secolo XVII il Doni lascio una eccellente Raccolta rfiscritioni, 
che poi fu pubblirata dal Gori in Firenze (1731 , 1 vol. in-fol.), 
e che pu6 far seguito al Tesoro del Gruyter. Laerzio Cherubini 



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I\TR0F)|!}?K)NK. 



13 



collettori e chiosatori insigtei di ogoi stfrta di a»ntichita, di libri, di carte, di diplomi, di documeriti* 
Qual e la nazione che come filtalia varitar pessd -Un riumero si grande di codici diplomatici 
particolari di repubbliehe, di regini, di cittapdi provirice,- di famiglie, drchiese, di monisteri? 
La raccolta di documenti inediti ,• specialmente rveneziani, faUa dal Diplovatazio, il Codice Trivisan», 
il Longobardico , WNonantolano , il Camafdolese^ il Modenese, V Ambrosiano , il Fiorentino, il Ber- 
gamatto, il Rwerimte, il Pisano, il Qkertirdesco !iM), fl GerosoUrmiano (2), il Siciliano (3) e tanti 
altri, che per brevita non rammento, soao tutti codici provinciali e locali d'Italia, raccohi, 
pubbiicati ed v iUustrati da valorosi ingegni italiani. > . 

Tale e mcuYaltra e la suppellettile istorica .raessa in luce da tanti laboriosi e dotti scrittori 
dalla meta del secolo XVI fino a tutto il XVIIi che ne ha -preceduto. E quantunque questo nostro 
secolo XlX,.che va maturando con irrequieto mbto di attivita e di progresso la propria esistenza, 
non abbia nei primi sitoi anni posto mente a coritinuare 1'opera antica, o perche gli studi fossero 
volti al bello e airimmaginbso piu che al graye ed al severo , o perche Ia rapidita di straordinarii 
avvenimenti politici svolgesse negli animi cupidi di cose novelle il desiderio di piu pronte e piu 
fruttevoli faliche^ e di glorie meno antiquate], pure adesso, e non ha guari, hel risvegliarsi di 
ogni letteratura tra gli ozi bramati di tranquitla e stabil pace, si accese in Europa tutta nobil 
gara d'ingegai per lo studio della storia; e la.ricerca delle carte e delle memorie antiche ottiene 
forse al preseute sopra ogni altra Tonore e la preferenza. 

Da si generosa emulazione nacquero gia da due lustri innanzi tante Societd protette dalla sapienza 
dei Principi, le quali intendono a migliorare e ad arricchire 1'aDtico patrimonio storico delle nazioni, 
togliendo con assidue fatiche dalla oscurita dei manoscritti e dal silenzio polveroso degli archivi 



lascid pure la raccolta delle costituzioni e delle bolle pontiflcie 
( Magnwn Bullarium. Romae , 1617 ) che fu continuata dai sooi 
figli e dal Lantusca. Di Vittorio Siri si banno il Mercurio 
( Venezia , 1644 e seg. , vol. 15 in-V ) , e le Mcmorie recondile 
dalTanno 1601 alTanno 16«) (Parigi, Lione e altr., 1676 e seg., 
vol. 8 in 4° ) ; chc sono veramente nna collezione di documenti 
diplomatic?, e la prima collezione di fal genere apparsa in Italia. 
Dell* (Jghetli e la tanto commendata Italia sacra, corredata di 
raonumenfi ecclesiastici di ogni sorta (Uoraa, 16H e seg., vol. 9 
in-fol.). Le operu pobblicate , illuslrate e ancho corrctte dai dotli 
fratelli Ballerini (Pietro e Girolamo) nella parte spccialmente che 
riguarda 1'antica dbeiplina della Chiesa, sono tante e cosi conosciute 
che volenlieri mi passo dal farnc parola. 1 monumenti ambrosiani 
del Puricelli ( Ambrotianae Medfolani basilicae docutnenta , 1648 
in-foL ) , quelli dati in luce dal Cianlpini ( Velera monumenta , in 
quibus praecipuc musiva opera etc. illustrantur , 16!;0-99, vol. 2in- 
(b).), e gli altri della chiesa greca e lathia pubblicati dal Znccagni 
( Collectanea monumentorum veterum ecclesiae graecae et latinae , 
1698 , 1 vol. in-V ) chiusero con egregia lode la gloria degli 
studi storici fatti dagFItaliani fino al socolo XVII. Nel secolo se- 
guente il gia citato Muratori basto egli solo per tutti, e fu supeiTore 
a ciascano, anche delle altre nazioni. Non pertanto si cbbero lanti 
codici mss. della Laurenziana inessi in vita dal Biscioni, la Firenze 
Ulustrata del Gori, corredata di antichi diplomi (Firenzc, 1755), 
le Dtlizic erudite (Deliciae eruditorum, seu veterum anecdoton opuscu- 
lorum collectanea. Florent., 1736 et scq., vol. 18 in 8°), il Catalogus 
Codictm mss. qui tn Bibtiotheca Riccardiana Florentiae adservantur 
(Liburni, 1756, 1 vol. in-fol.) e i Mbnumenti delia Chiesa Fiorentina 
(Sanctae Ecclesiae Fhrentinae Monumenta. Florentiae , 1758 , vol. 
3 in-fol. ) del dottissimo Lami ; e si ebbe nel Poleni un illustro 
continuatore del Grevio, dcl Gronovio e del Sallcngre (Utriusque 
thesauri nova supplementa. Venetiis, 1737, vol. 5 in fol.). Al Mafiei 
dobbiamo le Galliae antiquitates quaedam selectae (Parisiis , 1733 , 
1 vol. m-V), il Musaeum Veronense (Verona, 1749, 1 vol. in-fol.) 
c il Dittico Quirinalc ( Verona , 1754 , 1 vol. in-V ) ; al Lupi il 
Codex diplomaticus civitatis et ecelesiae Bergomcnsis (Bergomi, 1784, 
in fol.) ; al Fahtocci i MonumcnU Ravennati (Coscna, 1786, vol. 6 
in-4.° ) ; al Calogera la Raccolta e la Nuova raccolta di opuscoli 
scientifici e filologici, continuata poi dal Mandelli (Vcnezia, 1729 
e aeg., 1755 e seg. , vol. 66 in-12) ; al Dal-Borgo gli Scelti diplomi 
pitani ( Pisa , 1765 , 1 vol. in-4" gr. ) ; al Matlei la Storia della 
Chicsa Pisana ( llistoria Ecclesiae Pisanac. Lucae , 1768, vol. 2 
in-fol.) c la Sardinia sacia (Iloma, 1758, t vol. in-ibl.); al Manni 



lo Osservazioni sopra i sigitli anlichi dei secoli bassi (Venezia, 1739 
al 1786 , vol. 30 in-4° ) che tanta lucc sparsero sopra la storia 
italiana dcl mcdio cvo : al Lazzeri le Miscellanea ex mss. libris 
bibliothecac collegii romani (Romae, 1754-57, vol. 2 in-8'); alfabate 
Zaccaria la Collectio anccdotorum medii aevi (Taurini, 1755, in-fol.); 
al Macrioni il Codicc diplotnatico , e la Difesa det dominio dci conti 
dclla Ghcrardesca ( Lucca , 1771', vol. 2 in-4° gr. ) ; opere tutto 
ricche di prcziosi documenti. Lc mcraorie monastiche sono debitrici 
al Galtola, al Miltafelli e al Costadoni di mblti materiali tolti 
dal!'oscurita ed cgrcgiamente illustrati, sia nella Illstoria abbatiae 
Camaldulensis pcr saeculorum seriem' distributa (Vcnctiis , 1733 ct 
seq. , vol. 4 in-fol.) , che ncgli Annales Camaldulcnscs (Venctiis , 
1755 el seq. , vol. 9 in-fol.). Lo stesso Mittarclli ci dicde la rac- 
colta dolle anticho cronache di' Facnza nclle suc Acccssiones Fa- 
ventinac ad scriptorfa rcr. ital. clar. Muratorii ( FavtMitiae , 1771 , 
1 vol. iri-fol.), c la BibKotheca codicum mss. S. MichaHis Venctiarum 
(S. Michelc di Murano) (Venetiis, 1779, 1 vol. rn-fol.). Dcl Man4i 
6 la lanlo rrpntata Ss. coneiliorum nova ct amplissima collcctio 
(Lucae, 1748 et seq., vol. 31 in-fol. mass.) superiorc pcr niolti risp.rul 
a quclle del Labb6 e dcII'Ardnino, e la illustraiiono di un insigne 
Codke dei tempr di Carlo Magno (Dc insigni codicc Caruli Magni 
aetate stripto , ct in Bibliothcca maioris ecclesiae Luccnsis servato'), 
oltre la gia citata edizione cd ampliaziono delle Misccllancc del 
Baluzio. Del Tiraboschi si hanno: 1° Vctera Humiliatorum monu- 
menta annolationibus ac disscrtationibus prodromis illustrata (Medio- 
lani, 1766 , vol. 3 in 4°); 2" Storia dcWaugusta badU di S. Sil- 
restro di Nonantola, aggiuntovi il ccdice diplomatico della mcdesima 
Hlustrato con'note ( Modena , 1784 , vol. 2 in-fol.) ; 3" Membrie 
storiche modenesi col codiee diplomatico illustrato ( Modena , 1793 , 
Vot 5 iw-4° ). II Fumagalli e autore delle Viccnde di Mxlano 
durante la guerra dH Federigo I imperatore, illuslratc con pcrgamene 
e con note. (Milano, 1778, 1 vol. in-4*), dellc Instituzioni diplo- 
matiche ( Milano, 1802, vol. 2 in-4°) , e del Codicc d>'plomalico 
sant' Ambrosiano , pubblicato dopo la di lui niorte dalfAmoretli 
( Milano , 1805 , 1 vol. in-4° ). K finalnienle il Marini , oltre la 
grand'opera, GK atti e i monumenti dci fratctli Arvali cc. (Ronia, 
1795 , vol. 2 in-4" ) , che e forse unica nel suo gcncrc , fece di 
pubblica ragione i Papiri diplomalici raccolti cd illuHrati (Roma , 
1805, 1 vol. in-fol.). 

(1) Vedasi la nota precedcnte. 

(2) Di Sebastiano Pauli. Lucca , 1733-37, vol. 2 in-fol 

(3) Di monsignor Giovanni di Giovanni , illustrato roii vane 
disscrlazioni, 



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r\TRoni<zio\K. 



e delle biblioteche tanti scrittori, cronache, statuti e diplomi che illustrano maravigliosamente le 
vicende dei secoli preceduti. E prima fra tutte surse in Italia la Deputazione sopra gli stuM <# 
sloria patria, creata con magnanimo consiglio da )Cabxo Alberto Re di Sardegna (1), ial dT oui 
nome crebbe percio splendidezza e fama, ne fia mai cbe se ne scompagni nelle eta ventare, il 
redfmito onore delle ottime discipline. Da questa ejnulazione medesima procedetteiro e vanuo pnn- 
cedendo cob lena sempre crescente le pubbliqazioni di tanti e si rari documenti pria sconosciuti, 
tra le quali (per cansare il tedio di lunghe citazioni) ricordero solamente le Memorie storicb» 
diplomatiche di Saluzzo (2), i Manoscrilti della R. BibHoteca parigina descritti ed fflwtrati daf 
Marsand (3), la Collexione dei documenti storici appartenenli alV Italia (4) , la Nothia- di manoscritti 
italiani, e i Documenti di storia italiana del Molinl (5), lo Spicilegium romanum del Mai (6), Te 
Rela&ieni degli ambasciatori veneti al senato pubblicate daLTAlberi (7) , il Catalogo dei codici mss. 
deW Antoniniana del Mineiotti (8), YArcMvio storico-italiano della Societd fiorentina (9), f Trattati 
pubbHci detla R. Casa di Savoia colle Potenze sttaniere (<0), e i gia cifcafci Monumentidi storid patria (4i), 
monumento easi stessi del grave senno e della rara munrfieenza di uno dei piu eecelsi monarchi 
del bel paese d'Italia. 

Pure frammezzo a tanta copia di collezioni stbriche, delle quali si onora al presente ognuna 
delte nazioni incivilite, la Sardegna non si sdehito ancora verso le italiche lettere del solenne 
uffizio di radunare in un sol corpo i monumenti scritti della sua morale esistenza nel lungo 
peribdo delle eta trascorse. E tuttavolta , dappoiche le sue vicende antiche e recenti furono egre- 
giamente narrate, dappoiche la serie dei generosi che la illustrarouo con azioni degne dieterna 
ricordanza e stata con fatiche non contennende da lungo obblio rivendicata, ta cresciuta civilta 
de'tempi e 1'onore de'sardi studii addimandavano da lei quest' altra opera nazionale, accio la 
verita dei documeati desse fede alle narrazipni, e 1'autorita delle testimonianze, o tutte coeve o 
quasi tutte contemporanee, appresentasse quasi redivivi i falti e gli uomini che le furono nei 



(1) Cob reale rescritto del 20 aprile 1833 S. M. a/Edd ada mo- 
desiraa 1'incarico di sopraintendere afla pubblicazione di opero 
inedite o rare appartenenti afla sloria de'suoi B. Stati, e chiamo 
a comporla uomini doUissimi , i quali per merito di belle ed erudile 
scrilture fatte da essi di pubblica ragioa'e sono universalraente 
distinti ed onorati aella repubblica delle lettere. Ai lavori di tale 
depulajiono sono dovutt i manumenti di storia patria ( Hittoriae 
^atriae monumenta editn jvssu Reqit Qroh Albesti. August. 
faurui. , ex regio typographeo , 1836 et seq. , in-fol. mass. ) dei 
quali parleremo qui appressa L esempio fu toslo imitato in altri 
stati e cilta italiaoe e anche di oltremonti. Nel 18i2 ebbe comin- 
ciamento la Soeieta ttorica di Siena , dalla quale si aspetta la 
pubblicazione dei monumenti slorici di quel municipio. La Societa 
storiea di Firenze procede gagliardamente nella importante pub- 
blicazioae del suo Archivio storico itaUano. La Societa storica di 
Napoli , costituitasi nel 1843 , intende continuare nella bell'opera 
gia incominciata dal Baronie, dal Muratori, dal Tiraboscbi , dal 
Fantucci e da molti altri valorosi. Prendera le mosse dai documenti 
pertinenti alla storia del ducato di Benevento , e quindi seguira 
di secolo in secolo iino a noi. Una delle prime sue pubblicazioni 
sara il Codice diplomatico Longobardico di Carlo Tfbya, gia annua- 
zialo a»\Y Antologia di Firenze, n.° itk, dispo&tosecondo la ragione 
dei tempi, il quale couterra, oltre molti documenti che si aveano 
a stampa , ma ch'erano disordinati e dispersi in parecchi volumi, 
moiti documenti nuovi ed inediti, arricchiti tutti di opportane an- 
nolaaioni. La S$ciet* storica di Lubecca ( Lubeck ) pubblichera 
ancor essa tra breve la collezione dei roonamenti esistenti nel suo 
dovizioso archivio municipale , cbe comprendera le memorie di 
questa citta anseatiea dal 1 139 al 1300 , e potra far seguilo alla 
gia pubblicuta Raccolta dei docuraenti per la storia tedesca. 

(2) Baccolte dallavv. Deltino Muletti , e pobblicate con addi- 
zioni e note da Carlo Muletti. Saluzzo, 1829 al 1833, vol. 6 in-8". 
Di tali memorie fece onorevole cenno la Biblioteca ttaUana, 1834, 
num. 237 e 238. 

(3) Parigi , 1835 , in-V. Quesfopera del Marsand pu6 essere 
considerata come nna continuazione delle Notices et extraitt des 
manuscrils de la btbUothique dv Roi, stampate in Parigi nel 1787, 
e della Bibtiotkeca bibliothecarum manuscriptorum nova del Mont- 
faucou , pubblicala nel 1793 , vol. 2 in-fol. 



(4) Fatta da Giuseppe Motini da nss. auteJUici esi/tenti neMa 
biblioteca rue Richetieu ii Parigi , e iUttstrata 4al marcbese Gitt* 
Capponi. Firenze, 1835, tipogr. all'insegna di Dante. Qoesta col- 
lezione puo far seguilo a quelle datect dal Muratori enalLanig. 

(5) Notizia di mss. italiani, o che si rifemcono aWItalia, esistenti 
nella tibreria delCarsenale m Parigi Firenze, 1836, tipogr. alTinsegna 
di Dante. 2" Documenti di storia italiana. Firenze , 1836 , tipogr. 
sudd. Alcuni di questi documenti ne erano gia stati dati dal Lunig 
nel Codex Italiae diplomaticus. 

(6) Boma , 1839-12 , vol. 8. £ una coUezioae di monamenti 
storici falta dal dottiesirao cardioale Angelo Mai sopra mss. greci, 
latini e italiani esislenti nella Vaticana. Contiene tra le altre cose 
un Giudizio di Bernardtno Baldi sopra alcuni luoghi della Storia 
del Guicciardini, una Lettera di Arrigo VIU re dlnghilterra contro 
Lutero, le Vite dei roraani pontefici da S. Pietro fino a Gregorio VII, 
gli Annati Carotini, e tre Vite latine dt tre vicere di Napoli. 

(7) 1842 . .. 

(8) Catalogo dei codiciww. della biblioteca dtS. Antonio di Padova. 
Padova , tipogr. della Miaerva , 1812. 

(9) VArchivio storico italiano sara diviso in otto volutm. 1 
quattro gia pubblicati per opera del Vieusseux fiao al 1843 cen- 
tengono tra le altre cose le Cronache miianesi del Cagnola , del 
Prato e del Burigozzo ; alcune Vite d'iltustn itatiani con docmtunti 
e note ; Ricordi di cose famigliari scritti da Guido delle Antelle e 
da Crietofano Guiducci notaio sanese nei 1362, e da Oderieb 
de'Credi orafo nel 1401. 11 voiume qnintocoraprendera ScrM«orii 
inediti del doge Marco Foscarini , e il Catalogo -della sua faraosa 
Raceolta storica. Nel sesto volume sara pubblicata la Storia mst. 
di Pisa del Boncioni ; e nei volnmi settimo e ottavo gli Annali 
Veneti del senatore Malipiero, con note del Sagredo, e i dispacci 
del Foscari e di altri oratori aU'imporatoro Massiroiliano 1. 

(10) Traitds pubtics de la Royale Maison de Savoie avec let Puit- 
tances faang&res, depuit la paut de Chateau-Cambrtsis jutqu'h not 
jours, pubtie"s par ordre du Roi, et prisentis h, S. M. par le comle 
Solar de La Marguerite. Turin, impr. roy. 1836 et suiv., vol. 5 in-4°. 

(11) Di detta grande opera sonosi finora pubblicati quatlro volumi, 
il primo dei quali comprende le Carte antiche, il secondo le Leggi 
o Statuti municipali , il terzo e il quarto gli Scrittori 



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INTRODUZIONE. 



45 



tempi andati cagione talvolta lieta, piu spesso funesta, di rare glorie, di poche gioie e di molte 
sventure. : 
. Or questa e appuntd 1'opera ch' io vengo offerendo alla mia patria nel suo Codice Diplomatioo 
e rie' suoi Mokumenti storici da me raccolti ed illustrati. Ben so clie tanta e si ardua fatica dovea 
forse essere meglio divisa fra molti che sopportata da un solo; e mi nasce percio neiranimo 
grave temenza che non sia compiuta. Nondimeno sara essa come fondamento di altre fatiche 
migliori; e il mio buon volere, e 1'amore che porto infinito alla terra natale sara per questa 
sola, quando anche per altre prove riol fosse, intieratnente manifesto. Delle cure e della diligenza 
che ho posto in tale lavoro non chiedo mi si presti cieca fede ■ sulla inia parola. Legga cbi ha 
pazienza di leggere, e vedra quanti libri ed archivii da me consultati; quante memorie, quante 
notizie, spesso minute, talvolta ingrate-j qua e la raccolte; quanti esami, e quanti confroriti cott 
lunga e fastidiosa 'indagine eseguiti, affinche nessuna cosa mancasse che alla natura e'al : fihe 
delFopera fosse relativa e consenziente. Veda chi leggera, come da molteplici e svariate fotfti ho 
dovuto derivar le acque per ridurle a fiume di un sfol letto; come da scrittdri per lingua, per 
eta, per religione varii e distanti fra loro ho ricavato i docuinenti che andatano dispersi iri molti 
volumi; e come e quanti altri ne ho tratto dairoscurita in cui giaceano sepolti, per farne omaggio 
alla Sardegna , anzi alPItalia tutta, la quale colle ricchezze provinciali accresce Tantico 1 tesoro 
della sua storia nazionale. Yeda soprattutto quei due preziosi Codici delia repubblica Sassarese e 
del porto di Gagliari appartenenti al principio del secolo XIV, le lacune da me riempiute ttel 
primo per restituirlo alla sua interezza, e le illustrazioni fatte ad entrambi; e giudichi poi se' ! cx>si 
fatti Iavori non erano forse sconfortevoli e ingrati, laddove il santo amor patrio che consiglioriimi 
ad imprenderli non mi avesse potentemente soccorso a tollerarli. Ne qui voglio rammentare' i 
dispendii da me fatti per mettere insieme tanta copia di memorie e di carte antiche ; perche 
quantunque abbiano essi superato ogni pazienza del mio censo domestico, e il pregio del danaro, 
ich' era nullo nei tempi della virtu antica, sia forse il tutto e il positivo delPeta modefna, e 
nondimeno e sara sempre di cuor pusilianime e di beotico ingegno non dubbio argomento Testiriiare 
per vil moneta con avaro calcolo mercatorio la generosa carita della patria e delle lettere. 

Di queste adunque e di somiglianti considerazioni pensi ciascuno cio che piu gli aggrada, 
giacche ne le parole sono necessarie per conseguir fede che sia dovuta, ne per sole parole si 
ottiene la fede che non siasi altrimenti meritata. Pero, affinche i Iettori sappiano il metodo da 
me seguito e la sostanza delle cose in questo Codice contenute, io verro adesso brevemente 
dichiarandolo. L'opera tutta ho diviso in tre volumi, ognuno dei quali contiene la serie comphita 
dei documenti che appartengono al periodo dei tempi da ciascuno di essi particolarmente abbrac- 
ciato. La collezione comincia dal secolo XI , e cosi di secolo in secolo procede ordinata find al 
presente. Quindi essa comprende le memorie di otto secoli, dall' undecimo fino al decimottavo; 
oltre a una porzione di questo in cui viviamo. A ogni secolo ho preposto alcuni miei Proemii 
o Dissertazioni che rendono ragione delle carte allogatevi, della loro natura, del loro scopo e 
della condizione dei teiripi ai quali appartengono. Le carte inedite ho distinto (4) dalle gia pub- 
blicate, e vedrassi che delle prime non e poco il numero, e che molto accrescono di novita,' di 
ricchezza e di splendore alle cose sarde. Del che non pretendo mi sia data lode come di cosai 
che onori le lettere, si solamente come di cosa che fa fede della sollecitudine da me usata nella 
ricerca delle notizie patrie, « accid in grazia di quello che c'e, mi si usi cortesia nel compatirmi 
» di quel molto che manca ». Se poi avverra (ne voglio confidare superbamente nel contrario) 
che alcune carte da me segnate come inedite • siano state gia messe in luce da altri, il discreto 
lettore lo attribuisca a difetto inevitabile da ogni scrittore , che ne tutto puo aver letto e veduto, 
ne le cose gia lette e vedute altrove tener tutte a memoria. E in opera di tanta mole , e in paese 
dove mancano i comodi sussidii di libri e di biblioteche, era quasi impossibile non cadere in 
somiglianti inavvertenze , come vi caddero, tra gli altri, benche costituiti iri condizioni migliori, 
il Baluzio, il Du-Chesne e il Labbe, autori per ingegno e per dottrina, non che buoni, eccel- 
lentissimi. I documenti tutti sono stati da me disposti, non per ordine di materie, ma per esat^ 

(1) Con qucsto scgno (". 



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46 



iXTROnilZIONE. 



tissimo ordine cronologico. Ho scelto questo metodo » preferitolo a qualunque altro, non »k> 
per essere quello cbe piu si addice alla facilita dei riscontri, ed e sanzionato dalFesempio di 
quasi tutti i collettori di carte antiche, ma eziandio perche le collezioni storiche e diplomatiche, 
non essendo trattazioni particolari e distinte deUe cose che contengono, sibbene ragunamento e 
ripoBta di memorie alla storia appartenenti , debbono appresentarle ai lettori e agli studiosi 
secondo la loro pta, e neU'ordine temporario della propria loro esistenza. 

Questi stessi documenti ho illustrato con brevi note istoriche, critiche e filologiche, mirando 
piu al vantaggio e all' orrevolezza delFopera che alla maggior facilita e minor fatica che avrei 
avute pubblicandoli neila sola originale nudita del testo, come hanno fatto tanti raccoglitori per 
altro insigni e ricchi di ogni pellegrina erudizione. Ma in cio fui parco assai , o perche molte cose 
nou abbisogoavano d'illustrazione, essendo abbastanza chj^re per se stesse, o perche gia illustrate 
da altri, e anche da me medesimo, cosi nei suddetti proemii , come nel mio Dizionario biografico 
fai Sardi illustri. Che se non ho usato la stessa parcita negli antichi StattUi (Capitula, statula et 
ordinamentaj della repubblica Sassarese, vedra ognuno, leggendo quello splendido monumento 
del «apere civile e politico degli avi nostri, ehe il farlo era necessita, non farlo ingratitudine e 
irriverenza, 

Dei fatti storici anteriori ai secolo undecimo non si potea dar prova con documenti coetanei 
e cosi ordinati, come da quest' ultimo in poi, e perche manca la materia che basti a dare a 
ognunp dei secoli corsi avanti al mille delPera volgare un corpo ragionevole di collezione diplo- 
ma^ca, e perche la poverta dellecarte, comune in tempi cotanto remoti alle nazioni qua$i tutte, 
fu per )a $ardegna^ ed e pur troppo miseria antica ed irreparabile , di cui gli uomini , le sven<- 
ture e Tinlquo fato, essa non gia, furono colpa e cagione. Non pertanto, accio uno spazio cosi 
disteso di tante eta non rimanesse vacuo allMntutto, ho riUnito in una Dissertazione previa, o 
Prodromo deU'opera vogUa piu propriamente appellarsi, tutti i monumenti evariati di scrittori, di 
storie, d' iscriziqni , di leggi, di tradizioni che Tantichita ne ha trasmesso, cominciando dai tempi 
eroici fino a tutto U secolo decimo. Di co6i fatta sommaria riportazione di testi era mio divisa- 
mento forne un' Appendice alla conclusione delfopera, ovvero di tesserne un Indice cronologico, 
coU' indicazione dei libri e dei luoghi dove esistono, accio chiunque ne avesse desiderio potesse 
ajrwpo ricorrervi, ed attingere dai fonti medesimi quesfaltra parte delle nostre istoriche ricor- 
danze. Ma persona per ingegno, per dottrina, per bonta d' animo singolare, e per ogni altra 
pregiata virtu estimabile e valorosa (i), cui non erano ignoti questi poveri miei lavori, mi levo 
qon autorevole consiglio e con evidenza di ottime ragioni dal primo mio propOnimento , ponendomi 
innanzi il gran difetto che avrebbe il mio Codice Diplomatico se lo presentassi al desiderio dei 
dotti con si notevole lacuna nel suo principio. Perciocche se in raccolte di tal fatta si possono 
perdonare le inesattezze nelle minute particolarita, non sono pero tollerabili nelle parti principali 
che costituiscono il tutto: e cosi giusta e ponderata io riconobbi 1'osservazione di un uomo 
benemerito cotanto delle patrie lettere, che, mi disposi tosto, come ora faccio, a preporre agli 
altrj tutti i materiali storici che precedono in tempo il primo anello del taio lavoro. 

A compimento deU'opera ho posto cinque InaHci che mi adoperai con molta pazienza a com- 
porre intieri ed esattissimi. II primo e il cronologico di tutti i documenti, carte e diplomi con- 
tenuti nel Copigjs; il secondo delle chiese e dei monasteri; il terzo delle persone; il quarto delle 
citta, delle ville, delle castella e dei luoghi principali; U quinto ed ultimo delle cose piu me- 
morabili contenute o ricordate nei documenti, nelle carte e nei diplomi medesimi. Con tali 
indicazioni compendiate ho apprestato agli amanti delle notizie patrie, e anche a coloro che 
ameranno di scorrere e di consultare, senza aver tempo o sofferenza di leggere 1'opera intiera, 
la Cronologia, la Prosopografia, la Geografia e la Topografia istorica della Sardegna antica e 
moderna. Vedra ognuno, e credo io stesso, che sara questo utile sommo apportato da me a quei 
tutti i quali nei tempi avvenire dalle presenti mie fatiche trarranno forse argomento e materia a 
scritture diverse, Imperocche in queste pagine, comunque umili e disadorne, sono raccolti mo- 
numenti di ogni eta e di ogni specie; testimonianze di scrittori antichi; leggi, iscrizioni ed epi- 

(l) S. E. i| cavaliere (]csare Saluzzo , la cui dottrina c modestia sono supcriori ad ogni clogio. 



IJiTRODUZJONE. 



gra6 de' tempi romani ; lettere e concessiooi di papi e di principi ; fondazioni di chiese e di 
monasteri; atti di concitii e di sinodi; cronache locali e provinciali; donazioni, testamenti e 
contratti di regoli; origini, progressi e successioni di piccole dinastie; origini ancora e progressi 
di borghi, di citta e di villaggi; privilegi di municipii e di comuni; statuti di compagnie e di 
repubbliche; liti, lodi e giudizi fra potenti; atti di martiri e offici di santi; atti di pace, di tregua, 
di societa , di concordia, di vassallaggio ; diarii e vite autografe d'uomini pubblici e privati; 
prescrizioni politiche, civili e suntuarie; ordinazioni di corisolati , di porti, di mercatanti e di 
mestieri; memorie d'invasioni, di assedi e di espugnazioni di terre nemiche; ricordi speciali di 
riti ecclesiastici or disusati; inventarii di ori e di argenti, di suppellettili varie, di armenti, di 
terre e di schiavi posseduti dalle chiese e dai monaci; relazioni di viaggi di principi, di re e 
d 1 imperatori ; documenti insomma di varia e graduata importanza, non meno dilettevoli che pro- 
ficui agli storici, ai teologi, ai giuristi, agli economisti, ai filologi, ai Ietterati. 

Per le carte poi che mancassero nel Codice, o perche sfuggite alle mie laboriose e perseve- 
ranti ricerche, o perche esistenti in luoghi da me ignorati, sara aperta fino al termine della pre- 
sente edizione un' Appendice o Supplemento, accio coloro che ne sono possessori, e amano la 
patria loro veracemente, mi siano cortesi di copia, ovvero accrescano per se medesimi cotesto 
edifizio nazionale, condotto gia, per quanto da me potevasi, a non ispregevole altezza. Di tanto 
benefizio (se mai la fortuna e gli uomini vorranno meritarmene) portero sincera nelFanimo la 
gratitudine, come bella e perenne rimarra nei posteri la ricordanza. 

Questo io voili dire in principio sulla universalita del mio lavoro, affinche se ne conoscano 
anzi tutto la natura e 1'oggetto. Ai particolari poi, co' quali ogni sua parte e stata condotta, 
risponderanno meglio le parole proemiali preposte ai documenti di ogni secolo, e le annotazioni 
messe a illustrazione dei documenti medesimi, dovunque ho creduto che ne abbisognassero. Le 
quali illustrazioni non si aggirano solamente sul contenuto sostanziale dei diplomi, delle carte e 
dei codici, ma eziandio sulla lingua, sulle persone, sui luoghi, sulle cose, e sopra quanfaltro 
di estrinseco e di particolare trovasi negli uni e nelle altre. Nel che tutto ho detto e scritto cio 
che dopo maturo esame sembrommi giusto e vero,senza pretendere a dittatura di sentenze e di 
opinioni, la quale, se ardua e sempre, intollerabile e intollerata, quando anche fosse parto ec- 
cezionale di superiore intelletto, e dippiu insolente, ridevole e pazza, se vuolsi arrogare da chi 
nel sapere e negli stessi studi e pedissequo e va dietro a molti, come'io protesto essere e sa- 
permi inferiore a ciascuno. 

Adunque mando in Iuce questo mio lavoro colla fede di avervi durate fatiche gravissime, e 
posto amore e diligenza quanto altra mai, e colla speranza che alFofferta chMo ne faccio alla 
Sardegna, patria sopra ogni altra cosa da me sempre riverita e diletta, non manchera la cortesia 
deIl'accoglienza , ne la generosita del compatimento, se, come accade in tutte cose che di mente 
e di penna mortale siano parto e fattura, abbia io alcuna volta messo il piede in fallo. 



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I 



DISSERTAZIOINE 

PRIMA 



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DISSERTAZIONE 



SOPRA I MONUMENTI STORICI E DIPLOMATICI 

DI SARDEGNA 

ANTERIORI AL SECOLO XI 



Le molte eta che scorsero alla Sardegna dai tempi favolosi 
fino a tutto il secolo decimo si possono istoricamente divi- 
dere in sei periodi: Yeroico, il cartaginese, il romano, il 
vandatico, Yorientale e il saracinesco. Le iocursioni goliche 
e longobardiche , se vere, furono troppo fugaci per poter 
merilare il nome di periodi storici. Quei tanti stadii, ora 
brevi, ora lungfaissimi, di fiuttuante o di servile esistenza 
politica ebbero tutti un carattere loro particolare che li fa 
agevolmente distinguere gli uni dagli altri. Nel primo si 
form6 un popolo ragunaticcio colPaccorrere continuo di ven- 
turieri e di coloni, divcrsi di lingua e di costumi. Nel se- 
condo un altro popolo vicino e commerciante si affratello 
air anlico co' traffichi , e poi lermino per dominarlo. Nel 
terzo il prepotente artiglio delle aquile romane sbarbico 
violentemente dal sardo suolo i punici dominatori, e v'in- 
fisse per piu secoli 1'ugna sua sanguinosa. Trapassarono nel 
quarto stadio dodici luslri vandalici, senza gloria di splendidi 
falli, e senza fama di grandi sventure. Succedettcro nel 
quinlo quasi due secoli di abbandono, che gli avidi ministri 
imperiali infamarono co' latrocinii e colle oppressioni. Ed 
ultimo, ma troppo lungo confine al dominato slraniero, 
furono le arsioni, le schiavitu e le morli dell' inesorabile 
furore saraceno. Di vicende cosl varie e per lo piii infelici, 
o non ci pervennero i documenli sincroni, percbe pcrirono 
colfeta cui appartenevano , o ci pervennero assai rari ed 
incompleti. Io riunir6 questi ultimi secondo 1'ordine dei 
tempi ai quali si riferiscono, illustrandoli, dove accada il 
bisogno, colla necessaria brevila dei comenti. 

I. 

PERIODO EROICO. 

Le antichissime tradizioni dei tempi eroici sono fram- 
miste alle finzioni della greca mitologia. L'amore del mara- 
viglioso, e la vanita di magnificare co'semidei le origini 
delle nazioni, le iece accogliere senza molto esame dagli 
scrittori greci e latini. E da essi a noi pervennero cosi in- 
certe ed oscure, chc la verita di alcuni fatti e appena re- 



peribile iu mezzo a tanto pelago di strane invenzioni e di 
piu strani vaneggiamenti. Non pertanto e necessario conoscere 
siffatti racconti per trarne quel poco di certo o di probabile 
che vi si asconde. La.critica istorica dee poi vagliarli e 
sceverarli, accio la brama di molte glorie, o di glorie 
troppo antiche e sublimi, non faccia trascorrere insieme, 
quasi parto gemelloi il vero col favoloso. 

Erodolo fra gli storici greci e il primo che abbia parlato 
della Sardegna. In un luogo della sua Clio, non arverlito 
per quanlo io sappia dai sardi scrittori, riferisce la battaglia 
navale combattuta nel mare sardonio dai Tirreni e dai Car- 
taginesi contro i profughi di Focea che dalla Ionia eransi 
ricovrati in Corsica: alii autem (i. e. Phocenses) iuramento 
satisfacientes, solventesque ex Oenusis, Cyrnum recta petierunt. 
Quo quwn appulissent, communiter habitarunt una cum supe- 
rioris temporis colonis, annis quinque, sacraque erexerunt. 
Coeterum quum iam vicinos circumquaque hostili more popu- 
larentur , communi senlentia bellum in eos adornant Tyrrheni 
atque Carlkaginenses , utrique sexaginta navibus instructi. 
Phocenses ex adverso sexaginta el ipsi naves milite implenl, 
obviamque illis procedunt in mare quod appeUatur Sardonium. 
Commissa navalipugna, Phocensibus cadmea quaedam contigit 
victoria. Nam quadraginla illis naves perierunt; reliquae vi- 
ginti conlusis rostris factae inuliles. Regressi igitur Alaliam , 
sumplis liberis uxoribusque, atque reliquis facultalibus, quantas 
naves ferre poterant, relicta Cymo,demigrarunt Rhegium ec. ( '). 

(I) Hist., lib. 1 , pag. 36 , interprete Laurentio Valla. I Focesi , 
dei quali parla Erodoto , erano cosi chiamati da Focea citta prin- 
cipale della Ionia. Furono i primi fra i Greci, come dice lo stesso 
storico, cbe si perigliassero in lunghe navigazioni verso 1'ltalia, la 
Gallia e la Spagna , dove poi fondarono la colonia di Tartesso 
(Gades). Dopo le vittorie di Arpago o Arpagone generale di Ciro, 
alcuni di essi, preferendo 1'esiglio alla schiavitu, si spinsero veleg- 
giando fino aU'isola di Corsica , nella quale gia da venti anni prima, 
per adempire un antico vaticinio , aveano edificato la citta di AlaHa 

( odierna Aleria ) : Phocenses aulem concesserunt in Cyrnum . . 

Hie enim jam ante viginti annos dvilatm ex vaticinw condidtrant 
nomine Alaliam (loc. cit). lvi trovarono gli anticbi coloni, e di la, 
dopo cinque anni, e dopo la sconfitla sofferta nei mari sardi, na- 
vigarono verso Reggio. Questa narrazione e confermata in parte da 
Oiodoro di Sicilia, il quaie nella sua Bibliotcca. storica (lib. V, 6) 
racconta, aver i Focesi fabbricato Aleria in Corsica, aver essi per 
alcun (empo abitato quell' isola , ed esserne |>oi stati cacriati dai 



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niSSKRTAZIONK 



Nacconta nello stesso libro il consiglio dato t lonii da Biantc 
di Priene, accio, abbandonata la terranatale gia conqviiolata 
da Ciro re di Persia, veleggiassero aSardegna per cercarvi 
salvezza e liberla: Jamvero Jonibus, eliamsi affliclis, nihilo- 
minus scse ad 1'aniouium recipienlibus , audio Biantem Prie- 
naeum sulubcrrimum dedisse consiliwn: cui si obtemperassent, 
licuisset Graecorum onmium felicissimos vicere. Siquidem itie 
suadebat ttl communi classe solventes Sardiniam peterent, el 
ibi itnam civitatem omnium fonum construerent. Iloc enim 
pacto eos scrvitnte liberatos feliciter esse vkturos, oinniam 
insularum maximum incolentes, et coeterarum imperio po- 
tienles. Sin autcm manerent in lonia, nullam, inquit, sibi 
apparere libertatis spem ec. W. Rammenla altrovc un con- 
siglio somigliante dato ai suoi compaesani da Aristagora di 
Mileto dopo la espttgnazione di Clazomene e di Cuma ope- 
rata da Artafernc e da Otane generali di Dario : qutbus opidis 
captis, AristagorasMilesius, ubihoc accepit, non eral compos 
mentis , ut qui perturbasset loniam , et magna negotia confu- 
dissel. Ilaque cemens haec, ubi constitit ei rem eflici nonposse, 
nec Darium regem superari, de fugiendo deliberabat, convo- 
ralisque suae factionis hominibus , consulebal salius fore eis , 
si Miktto expeticretiiw , in seplenlriomlia loca aliqua profu- 
ffert, ducentes coloniam vel m Sardiuiam, vel in Myrcinum 

fvdoonra Uaec Arutagoras perconiabatur ec. W. E final- 

uiunlc ueilc slessc euc istorie , dopo aver narrato la caduta 
di Sardi in raano degli Atcniesi e de' lonii , isligati a tale 
iuipresa dal suddeUo Aridagora, e i sospetti conccpiti da 
Dario contro Istieo Mileeio, creduto da lui autore o complice 
di quel suo danno, introduce questultimo a discolparsi, e 
a proraeltare supcrbamente , dopo la pacificazione della Ionia, 
il coaquieto deHa Sardegna: proinde nunc propere dimitte me 
ui in loniam contendam , illic omnia negotia libi in integrum 
restHularus, et kttnc Mileti procuratorem , ftanm rerum ma- 
chmUorem, in iuam potestatcm redacturus. Ilaec, cum ex 
animi tui sententia confecero , ittro per Deos regios me non 
pritu txulurvm hanc vestem, qua indutus in loniam de- 
seendam, guam Sardiniara insulam maximam tibi tribulariam 
reddam. Haec Hisliaeus faUendi gralia dicebat ec. ( 3 ). 

Tirreai. Nel testo <li Erodolo sovra riportato e da uolare l unioae dci 
Tirreni c dei Cartaginesi ( bellum in eos adornant Thyrreni atque 
Carthaginenses), e com'essi si dcterminassero a muoverc guerra ai 
Kocesi , perche costoro inquietavano colie scorrerie i loro vicini. 
f are dunque che i Tirreni e i Cartaginesi abitassero in quel tompo 
un paese nou molto distante dalla Corsica;e queslo non polrebbesi 
pio probabilmente trovare che in Sardegna. Ora , sicconie ia pugna 
nevate riferita da Erodoto sarebbe accaduta , secoodo i calcoli piu 
ragioncvoli, verso il 1058 (O. C), ossia 572 anni avanli G. C. ('), 
si pud inferirc dalCautorita del padre della greca isloria , che in 
tate anno i Cnrtaginesi non fossero esclusivi possessori della Sardogna, 
ma che ne dividessero il doininio co'Tirreni. 

(1) Loe. cit., pag. 3*. Sebbene Erodoto nel citato testo chiarai la 
Sanlegna uuularum maximam , e io stesso ripeta in altro tuogo 
deUe sae storie , che riportcrd qui appresso , tuttavia e certo che 
la raedesima e inferiore in grandezza alla Sicilia. Cid prova che 
Erodoto e i Greci de'suoi tempi non no aveano cognizioni esatte. 
Ne conoscevano pero assai beno lopportunita del sito e 1'importanza, 
poiche dal possesso della Sardegna lo slorico fa quasi dipendere 
come necessaria conseguenza il possesso delle allre isolo del Me- 
diterraneo: feliciter ette victuroe omnium intularum maximam 
incolentet, et coelerarum impeiio polienles; se gia queste ullime 
parole non si vogliano intendere per la Sicilia e per la Corsiea, 
occapete in quel tempo o in tutto o in parte da colonie greche. 

(2) Terpsichore, V, pag. 175-76. 

(3) Loc. cit , pag. 173. 



(') JtverU i ItlUri, ckc mtU imppuUutoiK dci tcmpi nnlttiori aUcra vnlt/nrr io 
wyu» di prrfcrcnw Im Croaacn Euu biuu. 



Ma le narrazioni di Erodoto , quantunque le piu anticbe , 
si riferiscono atl una eth positiva ( 4 ) e a falti meno remoti 
di quelli ricordali dagli storici posteriori. Infatti Diodoro 
Siculo c Strabone, i quali visscro quattro secoli dopo di lui, 
risalgono nei loro racconli ai tempi mitologici della sarda 
isloria. II primo di cssi, dopo avcr riferito il viaggio di 
Aristco da Coo a Sardegna ( 5 ) , e le colonie speditevi dai 
Fenicii ( 6 ), parla dell isola e degli anlicbi suoi abitatori in 
questo modo: Propinqua Corstcae est Sardinia insula, Sici- 
liam nagnitudme ferme exaequans. Incolitur a barbaris, quos 
lolaeos nominant, oriundis, utpulant, ab illis, qui cum Iolao 
et Thespiadis subslilerunl ; quod hi alios eius incolas numero 
vicissent. Nam quo lempore celebrala illa Hercules peragebat 
certamina , quum plurimos cx Thespii fdiabus liberos genuissel, 
oraculi monilu in Sardiniam cum numerosa Graecorum et 
Barbarorum manu ad novas capiendum sedes illos emisit. 
Ilorum princeps Iolaus, Herculis ex fratre nepos, insulam 
occupavit, et praeclaras in ea urbes condidit, agrisque sorte 
divisis, lolaeos ab se gentem nuncupavit ( 7 ). Gymnasia prae- 

(4) Cioe al 4058, 4726 e 4720 (O. C), corrispondenti agli anni 572, 
504 e 501 (av. I'E. V.). 

(5) Aristaeus , proyeniejieinceps tn Coo relieta, in Lrjbiam remeavU, 
cl clatse « maire Nymplui inslructus in Sardtniain trantmuU , 
eamgue, pulchritudine insulac caplus, inlvahilandam sibi delegit, et 
planlis excolens , anlra barbaram el agrestem , ad mantuetiorem 
cultut rationem traduxit ; ubi et duorum parent fiiiorum faelm ett , 
Charmi et Calaecarpi. ( Biblioth. hisU, lib. IV, 3i ). Narra poi Ia 
partenza di Aristeo dalCisola, il di lui approdo in Sicilia, e quindi 
in Tracia, dove fermatosi, e fatto partecipc delle Orgie baechiche, 
«pari Gnalmente dagli occhi dei- mortali , e ricevette onori dhrini. 
Post, alias quoque insulas aecessit, el in Sicilia aliquandiu substitit. 
Hic ubertate frugum , et multiludine pecorum adduclus , solertiae 

suae beneficia insuianis nota fecit ec Ad exlremum in Thraciam 

ad Bacchum profectus , Orgiorum particeps factut ett , et per fami- 
liarem cum Baccho consueludinem •utilium rerum mullarum cogni- 
tionem ab eo percrpit. Cumque ad Haemttm , quem vocanl, montem 
aliquandiu habitastei, ex nwrtalimm oculis tandem abreptus fuil ; 
cui divinos non modo barbarac illac gentes, sed etiam Qracci honores 
dedicarunt ( Ioc. cit. ). Forsc Aristco non fu un cnte immaginario , 
ma un uomo realo, che nei lempi remotissimi dell'untichita erofca 
iusegno ai Greci o alle colonie grcche slabilitesi iu Sardegna e in 
Sicilia 1'arte paciGca delI'agricoltura , o il modo di rappigliar il latte 
o di governar lc api. Perd gli onori divini clie quindi gli furono 
attribuiti diventarono bentosto di quasi assoluto dominio dcllu favola 
e della poesiu , le quali fecero nasccre Arislco dal Uio Apollinc e 
da Cirenc bellissima fanciulla 1'eliaca , lo fecero allevare dalle ninfe, 
ed ammaeslrarlo in quelle arti modesimc ch'cgli poi insegno agli 
uomini, c diedergli per Gglio Alleone , avuto in Tebe dalle nozae 
con Autonoe, una delle figliuole di Cadmo , qucU'Atteone infeUce, 
che pcr vendctta di Diana fu sbranato dai proprii cani , e la di cni 
misoranda morte fu cagioue principalissima dei viaggi quradi in- , 
trapresi dal dolcntc suo padro in Coo, iu Sardegna, in Sicilia e iu 
Tracia. Qucslo cose racconta minutamcnlc Diodoro Siculo (loc. cit.) 
come tradizioni di greca origiue pervenule fino a'suoi tempi. E il 
principe dei poeti latini, chc gli fu quasi contemporaneo, si prevalse 
di qucstc medesimo tradizioni per abbellire uno dei piii bei tratli 
delle sue Georgichc con quei dolcissimi vcrsi che coinlnciano : 

Pastor Arislaeus fugicns Peneia Tempe , 

Amissis (ut fama) apibux, morboque famequs ec. 

Ceorg., lib. IV. vers. 317 et scq. 
C6) liius usus ( cioe deIl'ai'gento esisiente iu copia nolle minicre 
dei 1'irenei) quum incamperlus cssct inrolis ,plwenicas aiunt merca- 
tores, rc cognita,exiguac permutationc mcrcis illud rcdemisse, ciusque 
in Grarciam et Asiam cunctafquc gentcs alias transportatione magnas 

sibi eomparasse opcs oc lix hac igitur negutiatione per multum 

tempnris opulcntiorcs facli Phornices, multis post annit colonias non 
paucas in Siciliam et vicinas ei insulas, in Africam ilcm el Sardiniam 
Hispaniamque miserunl (Biblioth. hist., lib. V. 15). 

(7) Dolla spedizionc doi Tespiadi fatta da Ercole per consiglio 
avutone dalforacolo, o delParrivo dei medesimi in Sardegna, parla 
distesamente Diodoro iu altro luogo della sua Dibliotrca storica 
(lib. IV. 14). Ecco le sno. parole: Certaminibus iam' abiotutis , Dei 
omadu fuil admonitus (Herculcs), ut priusquam ad Dcos cmigrarel, 
missu in Suuliniam clonia , c.r Thcspiadum eoniplexu ubi nalos 
inmlric prarflreM. lolaum nrpntem nm adolescmtibus , quod im- 



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1'KIMA. 



i>3 



terea Dedmque templa, el alia cuncta monumenta, quae fe- 
licitatem hominum illorum indicant, in ea conslruxil, quae 
ad hanc quoque tempestatem perdurant ('). Amoenissimi quidpe 
campi ipsius nomme lolaei vocantur, et populus nomen suum 
ab Iolao deductum adhuc conservat.In oraculo de colonia etiam 
hoc conlinebatur : « quicumque sua in eam nomina dedissent, 
.his libertalem per omne aevum sarlam tectamgue fore ». In- 
concussam itaque jurisdictionem ad hoc usque lempus verilas 
oraculi illis conservavit. Carthaginenses enim, quamvis in 
summo potentiae suae vigore insulam occupaverint , priscos 
tamen eius possessores ad servitutem redigere nequiverunt. 
Namque Iolaei ad montana confugerunt, et habitaculis sub 
terra structis, multos pecorum greges ahtere: hinc larga victus 
copia, laclis caseique et carnium esu contenlis, svppetebat. 
Itaque dum campestribus excessere, simul agriculturae eliam 
nwlestias declinarunl, vitamque in montibus extra laborum 
aerumnas, tenui, quem diximus, ciborum adparatu lolerare 
pergunt. Ac tametsi Carthaginenses magnis saepe copiis in eos 
moverint, locorum tamen difficultas el inexplicabiles specwm 
subletraneorum meatus a servitute tutos hosce praestitere. 
Tandem, quum eliam Romani, rerum potenles , saepius marte 
illos tentarent, nulla tamen vibeUica,ob easdem causas, subigi 
potuerunt. Verum, ut ad prisca revertamur, Iolaus, effectis 
coloniae negotiis, in Graeciam regressus est. Thespiadae, quvm 
per multas aetates insulae praefmssent , in Italiam landem 

maturae adhue aetatis euenf, illuc vtisit. Hie vero de proereatione 
iltorum quaedam praemittenda etse dueimut , ut narrationem de 
eolonia liquidiut expritnere queamut ec. £ quivi , narrato il modo 
con cui Tespi , nobilissima progenie di Eretteo , per desiderio di 
molti e forti nepoti, sottoponesse parlitamente, dopo cerli hanchetti 
sacri , le sue cinquanla flglie agli abbfacciamenti di Ercole ancora 
giovinetto , prosegue dicendo : quibus omnibus ille congresiut , 
quinquaginta mulierum vir iuxta et quinquaginta filiorum parens 
inde factus est. Hos communi Thespiadum nomine appcllalos , cum 
adolevissent , coloniae in Sardiuiam, responso divino morcm gcrens, 
destinavit. Quia rero classis totius praefeclus, et omnium fcre expe- 
ditionum sociut fuerat lolnus, eoloniam ei Thcspiadarum commcndavit 
ec. Di questi cinquanla figli nati dai cinqunnta talaini di Ercole , 
due ne rimasero in Tebe , e sette in Tespia. Gli altii con molti 
venturieri greci veleggiarono per Sardegna. Coekris omnibus , et 
quieumque praeter eot coloniac parlicipcs esse vellenl, assumplis, 
lolaus tn Sardiniam velificavit, indigenisque pugna devictis, pulchcr- 
rimum intulae tractum et maxime eampestrem (qui etiamnum lolaci 
nomen tenet ) torte divisit. Ab hoc itaque tellut ila e.iculta , et 
fructiferit arboribut consita fuit , ut certaHm deinceps intula ap- 
peteretur. Nam ubertate frugum utque adeo eelebris cvasit, ul Cartha- 
ginentet opibut postmodum aucti, multa potiundae cius dcsidcrio 
certamina tusceperint ( loc. cit. ). 

(1) E coslrultore di tali monumenli fu Dedalo , comc lo dicc in 
altro luogo : Post constitutam inde coloniam lolaus , accersito ex 
Sieilia Daedalo, multis magnificae substructionis operibus animum 
intendit, quae hodie usque aetatem ferunt, et de arehitecti nomine 
daedalea voeitanlur. Gymnasia enim magna sumptibus non modicis 
extruxit , et tribunalia cum multit aliit , quae ad felicitatem vitae 
conducerent , instiluit cc. ( lib. IV , 14 ). Degli stessi monumenti c 
fatto distinto ricordo nel libro De admirandis in natura auditit, o 
De mirabilibut auscultationibut altribaito ad Aristotile, e vi si dice 
che molti ne esistevano tuttavia , quantunque la loro costruzione 
datasse da un'antichila molto remota: /n Sardiniae insula multa 
extare adhue inquiunt vetusUtiima quidem monumenta superioris 
aetatit , graecoque illo perantiquo more laborata ; ae inter alia 
nonnullot etiam fomiccs et inarcuata domicilia conspici posse , mo- 
dulatis quibutdam , icd disparibus consecta numeris. Quae ferunt 
alim ab Iolao Jphiclis filio fuitte conttrueta; eo potissimum tempore 
quo ille Tketpiades , quos ab Hercule eommistos acceperat , illuc 
deduxerat, tamquam qui sibi affinet estent, ob eam qua cum Hercule 
coniunctut erat propinquitatem. Tum etiam ob id quod Hercuks tunc 
univeriat ad occidenkm regionei subegerat. E facilo il riconoscerc i 
Sardi Noraghi negli accennati fornicei et inarcuata domicilia di 
Aristotile : ma e pur certo che le suddctte moli , quantunque at- 
tribuite ai Greci , sono d' eta molto piu antica , e di costruzione 
fenicia , come si vedra a suo luogo. 



expulsi, finitinmm Cumis agrum insedemnt. Iteliquum interim 
vulgus ad barbariem redactum, indigenarum optimos quosque 
reipublicae prae/iciens, liberlatem ad nostram usque aetatem 
tuetur Slrabone poi, descritli neila sua Geografia ii sito 
e la grandezza dclia Sardegna, e le cilta principali che vi 
esislevano al suo tempo ( 3 ), ecco come si esprime riguardo 
al suo clima, alla sua feracita ed a'suoi coloni: Magna pars 
eius aspera est et male pacala; magna item solum habel 
omnium rerum copia beatum; frumenti vero excellenter ferax. 
At bonitati soli oppositum est vitium, quod per aestatem insula 
morbosa est, atque ibi potissime ubi feradissima esl ( 4 ). Tum 

(2) Biblioth. hist. , lib. V. 8. 

(3) Jmutae in ora Tyrrheni marit ad Liguriam utque tunt fre- 
quentes, inter quas Sardinia et Cortiea tunt maximae pott Siciliatn 
(Geograph., lib. 11). Longitudinem Sardiniae tradit corographut 
passuum millia ccxx, latitudinem xcviii. Secundum alios ambitus eius 
est ttadiorum quater mille ( oper. cit , lib. V ). Urbes in ea tmnt 
complures , quarum praecipuae Caralis et Sulchi ( loc. cit. ). 

(4) Dopo Strabone, anche Pomponio Mela lascid scritto: Sardinia... 
coeterum fertilis, et soli quam coeli melioris, atque ut fccunda, ita 
poene pettUent ( J)e situ orb. , II , 7 ). Cicerone , che fu aoleiiore 
di terapo ad ambidue i suddetti geografi, scrivea nel 697 di Roma 
a Quinto suo fratello dimorante in Olbia: Cura, mifrakr, ut valeas; 
et quamquam est hiemt, tamen Sardiniam ittam ette eogitet (Epist. 
ad Q. fratr., 11, 3); o nel 708 scrivea pure a 11. Fabio Gallo: Jd 
cijo in lucris pono non ferre hominem ( cioe il sardo Tigellio ) 
pestilentiorem patria sua ( Epist. ad divers., VII, 24). Ma e ormai 
saputo da ognnno il roal talento del grande orattre iatino contro i 
Saiui tutti, e speciaimonlu c<.;ilro Famca c Tigellio.*Lo attesta 
Quinliliano (Jnslil. X, 1 ); ne fanno ampia fcde le epistole e le 
orazioni Tulliano (Bpist. ad Attic. XIH , 49, 50, 64 ; ad divers. IX 1.; 
Orat. de Prov. Cons. VI ; Frag. orat. pro M. Scauro ) ; e I' ho gia 
detlo io stesso in piu luoghi di altra opera mia, per non doverlo 
qni ripetere nuovamente (Tola, Dition. biogr. degli.uomiM ill. di 
S,„ d., vol. I, pag. 15, 138-39; vol. II, pag. 77-78, vpl. 111, pag. »49-50. 
Ediz. toi in. Chii io e Mina, 1837-38). Silio ltalico e Marziale parlarono 
anror essi della insalubrita deh" aere sardo; ma quegli si limitd a 
tlire poeticamenle, che 1'isola e Iristit cocio, ae multa vitiata palude 
(Punicor., XII, v. 370); mentre questi con velcnoso epigramma 
ne fece un simbolo della indechnabHita della niorle : 

Nullo fata loeo poseit cxcludere; quum mort 
Vcncrit, in medio Tibure Sardinia est. 

Epigramm. IV, «o. 
Tacito ebbe forse la stessa opiuione di Marziale, poiche riferendo 
egli il S. C. che ncl 773 (ab V. C.) confino in Sardegna quattromila 
seguaci delle supcrstizioni giudaichc , aggiunge alle parole del 
decreto queste altre non mono dure ed acerbe ■: et si ob gravitatem 
coeli inkrutent, vile damnum (AnnaL, II, 85). Dopo di lui Fauiania 
scrivea piu dislesamente della iulcmperie sai da, o deUe causeidalle 
quali la credea derivata: Ea insulae ( Sardiuiac ) ora , quae ad 
aquilonem et Jtaliae conlinentem est conversa , m mvniee conturgit 
inviot , extremisque oris contiguot: ad navigantes vero opportunit 
aecipit ttationibttt. E proximit montium jugis praevalidi tt ineerti 
ventorum ftatus in mare inuunt. Sunt el alH interiut monks mutto 
fadHores adscensu : sed inter eos plerumque lurbidus ac pestilens 
includitur aer. In cauta est sal , qui ibi cogitur , e l praegravit ac 
violenter incumbent auster. Obtlant praeterea praealti montes, quo 
minus a septentrionibus /lantes venti, coeli et terrac raporem aetate 
anni kmpeslivo frigore leniant. Alii aiittimant Corticam intutam , 
quac a Sardinia , mar» viii haud ampliut sladia taio dividitur , 
excelsis se undique montibut attollentem , favonio et aquiloni obtendi, 
quo minut eorum in Sardiniam flatut pervadant ( lib. X Phocic. ). 
Sesto Aarelio Vittore e il poeta Claudiano ne scriveano pure nel 
quarto secolo dell' era cristiana. II primo la diffamo col maligno 
epitetp ciceroniano, e disse: Com» Gracehut, pettilentem Sardiniam- 
quaettor sortitus , non veniente tuccessore , tua sponte decetsit ( De 
vir. illustr. , LXV , 1 ). Canto il secondo : . . .. 

Humanae speciem ptantae se magna figural 
Intula; Sardiniam veteret dixerc coloni. ' 
Dives ager frugum. Poenot Jtalosque pcknti 
Opportuna situ : quae part vicinior Afris 
Plana solo, ratibus clemens: qitae respicit Arcton 
lmmitis, scopulosa, procax, subititque sonora 
Fluctibut. Intanot infamat navita montes : 
Hinc hominum pecudumque lues, hinc pestifcr aer 
San-it, et c.rclutis regnant aguilonibus austri ec. 

De bell. Mdon 



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■l\ 



DISSERTAZIONK 



eadem haec loca continenter popuhmtur montani, qtu Diage- 
breiwes poemtur, olim loiaetises dicti. Fertur enim lolaus eo 
adduxme qvosdam filiervm UercvUs, et inter barbaros, qai 
ermt Elnwe», eiwt insuiae cuUores habitmsse. Postea Poeni 
ex Carthagme msulam obtinuerunt, adiutique ab incolis, 
beUum contra Romanos gesserunt. lllis autem perdomHis , 
omnia inpotestatem Rometnorum venervnt ec. . . . Quatuor sunt 
montanae gentes: Tarates, Sossinates, Balari, Aconites in 
speeubus degmtes ; «l, qttamquam agrum habent sementi aptvm, 
tamen rtegligenler evm cohmt, et aliorum opera diripimt, 
partim in ipsa insula, partm navibtts m apposita continente 
Pisanos maxime infestantes. Romanorum aulem duces qui eo 
mUtuntur, alias eos prohibent , alias negligunt: quandoquidm 
non videtur ex usu esse exercitim perpetuo in locis morbosis 
aiere. Restat ergo tum per calliditatem rei gerundae locus. 
Observanl quidpe id tempus, quo barbari de more, post prae- 
dam coactam, aliquos dies festos ducmt: aetuncper insidias 
eos adorti, mvitos in poteslalem redigunt (Oper. cit., libr. V). 

Degli stessi remolissimi tempi discorre Pausania nella sua 
Descrisione deila Grecia. Egli non dimenlico nessuna delle 
tante favole, colle quali si vollero nobilitare le sarde origini: 
e il greco Aristeo , e 1' ibero Norace, e i Tespiadi , e i Troiani 
figurano nei suoi storici rtcordi fra i condottori di colonie 
che cominciarono a popolare la Sardegna. Primi in Sardi- 
niam transmigrasse nacibus dicuntur Afri, duce Sardo filio 
Maceridis; cui apud Aegyptios et Afros Herculis cognomen 
fuit. Huic Afaceriti nikil iUustrius ad memoriam contigit, 



Dante Alighieri la deecrisse nel secolo XIV con qoei notissimi versi: 
Qml dolor fora, tt degli tpedali 

Di Yaldichiana tra 'l luglio e 'l tettembrc , 

£ di Maremma e di Sardigna i mali 
Fouero in una fotta tutti intembre; 

Tal era quivi 

Div. Comm. , Infem. , cant. XXIX. 
E finalmente Fazio degli Uberti ne lascid nel suo Dittamondo questo 
Iriste ricordo: 

Molto sarebbe 1'itola benigna 
Piu che non i, te per aleun mal vento 
Chc tofia ivi non la fotte maligna, 

Lib. III, cant. XII. 
Sono qoestc le principali testimonianze degli antichi solla intemperie 
di Sardegna; e le ho volute qui riportare a complemento dei testi 
storki compresi nella presente raccolta. Devesi perd awertire che 
siflatta opinione , divenuta onnai comune presso i moderni , derivd 
in alenni dei sopraccennati scrittori da troppa fede nei racconti 
altroi; in pochi, e specialmente in Cicerone, da malevoglienza 
verso gli abitanti deirisola; in molti da ignoranza assolnta deila 
sarda topografia; e nei piu dalCavere bonariamente credoto che il 
vizio di certi luoghi e di certi tempi fosse endemico di tntte il 
paese. Ma, ne per tali, ne per altre ragioni molte che si potrebbono 
addurre, io voglio armeggiarc contro tanla o si grande schiera di 
storici, oratori, geografi, filosofi e poeti, che 1'hanno abbracciata 
e divulgata. La brevita di una nota , e la natura istessa del mio 
lavoro non consentono a siffatte discossioni. E poi , qual pro' dal 
combattere un' accnsa la quale non offende per nulla il carattere 
morale, la nobilla, 1'ingegno e la generosita dei Sardi? O perche 
dolersi con perpetuo lamento di una morbosita atmosferica che non 
esiste, e che (fosse pur vera) e largamente compensata dalla feracita 
del suolo, dalla copia degli armenli, daUa ricchezza delle miniere, 
degli stagni e dei fiumi , dalle dovizie del mare che ne circonda , 
dai capaci e sicuri porli, dalia opporttmha della postura geografica, 
e da cento altri gencrosi doni dei quali natura ne fu benignamentc 
liberale? Gli stessi scrittori, che parlarono deUa intemperie sarda, 
non tacquero, anzi encomiarono 1'eccellenza delle produzioni na- 
turali delCisola , come si vedra nel longo decorso della presente 
opcra. Quindi a me pare che questa, e non altra nessuna, dovreb- 
b'esscre la risposta da farsi a quei tanli, che non avendo respirato 
essi stessi le prime aure vitaU sotto il bel cielo di Tivoli , o presso 
i deliziosi mcandri deUa favolosa Tempe, ne vengono pur scmpro 
ripetendo 1'ingratissimo apotegma ciceroniano, a veco di far 1'iroso 
pcr cosi poco, o di haltagliaiv furiosaracnlc pcr un nonnulla. 



quam qwd aliquando Delphos venit. Sardns vero colonvm 
Afrorum in Iehnusam deducendam suscepil. Unde, mttato 
priore vocobub, de eius nmine insula adpettata est. Non 
tamen indigenas eiecil ea Afrormn tnanus , sed in kabitatioms 
societatem recepti ab iUis sunt novi cuhenae ; idque neeessitate 
magis, quam ob benevolentiam. Vrbes arte non plus Afri tunc, 
quam indigena popuhs , norant condere. Dispersi in tuguriU 
et spehtncis, ut sua cuiusque sors tulerat, ita kabitabant 
AHquot annis post Afros, e Graecia tn eamdem msvlam ad- 
pvlere qui Aristaei ductum et aaspicia seqttvti fverant. Apoi- 
linis kunc et Cyrenes fuisse filium tradmt, eumque ob Acteonis 
easutn, aeri affectum dolore, ac Boeotiae iam et Graeciae toti 
infensum, in Sardiniam migrasse. Verum neque haec menus 
oppidum uUum munwit; quod erat numero ac citsibus minor, 
quam qvantvm sat esset ad novam urbem constitnendam. Svnt 
qvi putent eodem tempore Dedabm Cretensium arma metven- 
tem in Sardiniam aufugisse, et coUmiae ae domicHii consortem 
Aristaeo fuisse: probari vero nulla ratione possit, Aristaeo, 
qvo cvm nupta erat Cadmi ftUa Avtonoe, Dedabm, qui ea- 
dm fuil aetate qua Thebis regncmit Oedipus , potuisse vel 
coUmae tel aUus cuiusdam rei esse participem. Post Aristaevm 
Hispani tranmiservnt in eamdm Sardiniam, dvce Noraee, 
a quibus urbs Nora condita fuit. Hanc primam m msvla fuisse 
vrbem norvnt Noracem Afercvrii fuisse filivm dicunt ex Ery- 
tkaea Geryonis fiiia (*). Quarta advenarvm manvs , Iolaa 

(1) DeUa vennta di Sardo figUuolo di Maceride alPisoIa abbiamo 
un docnmento snperiore a tutte le tradizioni neUa lapide fenicia 
gia esistente in Pvla (aniica Nora), ed ora nel ». Mnseo di Cagliari. 
Qoesta memoria sincrona , scritta con caratteri fenicii sopra nna 
pietra arenaria (lunga m. 1, 90, larga 0, 60), fo per la prima velta 
pubblicata nel 1774 ( Effemer. rom. , d. a. , pag. 348 ) dal celebre 
filologo di Parma Giovanni Bernardo De-Rossi, il quale la credctte 
un monumento sepolcrale, e ne diede la seguente lezione: 

SBPVLCBVM . SBSIMI 
AMBMQEIUB . QVI . FECIT . TEKTOBIVM 
IN . 8BNBCTVTB . PBBFECTA 
IDEO . VEBE 
OBIIT . IN . FIDE 
LEUMAN . FILIVS 
PRINCEPS . AL1BN16ENA . (DBPOSVIT) 
1N . B0BT0 . SEPVLCBALI. 

Ma 1'abate Giannantonio Arri i'ha valorosamente impugnata nella 
sua Dichiaraxione della lapide fenida di Nora in Sardegna 
(Torino , 1834 , stamper. reale, in.4°. NB. E anche inserita negli 
Atti deWJceademia delle teicnxe di Torino, tom. XXXVIII, p. 59), 
e ne tradusse letteralmente il significato in queslo modo: 

IN TAB8CH18CH VBLA DEDIT 
PATEB 8AHD0N PIVS 
VIAE TANDEM FINBM attingens 
LAPIDBM SCBIBI IV88IT 1N NORA 
QVAM LIXO COSNOVIT ADVBB8AM 

L'Arri opina che il sabdon mentovato neUa iscrizione sia lo stesso 
Sardo ricordato da Pausania neH'aliegato testo, e altrove nella citata 
soa opera ( lib. X ); lo stesso sabdus pater cfflgiato collo «cettro 
nelle antiche medagUe pubblicate dal Grevio, dal Gronovio e dal 
MoreUi (Thetaur. antiq. roman., tom. VIII , part. IV. - Thetaur. antiq 
graec, tom. I, tab. LLLL. - Thetaur. numitm., tom. I, pag. 37); lo 
stesso cui dagli antichi abitatori Si Sardegna fu sacrato nn tempio 
o un'ara nel Sardopatorit Fanum (odierno Capo di Fratea) men- 
zionato da Tolomeo ( Geogr. , III , 3); se gia non debbe leggersi 
Sardopalorit promuntorium , come sospetta Cluvorio (Sardin. antiq., 
Logd. Batav. , 1619 , pag. 489 ). Opina ancora che sabdon iosse 
fenieio , e fenico-libiea la colonia da lui condotta in Sardegna : 

• essere loi primieramento partito da Lixut nella Mauritania , ora 

• la regione di Fei : aver risitato per qoalche ragione a noi ignota 
» on paese chiamato Tartchitch, posto certamente neUe vicinanae 
« deIl'odierno stretto di Gibilterra : e qoindi proseguendo il viaggio 
« suo, essere giunto feUcemente in partc meridionale della Sardegna, 

• appeUata gia in quei tempi Nor , ed aver posto in quesfoltimo 
" luogo la lapide sopraccennata per tramandarne la memeria alla 
« posterita ». 

(9) Da questa narrazione di Pausania , c dall' altra piu specifica 
di Solino (Palyhisl., cap. X), che riportcro a soo luogo , trassero 



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PKIMA. 



25 



duce, tn Sardiniani venU, e Thespiensibus el Atlica terra. Ui 
Otbiam condidertmt : privatim vero Athenienm Goryllen ; 
vel servato alicuius de atticis tribubus nomine, vel quod mus 
de cktssis ductoribus Gryllus fuerit. Atque hac etiam mea ae- 
tate in Sardinia loca manent quae Iohua vocantur; ab eorum- 
que incolis honores Iolao habenlur C 1 ). Post llium eversum, 



argomento gli •critteri quasi tutti di ooae sarde per afferftmre che 
a Noraet si debba riferire , non la sola fondazioae , na la deno- 
minazkwe eriandio della cilta di Nora e dei Noraghet. Perd io seguo 
pitt rolentieri 1'opinione deU'Arri, il quale nella mentovata Dichia- 
ranone ec. , ed in altre sne erudite scritture , che gia prima ed 
altrove ebbi occasione di ricordare (Dision. biegraf. dei SartU UL, 
vol. 1 , pag. 16 , vol. III , pag. 89-90), dimostro con ottime ragioni 
la preesistenza di tali nomi aU'arrivo del condottiere di genti 
iberiche a Sardegna , e provo insieme 1' origine oriealale di detti 
monumenti, destinati, cora egli crede, al eulto religioso della con- 
servazione del fuoco. E in quanto riguarda particolarmcnte l'an- 
tichissima citta di Nora, a me pare che la cosa debba oramai essere 
posta fuori di controversia. Infalti, sopponcndo aneora che Norace 
1'abbia ediflcata, piuttosto che munita ed ampliata, come mai poteva 
darle nome dal proprio , se qoello esisteva gia prima che egli 
arrivasse e ponesse piede nella terra sarda ? Nor o Nora appellavasi 
il Iuogo in cui Sardon fece scrivere la memoria della sua venuta 
alFisola, come ne fa fede la iscricione della lapide fenicia riportata 
nella nota precedente ; ed eesendo indubitato che la venota di Sardo 
fu anteriore a quolla di Noraee, ne consegue non potersi da costui 
elimologizzare il nome di Nora , bensl dal luogo in cui egli la 
trovd fondata , o veramente la fondo egli stesso. Trovo anzi piu 
ragionevole , seguendo Pordine e le idee etimologiche, ehe da Nor 

0 Nora , anzi che darghelo , abbia Noraee derivato il proprio suo 
nome , perciocche i vocaboli derivati accrescono , non seemano il 
soono delle voci primitive; e fu pur questa la sentenza del dotto 
Samuele Bochart (Phaleg., pag. 634), il quale pero diede alla radicale 
Nor un significato al totto diverso da quello datogH daH'illastre 
fliologo piemontese. Ma lasdando qoeste ed aMrettali 'discussioni 
agli eruditi nelle lingue orientaH, dird brevemente la mia opinione 
sulla persona di Noraee, e sulla di lui colonia. Pausania , come si 
e gia veduto, lo dice figlio di Mercurio e di Erittoa. Solino scrive 
( loc. cit. ) che veleggid a Sardegna ab utque Tartosso Hitpaniae. 
E donque manifesto che la colonia da lui condolla all'isola fu di 
Fenicii tiriani , giacche costoro , sccondo I' autorita di Strabone 
(Ceograph., lib. 111), furono i fondatori di Tartetto (Gades). fessere 

1 detti coloni chianaU hitpani da Pausania prova solamente ch'egU 
riguardo il iuogo donde partirono , cho fu sicuramente la £pagna 
Betica. Qoal sia poi la ragione per cui Noraee venisso a 8ardegna, 
ne veruno degli accennati scriUori lo dke , ne facile e lo indovi- 
narlo. Si pod conghietturare con qualche fondamento che ve io 
allettassero i trafflchi, poiche lo stesso geografo Slrabone ci assicura 
( cod. loc. ) ohe i Fenicii tiriani paulto pott troiani btlti tempora 
furono i primi ad intraprendere per causa di commereio lungba 
navigazioni verso 1'occidente del Meditorraneo, costeggiaudo 1'Africa 
oltre le sirti , toccando i Hdi della Spagna , e passando lo stretto 
per entrare nell'Oceano; e Diodoro Siculo (Biblioth. hitt., V, 15) 
attribuisce alle ricchezze che i Fenioii si procurarono colfesteso ed 
ardito loro navigare lo stabilimento di tante loro colonie in Afriea 
ed in Europa e nominatamente in Sardcgua. La steesa fUiaziooe di 
Noraee da Mercurio avvalora la mia conghiettura , giaeche preseO 
gli antichi questo appunto qra it Dio protettore deUa mercatura , 
e quindi e probabile che sotto il velame deHa favola si asconda 14 
verita; cioi cbe Norace sia stato ohiamato figlio di Mereurio , 
perche forse fu per eccellenza navigatore e commerciante. Anch* 
U nome della di lui madre accenna al Inogo. dctla sua partenzd. 
Erytra fu appellata Gadir o Gades , ed Erytrei gU Edomiti che vi 
si rifuggiarono in gran numero, dopo la distruzione dol loro regno 
fatla dal re Davidde (Storia uwu>. dci dotti tngleti, tom. IV). Non 
si polrebbe adunque sospeUare che YErythea o Erytrta madre di 
Norae* sia la stessa torra in^ureglinacque.evveroqqalebedonaa 
Idumea avanzala alla strage di Edom? lo nonfaeoioche indicarlo; 
ne voglio confidarmi davvantaggio in somiglianti conghietture, seb- 
bene i fatti di un'anliobita cosl rimota non si possano forse altri- 
menti indovinarc. Sul resio, qualuaqoe sia il valore deUe medosimo, 
non si pud niegare 1' esistenza e la venota di Norace a Sardegna , 
perche, eoUegata e inseparabUe dalla eaistonza realo deUa c(tta= dl 
Nora, la qjuale non solamcnte vedesi mentevata nci sedob l e II 
da Pliuio (UI, 7), da Totomeo (Ceo^r.y Hb. 111, 3, tab. Burop. VII) 
e da Antouino ( tab. itin.), ma snssisteya eziaudio nel seoolo V 
deU'era volgare, come apparisce da uanmaaimentoeontemporaiieo, 
cho produrro a suo toogo. . . / • 

(l) Ncl libro prcccdcnto lo itcsso Pattsania ci iasci<> mcmem della 



e Troianis cum aUi profugerunt, tum aliqui cum Aenea in- 
cotumes evaserunt. Horum pars, acli tempestatibus, in Sar- 
dtQiam, Graecis, qui ante inibi emsederant, permisti sunt. 
Quo minus vero cum Troianis atque Graecis Barbari beilo 
confligerent , primum veluit, quod beiU adparatu neutra pars 
alteri cedebat : tum Thyrsus amnis mediam interfluens msulam, 
utramque aciem transmittere metuentem coereebat. MuUis 
post annis Afri Uerum maiori classe in Sardiniam adptUsi, 
Graecosque beUo adorti, omnes ad internecionem exciderunt, 
aut certe quam paucissimos reliquos fecere. At Troiani, quum 
in montanam insulae regUonem confugissent, ibtque se rupium 
confractibus et wdli iacti munitionibus tutati essent, Iliensium 
nomen adhuc retineni : facie illi quidem el armatura, totoque 
victus ratione Afris persimiles. Coelerum non longe ab Sar- 
dinia distat insula, a Graecis Cyroos, Corsica ab incolis, huc 
ex Africa transgressis , nominata. Ex hac non parva ulique 
manus, sedilione pulsi, tn Sardiniam transivere, montibusque 
occupatis, seorsim has parles incoluerunt ; qui, vocabulo dotno 
adlaio, a Sardis Corsi adpellantur. At Carthaginensts, quum 
essent rebus maritimis praepollentes, omnes e Sardinia , praeter 
Ilienses el Corsos, ejecerunt: nam illos quo minus potuerku 
m potestatem redigere , praerupti ac mmili montes obstiterunt. 
Condiderunt tunc in ea insula H carthaginenses urbes, Caralin 
et Sulchos. Orta autem super praeda dissensione, Afri et 
Bispani, ira accensi, quum a Carlhaginensibus defecissent; 
et ipsi montium iugis occupatis, seorsum consederunt. Eos 
patria sua lingua Balaros Corsi adpellarunt; quo eodem vo- 
cabulo exules vocant. Atque hae quidem gentes, in eas, quas 
diximus, divisae sedes, Sardiniam incolunt. Nello stesso libro 
ricorda il pia antico nome tflcnusa dato alla Sardegna dai 
greci navigatori, la sua estensione geografica, c la prover- 
biale maraviglia del riso sardonico, cbe dalla remota Iradi- 
zione dei tempi barbari fo trasfusa nei versi di Omero* 
Nomen Sardiniae priscis temporibus quodnam fuerit apud in- 
colas, compertum non habeo. Qui ilhc a Graecis commercii 
causa adnavigarunl, Ichnusam, quod formam habeat insula 



merto di lolao aocaduta in Sardegna: Editur etiam eo loco (in Tebe) 
lelai herokum monimentum: e vita vero iUum in Sardinia etcettitte, 
tivmlque ex Athenientibut et Thetpienribut,quicum eo illuc trant- 
miterant, ipti etiam Thebanl confitentur (Ub. IX de rebut boeoticit). 
Ancbe Giulio Solino , ooetaneo , o almeno poco distanto dai tempi 
di Pausanla, ricorda nelm sua Raccolta di cose memorabili il sepolcro 
di lolao in Sardegna, e dippiu scrive, che i Iolesi gli eressero uu 
tempio: Iphiclet lolaum creat , qui Sardiniam ingretsut palanien 
incolarum animos ad coneordiam eblanditut, Olbiam et alia graeca 
oppida exlruxit... Ioletuet ab eo dicti tepulchro eius templum ad- 
difttmnt, quod imtatu* virtulet palrui (cioe di Ercolo) malis plwitnis 
Sardiaiam Hberastet (Polyhistor., cap. 111). E Diodoro di Sleiliagia 
piu dt un secolo innansi avea parlatd nella sua Biblioteea storica 
di questi medesimi onori divini renduli a Iolao dai Tespiadt e dalla 
loro posterita: Immo indigena* proprio nomfne lolaeos appellavit. 
Thetpiadet tamquam patri hunc ei (lolao) honorem tribuebant. llli 
enim ob egregium bene de ipsis mcrendi studium, tanta eum bene- 
volentia complexi sunt, ut genitorit eum nomine dignarentur. Inde 
faetum , ut qui potttri* temporibu* rem dMnam huic Deo facmnt, 
Ioiaum patrem emm nwncupent, quod Cyro a Persi* quoqae praestari 
teiet ( Bibtioth. hitt. , Ub. IV, 14). Da tali testlmettfcnzc , da tmf 
oacuropaasodi Aristetile (Physicor., lib. IV, cap.lljehe b quesfesso; 
Sicuti neque ii» qui tnSardo fabulote dicurUttr dbrmire apud heroas, 
«um fuerint txperreeH ee. , e dal cemmento non meno osouro ed 
mtrlcato fattovi da Simplicio , trassero occasione alcnni scrittori , 
• fra qoesti il Leotiico cttato dal Fara (De teb. sard., I, pag. 1(1) 
di favoieggiare, ehe nove dei Tcspiadi condotti da Iolao in Sardegrtff 
morissero neU'isola , cbe i loro corpi dorossero ineorroUi , e a 
somiglianza di.aomlfti dormienli flno al tompo di Arislolile', e che 
ai lorosepolcri accorrossoro m folla i Sarili e-pli slranieri per ol- 
tonernc prcdizioni c rfsponsi. 



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•26 



DISSERTAZIOKE 



humani vestigii, adpellarmt ■ . . Longitudo eius est stadiim 
ciocxx ; latitudo cccclxx . . . Serpenles cerle neque ho- 
minum generi infensi neque venenosi, aut lupi, in ea insula 
gignuntur, quidpe venenorum omnium, kthaliumque slirpium 
est expers. Una est herba perniciosa, apio persmilis. Qui 
eam comederint, ridentes emoriuntur. Ex eo Homerus, el alii 
post eum, sardonium eum dixere risum, qui in re minime 
commoda, et mente parum sana ederetur. Gignitur circa 
fontes maxime, nec tamen cum ipsis aquis veneni naturam 
communicat (0. 

Cotesta maraviglia, ed altre ancora, non meno strane 
cbe inverosimili, sono riferite da scrittori anteriori e poste- 
riori a Pausanta ( a ); ne debbe percib sorprenderci ch'egli, 

(I) /n Phoc., lib. X. 

(9) Caio Giulio Solino lascio scritto: Sardinia est quidem abtque 
terpentibut; ted quod aliit locis terpent est , hoe soliraga tardit 
agris, animal perexiguum, simileque aranei forma , solifuga dicta, 
quod solem fugiai. In metallit argenteis plurima est; nam tolum id 
argcnti dives est; oecultim raptat, et per imprudentiam superseden- 
tibus pestem facit. Huie incommodo aceedit et herba sardonia, quae 
in defluviU fontanis provenit largius jutto. Ea, si edulia fuerit, 
vescentibus nervot contrahit , rictu ora didueit , ut qui mortem op- 
petunt, velut ridentium faeie intereant. Contra, quidquid aquarum 
ett, variit commodit tervit: ttagna pitculentistima, hibernae pluviae 
in aestivam penuriam retervantur; nam homo sardut opem plurimam 
de coelo habet: hoc collectaneum reponitur ut tufficiat utui, ubi. 
defecerint tcaturigines, quae ad victum uturpari solent. Fontet tane 
calidi et talubret aliquot locit effervetcunt, qui medelas adferunt, 
aut solidant otta fracta, aut abolent a solifugit intertum venenum, 
aut etiam oculares ditsipant aegritudines. Sed qui oculit medentur, 
et eoarguendit valent furibut ■ nam quisquit sacramentoraptum negat, 
lumina aquit attrectat: ubi perjurium non eit , cernit clarius: si 
perfidia abnuit, detegitur facinut coecitate, et eaptut oculis admUtum 
tenebrU fatetur ( PolyhUt. , cap X ). Di queste fonti favolose dee 
forse intendersi quel verso non ben certo di Giovenale , con cui , 
biasimando il poeta la perfldia delPamico cbe avea niegato a Calvino 
il deposito di dieci sesterzi, esclama; 

Fur hie tardoU maxime dignut aquU. 
Di queste fonti medesime canto Dionigi africano nel suo poema: 

Sardinia pottquam pelago circumfiua tellut 

Fontibut e liquidU praebet miracula mundo ; 

Quod tanant aegros, pandunt damnantque nefando 

Perjuros furto, quos tacto flumine eoecant. 

De sil orb., Prisciano interpr. 
E ne parld ancora Isidoro nelle sue Origini, laddove racconta gli 
effetti perniciosi della solifuga e deWerba tardonUa: In ea (Sardinia) 
neque terpent gignitur neque luput , ted soKfuga tantum , animai 
exiguum, hominibut perniciosum. Venenum ibi quoque non nascitur, 
nUi berba per scriptores plurimos et poetas memorata , apiastro 
similU, quae hominibus rictus contrahit, et quasi ridentes inlerimit. 
Fontes habet Sardinia calidot, infirmU medelam praebentes, furibut- 
coecitatem, ti tacramento dato oculot aquae eius tetigerint (lib. XIV, 6). 
L'amarezza delle erbe sarde fu genericamente ricordata da Virgilio, 
cUe pose in bocca a Tirsi questa minaccia a Galatea: 

Immo ego sardoU videar tibi amarior herbU. 

Eglog. VII, 41. 

E il miele amaro fabbricato dalle api nutrentisi di tali erbe e.pa- 
ragonato dal Venosino alTingrato suono di stridula sinfonia , e al 
crasso unguento e al papavero, che nella grata deliciadeile mense 
disgustano i convitati: 

Ut gratat inter mentat symphonia ducors, 

Et crassum unguentum , et sardo cum melle papaver 

Offendunt . . . etc. 

Art. poet. 

Ma questa non e Verba sardonica o erba scellerata, come la chiama 
TArduino (in not. ad Plin., XXV, 109), ne il suo riso mortifero. 
Cicerone vi allude direttamente in una sua lettera a M. Fabio Gallo 
con queste parole: viderU enim mihi vereri, ne, nUi Utum ( i. e. 
Tigellium ) habuerimut , rideamut risum sardonicum ( EpUt. ad 
divers. , VII , 25); volendo signiflcare che sarebbe forse mortale il 
ridere ch'egli facea col suo amico Gallo , se non avesse plaoata l'ira 
del sardo Tigellio. Apuleio scrive che appellavasi batrachion dai 
Greci ed apium rutticum dai Latini: Graeci batrachion dUunt . . . alii 
rhuselinon . . . alii selinon agrion .. . Lalini apium ruslicum, iidem 
apium risus, iidem apiastollum etc. {De tcelerata, cap. VIII). Plinio 
la indica col nome di apiattro velenoto, e la distingue dalTapuwtro 
o melittophyllon d'lgino: apiatlrum Hyginut quidem mellissophyllon 



piena la mente di greche imiuaginazioni, vi abbia preslato 
inliera la sua fede. Ma il falto, di cui non hassi altra te- 
stimonianza fuorcbe la sua, e che prova la venerazione dei 
Sardi aborigeni verso 1'antico condotliere degli avi loro, e 
rimmagine in bronzo della persona di Sabdo , cbe i barbari 

appellat. Sed et in confena damnatione est venenatum in Sardinia 
ete. ( HUt. natur. , XX , 45 , edit. taurin. , 1831 ). E Dioscoride ne 
parld sotto U nome di ranunculo: Ranunculum vocamut , quem 
Graeci batrachion etc. (lib. II, c. 306. In Alexandr., e. 14). Fra gli 
scrittori italiani il gia citato Fazio degli Uberti, ripetendo in rima 
tutti i prodigi finora accennati , cantd insieme delle fonti miracoloie, 
della tolifuga , dell'eroa tardonwa, e delle condizioni fisicbe e 
morali delTisola in questo modo : 

Ivi (cioe in Sardegna) ton vene ehe fan molto argento, 
L\ si vede gran quantita di sale, 
Ivi son bagni tani com'unguento. 
Io non la vUJi, ma 1'udii da taU, 
A cui do fi, che v'era una fontana 
Che a ritrovar i furti mollo vale; 
Un'erba v'i spiacevole e viUana, 
La qual gustata , senxa fallo uccide, 
E eosl com'i rea i tnolto ttrana; 
Chi in forma propria d'uomo che ride 
Gli cambia il volto, e teuopre alquanto i denti: 
S\ fatto morto giammai non ti vide. 
Seeuri ton da lupi e da terpenti: 
La tua lunghezza par di eento migtia, 
E tanto piit quanto ton venti e venti (a). 
lo vidi, ehe mi parve tnaraviglia, 
Una gente che alcuno non Vintende (b); 
Ne eisi sanno quel che aUri bUbiglia. . . 
QuesVUola da Sardo il nome prese, 
Lo qual per si fu nominalo assai , 
Ma piu per (o buon padre onde dUcese (c). 
Un picciol animal quivi trovai: 
GU abitanti to chiaman sole fijggi, 
Perehi al sol fugge quanto pub piu mai. 
E poniam che fra lor serpe non bruggi (d) , 
Pur nondimeno alla natura piace 
Che da te stessa alcun verme Ior tuggi (e). 



(a) Che e qnanlo dire quaranta , cosicche la sua lunghezxa lotale 
e di 140 miglia. Si vede che il poeta segui 1'autorita di Pausania e 
d'Isidoro, perciocche il primo dice : longitudo eiut (i. e. Sardiniae) ttt 
ttadiHm CIDCXX (in Phoc. X), che corrispondono appunto a 140 miglia 
geograflche; e il secondo: terra patet in longitudine milUa CXL. (Orig., 
XIII , 6). Strabone invece scrive essere passuum millia CCXX tutta la 
sna longhezza (Geogr., lib. V); Orosio vi aggiunge dieci altri passi 
(»'n Umgo spatium tenet miUia passuum ducenta triginta. Histor., I, 9), 
e Plinio ne -determina la longitudine , latitudine e circonferenza in 
questo modo : Sardinia ab oriente patens CLXXXVIll millia patsuum, 
ab occidente CLXXV millia, a meridie LXXVll millia, a septentrione 
CXXV, cireuilu DLXV milUa (Hist. nat, III, 13, cdit. laurin. 1831). 

(b) La lingua sarda non e inintelligibile come in questo verso af- 
ferma il poeta; che anzi, siccome ritiene ancora mollissimi vocaboli, 
locuzioni » . costrutti della lingua latina da cui % derivata , e fra i 
dialetti iuliani uno de'mig!iori e piu faoili ad essere compreso. 

(c) Per lo buon padre, cioe per il Maceride dei Fenicii ed Ebcole 
degli Africani , di cui Sardo dicesi figlio. 

(d) Bruggi per brughi , come fa il verme, cui il poela rassomiglia 
il serpenle. Anche Dante chiamo it diavolo e il Cerbero il gran verme 
(Infern., o. VI e XXXIV). E in qoesto senso il verbo brugare fu bene 
usato da Fazio. Cosi Filippo di ser Albizzo, uno degli antichi rimatori, 
scrisse: 

Siccome il vermicel petito bruga, 
Latitando tra foglie sua bassctta ( Ved. Tav. Barb. ). 

(e) Suggi per sugga , nel senso di rodere , dutruggere , consumare , 
come l'nso il Petrarca: 

Mentre che il cor dagli amorosi vermi 
Fu consumato ec. Son. 963. 

E il Casa : 0 fera voglia che ne rodi e pasci , 

E suggi U cor quati affamalo verme. Rhn., Son. 18. 
II sigttificato dei sopraddetti oscurissimi versi sembra essere questo : 
» chc sebbene in Sardegna non esistano serpenti ed animali ve|enosi, 
» i quali bruchino a guisa di vermi, volle non pertanto natnra che 
» vi sia la solifuga (sole-fuggi) per succiare , accio dal bene non fosse 
» disgiunto aloun che di male. E in cid 1'Uberti si appose al vero , 
» perciocche di questo e di molli altri vermi che sueciano e rodono, la 
» Sardegna non ebbe mai e non ha difetlo ». 



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t 



PftlVA. 



27 



abitatori deJTisola iaviarono in dono «I tempio di Delfo: qui 
e barharis occideniaiihus Sardiniam incolebemt, Delpkis 
aeneatn herois imaginem , a qm nomen acceptom habent , dono 
misermlW. La esistonza di siffatto monm&ento ai tempi del 
greoo, viaggialore, e la qfferta fatlane dai Sardi al tempio di 
Apolline allora sl fameso ia Buropa ed in Asia, potrebbero 
far credere che il lavoro ed H dono siano stati opera delle 
grecfce cdfemie gfe slabiiitesi, in Sardegna. Pero ra qualifica- 
zione di barbari atlribuila da Pausania ai donatori, e la 
protesta da lui fattanel concliudere la aua narraziotfo - di 
avere inlrodotto nella descrizioae della Focide on tal discorso 
sulla Sardegna, percbe i Greci massimamente uon aveano 
udito ancera tali netizie rcrative a questiaote- (hmc Sar- 
dimae sermonem in Pbocidis descriphione inveximus, quia 
maicime eliam Graeci taiia eius insuiae usque hvo «e» au~ 
(kentfU (*,)), mmducenoad argomentare cbe 1» oHerla sia 
sjtata fatia da colonie d' immigrazione piu antiea, e Torse dai 
discendenli di qoella colooia feoicia, i di oui idoli iu s\ 
grau copia discoperU, e cbe si banno al presente sotto gli 
occbi C 3 ), dimostrano, se non la eccellenza, 1'esercizio al- 
meuo^clVesSa avea di.fondera e: dir effigtare jr.motalloj per 
simboleggiare materialmente le diverse forme del proprio 
eulto. JLa quale opinionenon solo parroi ohe piu>d'ogni altra 
si accoslial vero, ma peoezfandio arrisbbiarsi aU'induzione 
non improbabile, cbe il dono fatto a De|fo dai barbari oc- 
cidentali della Sardegna sia stato uno di questi idoli mede- 
simi, e cbe Pausania lo abbia facilmeole scambiato in una 
statna di Sardo, intento qual era a rar eenoscere ai Gfeci 
le imprese di questo eroe, e ad ingrandire te greebe.gtorie 
con lutto cio che gli altri popoli ayeane di ptu saqro e di 
piu favoloso. 

Gti scrittori ratini; e specialmente i poeti, riportarono 
nelle opero loro le slease tradizioni greche raccoltc da Dio- 
doro, da 5trabone e dtf Pausaftia. LArpmate ehe s\ spesso 
e cosi ingiustamente mostrossi avverso ai Sardi, li cbiamb 
discendenti a Poenis, admixto Afrorum genere C 4 Vo; percbe 
fosee quesla la pio antica origmc da lui cono&cibta, o per- 
che, nel difendere Scauro dalle accuse di una nazione da 
lui conculcata, siagli sembrato efficace argomento oratorio 
digradarne' col dispregio la disccndenza al eospetto di giu- 



Sassari, Buosa, Cagliari e Stanpaee, 
Arestan, fillanuova e la Lighiera, 
Che le sue parti pitt dentro al mar giaee. 

QuesVisola, secondo che si avvera, 
Genova e Pisa al Saracin la tolse, 
\La qual spartiron con Vhaver che v'et a. 

tt mobil tutto a'Genovesi folse (f) , 
B la tcrra a'Pisani, e furon quivi 
Infin che Ragonesi ne gli spotse . . . (g). 

Partar udimmo e ragionar alVhora 
Che v'i «n bagno il qualc ripara 
E salda ogni osso rotto in poco d'hora oc. cc. 

Dittamond., III, 13, 

(I) In Phoc, X, 17. 
(i) Loc. cit. 

(3) Wel regio moseo di Cagliari. 

(4) E dippiu, non deducti in Sardiniam atque ibi constituli, sed 
amandati et repudiati coloni. {Ftag. orat. pro M. Scauro in opcr. 
Cicer., tom. VIII, pag. 4C9, edit. taurin. 1827). 



(f) Tolst , cioe spelto ai Genovesi. E di questa divisione della miscra 
Sardegoa fatta nel principio del sccolo XI Ira Gcnovesi o Visani, 
vedasi il mio Disionario biugrafico dci Sardi illustri , Disc. prcliin , pag. S7 

(g) Spolse per eipulsc dal lalino cxpclln 



dici gra prevenuli e corrotti. Silio Italico che detlava il suo 
poema storico della seconda guerra punica nel primo secolo 
delPera cnstiana, laddove descrive 1 infelice battaglia sos- 
tenuta dagli eroi sardi Ampsago*a ( Amsicora ) e Josto 
contro le vittorioee legioni romane comandate da T. Manlio 
Torquato, ecco come canta della Sardegna c dei tempi mito- 
tegici delta sua storia: 

/nsula fluctisono circumvallata profimdo, 
Castigalur aquis, compressaque gurgite terras 
Enormes cohibet mtdae stib imagine plantae. 
Inde Icbnusa prius Graiis memorata colonis; 
Moa, l*bioi, Sarvvs, gmeroso sanguine fidcns 
Herculis, e£ sese mutavit nomina lerrae. 
Affluxere etiam, et sedes posuere coactas 
Dispersi pelaga, post eruta Pergama, Tevcri. 
Nec parvum decus, advecto cum classe paterna 
Agmine Thespiadum, terris, Jolae, dedisti. 
Fama est , cum laceris Actaeon ftebile membris 
SuppUcium heret speciatae in fonte Dianae, 
Atloniltlm novitale mali fugisse parentem 
Per frela Aristaeum , et Sardoos isse recessus : 
Cyrenem monslrasse ferunt nova litora matrem. 
Serpentum tellus pura ac viduala venenis ; 
Sed trislis coelo et multa vitiata palude. 
Qua videt Italiam , saxoso torrida dorso 
Exercel scopulis lale frela, pallidaque intus 
Arva coquH nimium , cancro fumantibus austris. 
Coetera propensae Cereris nulrita favore etc. ( 5 ). 

- (*) Punicor., XII, 35* e segg., u. a. 376. Non dissimile daquosta 
di Silio Ilalico e la dcscrizione lasciataci dal poeta Clandiano nel 
quarto secolo deU'E. .V. riguardo afla fertilita ed alla intemperie 
deHa Sardegna , come pad vedorsi pin sopra , pag. 30, nota I. E 
ptriche neHa saddetta nota sono stati fedelmentc riportati i testi 
degli scrittori che infamarono in verso o in prosa il ciolo sardo, non 
sara inopportuno ohe si ricopino eziandio Ie principali testimonianze 
lasciateci dagli scrittori medesimi e da molti altri ancora snlla 
fertnita e iwlle varie ricchczze natorali deU'isola, accid il lettore 
Ved*i m doe qnadri paralelli il bene e il maie che ne fo deUo , e 
daUe opinioni loro, o vere o false, o giuste o esagerate, possa ri< 
«avare argomenti di confronto , e formare snlle di lei condizioni 
fisiche nn gindizie equo e spassionato. Cominciando adunque dai 
piu antichi, Aristotile, o qnalunque sia 1'autore dei Mirdbili racconU, 
chiamd la Sardegna insulam feticcm , rebus omnibus et fertilem 
(Dd mirab. autault. , pag. 1159, edit. Lutet Paris., 1629); Appiano 
insHtam frumclUi fisraeitsimam ( De bell. civ. Rom., lib. II ); Pausania, 
insulam magnUuiHne ct felicilate cum his quae maxime celebrantur 
eomparandam ( In Phoc,, lib. X); o Procopio magnam et opulentam 
insulam (De bell. vand. , XI, 13). Pohbio 1' appollo ecceUente por 
grandecza , per copia di frutti e per frequenza di abitanti: Per 
hune modum a Carthaginensibus dcfecit insula (Sardinia), et ma- 
gnitudine et frequentia hominum, et omni fructuum genere exccllens 
(Histor., 1 , 79). Pomponio Mela la disse fertile e feconda : Sardinia. . . 
coeterum fertitis et soli qmm coeli melioris atque foecundaetc. (De 
situ orb., II, 7). Strabone scrisse di lei: magna solum habet omni 
rerum copia beatum; frumenti vero excellenter ferax (Geogr., lib. V); 
e Diodoro, che ubertate frugum celebris evasit (Biblioth. hist., V, 13). 
Cotesta straordinaria abbondanza «Jel suo framento e stata pnre 
celebrata da M. Tereiuio Varrone , e daUo stesso Cicorone. Disse 
il primo, ccnsurando 1'ozio cittadino de'suoi tempi: Igiiur quod 
nunc intra murum patresfamiliae correpserunt , relictis fatce et 
aratro , et manus movere maluetunt in theatro ac circo , quam in 
segetibus ac vinetit , frutnentum locamus qui nobis advehat , qui 
saturi fiamus ex Africa et Sardinia etc. ( De re rutt. , lib. II in 
prooem.); e il secondo tra le imprese di Porapeo encomio questa: 
Pompeius nondum tcmpestivo ad nayigandum mari Siciliam adiit , 
Africam exploravit , indc Sardiniam cum classe venit; atque haec 
tria frumentaria subsidia reipublicae firmissimis praesidiit ctat- 
sibusque munivit (Orat. pro. leg. Manit., num. 13). Tito Livio par!6 
in piii luoghi dellc sue storie della ricchezza dclle messi sarde, e 
ilel gran pro annonario avulonc dai Romani (XVII, 13; XXIII, 31, 
32,41; XXVH, G; XXVlU,4<i; XXIX, 13,36; XXX, 38; XXXVI, 3; 




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28 



DISSERTAZIONE 



Nello stesso primo secolo deU'era volgare il geografo 
Pomponio Mela chiamd aniichissimi i popoli Uiesi di Sar- 
degna (m ea anliquissimi populorum sunt Ilienses (*)), 
creduti discendenti da Jolao o dai profughi Troiani appro- 
dativi dopo la iliaca rovina (*) ; e celeberrimi li disse Plinio 

XLl, 17, 88); e Orazio le annoverd Ira le cose piu appetibili 
delfumana cupidita; 

Qxtid dedicatum potcit Apottinem 

Vate* ? Quid orat, de patera novum 
Fundens liquorem? Non opimas 

Sardiniae tegetet feracu: 
Non aeituosae grata Calabriae 
Armenta: non aurum aut ebw indicum etc. C. 1, 31. 
Valerio Massimo appeUo la granifera Sardegna nodrice benigna di 
Roma: Siciliamque et Sardiniam, benignUtimat urbitnottraenutricet, 
gradut et ttabihmenta bellorum , tam mullo tudore et tanguine in 
jut ac potettatem redactat, paucit verbu, U tciUcet necessitate 
iubente ( tenatut ) dimitit ( Dict. fact. memor. , VII , 6) ; e il poeta 
Lucano la pareggid alla Sicilia per la fecondita dei campi e per 
1'abbondanza delle biade : 

Curio Sicaniat trantcendere juttut in urbei , 
Qua mare tellurem tubitit aut obruit undis, 
Aut tcidit , et mediat fecit tibi litora terrat. 
Vit Ulic ingent pelagi, temperque laborant 
Aequora, ne rupti repetant confinia montet: 
Bellaque Sardoas etiam tparguntur in horai. 
Utraque frugiferit ett intula nobilii arvit, 
Nec plut Iletperiam longinquit meitibut ullae, 
Nec Romana magit complerunt horrea terrae etc. 

Phartat. , III , 59 et seqq. 
Anche L. Anneo Floro e Salviano non fecero in tal rispetto diffe- 
renza alcuna tra Ia Sicilia e la Sardegna, e le chiamarono entrambe 
pegni annonarii e granai pubblici di Roma. Quegli , parlando di 
Cesare, scrisse: Pulto fugatoque Pompeio , maluit priut ordinare 
pravinciat, quam iptum tequi. Siciliam et Sardiniam, annonaepignora, 
per legatot habet (EpU. rer. roman. , IV, S ). Questi portd ferma 
opinione che il romano impero avesse patito grave e irreparabile 
danno , everrit Sardinia ac Sicilia ( dai Vandali ) , id ett fitealibui 
horreit abtcutit , velut vitalibut venit ( De ver. jud. et prov. Dei , 
lib. VI ). Nel secolo IV dell' era volgare i due poeti Claudiano 
e Prudenzio lodarono coi loro versi la Sardcgna per la sua ricchezza 
frumentaria. Del primo non occorre ripetere le parole gia riportate 
altrove ( pag. 93 , not 4 ). Canto H secondo : 

Nec dat vela fretit , romana nec horrea rumpat 
Sardorum congetta vehent granaria etauit. 

In Symm., II, v. 941. 
Oi molte altre ricchezze del suolo sardo non raancano frequenti 
rioordi nelle stesse opere degli antichi. Dell' abbondanza e della 
bonta de' suoi armenti parld fin dal secolo III Eliano sull' autorita 
del greco Ninfodoro : Sardiniam pecudum optimam eue parentem 
Nymphodorut tcribit ( De anim. nat., XVI , 34 ) ; delle sue miniere 
argentifere Sidonio ApoIHnare: Sardinia argentum; navet Hitpania 
defert (carm. V, v. 49); Quinziano Architremio: Argento Sardmia 
et AtHca melle (/n Cleopol. ) , e il citato Solino , il quale celebra 
eziandio 1'abbondante pesca degli stagni sardi: Solum id (i. e. 
Sardiniae ) argenti divet ett ... ttagna puculentutima ( loc. clt. ) ; 
e finalmente del suo acciaio Rutilio Claudio Nnmanziano nei due 
fastidiosi libri elegiaci De reditu tuo , laddove lo paragona a qnello 
deU'isola d'Elba : 

Non BUurix targo potior ttrietura camino, 
Nec quae Sardoo cespite matta fluit. 

Itiner., v. 353. 

(1) De titu orbU, lib. II, cap. VII. 

(i) Opinano alcuni, e tra questi il Cluverie (Sard. ant, cap. V), 
che gli antichi popoli ilieti non siano diversi dai iolaeti , e lo de- 
ducono, non solo dalla consonanza dei due nomi, ma eziandio dalla 
somiglianza degli usi e dei fafti attribuiti ad entrambi. Altri alI'op- 
posto, tra i quali piu specialmente il Fara (De reb. tard.) ed il 
Vico (HUt. gener. de Sard.) ammettono la diversita delle due schiatte, 
appoggiandosi ai testi surriferiti di Pausania e di Silio Italico , che 
le hanno apertamente distinte. Non e facile decidere quale delle due 
opinioni sia piu ragionevole, perche in tanta distanza dei presenti 
dai primordiali tempi colonici della Sardegna , qnalunque giudizio 
volesse farsene , sarebbe sempre arrischiato ed incerto. Perd se 
all autorita dei piu antichi e lecito aggiungere la testimonianza degli 
scrittori moderni, lo strano racconto cho leggesi nei Giorni geniali 
di Alessandro d'Alessandro basterebbe, se fosse vero, per differen- 
ziare gU anzidetti due popoli , cosi nella loro origine , come nel 
loro culto. Ecco infatti com' egli scrive di Jolao o degP Iliesi : 
Feruntque temptum Iolao nepoti ab Hercule conttructum tantar 



iosieme co' Balari e co' Corsi (celeberrimi w ea popuhrum 
Ilienses, Balari , Corsi C 3 )); oltre all'autorita di Livio ohe 
rende testimonianza del loro coraggio e dell' indomata loro 
libertk W. II gramatko Solino, non dei soli lliesi, ma di 
Jolao e dei Locresi, di Arisleo, «K Norace e di Sardo fa 
memoria , sebbene compendiata , nella sua Miseellaned 
istorica ( Polyhistoria ) : Sardiniam quoque apud Timaeum 
Sandalioten legimus, Icbnvsam apud Chrysippum . . . 
Nihil altinet dicere, ut Sardos Bercule, et Norax Mer- 
curio proereati, quum alter a Lybia, alter ab usque Tartesso 
Hispaniae m hosce ftnes permeassent, a Sardo terrae, a 
Norace oppido nomen datum : mox Aristaevm , re- 
gnando his proximum, tn urbe Carali, qvam condiderat 
ipse, conjuncto populo utriusque sanguinis , sejuges usque ad 
se gentes ad unum morem conjugasse < imperium ex insolentia 
nihil aspernatus. Sed ut haec , et Jolauju ,quiadid loeorwn 
agros i6t insedit, praeterea et Ilienses el Locrenses 
transeam , Setrdinia est quidem absque serpentibus etc. ( 5 ). 
Del solo Sardo e della colonia libica da Ipi condotta fawio 
ricordo Marziano Capella e Isidoro scrittori del VI e del VII 
secolo : Sardinia a Sardo filio BercuUs adpelktta ( 6 ) ; 
Sardvs Bercule procreatus cum magna muUitudme a Lybia 
profectus Sardihiam occupavit , et ex sm vocabulo insnlae 
nomen dedit ( 7 ); e il secondo di essi, nel riferke la figara, 
la grandezza e la postara geografica dell' isola, fa pur men- 
zione del greco nome di Ichnusa cbe porto anteriormenle 
a quello datole o derivato dal generoso figlio dell' Ercole 
africano. Baec (cioe la Sardepa) m africo mari facie ve- 
stigii humani, in orientem quam occidtntem latior prommet : 
ferme paribus lateribus, quae m meridiem et septentrionem 
vertunl, ex quo ante commercivm a navigantibus Graecorum 
Icbnvsa appellata est. Terra patel in longitudine miUia 
cxl latitudine xl. In ea neque serpens gignilur etc. ( 8 >. 

Ma queste ricordanze varie di colonie e di eroi traman- 
dateci dai Greci e dai Romani, comunque fossero anticbe 
ed illnstri, sembrarono pocbe ed insufficienti a nobilitare 
le sarde origini. Quindi vi fu nel secolo XV un altro scrit- 



maiettatU incotU fuUte , ut ti a tolUU deficerent taerU, muti eva- 
derent Rurtut ti tacra voverent , in prittinam rettUui tanUatm. 
Ab Iliensibus Herculi tacra eelebrari vetitum, guod Ilium HercuUt 
olim depopulatut etiet. Eum propterea odio protequuti perniciali 
( Alexandr. ab Alexandr. , Genial. dur. , Ub. II ). Non potrebbesi 
invero conciliare il divieto fatto dagl7/te« di sacrificare a Ercole 
col tempio fatto erigere da questo semideo a Jolao , e sarebbe 
contraddittorio che da un canto si rendessero al nipote gli onori 
divini che si denegavano allo zio, se gli Iliesi e %1'Iolaeti avessero 
avuto coinone il sangue e la religione , cbe e quanto dire se 
costituivano una sola e medesima schiatta. Ma chi e che voglia 
rendersi garante della verita di un tal racconto fatto nel secolo XV, 
e senza indicazione delle sorgenti dalle quali fu tratto?... E chi e 
che non veda nei miracoli del tempio di Iolao , riferiti dal giure- 
consulto napoletano , i prodigi deUe fonti riparatrici degl'infermi , 
e accecatrici dei ladri e degli spergiuri ricordate da Solino , da 
Prisciano e da Isidoro? (V. sopr. pag. 96, not 9). 

(3) Hitt. natur. , III , 7. 

(4) HUtor., XL, 34; LXI, 6, 7, 15. Nel primo di detliluoghilo 
storico parla dei soli Ilibsi: inde in Sardiniam exercitut ductut,et 
cum Iliensibus, gente ne nunc quidem omni parte pacata, tecunda 
praelia facta ( ann. 571 U. C. ): nel secondo racconta 1'audacia 
con cui gl7fte« e i Balari affrontarono le armi romane (ann. 574, 
575 , 576 C. C). Dal che si deduce che la colonia iliaca stabilitasi 
in Sardegna nei tempi eroici mantenne fino ai tempi romani viva 
e robusta ne'suoi discendenti 1'antica sua virtu ed indipendenza. 

(5) PolyhUt., cap. X. 

(6) Martian. Capel. , De nupt. philolog., lib. VI. 

(7) Isidoros, Origin., lib. XIV, cap. VI, pag. 195, edit Paris., 1601. 

(8) Loc. cit. U rimanente del testo vedasi sopra a pag. 96 nota 9. 



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PRIMA. 



29 



tore latino, il quale , faceBdole derivare dai tempi piu pros- 
simi al diluvio , comincio la palingenesia istorica della Sor- 
degna dai regni favolosi di Forco, di Medusa e di Ercole 
tebano, inneslandevi appresso una caterva pressoche infinita 
di Galli, di Lidiani, di Sicnli, diTracii, di Rodiani, di Frigii, 
di Cipriotti, di Egiiiani, di Mitesii e di Leabiani popolatori, 
ehe la di loi immaginazione andb cercando nei supposti 
libri di Beroso e di Manetone, per pretessere coH'antorita 
di tali nomi argometti e motivi di credibikta ai proprii 
racconti 0). E avvegnacbe siffatte stranezze dovessero ap- 
parir tosto in tutta la loro deformita agli occbi della critica 
)a meno illuminata, luttavia lo smodato amore di patria, e 
la gloria di un' anttchita perdentesi nella notle dei tempi , 
che da tali racconti dirittamente derivava, le fece accogliere 
come verita isloriche da parecchi dei sardi scritlori ( 3 ), i 
qaali in tal rispetto non furono per serapticita di fede ne 
diversi ne peggiori di tanti altri storici d' Italia. 

Io non mi fermero lungamente a esaminare quali fra 
i tanti sin qoi riferiti siano stati i veri, e qoali fra questi 
i primi popolatori della Sardegna. Uia indagine di tal faUa, 
fosse pure utile, ne da taluni stimata oziosa, mi condurrebbe 
oltre i confini del propostomi snggetto, ne potente sarebbe 
a consegnire lume o certezza di positivi risultamenti. Perchc 
in tanta caligine di secoli che ricopre la culla eroica delle 
sarde generazioni, in tanta variela di schiatte e di avventu- 
rieri fermatisi nell' isola, e in tanta diversita di racconti in- 
granditi dalle forme fantastiche delle greche immaginazioni, 
se non e miglior consiglio miscredere, come gia fecero alcuni 
ernditi ( 3 ), h per certo impresa molto ardua e virtu quasi 
divinatoria voler sorprendere in mezzo a tenebre cos\ fille, 
e divisare dalle favole la verita. Non pertanto, se in man- 
canza di prove certe e di argomenti dimostrativi , si pu6 
ricorrere a congbielture ragionevoli e ad induzioni ricavate 
da fatti gia esistiti o tuUavia esistqnti , io non dubito di af- 
fermare che i Tirreni, i Fenici, gli Africani ed i Greci siano 
da noverarsi tra i piii certi e piu antichi coloni della Sar- 
degna. 

Dei Tirreni ( 4 ) infatti sappiamo che da tempi assai remoti 

(1) Comprende ognuno che vuolsi qoi parlare del famoso Annio 
o frate Giovanni Nanni di Viterbo , e de' suoi libri di antichita , 
intitolati Antiquitatum variarum volumma XVII cum commtntariis 
etc. cbe mrono pnbblicati per la prima volta in Roma nel 1498, 
in-fel. Disputarono lungamente gli eruditi suila qnalita deH'autore 
di detti Hbri, volendolo taluni un credenzone che abbia pubblicato 
di boona fede cid ch' ei tenne per vero ed autentico , ed altri un 
impottore che abbia inventato a capriccio qnanto contiensi nella 
soa raccoha di antichita. Qualunque di queste dne opinioni sia la 
vera, convengono pero tutti in qnesta sentenia: che non siano da 
accetlarsi le sue narrazioni sulle origini dei varii popoli italiani , 
perche ridondanti di favole o inventate o credute dalia sola sua 
hamaginazione. 

(9) I principali furono il Fara ( De rebut tardoit ), il Vico (Hist. 
gen. del reyn. de Sard.), il Vidal (Annales Sardiniae), e il Madao 
( Dissertasionx delle tarde antiekitit). Ma il Fara , piu giudizioso 
degli altri, sebbene abbia sacrificato alla vanita nazionale, non 
lascio di manifestare le proprie dubbiezze sull' autenticita degli 
autori pubblicati da Annio, poiche nello stesso principio di detta 
sua opera (lib. I, pag. 103, edit. taur.), parlando di Beroso, dice : 
ti verut ett eiut, qui fertur, Ubtllut; locche addimostra, com'egli 
fosse lontano dal prestar cieca fede ai sogni Anniani, e corae non 
sia percio meritevole di grave censura , se vinto tnttavolta daila 
patria carita , accetto dubbiando alcune narrazioni , che poteano 
magnificare i primordii della sua nazione. 

(3) Cluver., Sard. antiq., V. 

(4) U nome loro primitivo fn quello di Rasbni o Tbaseni (Dionys., 
Antiq. rom., I, 30), che i Greci trasformarono in Tibbbni (Ueyne, 
Excun. III ad lib. VIII Jtneid. Comment. soc. Goth., vol. 11 , pag. 36 



'pervennero a un alto grado di potenza e di civilta ( 5 ); cbe, 
ristretli dapprincipio dentro il paese posto tra 1'Arno e il 
Tevere ( 6 ), superarono le angustie di sl brevi confini col- 
1'ardire e colla costanza delle loro intraprese; che, cacciati 
dalle antiche sedi, prima gli Umbri, quindi i Liguri e gli 
Osci ( 7 ), ed occupate colle armi le piu belle e piu fertili 
regioni d'ltalia, estesero il loro dominio dalle Alpi fino 
allo strelto siciliano ( 8 ); e che progredendo iu appresso nella 
sapienza degli ordini civili, nella industria e nel commercio, 
fondarono due grandi stati e molte colonie, e fecero eterne 
dal mar toscano airadriatico I' importanza e la celebrita del 
proprio nome ( 9 ). 

La perizia di queslo antichissimo popolo italiano nella 
nautica e attestata dalle tradizioni poetiche e prosasliche dei 
Greci, e confermata da un gran numero di fatti e di docu- 
menti scritti. La favola dei corsali tirreni rapitori di Bacco, 
e convertiti in delfini, e un'allegoria molto espressiva del- 
1'eccellenza loro nelVarte marittima ( 10 ). II nome tirrenico , 
gia divolgato in Grecia fin dalFeta, degllddii e degli eroi 00, 
deve la sua celebrila ai toscani navigalori. Fnrono essi che 
assalirono e sconfissero gli Argonauli , come leggesi in Ale- 
neo( 19 ); essi che sui loro legni salvarono Ulisse dalle insidie 
delle sirene, come ci narra Eusebio O 3 ); essi che insegnarono 
ai Pelasghi 1'arte di navigare, come racconta Dionigi di 
Alicarnasso ( 14 ). Ginque secoli prima dell'era volgare le navi 
loscane trafiicavano liberamente nel mar Ionio e nell'Egeo , 

et 199, p. XIV, pag. 113). Dai Romani poi con greco vocabolo de- 
rivato dai loro riti furono appellati Etbuschi o Toschi : mox a 
sacrifico ritu lingua graecorum Thusci sunt cognominati (Plin., 
Hist. natur., III, 8, edit tanr., 1831). Erodoto li disse vennti da 
Lidia in Italia sotto la condotta di Tirreno^ figliuolo d'Ali , discen- 
dente da Ercole (Herod., Clio, lib. I, pag. 91, edit. Francofurt., 
ann. 1594); locche fu poi ripetuto da Strabone (Geograph., lib. V), 
da Velleio Patercolo (Hist. roman., lib. I , $ I), da Giustino (Hittor., 
lib. XX, in princ), e da Valerio Massimo (Dictor. fact. memor., 
lib. II, cap. IV, J 4). Ma Dionigi di Alicarnasso, benche impegnato 
a magnificare le grecbe glorie, non volle ammettere cotesta origine 
lidiana, e scrisse essere piu ragionevole e piu vero che i Toscani 
siano aborigeni della stessa Italia (Dionys. Antiq. roman., I, 36, 
37, 30). L'opinioae di qnesto valente istorico e al dl d'oggi la piu 
comnnemente segnita dagh eruditi, quantnnqne il Bianchini 1'abbia 
valorosamente combattuta nella sna Storia unioertale provata con 
monumenti ecc. (vol. V, dec. IV, cap. XXXII), nella quale radund 
riti, ailegerie , oaratteri, nsi, feste, e qnanto trovasi registrato 
negii aatori greei e latini, perprovare, che prima i Pelasgi e poi 
i Lidii cendnssero le loro colonie in Toscana, e che dalle medesime 
ebbe origine il nome e la nazione tirrena. 

(6) Se ne possono vedere le prove neUa suddetta Storia del Bian- 
cbini (loc. cit), nella Storia dei primi popolatori dHtalia del Du- 
randi, e nella eccellentissima operadel Micali, intitolata: VltaUa 
avanti il dominio dei Romani.' 

(6) Scylac. Peripl. (edente HaesceUo), pag. 4. 

(7) Dionys. Ualicarn., Hitt., I, 19. - Strab^ Geogr., V, p, 149. - 
Plin., Hitt. natur., III, 19, edit taurin., 1831. 

(8) Liv. 1,3.- Serv., tn Georg., II, 633. 

(9) Scylac. Peripl. (edento Haescel.), pag. 13. - Strabone, Geogr., 

V, pag. 148, 153, 156, 166, 167, 170, 173. - VirgU., Aeneid.. X, 301. - 
Serv. VII, 436; X, 145 , 303. - Liv., IV, 37; V, 33, 54. - Pbn., 
Hist. natur., 111, 6, 30, 93. ediz. sudd. - Diodor. Sicul., XIV, 13. - 
Plutarc., Quaett. roman. , 18. - Polyb. II, 17. - VeUeius Patero., 
I, 7. - Pompon. Mel., II, 4. 

(10) Homer., Hgmn. in Bacch., p. 83, Ern. - Hygin., fab. 134. - 
ApoUod. III, 3, 5, - Seneca, Oedip., v. 449 et seqq. - Ovid., Meta- 
morphos., III, v. 570 et seqq. - Propert 111 eleg., 17; IV eleg., 9, 
edit taurin. 1833. - GiambnUari, Gello, pag. 93. - Bochart, Ceogr. 
tac., lib. I, cap. XXXIII, part. IL 

(11) Euripid., t» Medea, 1343, 1359. Herodot, Clio, 1, 31; Erato, 

VI, 178-79, ediz. sndd. - Dionys. Halic, Hitt., I, 39. 
(13) Alhen., IHpnotoph., VII, 13. 

(13) Chronic., num. 850. 

(14) Maximam quoque navalit disciplinae notitiam habebant (Pe- 
lasgi) quodcum Thyrrenit habitassent (Antiq. rom., I, 93). 



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30 



DISSERTAZIONE 



c sulle coste di F«nicia c d Egitto (•). Circa quel tempo, o 
poco innanzi, infeslavano il maredi SiciliaW, o toglievano 
c restituivano a Samo il famoso simulacro di Giunone scullo 
daSmilide Eginetico ( 3 X E in tempi non meno rimoti rarono 
gli Etruschi che aggiunsero ai navigli i rostri ferrati ( 4 ), 
oggctlo pria di terrore c poi di vitloria pe'Rodiani ( 5 ); gli 
Elruschi chc coll'ancora si spesso efflgiata nello moneto 
loro(°) simboleggiarono la valcnza propria nelCusare quel- 
rimportantissimo strumento naulico; gli Etruschi insomma 
che , rivaleggiando in scienza ed iti coraggio co' Fonici e co* 
Cartaginesi, oltrepassarono le tanlo temute colonm tfErcole, 
e s' incllrarono arditamente a solcar le acque perigliose del 
mare atlantico C). 

Ina nazionc cosi esperta neir&rlc di travpsarc i mari, 
alliva, intraprendente , e desiderosa cotanlo di ampliare il 
proprio dominio, non potea lungamente ignorare la csistenza 
della Sardegna. Sltaata nel centro del Mcditerraneo , che al 
dir di Strabone ( 8 ) fu pcr tanto tempo dominato dagli Etru- 
schi , essi non poteano trascorreria non vista ne inosservaia; 
e la felice opportunita della sua postura geografica, l'am- 
piezza del suo lido e della sua superficie, la straordinaria 
feracitk dclte sue terre, tutlo dovea allettarli potentemento 
ad occuparla. II mar Tirreno chc la divide dall' ltalia non 
h si longo c spaventevole oceano, che arrestar potesse noc- 
chieri tanto abili e gia usati a solcare francaraente quclle 
acque; anzi la via daUMtalico al sardo lido, inlerrotta da 
isolc frequenli e molto opportune alle pose dei naviganti ( 9 ), 
offerivasi assai piana ed agcvole per intraprendcrc il pas- 
saggio dall'uno aJPaUro. Quindi, o muovessero primamente 
dalle toscane , nvvcro dallc liguri spiaggie , dcl che non e 
s\ facile portar sonlcuza ( 10 ), egni argomento d' isloriea pro- 



(1) Herodot., Ilb. VI, sudd. - Strab., Gcogr., lib. X. 

(2) Strab., Geogr., lib. VI. 

(3) Athen., Dipnotoph., XV, 4. - 1'ausan., VII, 4. 

(4) Plin., HisL natur , VII, 57, edit. laur. 1831. 

(5) Aristid., Orat. Rhod., vol. I, pag. 64a 

(6) Ved. Dempster., Hetrur. teg. - Passeri, Panalipom. . 

(7) Dioder. Sicul., BMioth. hitt., V, 19, 30. 

(8) Geogr., V, 163. ... 

(9) Ved. la oota seguenbv .<; >. . ./.'■■ 

( 10) io penso cbe i Tirreni ahbiatao.intrapreao lo primo navigazioni 
loro verso la Sardegna dalf anttohissimo porto di Loni (odierno 
golfo della Spezia. ) non mollo discesto dalla famosa citta etrasca 
di questo nome, di cui parlano Plinio ( Hitt. natur., III, 8, edit. 
tanr. pracd.), Marziale XIII, 30, Livio (XLI, 13), Lncano (Phartal. 
I, T. 586), Slefano Bizantino ( De vrbib., pag. 985, edent. Uolsten.), 
Siazio (IV, 4, 33) e Silio Italico (Punicor., VIII, v. 481). Daquesto 
porto infatti , cbe i Tirreni tolsero ai Liguri nel tempi della primi- 
tiva loro potenza per esercitare piu liberamente il proprio com- 
mercio , e dagli alti monU che lo circondano vedeti la Sardegna 
e gran parte dclVuno e deWaltro lid», come dica Strabone (Geogr., 
lib. V). Ora e assai nalurale, cbe uomini peritissimi dei mare e 
dominatori di qnel golfo, quali erano gli Etrnschi, non trascnras- 
sero l'occasione di occnpare una terra cosi vicina e cbe aveano 
sotto gli occhi , mentre all'occasione aggiungevasi l opportunita di 
pervenirvi per una scala marina d'isole intermedie, qnali sono la 
Capraia, Monte-Cruto , la Gorgona, V.Elba e la Cortiea, che oftri- 
vano co'loro seni e porti la comodita di frequenti e sicure stazionL 
So si considera che l'infanzia deUa nautica presso tnUi i popoli 
procedette assai timida e rischiosa , che i primi suoi tentativi si 
ridussero a semplici passaggi di riviore, o a- costeggiare intomo 
ai lidi del propriopaese, e che Paudacia dei naviganU non apprese 
a disprezzare i pericoli del mare e a spingersi alla ricerca di terre 
lontane, che dopo aver con ripetuU e gradnati esperimenti ritro- 
vate le piu viciue, si comprendera facilmcnte che 1'anzidetta e non 
altra veruna dovetf esserc la via seguitn dalle anUchissime colonie 
toscane venutevi per abitarla. E scbbene il mentovato gcografo 
greco affermi che 1'autica Populonia cra il punto consucto d'ondc 
si faceva vcla <ti Tosrana pcr VEIba, la Cortica e la Sardrgna 



babilita, la natura dci falti espostt, e le allegate specifiche 
tcstimonianze dt Erodoto e di Strabone( u ) aperlamente di- 
mostrano chc la Sardegna da tempi anlichissimi dovelfes- 
sere , e fu realmente scoperta ed occupata dai Tirreni. 

La occupazione faltaue dai Fenici, quand' anche non fosse 
attestata dai materiali mouumenti ch essi vi lasciarono per 
eternarne la memoria, non pu6 essere rivocala in dubbio 
a fronto delle prove che ne somminittrano le narrazioni degli. 
scrittori e la storia dei fatti generalmente aUribuili a quel 
popolo cos) famoso neH'antichita( 19 ). tttechi di gcnlc piu che 
dUuoloO 3 ), e quindi astretti a procacciarei aitronde pet )a 
via del mare ci6 che ad essi niegara la sterililk e l angustia 
de) proprio paese, i Fenici frequentaronoie spiaggie d'Asia 
e le isole ed i lidi europei Qn dal tempo in cui Cadmo e . 
Danao fondarono i regni di Tebe e d Argo, c giltarono i 
primi semi della grecaciviltat 14 ); II luogo esercizio del na- 
vigarc, e le ricchezze ch'essi acquistaroao ooll' estose loro 
commercio, rendettoro ceiebri Sidone e Tiro, emporio e 
centro delle arti, deli'industria e delle produzioni del mondo 
antico ( 16 X E poicbe la troppa grandczza, e i) vivere imbelie 

(Itb. cit. , p. 1(4), eio luttavia dee riferirsi ai tempi piu gloriosi 
della dominaziono ctrusca in Italia, non pcrd a quelli delle prime 
c piu antiche imprese marittime deiTirreni, fra le quali, secondo 
la tostimonianza dello stesso geografb (Ufc. cit, pag. 15S) dee an- 
noverarsi 1'occupazione dclla Sardegna. Ved. la nota seg. 

(1 1) 11 tcsto di Erodoto che rifcrisce il combattimento navale dei 
Tirreni o dci Focesi nel mare tardonio (Hitt., I, 38), dtmostra a 
sufficienza, che i primi obbero co' Cartaginosi compartecipazione 
di dominio in Sardegna (vcd. sopra pag. 21 o 32 in not.). Ma 1'allro 
testo di Strabone, in cui dicesi clic Jolao co' Tespiadi nell'approdare 
aHisola vi trovd gia tlabititi gli Etrutchi (ved. sopra pag. 24, col. 1), 
prova assai chiaramente cho le colonie toscanc 1'avcano occupata 
da tempi ccccdcnti ogni mcmoria storica; poirhe l'ela di Jolao 
precedctte la famosa epoca troiana , e questa fn onteriore di 708 
anni al faUo raccontato dallo siorico greco. 

(12) 1 Fcuici, secondo il Bochart ( Geogr. tacr., part. II, lib. II ) 
si vantavano gcncrati dagli Anacci, eppercio si chiamarono da 
principio Bene-Anak , e contraUamente Beanak, ossia fyUuoH.degli 
Anacei. I Greci corruppero quesfantico vocabolo, e lo trasformarouo 
in Pheanacct c Phoenices. Qucsfctimologia e la meno improbabile 
di tutle lo altro immaginate dagli eruditi. La loro origine argomentd 
Possidonio appresso Strabone (lib. I e XVI) doversi prendcre da|- 
1'Arabia, e parvcgli che Omero lo dimoslrassc in qocl verso in cui 
Meuclao harra di cssersi spinto nclle suc pcregrinazioni fino al paete 
degli Etiopi, dei Sidoni e degli Erembi (Odist., lib. IV, v. 87). E ve- 
ramente, o si risalga fino aifcta di Chanaam, primo padre e ceppo 
dei Cananci , o si cominci dai tempi di Sesostri o dei Sabji, dai 
quali con varieta di opinioni e ripetota la loro discendenza ( ved. 
Dochart, op. cit. - Spencr, De leg. Hebr. - Walton, ProL ad Bibl. 
polygl. - AbuL - Farag. hitt. dynatt. 9 , Poeokio interpr. , edit. 
ann. 1663); 1'una e 1'altra delle due origini riferisco i Fenici, i 
Tirii e i Sidonii agli Erembi di Omero, ossia agli abitatori dei luo- 
ghi che dopo di lui nominiamo le Arabu. 1 popoli nomadi cbe in- 
vasero 1'Egitto (ann. 3148 0. C. e 2089 avanU G. C), e vi fonda- 
rono la dinastiadei re pastori, la quale fu contemporanea alla 17* 
dei Faraoni, e snssistette pel corso di 260 anni, uscirono appunlo 
dal paeso abilato dai Fenici. Quanta fosse tin da queU'epoca remo- 
tissima la potenza loro, pu6 dedursi da cid, che Amosis ( il II ) capo 
della 18" dinastia egizia, disperando di cacciarneU coUa forza, li 
fece sortire dal suo regno in conseguenza di un trattato (ann. 3408 
O. C). Essi allora si stabUirono in quella parte delfAsia ootiden- 
tale, che fu poi chiamata Giudea , e mescolatisi coi Cananei e co' 
Filislci, formarono la nazione appellala quindi dai Greci Phoeanacia 
o Phoenicia. 

(13) Occupavano le coste della Siria bagnate dal Mediterraneo, e 
quindi un terreno poco esleso. Ma il Libano e le altre vicine mon- 
tagne compensavano largamente la ristrettezza del suolo, provve- 
dendoli di ecccUenti legnami per la coslruzione deUe loro navi. 

(14) Ved. Bianchini, Storiauniv. prov. eon monum., vol. V, dec. IV, 
cap. XXXII, pag. 137. 

(15) Fra Ic tante autorita che si potrebbero addurre per provare 
il valore dei Fenici nel commercio e nelle arti, od U grado di ci- 
vUta cui erano cssi pervenuU , mi contento di riportaro quella del 
<*clcbrc rar<linalc >"ovis v il qualo nc fa il scgucntc eloRio : Phoenices 



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PRIMA. 



e voluttuoso di Sardanapalo scrollarono dalle fondamenta il 
vecchio impero d'Assiria (0, i Fenici, ad esempio dei Medi 
c delle altre province soggette a quella vasta monarchia, 
scossero incontanenle 1'antico giogo, e vendicatisi in liberla, 
assunsero il dominio assoluto e indipendente dei proprii mari. 
Da quell'epoca memoranda ebbe principio la talassocrazia 
fenicia in tutto il mediterraneo, e in molta parte dell'oceano 
orientale , perciocche i navigatori fenici scorrendo allora piu 
liberamente da un mare allaltro, e trapassando con ardire 
maraviglioso gli estremi confini del golfo arabico, fondarono 
col traffico la propria fortuoa, e colla fortuna e col coraggio 
la rinomata potenza marittima della loro nazione. Frutto di 
lal potenza e dei tesori accumulali nell' Asia, fra i quali 
primeggiavano 1'oro e largento, l avorio, le gemme, i tri- 
podi e i vasellamenti preziosi, Tincenso, la mirra, il bal- 
samo, il cinnamomo ed altri elettissimi aromi sabei ( 5 ), 
furoao lampiiato dominio, le colonie da essi fondate nei 
luoghi piu opportuni a servir di scala o di riposta ai merca- 
tanti, e le spiagge e i porti occupati per tutelare le vie 
marine solcate dalle navi loro, che ivano e redivano onuste 
delle merci d oriente e d'occidente. Fu in quel periodo di 
opulenza e di potere cbe la Fenicia, cresciuta maravigliosa- 
mente d'uomini e d'industria, invi5 nuovi coloni in Africa, 
dove sorgeva la famosa Cartagine edificata molto innanzi 
dai Tiriani seguaci della profuga. Elissa ( 3 ); e fu in quella 
eta che daUe stcsse fenicie contrade la sopercbianza del 
popolo, 1'amore del guadagno e il desiderio di piu larghe 
sedi spinse abitatori novelli, come in Ispagna,' nelle Baleari 
e in Sicilia, cosl anoora nelle terre feraci ed ospilali della 
Sardegna. Lo storico Diodoro ne rende aperta testimo- 
nianza ( 4 ), e questa e avvalorata dai falli particolari riferiti 
dagli altri scritlori deUantichita, e dalle memorie monu- 
mentali che sopravvissero alFurto e alle rovine di lanti se- 
coU. Fenicio infatti fu quel Norace rammentato da Pausaaia 
e da Sottno( 5 ), che da Tartesso dedusse una colonia dlberi 
nella parte meridionale dell' isola, e fondovvi 1'antica Nora ( 6 ). 
Dai Fenici coloni di Tiro fu edificata Ca6liari cittk principe 
e nobilissima della Sardegna, se vuolsi prestar fede a Clau- 
diano, che iu pochi versi ne descrisse quasi ortograficamente 
la pianta primitiva: 



«Mmm primi, duee Cadmo, Merarum figurai tn Graetiam leribendi 
netciam detulentnt. JUi maria navibui tulcare, confligere,, k§na arte 
induttria dedolare, metalla fundere ae mitcere , purpuram tingere, 
tindonet texere, vitra confiare, aHatque lum pacit tum belli ariet 
omnium primi docuerunt (De epoch. Syromac., disseft. IV, c. I). 

(1) Contando da Nino fino a Sardanapalo dnro trqdki secoli 
(Jnstin., Hist., I, 2. - Eoseb., in chrOn. -i S. AugcsLy Se ctoifi Dei, 
lib. XII, cap. X. - Pelav., Ratifrn. temp., lib. l}.CteBia, appresso 
Diodoro ( Iib. U, 21 ), lo estese a 1360, e Giulio Afrieano ,u 1484 
anni (ved. not. ad lib. 1 Juatm. ad uson Delph. ). Ma la differenza 
deriva dalTavere qnesti due scrittori annoverato tra i monarchi di 
Asairia il famoso Belo , il quale ftt Teramente fondatora dei soio 
regno di Babilonia. 

(2) Strab., Geogr., lib. XVI. 

(3) Euseb., Praep. evang., lib. I. • Voss., JDe idotokUr., lib. I. 

(4) Biblioth. hut., V, 16. Vedasi il testo relativo sopra a pag. 22, 
nota «. 

(5) Pausau., in Phoe., lib. X. - Solin., PolyhitU, eap. X. Ved. so- 
pra, pag. 24, cot 2 , e pag. 28, coi. 2. 

(6) Nel luogo appellato Noa , dove probabilmento esistevano gia 
riuniti alcuni rkettacoli degPindigeni che professavano la vita pa- 
storaie. Nobacb ne fu creduto fondatore, perche forse amplio e ri- 
dnsse in miglior forma quelle mobili e selvagge dimore. Ved. sopra, 
pag. 25, nota 2. 



Urbs Lybiam contra Tyro fundata polenti , 
Tenditur in longum Car alis, lenuemque per undas 
Obvia dimillit fracturum flamina collem. 
Eflicitur porlus medium mare , lutaque ventis 
Omnibus ingenli m^nsuescunt slagna rccesm elc. 

Dc bello Gildon. V) 



(7) Solino attribal a Cagliari un'origine mollo piu antica, facen- 
doue fondatore il groco Aristeo : Nihil attinet dicere. . . Abistabum . . . 
tn urbe Cabali, quam condiderat ipte, conjuneto populo utriutque 
tanguinit, tejuget utque ad te gentet ad unum morem coniugatte etc. 
( Polyhitt. , cap. X ). Pausania per 1'opposto le diede un principio 
assai pio recente, dkendola fondala dai Cartaginesi: Condiderunt 
tune Carthaginentei in ea intula ( i. e. Sardinia ) urbe» Cabauk et 
Sdlchos (al. Syllos) (/n Phoc., X). Ha 1'opinione di Clandiano, che, 
lasciato a Carlagine 1'onore della fondazione di Solci ( part adit 
antiqua ductot Carthagine Sulchot ), ascrisse quella di Cagiiari ai 
Fenici tiriani ( Tyro fundata potenti ), parmi la piu ragionevole, 
epporcio non ho esitato ad abbracciarla. Infatti, sebbene possa 
esscrevero che i Cartaginesi, dopo essersi renduli assoluti padroni 
delia Sardegna o della maggior parte di essa, abbiano ampliata ed 
accresciuta di nuovo popolo la citta di Cagliari , e in questo senso 
debba forse intendersi il condiderunt di Pausania ( se con altri in- 
terpreti di quel greco scritlore non voglia piuttosto leggersi mu- 
nterunf), e perd piu probabile che i Fenici 1'avessero anteriormente 
fondala ed abitata. lmperocche trovandosi essi gia molto innanzi 
stabiliti in Noba, ed essendo la spiaggia di quella prima stazione 
loro troppo aperta ed importuosa, e assai naturale che abbiano ri- 
cercato nel lido meridionale delPisola un aitro sito piu comodo 
per ie loro navi e piu opporlnno pei Ioro commercio, che in quel 
tempo apponto, come si e gia veduto, era estesissimo e fiorentis- 
simo. Ora qual mai poleano i Fenici trovar silo migliore e ai desi- 
derii loro piu adatto di quell' ampio seno di mare vicinissimo alla 
stessa Noba , che poi dal nome del paese edificatovi in riva fu 
chiamato cagtiaritano? Posto in faccia alP Africa e alla Sicilia, or- 
dinarie scale delle navigazioni loro, dove percio da tempi piu an- 
tichi aveano essi fondate tante colonie, offriva quel golfo il vantaggio 
della capacita e della sicurezza per qualunque numeroso navilio, 
ed era certamente una stazione iraportantissima per la fenicia mer- 
catura. Siffatte favorevoli condizioni non poteano sfuggire alPespe- 
rienza e alPattivita di una nazione ch' esercitava felicemente la 
talatsocratia del Mediterraneo , e quindi ogni ragione d'istorica 
congruenza ne persuade , che i coloni fenicii molto prima dei Car- 
taginesi siansi indotti a stabilirvisi , ed a fondarvi l' antichittima 
citta di Cagliari, quale fo ossa glustamente appeUata dal geografo 
Pomponio fflela {De siL orb., II, 7). Agli esposti argomenti potrob- 
besi aggiungere un'aKra non lieve congettnra; perciocche, essendo 
Caba '(eligere) voce fenicia, corrispondente alPebraico (elegit, 
telegit) (Bwxtorf. , Lexie. hebr. chaldaic. ), non solamente sarebbe 
fenfeia la radice di Caratit e Caralin, Karalites e Karaliton , se- 
condo fu scritto dagH antichi con terminazione greca o latina, ma 
dippia troverebbonsi insieme nel vocabolo derivato il motivo e 
Vauetoetonia del nome (Cabalis), il quale suonerebbe lo stesso che 
eitta tcella , o htogo scelto dai Fenici per istabilirvi queiPaltra co- 
lonia marittima. Pero io non veglio abbandonanni con troppa fi- 
danza a siffatta indnzione etimologica; e ritornando col discorso 
ad Aristeo da oui mi sono dipartito, dird hreveinente le ragioni 
per le quali e* non dev'essete creduto fondatore di Cagliari , come 
piacque a Soliho di celebrarlo. Lo persuadono in primo Inogo il 
sileazio di Diodoro Siculo (ved. sopra, pag. 22, col. 2, nota 5), e 
Pespressa negazione di Pausania (ved. sopra, pag. 24, col. 2), i 
qcrali per attro si dimostrarono troppo intenli a magnificare le gre- 
che iiiorie, ne avrebbero defrandato di vn tanto onore il figliuok» 
di Apolfine e 4i Cirene , s'egli lo avesse veramente meritato. Qoindi 
lo prova la stessa vita attribuitagli dai greci novellatori, dopo il 
caso miserandodel di lui figlio Atteone, giacohe il suovagare irre- 
qaieto da Coo io Sardegna, da Sardegna in Sicilia, e da Sicilia nr 
Tracia (Diod. Sicul., Biblioth. hitL, lib. IV), e la pastorizia da lui 
migliorata, e 1'arte di governarlo pecchie e di rappren^ere il latte 
insegnata in estranei paesi , mal si confanno cotta fondazione di 
citla e di colonie. E lo addimostra eziandio lo scarso numero dei 
greoi awenturieri statigli compagni nel viaggio, i qnali, se non 
erano bastovoli a edificare una citta nuova, como rifletto opportuna- 
mente il suddetto Pausahia (loc. cit.), non poteano nemmeno essere 
sufflcienti a ridurre a concordia e a vita cittadina i piu numsrosi 
ed antichi abitatori di qoella parte delPisola. I tempi altronde, nei 
qnali Aristeo dicesi venuto dalla Beozia in Sardegna, erano ancora 
troppo incolti ed agresti per essere concordevbli a siffatto institu- 
zioni ; e il voler risalire iino a quelPeta per coilocarvi la fondazione 
di Cagliari , sarebbe lo stesso che farla anteriore di tre secoli al- 



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32 



DISSERTAZIONE 



Le moli cccelsc conosciute col nome tradizionalc di Nora- 

reccidio di Troia , la qual cosa non solamente ripugna al canoni 
della cronologia istorica , ma inoltre b aliena da ogni principio di 
comportevole credibilita. Piu assurda della precedentc, e tutfaffatto 
arbilraria, e Pallra opinione di alcuni scrittori sardi, i quali rivo- 
carono ai tempi di Ercole tebano la primitiva esistenza di Cagliari, 
attribuendola al di lui nipoto Jolao e alla colonia dei Tespiadi di 
cui egli fu condotliero. (Diod. Sicul. V. 8. - Pausan., In Phoe. X. 
ved. sopra pag. 93, coL 1, e pag. 34, col. 3) ; perciocche di tal fatto 
non sl ha ricordo veruno presso gli anlichi , e le narrazioni di 
Diodoro relalive a queU'eroe, comunque contorte e travisate dal 
Vidal (AnnaU Sard., vol. I), non «ono accomodabili a siffatta sen- 
tenza. 11 Bonfant e fl Cossu ( Triumph. de lot tanU de Cerden. , 
cap. I, pag. 9. - Notix. di CagHari, cap. IV, pag. 93) vollero pro- 
vare un'oriw'ne cosi remota oolCautorita della seguente iscrizione, 
cbe dioesi scoperla in Cagliari sul finire del secolo XVI. 

DIVO . BEBCVLl 
POST . CATECLISMVM 
RESTAVRATORI . CON8ERVATORI . PROPAGATORI 
CIVITA8 . IOLE 
D . D . D 

Ma un tal monumento, oltre alfessere un' invenzione mnnkipale 
rifieribile ai tempi nei quali ardevano tra Cagliari e Sassari le matto 
contese della primazia ecclesiastica, e anche troppo misero in se 
slesso per poter meritare una seria confutaziono, come lo dissero 
molto giastamente gli Effemeridisti romani (ann. 1774, num. XXVI) 
allorehe lo Stefanini ebbe il poco giudizio di riprodurlo {Dt teterib. 
Sard. laudib., 1773, in-4°). Quella iscrizione infatti non pud essere 
sincrona ai tempi di Jolao, perche nei medesimi non esistevano 
nel mondo ne carattori ne lingua latina : nemmeno puo riferirsi 
ai tempi romani, perche gli scriltori del Lazio non conobbero ne 
usarono giammai la denominazione di Iole, ma soltanto quella di 
Caralis, Caralim e Carales. Dunque a qual tompo e a quali uo- 
mini si dovra essa riferire? Se si dicesse per awentura che gli 
uomini deUa Sardegna romana abbiano colla medeaima vohito per- 
petuare le tradizioni anticbissime dei terapi eroici , nei quali 
1'odierna Cagliari fosse appellata civitat lole, o tributasse ad Ercole 
ed a Jolao onori dirini, io chiederei di qual Ercole siasi potuto 
parlare in quel monnmento? Dei tanti Ercoli ricordati dalla mito- 
logia veruno certamente pose piede in Sardegna. Nessun beneOzio 
ricovettero i Sardi da qnello di Tebe, che fu zio a Jolao ; nessnno 
dalt' altro di Libia che fu padre a Sardo ; anzi quest' ultimo non 
ebbe rinomanza di sorta, poiche a lui, al dir di Pausania (loc. cit.), 
nikil illuitriut ad memoriam contigit, quam quod aUquando Del- 
phot venit. Come adunque poteva Ercole easere cbiamato rittoratore 
contetvatore, propagatore, sia diCagliari (Iole), che di Sardegna 
dopo il dilovio (pott catecUtmum)! Di qual dihivio altrende poteano 
e intendeano parlare i cittadini di Iole? Forse di quello dt Ogjge 
in Beozia (3434 O. C. ), o deU'altro di Deucalione in Tessaglia 
(3650 O. C)? Ma queste furono inondazioai particolari che non si 
estosero fuori della Grecia. O forse del primo ed antichissimo di- 
luvio universale ( 9943 O. C. ) ? Ma questo fu assolutamente ignoto 
ai pagani : diluvium iUud maximum nec graeca nec latina novit 
hitioria (S. Augustin. , De civiL Dei, XV1U, 8). E di nn diluvio 
parziale che non allago la Sardegna , o di nn diluvio universale 
che la Sardegna pagana ignorava auatto, come e perche perpetua- 
vasi la memoria dai Sardi Iolensi , appellando Ercole (pott cateclif 
mum) conservatore , ristoratore, e propagatore di quella sarda po- 
polazione ? . . . L'impostura e troppo manifesta , ne io voglio spen- 
dervi sopra piu parole per dimostrarla. Parlero invece , a compi- 
mento di questa nota, della medaglia prodotta dal Froelieh {Notit. 
ekment. numitm. * cap. VI ) avente per diritto la leggenda greea 
KAJPaaitqn (Karaliton), e per rovescio un cavallo dimcazato, cbegli 
chiamd Caralit Sardiniae equut dimidiatut. Se nna tal moneta" ap- 
partenga aU'antka Cagliari, e da cid possa dedursi che Ia mede- 
shua fosse citta Ubera , come opinarono col suddetto Freelich il • 
Geltzio, U Gesnero e 1'Arduino (Goltz., Thet. antiq^ lit. K. - Gesner., 
Numitm. reg. Mactd., tab. S8-, num. 91. - Arduin., Numm. dnHq. 
popul. et urb.}, o se veraraente si debba attribuire aUa citta di Cime 
neU'EoIide, come piacque aU' Eckel (Doctr. nmmm. teter., part I, 
T«L I, art. ItaL eum intul., e voL II, art. Aeolit), non pud dirsi 
cosi risolutamente definito , ehe non ammetta tuttavia ulteriori di- 
scnssionL F« bensi errore, e gravissimo dei suddetti Cossn e Ste- 
fanini (oper. ciL), il crederla moneta punica, per quindi aUribnire 
colla scorta deUa medesima la fondazione di CagUari ai Cartaginesi ; 
imperocche un monumenlo punico con epigrafe greca e un vero 
paradosso archeotogico ; ed ollre a ci6, se la medagUa si giudicava 
appartenere a Cagliari come a cilta civium romanorum, quale 
cbiamolla Plinio (Hitt. natur., 111, 13, edit. taurin. 1831), devea 
losto riconoscersi di tempi mollo posleriori , non esscndo forse |>tu 



ghes che sorgono frequcnti sugii altipiani c su i colli sardiC), 
sono ancor esse costruzioni fenicie, o di lempi c duomini 
ch'ebbero comuni coi Fenici gli usi e la religione. E lc 
tanle fenicie forme di riti , di deita, di allegorie, di sacrifizi, 
di arti, di leggi e di costumanze espresse negl'idoli e negli 
effigiati metalli , che ora il caso, ora la dotta curiositk degli 
archeologi discoverse fra i solcbi aperti e sotto le vergini 
glebe rotle dal fendere assiduo del vomere sardo ( 3 ), sono 
simboli ed avanzi sincroni dell' antichissimo culto orientale 
inlrodotto in Sardegna nella lunga dimora fattavi da fenici 
abitatori. 

Discendente dai Fenici, o frammista per lo meno a fenici 
awenturieri, fu eziandio la colonia libica condotta da Sakdo, 
il quale cambio alfisola 1'antico nome, e le diede dal pro- 
prio 1'altro piu stabile e piu divulgato di Sardkgna. Si e gia 
veduto il monnmento ( 3 ) col quale cotesto eroe, fenicio egli 
stesso di nascenza o di origine , volle perpetuare la memoria 
della sua impresa, e il lido d'Africa dond'era parlito, e U 
paese d'Europa da lui toccato nel viaggio, e la parte della 
terra sarda primamente occupata , e il nome del luogo dov'ei 
fermossi, ed in cui scrisse il ricordo della sua navigazione. 
Di questa colonia di Africani popolatori scrisslero concorde- 
mente gli autori greci e latini (*); e la venerazione tributata 
al suo illustre condottiere dalle generazioni sarde dei secoli 
posteriori e un argomento irrefragabile della realta della sua 
esistenza e della sua venuta. II culto tradizionale degli an- 
tichi insubtni verso cotesto autocrate o dominatore del toro 
paese c altestato dalFara o dal delubro innalzatogli nella 
eosta occidentale dell'isola (Sardopatoris fanum), di cui ci 
Iasci6 ricordo il geografo Tolomeo (*), dalla di lui statua in 
bronzo che Pausania vide nel tempio di Delfo ( 6 ) , e dairas- 
sociazione onorevole che la Sardegna romana nei tempi 
della sua triste servitu fece del nome e deH'effigie di Sardo- 
padre col nome del fortunato ascendenle di Ottaviano Au- 
gusto ('). Altro argomento deirarrivo e della mansione di 

antica deU'eta di Mario e di SiUa, owero di Cesare o di Augusto, 
la cittadinanza romana accordata a Cagliari dai superbi coaquista- 
tori del mondo. 

(1) Ved. sopra, pag. 94, coL 9, nola 9, ed i Inoghi ed autori ivi 
citati, ai qoali si possono aggiungere la NoHce tur let Nuraghet 
de la Sardaigne di M. Petit-Radel, e le Ottervationi relaUve fattovi 
dai dotti antiquarii francesi Choiseul-Gouffior, LechevaUer, Felix- 
Beaujonr e Fauvel , in varie Memorie inserte negU Atli deWAcca- 
demia d' iserizioni e belle-lettere di Parigi. 

(9) Sngl' idoli sardo - fenicii pnd essere consnltato con frutto 
1'opuscolo del Mttntors, intitolato Sendtchreiben iiber emige tardiche 
idole, che fa seguito alla sua Storia della reHgione dei Carlagineti. 

(3) Ved. sopra pag. 94, col. 1», nota 1. 

(4) Silio itaUco, Punieor., XII, v. 359 e segg. - Pausan. , Phocic., 
X. - Cicer. , Prdgm. orat. pro M. Scauro , tom. VIII , pag. 409. - 
Solino, Polyhut., X.-Martian. Capell., Denupt. philotog., Vl.-Isidor., 
Orig., XIV, 6, pag. 195. Vedansi i tesU relativi a pag. 94, coL l; 
pag. 97, col. 1 e 8; pag. 98, col. 1. 

(5) II sito preciso del tempio o defT altare eretto a Sardo padre 
dagli anticbissimi abitatori deUa Sardegna non e stato tuttavia de- 
tenninato con certezza. Tokmeo nel testo della sua Geographia 
(lib. III, cap. III, pag. 76, edit Amstelod. 1618, in-fel.) lo coUoca 
tra Osea e Napoli: Otaea civitat. Sardopatorit ieron (i. e. fanum). 
NeapoHt etc Ma nella Tavela corrispondente ( Buropae , VII ) lo 
nota piu verso il snd delVisota in quel capo opromontorio che oggi 
appellasi della Fratca ; perloche il Cluverio sospettd ( Sardm. 
antiq., VII) che Toiomeo avesse scritto origmalmenlo Sardopatorit 
acron (i. e. promontorium). Perd il Mercatore (Gerardo) neHesue 
Annotarioni, il Berty, o tutti generatmente i tradnttori di Tolomeo 
scrissero Sardopatorit fanum , ne a nessuno cudde in pensiero dl 
convertire 1'tcron in acron. 

(6) Ved. sopra pag. 37 , col. 1«. 

(1) M. Azio Balbo ohe fu protoro di Sardegna nel WI di Roma 



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PRIMA. 



33 



detta colonia africana petrebbesi ricavare dai uomi tl JHrtok 
noposti a dx»e dette isole adiacenti, e ad uao degli antiehi 
porti della Sardegna mentovati da Tolomeo e da Phaio (0; 
ed eiiandio dat predtcato Bisswtis o Libusonis dau» aUan- 
tiehiseima cittk di Torres (*)•, perciocche se bod putasi con 

Egti era cognato di C- Giuho Ceaare « avo materno di Ottaviau». 
Aagusto , come si ha da Svetonio : decedens ( C. Octavius pater ) 

Macedonia mortem obUt repentinam, superititibus liberi», Octavia 

mawre, quam tx Jncharia, et Oetavia minore, item Avgutto, quot 
ex Atia tuUrat Atia M. Atio Balbo et Julia, sorore C. Caetaris , 
genita est (C. Svetonii, Octavius , num. 4). Sono noto agli eruditi 
raccogtitori deHe antichita romane le raedaglie coniate dai Sardi m 
di lui onore. Le medesime hanno effigiata nel diritto una testa di 
aspetto giovanile , col capo sormontato da nove cresle o piunie , 
collo scettro da un lato , e coBa leggenda SARDVS PATER allin- 
torno ; e nel roves«io'an'attra testa imberbe colla teggenda M. ATIVS 
BALBVS PR. II gabinetto della biUioteca del re di Francia possiede 
tre diversi tipi di queste medaglie. II Gronovio ne pubblicd due 
nel suo Tesoro delle antichita greche (Thesaur. graecar. antiq., tom I), 
ed una il MoreUi nel Tetor» numitmatico ( Thetaur. N«mwm. Ma- 
rellian. , tom. I ). Da questo monumento si raccoglie che i Sardi 
ricevettero molti benefizi dalla pretura di M. Azio Balbo , poiche 
ne vollero perpetuare la memoria in un modo cesi durevole. La 
loro gratUudine verso cotesto governante non potea essere ne pin 
efficacemente ne piu onorevolmente espressa. II Sardus-Pater , o 
Sardipater' dei Sardi equivateva al Martpiter e al Liberpiter dei 
Bomani, e rappresentava I'oso generale dei popoli antichi di ve- 
aerare col nome di padre i primiUvi loro fondatori. Quale adunque 
potea rendersi dai Sardi gloria maggiore a M. Azio Balbo di quella 
che risultava daU'assoeiarlo aUa gloria ed al nome delfantichissimo 
autore della loro esistenza sociale? U suddetto Gronovio e Filippo 
Della-Torre (apud Graev. thesaur. antiq. roman., tora. VIII, parl. IV) 
tolsero occasione dalla illustrazione di questa medaglia per con- 
htare 1' opinione del Bochart ( Geogr. tacr. , part. II , lib. I, 31 ) , 
che pretese derivato il nome di Sardegna dall'ebraico Saad (pedata 
nmana) anziche da Sardo padre, mnovendolo forse a tal conghiettura 
le denomuttzioni di Sandaliotin e i'Iehnuta datole dai Greei (Arist., 
De mirabil. auteult. , pag. 1159. - Stephan. , Epitom. - Martian. , 
Ub. VI, cap. De Sardinia, pag. 307. - Ptan., HitL natmr., III, 13, 
edit. taurin., 1831. - Solin., Polyhist., X, p. 18.-Sil. Ital. Punieor., 
XII, v. 357, 358), le quali procedevano dalla sua figora rassomi- 
gliante all' orma di un piede nmano ( humanae tpeciem piantae 
sinuosa figurat intula ec. Clandian., Df bello gildon. - Sil. Itai., loc. 
cit- Isidoros, Origin., XIII, 6). Ma se 1'etimologia immaginata dal 
Bochart era in tal rispetto assai stentata , fu pero incivile , e forse 
anche superfiua la confutazione fattane da qnei dotU archeologi , 
poicbe le testimonianze di ogni genere che si haqno suUa esistenaa 
di Sardo padre e suU'appellazione di Sardegna derivata dal di lui 
nome, sono tante e cosi solenni, che non puossene ragionevolmente 
muovere dubbiezza veruna. 

(1) Nella descrizione del lato meridionale deU'isoIa lasciataci dal 
snddetto Tolomeo si legge: ttioea portus , Hercclis pohtis, Nora 
civitat etc. E poco appresso : intulae vero circa Sardiniam sunt , 
Phintoni intula, Jlva intula, Nymphaea intula, Hbrcclis insula etc. 
( Geograph., lib. 111, cap. III, pag. 76 e 77, edit. Amstelod., 1618, 
in-fol ). Plinio non fa menzione del porto ; ma a voee di una sola 
ricorda due isole denominate di Ereole: habet (Sardinia) et o 
Gorditano promontorio duat vuulai, quae vocantur Hebcclis {Hist. 
natur., III, 13, edit. cit. ). L'Ardnino (in not. ad Plin.) «crive di 
qneste doe isole : sunt geminae : maior Asikaba , tive Zavar a : minor , 
Isola riANA dicitur. 

(%) Celeberrmi »n ea ( i. e. Sardinia ) populorum , Ilientet, Saiari, 
Corti. Oppidorum XVlll; Sulcitani, falentini, Ifeapolitani, Bosentet, 
Calaritani civium romanorum , et Worentet. Colonia autcm una , 
quae vocatur ad Tcnam Libtsonis ( Plin. , Hiet. natur. , III , 13 , 
edit. taur. praed. ). La stessa denominazione , con piccola differenza, 
te diede il geografo Tolomeo nel secondo secolo dell' era volgare , 
notandola , dopo le citta settentrionali di Giuliola e di Tibula in 
qoesto modo ; TotRis Bissonis civitat ( Geograph., lib. III, cap. III, 
p. 76, edit. praedict. ). Nell'istesso secolo vedesi ricordata neU7«w«- 
rario di Antonino col solo nome di Torret ( ad Turrem ). E nel 
secolo V lo storico Vittore di Vita o Uticense ( Victor fitentit ) 
ne' suoi IU>ri De persecutione Vandaliea (lib. IV , 693) rammenta 
tra i vescovi sardi intervennti al concUio di Cartagine , e maltrat- 
taU da CJnnerico, un Felice de Turribut. Sulla fondazione di qaesta 

citta scrisse il Fara le seguenti parole : Turrium civitat a 

Vetulonicit Turrenit , primis Sardiniae aceolit , turritis aedibus 
( ut creditur ) condita , et propterea Turhicm civitat , Tdbrita el 
Torbena urbt fait dicta. Thutei enim urbet lurritit aedibut condere 
solebani — Deinde augutta civitat ab Hercule facta , Tcrris Li- 



certezza aflfennare cae i Sacdi piiouttvi coaoscessero ie m- 
preue maravigtiose di <|«ei taoli eroi cbe l'antkbitk cousacro 
cotla denominazioBe Ui Ercoli, cingesdo^i deWaoreola ja,vo- 
loaa dftlle mMologicha divinita, p»5 tnUavia essere accettala, 
cotne nna deile iaduzioni pxobabili dei tempi e dei fatti 
eroicj della Sardegna, cbe o gli stessi africani coloni, o i 
ttatwati der ivati da essi abbiano voluto perpetuare colle no- 
BMaaAoni lecali la meBw ia di queU'Ercole libico, dal quale 
procedeva il generoso sangue e l esistenza di Sardo-Papre, 
Ma non credo necessario ricerrere a siffatte conghietture, 
qaaado esistono le testimouianze positive del tatlo, e le le- 
'stiraoaianae sono di tal natura e cosl numerose, da com- 
provare il falto medesimo con tutta la certezza deUe isto- 
riche verita. 

Soggetto. piuUosto di noa lievi dubbiezze e di gravissime 
HKiagini preseatano le tante colonie grecbe cbe diconsi 
ginnte in Sardepa per pooolarla e dirozzarla. lraperocche, 
sebbeoe sia fuori di dubbio che i greci navigatori fin da 
tenpj remotissimi abbiano visitato i lidi sardi , e che allettati, 
dalla feracita del soolo e dalla ricchezza del mare che lo 
oircouda, sianvisi fermati per (arvi dimora ( 3 ), non puossi 

bvso.ms , teste Plinio el Ptolomaeo , cognomen est adsequuta 

Deducla postea ad eam colonia Romanorum , ut inquit Plinius , 
Onuphtiut et Sigoniut, fuit multis et amplittimit aedificHs exomata 
ek. (Chorngroph., II, 55, edit. taurin., 1885). La sentenza del Fara 
fu reguila senz'aItro esame d;il Vico (Hist. gen. de Sard., II, 2), 
il quale anzi la disonestd , aggiungendovi del sno, rhe i Tirreni o 
Vituloni furono inviati a Sardegna da Osiride rc d'ltaba. Tanto 
basto perche nel secolo XVII armeggiassero sopra questo punto di 
etrnsca origine gli scrittori sardi, invasi dallo spirito pazzo e con- 
vnlso del municipalisimo. 1 Sassaresi difesoro, come raeglio potevano 
1'nntichissima fondazione della loro madre patria ; la combatteroiio 
i Cagliarilani ed i fautori di Cagli.ari, tra i quali il Vidal scrissele 
piu strane cose del mondo , chiamando la sua citta prediletta 
CuruUm Vetuloniam , e dicendola , per maggior lode di antichita , 
fondata, senza pin ne meno, dai Veienti: iamnunc Calarim procul 
dubio Sardiani ProtopoUm Veii condidert (Annal. Sard. , 1 , 37). 
Qeale giudizio debba farsi di coteste esagerazioni , o meglio dicasi 
di tali visioni Vicane e Vidaliane, lascierd che altri il dica. Main 
nn secolo come il nostro , pieno di lumi e di moderazione , nel 
qnale i presenti possono rammentare le ire municipali degK avi tero 
senza pericolo di offendere la concordia e lo spirito di unita na- 
zionale cbe tutti informa qnanti sono i francbi ingegni c generosi 
petti sardi, non siavi chi accusi deUe riferite stranezze il maggiore, 
il piu modesto, e forse anche il piu assennato dei nostri annalisti, 
quasi egli sia stato cagione di essersi dai sardi scrittori che lo se- 
gnirono abusate si pazzamente ie storiche disquisiiioni. Imperciocche 
il Fara , se tolgasi quella soa vana fede ncUa significazione di 
LibysonU, che troppo facilmente interpretd per citta augutta di 
Ercole ( Libysoson enim civitatcm Herculit auguttam signifieat , I. 
cit. ) , si appose drittamente al vero , o al piu probabite almeno , 
ascrivendo ai Tirreni la prima fendazione di Torres, e dippiu diede 
prova non dubbia di non ordinario criterio, rattenendosi dall'affer- 
marlo positivamente. Le parole ut creditur, colle quali egli manifesto 
la propria opinione, dimostrano ad evidenza, che sebbene la suddetta 
fondazione etrusca potesse essergli persnasa , e daU' occupazione 
dei lidi settentrionali della Sardegna fatta prima di ogniWro dai 
Tirreni, i quali al dir di Strabone (Geograph., Iib. V)$irono i 
primitivi abitatori delrisola , e daila maniera invariabile usata da 
quel rinomato popolo nell' ediflcare le citta , cingendole di salde 
mura (Liv., I, 44), e forse anche dalfistesso nome di Torret, 
tuttavia, ne tali argomenti di critica istorica, ne il giudizio proprio 
tanto prevalevano in lui , da accertare come positivo un fatto di 
cosi alta e tenebrosa antichita. E di taie sua rattenntezza, anziche 
dargli biasimo, e ufiizio di civilta letteraria e di patria riconosccnza 
rendergli ltberalissimi il merito e la lode. 

(3) La conoscenza che i Greci antichi ebbero deUa Sardegna si 
deduce dagli stessi nomi che le imposero , e che derivarono dalla 
sua figura geografica. Platone (In Timaeo, de rer. creat.) la chiamd 
Sandaliotiun , ab effigie toleae, come spiega Plinio (Hitt. natur. , 
III , 13, edit. praed.); e AristotUe discepolo di Platone, 1'appello 
Ichncsa, a vettigii, ut videtur, humani timilitudine ( De mirabilib. 
auscultat., pag. 1159, edit. Paris. , ann. 1639). II suddetto Plinio 
soggiunge che Myrsilut (Sardiniam) adpeltavit Ichm sam a simi- 

9 



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34 



DISSERTAZIONE 



lutlavia niegare che i racconti relalivi a lali navigazioni ed 
alle varie imprese dei condottieri che le diressero trovansi 
implicati fra tante favole, e riporlati a cos\ alta antichila, 
che somministrano motivi sufficienli a diffidarne. Sa ognuno 
le iinzioni e le poetiche allegorie spacciale come vere dai 
greci narratori , e come costoro, anzi tutla la greca nazione , 
genus in gloriam srnrn effusissimum , quale fu appellata da 
Plinio (O, siasi voluta arrogare il vanto di aver dato origine 
a tutti i popoli deU'antica lerra conosciula W. Divulgatis- 
sima fra gli eruditi e questa greca vanita; e Strabone scri&e 
assai giustamente, che i greci scrittori, dopo aver ripieni 
di tradizioni favolose i patrii annali, confusero co' racconti 
mitologici le slorie degli stranieri , popolando di eroi e di 
semidei lllalia, 1'Africa e 1'Asia, come tanti ne aveano gia 
immaginati per la loro terra Iragica e moslruosa ( 3 ). Non 
pertanto sarebbe spinta ollre i confini del giusto la diffidenza 
che volesse percio rigettare come mendaci tutte le greche 
narrazioni , ne farebbe uffizio di critico imparziale chi , per 
causa degli accessorii e delle parti travisate o ingigantile 
col maraviglioso, pretendesse doversi niegare risolulamente 
il tutto. Molte verila si ascondono spesso sollo il velame 
della favola e della poesia, e se difficile c scernere le une 
dalle altre, non dee per6 riputarsi impossibile, quando 
larduila della fatica non sia scoraggiata dalla sistematica 
persuasione di un infelice risultamento. 

Applicando questi piincipii alla sloria primordiale di Sar- 
degna, io non so comc si possa disconoscere molla parledi 
fatli veri frammezzo alle finzioni di cui ridonilano le ricor- 
danze delle colonie pervenutevi dalla Grecia. Quella di Ari- 
steo, che al dir di Pausania W fu la piu antica, sembra 

litudine vestigii ( loc. cit. ); c lo slesso ripete Pabbreviatore di 
Stefano Bizantino: voeabatur Ichnusa quia adsimilis erat humano 
vesligio. Marziano Capella ricorda ambidue i nomi siccome proce- 
denti da un medesimo fonte : Sardinia esl adpellala Sandaliotes 
(al. Sandaliotis) et Ichnusa: quod utrumque vestigii formam signat 
(De nupt. philolog. , lib. VI); e Solino si riferisce in tal rispetto 
alPautorita dei Dialoghi di Plalone e di Crisippo; Sardmiam apud 
Timaeum Sandalioten(81. Sandaliotin) legimus, Ichnusam apudCrisip- 
pum (Polyhist., X). Dei suddelti due nomi queilo d'Iehnusa sembra 
essere stato piu in uso fra i Greci, come lo attesta Silio Italico con 
quei notissimi versi : 

Inde Ichnusa prius Graiis memorata colonis ( Punic., XII, 358); 
e dopo di lui Pausania: nomen Sardiniae priscis temporibus quodnam 
fuerit apud incolas, compertum non habeo: qui illuc e Graecis com- 
mercii causa adnavigarunt, Icbnusam, quod formam habeat insula 
humani vestigii , adpellarunt ( /n Phoc, X ) ; le quali parole furono 

poi fedelmenle ricopiate da Isidoro nelle sue Origini : Sardmia 

ante commerdum a navigantibus Graecurum Ichnusa appellala esl 
(Origin. XIV, 6, pag. 195, edit. praed. ). Ma poiche per Parrivo 
della colonia libica condotta da Sardo, Pisola, perduti gli antichi, 
ottenne il piu moderno nome di Sardegna , i Greci P appellarono 
nella loro lingua Sardo e Sardon , dal ohe derivo Paltro vocabolo 
di SardM e Sardonii dato ai suoi abitanti. Questa greca denomina- 
zione di data piu recente trapasso talvolta nella stessa lingua del 
Lazio, come ne fanno prova i tanto famigerati oracoli sibillini , nei 
quali, dopo la minaccia fatta ai peccatori del mortale riso sardonico, 
Sardonicum risum ridebitis horrida quando , 
Quam dico , terrensque Dei vos opprimel ira , 
si leggc il segueute terribile vaticinio della intiera distruzionc dclla 
misera Sardegna : 

Sardo , nunc gravis , in cineres conversa jacebis 

Insula; jam nec eris decados cum venerit aevum; 

Nautaque te nusquam cxistentem quaeret in undis , 

Aleionesque tuum flebunt lacrymabile funus. 

La Bign., Biblioth. PP., II 7. 
(I) Hist. natur., III, 6, edit. Uur. praed. ' 
(3) Dionys. , I, 73. - Athen. , X, 1. - Hecat. , Fragm. ap. Demetr. 
de elocut., c. 13. - Tucydid. 1. 3, 39. 

(3) Strab. , Geogr., IX. 

(4) In Phoc, X. Vcd. sopr. , pag. 24, col. 2. 



certamente la piu favolosa ; e le nozze di Apollo colla rapila 
Cirene, dalle quali egli nacque W; le stagioni custodi della 
sua infanzia, che lo nutrirono di ambrosia e di nettare ( 6 ); 
la violenza ch'ei far volle a Euridice si lungamente lamcn- 
tata da Orfeo ( 7 ) ; la sua sparizione daU'Emo e lassunzione 
al zodiaco ( 8 ) ; e tanti altri portenti co' quali !a greca fan- 
tasia sublimo la di lui vita, appartengono piii facilmente a 
un essere immaginario cbe a una persona reale, la quale 
abbia vissuto e conversato cogli uomini. Ma se riflellasi al 
linguaggio poelico usato primamente dai Greci per traman- 
dare alla posterita i falti degni di ricordanza, e alla inflnita 
variela di allegorie da essi adoperate per significare le 
azioni degli uomini straordinarii, chc nella barbarie dei se- 
coli furono autori di utili ritrovati o di civili insegnamenti , 
si comprendera facilmente chc Aristeo, coroe fu inventore 
della pastorizia rcgolata dall' arte ( 9 ), cosl dovette sommini- 
strare ai poeti-narratori delle prime cta larga materia di 
racconti simbolici e figurali, dai quali quindi derivarono Je 
tradizioni favolose tramandaleci dagli anlichi scriltori. Ne 
diversamente si dee giudicare dei viaggi da lui intrapresi 
dopo la mortc miseranda dcl suo figlio Atteone, poiche di 
questi, e di quello specialmente ch'ci fece in Sardegna, si 
ha dislinto ricoido nei raccoglitori delle memorie dei tempi 
eroici ( 10 ); e benche l'eta cui si riferiscono sia molto supe- 
riore aH'altra in cui ebbero principio le regolari navigazioni 
dei Greci ("), non si puo tullavia conlendere che in quella 
ancora, quantunque assai rozza e selvaggia, alcuni uomint 



(5) Diod. Sic. , lib. IV. - Juslin. , lib. Xlll, 17. - Cicerone uella 
Verrina X lo disse Gglio di Bacco; ma poi tornd alla tradizione 
comune, dandogli Apolline per padre: Aristaeus, qui olivae dicitur 
inventor, Apollinis filius (De nalur. Deor., III, 18), 

(6) Pindar., od. IX , Pyth. 

(7) Hygin. , Fab. 164. - Virg. , Georg. IV , 457 e segg. 

(8) ApoIIon., lib. IV. Argon. -Sallust., ap. Serv., in lib. I. Georg., 
v. 14. - Serv., in lib. IV Georg., v. 283 e 317. 

(9) A lui infalli si attribuisce P onorc di aver per il primo inse- 
gnato agli uomini P arte di rappigliare il latte e di farne cacto ; 
quella di coltivare gli ulivi e di far Polio: e quella di educarc le 
api e di trarne il miele e la cera. Ved. Diod. Sicul. , loc. cit. 
- Cicer. , loc. cit. - Non. in lib. XV. - Dionisiac. - Ovid. , Fastor. , 
1 , 363. - Virg., Georg., IV, 317. Scholiasl. Apollon. in lib. U Argon., 
V. 502. 

(10) Ved. Apollod., lib. 111, c. IV e V.-1'ausau., lib. X, c. XVII. 
-Igin. , Fab. 180 e 247. 

(11) La piu antica di tali navigazioni , per consenso quasi comune 
degli erudili , fu quella degli Argonauti , che cadde nelPanno 3870 
O. C. ( 1360 av. G. C. ). La flotta di Minosse ricordata da Tucidide 
( lib. 1 ) appartiene a quella istessa eta ; ma, secondo la teslimonianza 
del suddetto istorico , era cssa composta di piccoli legni , e non 
avanzossi oltre lo isole del mare Egeo. Efforo presso Slrabone 
( Geograph., lib. VI) fissa la venuta dei Greci in Sicilia, dopo una 
generazione dalP eccidio di Troia. E gli stessi Focesi , peritissimi 
nella nautica, e primi fra i Greci a intraprendero lunghi viaggi 
verso P ltalia , la Spagna e la Gallia , come ne fa fede Erodoto 
( lib. 1) , non istabilirono la loro colonia in Marsiglia cho sei secoli 
dopo la mentovata epoca troiana. Confrontando colle anzidelte na- 
vigazioni quella di Aristeo, che fu geuero e coetaneo di Cadmo, si 
avrebbe ccrtamente P anteriorita di due secoli sul famoso viaggio 
delVArgo-nave. Ma tutto le diflicolta derivanti dalla suppulazione 
dei tempi relativi alPesercizio della nautica presso i Greci, se pos- 
sono a buon diritto essere opposte come insolvibili quando trattisi 
di navigazioni regolari e determinate , che si vogliano far risalire 
ad un'antichila troppo remota, perdono la loro forza allorche si 
discorre delle navigazioni indeterminate e fortunose delle prime 
eta umane, alle quali diedero occasione ora il caso, ora la sventura, 
quasi sempre Pardire e la necessita. Se dunque non vi e nessuno 
che non veda doversi collocare nel novero di queste ultime la na- 
vigazione di Aristeo ed altre somiglianti dei secoli eroici , nc la 
anteriorita sua ai lcmpi troiani , nc allro argomento veruno di tal 
sorta puo conchiudcrc contro la di lui vonula in Sardegna colanto 
cclebrata dai srcci e dai lalini scrittori. 



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PHIHA. 



greci, o spinti dalla curiosita, o costretti dalta sventura, 
abbandonasaero il patrio soolo, e posUsi in balla delle onde, 
cercassero coh ineerto viaggio estranei paesi e lidi novelli. 

Non cosl anticbt, raa non meoo straordinarii sono i fatU 
attrrbuiU a Jolao, nipote ecompagao di Ercole neUe sue 
celebrale faticbe; ne vi e chi non sappia il carro di Alcide 
da lui goidato nel oombattimento di Lerna, la vittoria di 
Erimanto coi egli ebbe parte, gli Eractidi ctf ei rilrasse in 
Atene, la gioventu ridonatagti da Ebe negti anni suoi gia 
senili, la pugna con Euristeo sulle ardue rupi dello Scirooe, 
i templi e le are dedicategti neUa Skitia, neila Beozia e 
netta Focide, e gb oneri quasi divini renduti dai Tebant 
alle soe oeneri smTavita tomba di Anfitriene (*). Ma siffatti 
favoleggiamenli , se sono, com'ei pare, respressioBa figurata 
deUeroismo del figlio d* lficle , non possono pregiudrcare 
alla verita cbe si asconde solto il velame delle finzioni strane, 
ne perche i Greci alla grandezza del reale aggiunsero la 
soblimita del maraviglioso, debbesi per luoo rigettar 1'altro, 
qoasi entrambi siano invenzioni di parto iodividuo e sogni 
di sole poeUche fantasie. Di Jolao allronde e dei Tetpitidi 
con lui venuU in Sardegna sono tante e cosi solenni le ta- 
sUmoniaoze, ehe non se ne puo ragiooevolmeote dubitare. 
Ne parlaoo, come si e gia veduto (*), Diodoro, Strabone e 
Paosania, e dietro la scorta dei medesimi SiUo Italico e 
Solino ( 3 ); anzi il primo di delti scrittori racconta minuta- 
mente le imprese fatte nelfisola da qoesto greco eroe, i 
luoghi ameoi e campeslri dalui occupati, le citta, i templi r 
i ginnasii e gli atiri preclari monumenti cbegH vi eresseW, 

(1) Ved. Euripid., Heracl, IV, 849 et seq. - Pindar. , p. IX, 137. 
- Apollodor. , II , 4. - Ovid. , Metamorph. , IX , 1. - Diodor. Sknl , 
Biblioth. tiistor., lib. IV e V. - Pausan., lib. I, V, IX e X. 

(9) Ved. sopr. pag. 93, col. 3, et in not.; pag. 33, col. 9; pag. 
94, 95, col. -1 et in not 

(3) Ved. sopr. pag. 97, coL 9; pag. 98, col. 9. 

(4) Diodor., Biblioth. hist. IV, 14; V 8. Vedansi i testi relativi 
dello storico sieiliano gia riportatr in questo stesso volume (pag. 93 ,' 
col. 9, et in not). Una diflerenza perd assai notabile si osserva, 
in questa parte tra la narrazione di Diodoro e quella di Pausania. 
Dice 11 primo che Iolaxu , accerrito ex Sicilia Daedalo, fece erigere 
gli anzidetti monnmenti , i quali percib dal nome delP architetto 
furono chiamati dedatei (lib. IV, 14): il secondo invece riferisce 
I'opinione di alcuni che faceano risalire Gno ai tempi di Aristeo 
1'arrivo di Dedalo in Sardegna: tunt qui putent eodem tempore 
Daedalum Cretenrium arma metuentem in Sardiniam aufugitte , et 
coloniac ac domicilii consortem ArUtaeo fuitte (In Phocic., X). E 
sebbene egli combatta subito uha lale opinione coll* argomento va- 
lidissimo, che Dedalb coetane6 di Edipo non pote essere socio df 
Aristeo contemporaneo di Cadmo, jtuttavia ue gli attribuisce parte 
veruna nelle opere di Jolao , ne lo. fa autore di vcrun edifizio ncl- 
1'isola. Dal ehe si deduce avere il citato Pausania creduta favotosa 
Panridetta venuta di Dedalo, u con ottimo giudizio essere stato da 
lui rigettato come bugiardo uo episodio che potea nuocere alla 
credibilita del racconto principale. Siflatti scrupoli. non rattennero 
ia tempi assai posteriori la penna del Vidal dallo scorrere a briglia 
sciolta per questi spaeiosi c^nipi dell' immaginazione , poiche egli, 
non contento di asserire come certa la presenza di Dedalo in 
Sardegna ai tcrapi di Aristco, o di ascrivergti la costruzione di ec- 
eelse mbli architettoniche nol campidano di Cagllari, appellato da 
loi con antonomasia di tulto suo conio Campania, caiaritana, ereo 
di botlo un altro Jolao, primogenito del suddetlo Aristeo, adulte- 
randb fcercid un testo di Solino ( Polyhist., X ) il quale non sognd, 
non che scritto abbia giammai di tal figliuolanza, ed a questo at- 
tribul Pampliazione delj'antica Cagliari , che fu quindi chiamata 
dai di iui nome. citla di Jole o Jolba, e a CaUcarpo di lui fratello 
lafondazionc di .Maba-Cai ago.ms (palria di cosl scempiato scrittore^ 
che',convcrsc'.latinamente in un ^ellissimo Calicynit, mentre,aU'altro 
ioLAO 'fignuolo d' Ificlo lascio ia gloria delle cosirozioni nwdcich* 
e della generazione dei popoli jolenri. Ne qui fermandosi la di lui 
strayolta, fanlasia, trovo nella parola Jole una inversione dclPebraico 
Ehi\ Deui mens); ed ccco dagliaq, io,consa ( pevole ancora di 



35 

e il nome di Jolei rimasto per lunga successione di tempi 
ai campi ch'ei divise frai suoi seguaci, e agli uomini liberi 
e beliicosi generati da queUa gagliarda progenie di Ercole 
lebano ( 5 ). Questa istessa esistenza del nome Jolaice duro 
inalterata smo al seqoio di Paosania, ed egli la riferisce 
come cosa induhitata ( 6 ), e recita iuoltre i oomi delle citta 
sarde edificate dai Tespiadi e dagli Ateniesi ( 7 ), e gti onori 
rammenta obe i Sardi Jolemi tributavano ancora atta me- 
moria di queirillustre condotUero ( 8) - Taote e si varie ri- 
membranze.di uomioi, di faUi e di vocaboli. seprayvissute 
al teoebroso tramooto dei tempi eroici, conservate daila 
tradizione dei popoli , e qoindi raccolte nel cominciare del- 
l'eta storica, non posaono io verun modo essere la conse- 
guenza dimmaginarie narrazioni; e se i rivolgimenti seoolari, 
1'amore dei Greci pel maraviglioso, e la stessa giganiesca 
barbarie deUe azioni che si celebravaoo, ne travisarono la 
fisooomia primiUva ed origioale, cio non impedisce che alla 
sostanza dei racconli si presti quella fede, la qoale ad altri 
fatU di somigliante o poco diversa natura si suole dai sa- 
pienti comunemente concedere. UguaU argomeoti oon si 
possooo certamente addurre per le> ailre colonie di greca o 
di diversa origine rammentale dagli anticbi scrittori. Pero 
se lolgansi quelle inventate a proprio talento dall' imposlore 
Anhio di Viterbo ( 9 ), e la troiaoa^ cbe fuprobabilmenle una 
poeUca tradizione del favoloso viaggio di Enea in Ilalia ( t0 ), 

tanta sua onoranza , diventar subito per aatorita Vidajiana la pre- 

diletta citla di Dio: civitat Dei mei (Vidal, Annal. Sard., parte I, 
pag. 46, 47, 48, 51 e 53 et alib. pass.). 

(5) Loc. cit Anche Strabene lascib scritto: (tcm eadem haec loca 
( in Sardinia ) contmenter populantw montani , qui Diagebrenbeb 
vocantur , olim Jolaenses dicti. Fertur enim Jolaus eo adduxisse 

; quotdam filiorum Herculis etc. ( Geograph. lib. V ). 

(6) Atque hac etiam mea aetate in Sardinia loca manent , quae 
Jolaea vocantur: ab eorumque incolis honores Jolao hdbentur 
(In Phoc., X). E Solino, che fiori nello stesso secolo di Pausania, 
dice apertaniente : Jolenses ab eo (cioe da Jolao) dicti (Polyhitt., III). 

(7) ffi ( i. e. Thetpientet ) Olbiam condiderunt : privatim vero 
Athenieniei Gobvllen; vel tervato alicuiut de atticis tribubut nomine, 
vel quod unut declatrit ductoribus Gbilldb fuerit (Pausan., loc. cit). 
Ificlet Jolaum credt , qui Sardiniam ingrettus ... Olbiak et alia 
graeca oppida exirumt ( Solin. , loc cit. ). E tuttavia , a fronte di 
si chiare teslimonianze , il Fara , tratto in errore dalle favole 
Anniane, suppose un' aitra citta di Olbia fondata da Galata figlio 
di Olhio re de' Celti , e questa colloco nella parto settenlrionale 
dell isola, menlre alPaltra menzionata dai suddetti Pausania e Solino 
(loc. cit), da Cicorone (Rpist. ad Quint. fratr,, II, 3, 6 e 8), da 
Tolomeo (Geograph,, III, 7), da Antonino (Itiner.) e da Claudiano 
(De bell. Gildon.) assegnd il sito probabile nella parte meridionale 

1 (Fara, De reb, sard. , I, 108, 109, edi(. taur. praed. ). La citla di 
Ogbillb o Gobille fondata dai Greci seguaci di Jolao sospettb il 
Cluverio cbe possa essere la. Gwrulit vetus che vedesi annotata dal 

' SMddetto Tolomeo (loo, cit. ) fra le citta mediterranee di Sardegna 
( Cluver. , Sard. antiq. , VII ). 

(8) Ved. la nota 6 preced. e gli altri testi riferiti per intiero aUa 
pag. 35, col. l. a , not t. 

(9) Ved. sppra pag. 99, col. 1*. 

(10) Sebbene Pausania racconti ehe alcuni dei Troiani seampati 
con Enea dalla Uiaca rovina, acli tempestatibus in Sabdinum , 
Graecit, qui ante inibi consederant, permisti sant (IPhoc., X ; ved. 
sopr. , pag. 95 , col. 9 a ) , e Silio Italico lo ripeta con quei versi , 

Affluxere etiam , et sedes potuere coaetas 
Ditperti petago, pott eruta Pergama, Teucri. , 
Punicor., XII, 361-63. 
soggiungendo inoltre che Amsicora, capo dei Sardi-pelliti , si van- 
tava discendente dai detti Troiani, . 

.... ortum Iliapa iactant ab origine nomen, 
In bella Hampsaqobas Tyriot rcnofafa vocarat. 

lbid. v. 344-45; 

e sebbene Pomponio Mela e Plinio parlino dei popoli Uieri dt Sar- 
degna come esistenti alla loro eta (De.tit. orb., II, 7. ,- Hitt. 
nalur., III, 13. Ved. sopr. pag. .38, col, !• e 3».), t«ttavia io 
dubito assai delP arrivo di questa colonia . treiana ai lidi sardj, 

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36 



DISSEB.TAZIONE 



nou e alieno dalla storiea credibilita che alcune vi venissero 
doltreroare (0,ed altre non fossero veramente colonie nuove, 
sibbene propagine delle anticbe , le quali o dal caraltere e 
dagli usi proprii , ovvero dai luogbi da esse abhati prendes- 
sero posterionnente la derivazione ed il nome (*). Non me- 
ritando dunque le medesime, anzi non potendo sopportare, 
a causa della passeggera menzione fattane dagli stessi scrit- 
tori, un' indagine frultuosa e separata, e forza concbiudere 
che le colonie tirrene, le femcie, le greche, e le Ubiche, delle 
quali si e finora ragionato , sono le sole il di cui arrivo e 
mansione in Sardegna pu6 essere con certezza affermato e 
sostenuto. 

Ma di queste colonie, che io chiamerb capitali per di- 
stinguerle dalle altre di minor nome o di dubbia esistenza, 
quale prima e qual dopo arrivo all' isola per cercarvi stabi- 
limento di nuove sedi? Ecco la questione piu ardua che si 
appresenta ai dotti investigatori delle cose antiche nel periodo 
primitivo della sarda istoria; ed ecco il mare in cui naufra- 
garono alcuni scrittori nazionali per aver voluto precisare 
con ordinata successione di epoehe cronologiche un fatto di 
cosl alta e tenebrosa antichita. Non e mio intendimento di 
aggirarmi con soverchia fidanza in tale intricato labirinto 
delle patrie origini; eppercio, nel rispondere a unadomanda 
che fu gia causa di strane illusioni e di molti errori, dir& 
brevemente la dubitosa opinion mia, lasciando che altri piu 
di me istrutto o piu fortunato rischiari con nuova luce un 
argomento che rimane tuttavia sepollo nella profonda oscu- 
rita dei secoli. Comincierb pertanto dall' osservare che tutti 
generalmente gli autori greci e lalini fanno anteriore al nome 
di Sardegna, derivato da Sardo figliuolo di Maceride, 1'altro 

Don tanto per 1'errore in coi possono essere cadoti gli anzidetti 
scrittori, distinguendo gVlliesi dai Iolaesi, poiche v'e chi sostiene 
doversi tale distinzione osservare (ved. sopr. pag. 98, col. l a , not. 3), 
quanto pel consenso piu autorevole degli eruditi , cbe rigettano co- 
munemento qual fola di romanzi il viaggio di Enea in Italia, ap- 
poggiandosi , tra le altre, alle due positive tostimonianze di Omero 
(Iliad., XX) e di Strabone (Geogr., XIII), dalle quali si raccoglie 
che il figliuolo di Anchise non uscl dalta Frigia , che riedificd la 
citta di Troia , e che dopo avervi regnato per piu anni , lascid la 
corona a' suoi discendenti. 

(1) E tra queste si possono annoverare le colonie siculesi e cor- 
sieane, delle quali parlano Pausania, Tolomeo e Plinio {Phocid., X.- 
Geograph., III, 3, pag. "76 e 77. - Hist. natur., 111, 13). In quanto 
ai primi , che furono indigeni del Lazio, secondo 1'autorita di Var- 
rone (IV, 10), e di Dionigi di Alicarnasso (I, 9 e 11), bastera por 
mente alla infelicita delle loro guerre cogli Cmbri, e alla necessita 
cbe quindi gli spinse ad abbandonare 1' antica e a cercare una 
nuova patria nella Trinacria gia occupata dai Sicani (Dionis. Halic, 
I, 16 e 33), per argomentare molto probabile l'arrivo di una por- 
zione di quesli esuli illustri alle spiagge non lontane della Sar- 
degna. Ed in quanto ai secondi, la vicinanza della Corsica, e le 
guerre intestine delle quali parla il suddetto Pausania (loc. cit. 
Ved. sopr. pag. 95, col. 9* ) persuadono facihnente che essi abbiano 
cercato nuove sedi nella parte piu settenlrionale dell' isola , dove 
appunto assieme ai Tibulaxii sono collocati dal mentovato geografo 
Tolomeo. 

(3) Tali sono, a mio giudizio, i Tarati, i Sossinati, gli Aconiti 
e i Balari rammentati da Strabone (Geograph., lib. V), i Locrensi 
ricordati da Solino (Polyhist., X), i Coracensi, i Carinsi, i Soleitani, 
i Lucidoneti, gli Esaronensi, i Cornensi, gli Echilensi, i Ruacensi, 
i Celsitani, i Corpicensi, gli Seapitani, i Neapoliti e i Valentini 
annotati da Tolomeo ( Geogr., III, 3), e i Bosensi e i Norensi dei 
quali parla Pliuio ( Hist. natur. , III , 13 ). Alcuni infatti di questi 
nomi sembrano derivati dalle citta antiche di Sardegna, come 
Cohnis, Neapolis, Bosa e Noba, altri dalle regioni cbe qoei po- 
polatori occupavano, come Cobacodes e Solci , ed allri dai costumi 
selvaggi delle stesse genti obe li portavano, quali furono senza 
dukbio i Balari, cosi chiamati secondo il citato Pausania (Phoc, X), 
perche, abbandonate le sarde pianure, e rotta ogni comunicazione 
co'Cartaginesi, montium iugis oecupatis, seorsum consederunt 



d'IcHNiiSA dato all' isola dai Greci navigalori: qui illuc e 
Graecis, dice Pausania , cemmercii causa adnavigarnnl, Ich- 
nvsam, quod formam habeat ituula humani vestigii, adpel- 
larunt. . . Sarvvs vero coUmiam th Ichnvsam deducendam 
suscepit, unde, mutatopriore vocabulo, de eius nomine adpel- 
lata esl {Phoc, X). E Silio Italico: 

Inde Ichnvsa prius Graiis memorata cokmis. 
Mox Lybici Sardvs generoso sanguine fidens 
Mereulis, ex se se mutavit notnina terrae. 

Punicor., XII, 358 e seg. ( 3 ). 
Siffatta anteriorila di nome prova indubitalamente 1'anteriorita 
degli uomtni che lo imposero ; e se quando i Greci appella- 
vano 1'isola col vocabolo figurativo d'kBm>sA non esisteva 
ancora l altro patronimico di Sardegna , vede ognuno assai 
cbiaramente che larrrvo delle colonie africane o libico-fenicie 
dovette essere posteriore a quello delle colonie greche. 

Ne mi si opponga col Gluverio che Sardo fu il piu antico 
occupatore dell'isola, che il nome di Sardegna quindi venuto 
alla terra deve percib riputarsi primario, e che 1'altro di 
Ichnusa non fu giammai nome suo proprio, s\ solamenle 
usato dai Greci,,e fra i Greci nel patrio loro linguaggio, 
come, a modo di esempio, anche la Sicilia fu da essi gre- 
camente appellata Trinacria ( 4 ). Imperciocche tutto il fonda- 
mento dell'argomentazione Cluveriana consiste nel gia.alle- 
gato testo di Pausania( 5 ), il quale dopo aver riferilo 1'ante- 
riore denominazione dell'isola introdolta dai greci mercatori, 
e Ia posteriore derivata da Sardo, noverb ordinatamente le 
colonie pervenutevi , e fra queste assegno il quinto luogo a 
quella degli Iliesi scampati colla fuga al miserando eccidio 
di Troia. E siccome da tal racconto verrebbe ad inferirsi che 
il nome greco di Ichnusa precedesse di tre secoli almeno 
1'arrivo della suddetta colonia iliaca , tolse da cio quel dotto 
geografo il principale motivo a dubitarne, sembrandogli 
strano assai, che, tanto tempo innanzi all'epoca troiana, 
uomini greci, o partilisi dalla Grecia, navigassero ardita- 
mente fino alle spiaggie sarde per sola causa di mercatura. 
Ma s'egli avesse rifletluto, che quella mano di profughi 
troiani spinti dalle tempeste a ricovrarsi in Sardegna e forse 
una delle tante tradizioni poeticbe accolle come vere dal 
greco viaggiatore, o che, anche vera essendo, fu mal col- 
locata da Pausania dopo la colonia di Sardo libico, non a- 
vrebbe sulla base di un fatto o immaginario nella sostanza, 
o erroneo nella crooologia, impugnato un altro fatto d' in- 
contestabile realita. E che tale sia la precedenza del nome 
icnusiaco al nome sardo, ne il Cluverio lo niega, ne vi e chi 
possa dubitarne, atteslandolo positivamente gli scrittori tutti 
sovra riferiti, alcuni dei quali furono coelanei, ed altri e- 
ziandio di molta eta anteriori allo stesso Pausania. Stabilita 
adunque come inconcussa la priorita dei Greci sugli Africani 
nella conoscenza e nella occupazione della Sardegna, occorre 
ulteriormenle investigare, se i primi ne siano slati i piu 
anlichi popolatori. A me pare cbe no, perche i Greci, se- 
condo l'autorita dei piu assenoati cronologi, non si arri- 

(3) Vedansi piu sopra in questo stesso Volume pag. 33, col. 3«, 
not 3, gli altri tesli di Platone, di Aristbtile, di Plinio, di Stefano 
Bizantino, di Marziano Capella, di Solino e di Isidoro, relativi tutii 
alla primitiva denominazione di Ichnlsa e di Sandaliothih che '} 
Greci diedero alla Sardegna. 

(4) Cluver., Sard. antiq., V. ' 

(5) Phocid., X. L'ho riportato per intiero alle pagine 34' e 35, 
col 1* e 3* del presente volume. 



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PRIMA. 



37 



schiarono a lungbi viaggi sul mare, cbe molti anni dopo la 
distruzione di Troia (*), e te navigazioni loro verso 1'occi- 
dente del Mediterraneo furono posteriori a quell'epoca me- 
morabile. Efforo infalti riferisce a tal tempo U primo approdo 
di grecbe navi alla Sicilia, perohe prima di quell'eta erano 
quei mari infestati dai corsari lirreni , e tanta era la ferocia 
dei barbari abitatori delCisola, che ninno ardiva avvicinarvisi 
per negoziare ('). Ora non si potendo supporre che i navi- 
gatori greci tentassero i lidi sardi prima dei siciliani, anzi 
essendo piu consentaneo airinfanzia della loro nautica, che 
toccassero avanti le piu opportune e piu vicine spiaggie 
della Sicilia, ogni ragione persuade che la venuta di greche 
colonie alla Sardegna, dopo quelle condolte nei tempi eroici 
da Aristeo e da Jolao ( 3 ), non pote precedere la predetta 
epoca Iroiana. Ma prima che il valore greco e l'ira di Achille 
rovinassero il regno e la fortuna di Priamo , i Fenici e gli 
Etruschi solcavano liberamente il mare' italico, e 1'ionio, e 
1'egeo. Sono piene le istorie dei ricordi antichissimi di tali 
navigaziooi , e si e gia veduto quanta fosse fin dai tempi 
eroici 1'eccellenza dl quei due popoli nell' arte nautica W. 
Omero, che raccolse nesuoi poemi le tradizioni anteriori e 
coetanee al ratlo di Elena ed alla lega achea, chiama i Fe- 
nici potenli in «awW, e da Fenici mercatori dice trasportato 
il famoso cralere d'argento (lavoro dei Sidonii) da lui de- 
scrilto nell' Iliade ( 6 ). Le navi etrusche corseggiavano da eta 
piu remota sul mar tirreno C), e poco appresso ai tempi 
troiani dominavano 1'Adrialico e il mare siciliano ( 8 ). Serabra 
dunqne assai probabile, che le spiaggie sarde, cosl ampie 
e cosl centrali nel seno del Mediterraneo, fossero prima 
visitate dai navigatori etroschi e fenicii , e cbe le colonie di 
queste due nazioni cotanto celebri per 1' industria e pel com- 
mercio, abbiano precedulo tulte le allre nell' occuparle. Un 
lnogo notevolissimo di Strabone conferma in risguardo ai 
Tirreni la probabilita di siffatte induzioni. Riferendo egli 
1'origine e la discendenza dei Jolensi di Sardegna, chiamati 
al suo tempo Diagebrensi, 1'ascrive, secondo la tradizione 
greca, a Jolao, e quindi soggiunge, che questo eroe co'suoi 
Tespiadi convisse cogli Etruschi, naturali abitatori dell'isola: 
iwn eadem haec loca (in Sardinia) contmenter populantur 
montani, qui Diagebrewses vocantur, olim Jolaewses 
dicti: fertur enim Jolaus eo adduxisse quosdam filiorum 
Herculis, et inter barbaros, qui erant Etrusci (al. leg. 
erant autem Thirreni), eius insulae cultores habitassei 9 ). Da 
tale testimonianza del geografo greco si deduce evidente- 

(1) Thocyd., lib. I, 8, 13. 16 e 33. - Huet, Histoire du commerce 
et de la naoigat. de» anciene, pag. 43. Come ognuno pud facilmente 
comprendere , io qtii intendo parlare delie navigazioni greche, )e 
quaii han»o fondamento eerto nelPistoria, non gia di quelle che 
precedettero l'eta positiva dei fatti nmani, poiche le medeshnc , d 
«otto at tutto favolose, o traviate dal Vero per re tante flnzioni mi- 
totogtehe aggidntevi dai poeti, oppnre debbono considerarsi quali 
prhni teotati vi deH'arte di navigare , che cbme non ebbero nei ri- 
cordi «torici veruna particolare menzione , c6sl non meritano di 
estere-olassafe tra ie navigazioni regolari della greca nazione. Sn 
di che vedasi la nota 11, pag. 34, col. 3" di questo voWnie. 

(8) Strahene, Geograph., lib. VI, pag. 176. ; - ; Ved. sopr: pag. 34, 
cel »*y npi H, * ' ."' ■ 

- (3) Ved. la nota lt, pag. 34 del presente volrnne. 
.(4)'!VedV topr. pag/ i9"e sefc. ' •" 

(6) Oiwea, XV. • 
wm. - . > 

(7) vod. sopr. pag. 3&> col i* e seg. 

<S). Strabene s Gtogr., loc; ciL, e Hb. V, pag. 148, 153-55, 16fr6t, 
170-73; ■ ■■! •■ - 

(9) Geoftttph , V. - 



mente, che i Tirreni abilavano la Sardegna da un' eta supe- 
riore alle notizie poaitive della storia, poiche se Jolao, che 
fu un nomo straordinario dei secoli eroici , ve li trovo gik 
stabiliti ed in istato di barbarie , ne consegue di necessita 
che la occupazione fattane da essi debbasi riportare ai tempi 
piu remoti delle umane migrazioni. Si noti altronde il modo 
diverso con cui Slrabone racconta l'un fatto e 1'altro: di 
Jolao e dei figli di Ercole da lui condotli, non confidandosi 
intieramente alle narrazioni greche, si contenta di riportare 
la volgare tradizione, che fossero venuti in Sardegna (fertur 
enm Iolaus eo adduxisse quosdam filiorum Herculis); ma 
della esistenza degli Etruscki ne parla come di cosa posiliva, 
e 1'afferma risolutamente ( . . . . eius insulae cultores . . . erant 
Etrusci): quindi ecco un altro argomento per dimostrare 
che i Tirreni non solamente pervennero all'isola assai prima 
dei Greci, ma vi pervennero eziandio da tempi cosl lontani, 
che possono essere a buon diritto chiamati i suoi veri abo- 
rigeni. Forse taluno vorra di preferenza concedere cotesla 
autoctonia ai Fenici, i quali furono cosl famosi neH'anticbita 
per le loro ardile navigazioni; ne io sono per niegare, che, 
per 1'estensione e per 1'importanza dei loro viaggi marittimi, 
abbiano essi superato gli Etruschi. Ma in fatto di queslioni 
cronologiche sullo stabilimento delle colonie antiche, la 
probabilita dei giodizi riposa piu facilmente neilo stato re- 
lativo di un paese rispetto all'altro, che nelle considerazioni 
generali ed assolute della maggiore o minore potenza delle 
nazioni. Perche se questa porge i mezzi , quello piu spesso 
offre coi mezzi 1'occasione ed ii motivo di Irasmigrare; e 
nelle primordiali occupazioni delle terre straniere, allorcbe 
i tempi umani esordivano, non tanto dee riguardarsi ii potere 
quanto la facilita e la causa che pu6 aver indolto un popolo 
qualunque ad occuparle. Queste due condizioni appunto 
convengono piu specialmente agli Elruschi che ai Fenici, 
poicbe la maggior vicinanza delle toscane alle sarde spiaggie, 
1' interposizione frequente di altre terre dall'uno all'altro lido, 
il dominio del Mediterraneo s\ lungamente avuto dai Tirreni, 
la feracita e 1'ampiezza della Sardegna , la sua felicissima 
geografica giaoitura, e le altre non meno gravi ragioni piu 
avanti esposte, allorcbesi parl5 di quelVanticbissimo popolo 
italiano ( 10 ), concorrevano tutte insieme ad offerireai primi, 
anzicfae> ai secondi, 1'anteriore possedimento delTisola. E 
quantuhqne i Fenici nella stessa eth della dominazione lir- 
rena nel mare toscano fossero pur essi assai potenti, tuttavia 
n^ aveano ancora oltropassato lo stretto di Gades ( u ), ne 
aveano fondalo le colonie insulari italiane , delle quali parla 
Diodoro Siculp C 2 ); sicche nel concorso delle due nazioni, 
egualmente grandi ed egualmente istrutle nelle cose marit- 
thne, I'una pero piu vicina e 1'altra piu Iontana dal sardo 
suolo, non pu6 1'opinione esitare gran pezza a pronunziarsi 
per quella , che alla parita o alla poca differenza dei mezzi 
accoppiava il vantaggio speciale delFopportuna propinquita. 
Fu la medesima, considerazione che indusse il Cluverio ad 
accordare 11' primato del tempo alle colonie africane ( 13 ), 



(10) Ved. sopr. pag. 39 e seg. 
(1 Strabone, Geogr., lib. III. 
(13) Bibliifth, hist, V, 15. 

(13) Ex Africa primos poit terrarum mundationem immigrasse 
cuttores , duce quodam Sardo , o quo insulae pariter atque incoli* 
nomen impositum, haud equidem negaverim : quando Africa ei (i. e. 
Sardiniae) omnium continentium est proxima. Clover., Sard. antiq., 
V, pag. 10, edit. taurin., ann. 1785. 



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38 



DISSEftTAZIONE 



benche vi ostassero dallun canto le pretensioni grecbe, e 
dallaltro la modernita delle libiche navigazioni. Coroe adan- 
que una taie anteriorita potrassi contendere agii Etruscbi , i 
quali ed erano alla Sardegna vioinissimi, ed aveano coffm- 
dustria, col commercio e colle armi oceupato i lidi quasi 
tutti dltalia, e dominavano sovranamente eolle navi loro 
dal mar toscano aUadriatico? Troppo evidente a me sembra 
la conclosione della precedenza etrusca derivante da siffalti 
principii, ne vedo come possa competervi la nazione fenicia, 
se a modo di conciliazione non si voglia supporre, che men- 
tre i Tirreni occupavano dal settentrione i lidi sardi, arrivas- 
sero dal lato opposlo gli arditi navigatori di Sidone e di 
Tiro ad oocupare i lidi meridionali. 



II. 



PEMODO CARTAGINESE. 

Ma e ormai tempo di purgare il discorso dalla caligine 
dei secoU eroici, e di volgerlo ah"eta positiva, prendendo le 
mosse dalla pnnica dominazione, che fu il primo servaggio 
straniero imposto dai fati alle sorti miserevoli deli'anlica 
Sardegna (*). Quando questa dominazione abbia avuto in- 
cominciamento non si pu6 con certezza definire. Appiano 
Alessandrino la dice posleriore di poco intervallo alla fon- 
dazione di Cartagine (*); ma Diodoro di Sicilia ( 3 ) e Pausa- 
nia W la fissano generalmente nei tempi piu fortunati della 
potenza cartaginese. Laulorita di questi due ullimi scrittori 
sembra essere la piu vera, perche ne si hanno monumenti 
per farla risalire ad una maggiore antichita, ne quei pochi 
che esistono si possono riferire ad un'epoca anteriore al 
secoudo secolo di Roma. La memoria intatti lasciataci da 
Erodoto sulla battaglia navale del mare sardmio ( 5 ), bencbe 
sia la piii antica, e sembri accennare all' occupazione dei 
lidi sardi per parte dei Cartaginesi, appartiene certamente 
o. c. N ;»«:*' a Q^Da eta (*); e a tempi meno lontani si riferiscono i ri- 
oordi trasmessici da Giustino abbreviatore di Trogo Pompeo. 
Narraado egli la pestilenza da cui fu attitta Cartagine, e 
1'empio sacrifizio delle viltime umane che essa adotto per 
rimedio, oonfidandosi di placare col sangoe lirata dtvintla, 
prorompe sdegnosamcnte in queste parbfc : itaque adterm 
tanto scekre mminibus, quum in Sicilia dim feliciter dmicas* 



(1) Annotero quind'innanzi la cronologia dei fatti e dei monumenti 
ehe riferisco, segnando a margine gli anai avanti G. C (A. C. N.), 
e dalla fondazione di Roraa ( U. C. ) che vi corrispondono. Debbo 
pero avvertire, che nella supputazione degli anni romani ho seguito 
l*era Catoniana. 

(9) Pottea in brevi tempore, condita Carthagine, occuparunt (Car-t 
thaginienses) Siciliam et Sabdiniam et alias aliquas insulas maris, 
emittentet colonias nsque ab Iberiam. Hist. roman., lib. libyc. 

(3) Ubertate frugmm usgve adeo celebris evasit (Sardinia), Mt Car- 
thaginienses , opibus postmodum aucti, multa potiundae eivs desi- 
derio certamma susceperint. - Biblioth. hist., V, 13. 

(4) At Carthaginientet, quum essent rebu* mariUmit praepoUentes, 
omnes e Sunmi , praeler Jlie/uet et Corsos , ejecentnt : tum iilpt 
quo minut poluerint in potestatem redigere , praerupti ac muniti 
montes obstiterunt. Condiderunt tunc in ea insula et carthaginienses 
urbes Cabamm et Sixchos. Phocic., X. , , _•, , r , ■ 

(5) Ved. sopr. pag. 21, col. 2', noL 1. 

(6) L'altra memoria conservataci dallo stesso Erodoto {Hist., I, 
pag. 37) riguardo al passaggio in Sardegna„«onsigliato agli Jooii 
da Oiante di Priene ( Ved. sopr. pag. 22, col. 1», noL \) dee pro- 
babilmcntc riferirsi al 540 avanU G. C. , poiche il fatt» ivi ranunen- 
tato fu contemporaneo all' invasione della Jonia operata da Arpago 
o Arpagonc gcnerale di Ciro. 



sent, translato tn Sardwum bello, amissa majori etcercitus 
parte, gravi praelio victi smt: propler quod dncem sutm 
Macheum, cujus auspiciis et SiciHae partem domuerant, et 
adversus Afros magnas res gesserant, cum parle exercitus, 
quae superfuerat, exutare jusserunl ( 7 ). E poco appresso, 
riferita la ribellione ed il supplizio di Macheo, e 1'imperio 
della repubblica afJBdalo a Magone, raoconta la nuova guerra 
mossa ai Sardi dalle armi cartagtnesi , la gloriosa morte in- 
contrata da Asdrubale nelle sarde baltaglie, e l'esercito 
quindi capitanatoda Amilcare, cui sovraslava un egual fato 
nei sanguinosi combattimenti della Skrilia: his dudbus (fla- 

sdrubale et Hamilcare) Sardiniae beUum Ulalum tn 

Sardinia quoque Basdrubal graviter vulneratus, imperio 

Bamilcari fratri tradito, interiit: cujus mortem tum buctus 

civilalis , tum dictaturae undecim et trwmphi quatuor insignem 

fecere f8 ). Ora essendo accaduta nei tempi di Ciro la spedi- u. c."»^?' 

zione di Macheo W, e in quelli di Dario 1'altra di Asdrubale 

e di Amiloare ( 10 ), egli e fuor di dubbio che l'un fatto e 

1'altro forono anteriori di cinque secoti all'era volgare. Nel 

furore di queste lotte tra Sardi e Cartagineei 1'isola fu di- 

sertata della gran copia di fruttifere piaole che la arricchi- 

vano, e bandita fu quella barbara legge che vtetava ai trm- 

vagliali isolani di sementare i nativi campi, e di rivestire 

d'alberi novelli la benigna terra cne nutricavali ("). Impe- 

rocche, se tanta immanita fu vera, non pu6 attribuirsi cbe 

alla punica rabbia, insofierente delle sofferte sconfitte, bra- 

mosa di vendicarsi , ed inabile a soggiogare altrimenti un 

popolo bellicoso, cbe, cacciato dai piani all' erte balze dei 

monli, difendeva sulle rupi alpestri e nelle inacceaw foreste 

il sacro palladio della patria liberta (<•). Ma la coraggiosa 

(*J) Historiar., XVIII, 7. 

(8) Hittoriar., XIX, 1. 

(9) Si ha su di cid la testhnonianza di Orosio, il quale ripete colle 
stesse parole di Giustino le imprese e la morte di Hacheo, e qvindi 
soggiunge : haec temporibus Cyri, Pertarum regit, getta sunt {Hist., 
IV, 6). 

(10) Ne fa fede GSustino medesimo (loc. cit), peiche alla battaglia 
in cui peri Asdrubale, e alla nuova guerra quindi suscitatasi in Si- 
cilia fa contemporanea la legazione di Oario ai Cartaginesi , ricer- 
candoli di aiuto per 1'invasione della Grecia ch'egli avea in animo 
di esegnire: dum haec aguntur, legati a Dario, Psrsarmm rege, 
Carthaginem venerunt . . . petentes auxilia advertus Graeciam , cui 
illaturus bellum Darius erat. 

(U) Nune vero haudquaqunm (Sardinia) huiutmodi viget rerum 
copia et fertilitate, pottquam a Carthagittensibus fuU occupata, cum 
ipsi veteres iltos omnes colonot partim ejecerint, partim trucidarint; 
poenamque deincept mortis addiderint cuicumque implantarit quid- 
piam quale antea, praeterquam quod ipsa tellus sponte produxerit. 
(Aristot., De mirab. auscult., c. LXXXVll). Anteriore aquesta legge 
fu la proposta che Aristagora fece ai Jonii di slahilirsi in Sardegna, 
e la profferta del perfido Lstieo, che miUaatavasi di rendere 1'isola 
tributaria a Dario re dei Persiani (flerodpt V, 173, 17». e 17«. 
Ved. sopr., pag. 22, col. l* e 2 a ). Cio s\ argomenta dall'eta stossa 
della sollevazione ionica, la quale accadde negli anni estremi.del 
sesto secolo pxima dell'era volgare (dal 604 al 601. - Polyaeo. , 
Strateg. , 1 , 24) , e dal riflesso aucora che non sarebbesi da qaei 
due Greci designata la sard.a terra quale opportnno rifugio: agli 
esuli di Mileto, e qoale yanlaggiesa conquista aU'impero persiano, 
se fosse slatq gia disertaU delle suefrutUfere piante daUa harbarie 
cartaginese^, ., 

(12) Pare questa la spiegazione piu naturale di un fatto, cbe aitri- 
menti inteso avrebbe Taspetto della favola. Come infalU potrebbnei 
credere che i Cartaginesi, popol» indnstrioso. e oomraercianto, ,tro- 
vandosi nel pacifico possesso della Sardegna, avesse volul» distrug- 
gere in un punto , non solamente le piante che ri esistovaoo , ma 
perfino le speranze ed i germi deUe sue produzioni futare? Vimte- 
resse proprio, la gloria cui aspiravano, e gli stessi ■Mtivi^vuliUta 
e di guadagno dai quali forono sospinti ai lidi sardj, vi si opponc- 
vano direttamente ; ne poteano essi deliberatamenle disertare om 
lerra che intendevano rilenere, e che poi difesero- a prexao di tanto 



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PRIMA. 



rcsistenza dei Sardi non fu polenle , dopo tanti conflitli , a 
salvar Tisola dall' ingiasta invasione degU stranieri; e se 
gli. llieii e i Balar i st raantdnnero per lungo tempo iudomati 
e miuacciosi inei seni dirupathe selvaggi delte <barbariche 
montagneO, ci6 non imped) che i Cartaginesi occupassero 
le spiaggie.e i porti, i pingui cxrmpi, le -feconde valli e gli 
altri luogbi piu facili deirambita terra, e si rendessero in. 
tal modo padroni quasi assoluli detla Sardegna (?). Una so~ 

sangue contro la soverchianle fortuna romana. Quindi <tee conchiu- 
dersi che la legge rammentala da AristotHe, o non fu'vera, o fu 
da lui confusa col falto istcsso della estirpazione dcgli alberi e 
delle impedite sementi,che nel primo impeto degli assalti pud es- 
sere stato commesso dai primi invasori,sia peratterrire gfisolani, 
che per penetrare nei nascondigli selvosi, nei quali i piu forti si 
riducevano per difendere la liberta e la vita. 

(1) Della lunga indipendenza di questi alpigiani sardi parlano 
concordemente gti antichi scrittori. Diodoro scrive : Carthaginienses, 
quamvis in summo potentiae suae vigore insulam hanc ( i. e. Sar- 
diniam ) occupaverint , priscos tamen eius possessores ad servitutem 
redigere nequiverunt. Ncmque Joleai ad montana confugerunt , el 
habitaculis sub terra structis multos pecorum greges aluere .... 
Ac tametsi Carthaginenses magnis saepe copiis in eos moverint, 
locorum tamen difficultas , et inexplicabiles specuum tubterraneorum 
meatus a servitute tutos hotce praestitere. Tandem quum etiam Ro- 
mani, rerum potentes, saepius marte illos tentarent, nulla tamen 
vi bellica,ob eatdem causas, subigere potuerunt (Biblioth. hist.,\). 
Lo slesso leggesi in Pausania riguardo agl7ftro e ai Balari. Dei 
primi dice: Troiani, quum in montanam itisulae regionem confu- 
gissent, ibiquc se rupium confractibus et valli jicti munilionibus 
tutati essent, lliensium nomen adhvc retinent .... Curthagincnses , 
quum essent rebus maritimis pracpollentes, omnes e Sardinia, praeter 
Ilienses et Corsos, ejecerunt. Nam illos quominus poluerint in pote- 
statem redigere , praerupti ac muniti montes obstiterunt ; e dei se- 
condi : orta aulem super praeda (sardoa) dissensione , Afri et Hispani 
ira accensi, quum a Cathaginensibus defecissent, et ipsi, montium 
jugis occupatis, seorsum consederunt. Eos patria sxta Ungua Ralaros 
Corsi adpellarunt; quod eodem vocabulo exules vocant. (Phocic.,\). 
Strabone poi non solamente conferma il gia delto da Diodoro e da 
Pausania riguardo alla vita selvaggia dei Balari e di atlri abitauli 
delle montagne sarde, ma riferisce inoltre il modo col quale i Ro- 
roani cercavano di ridurli a soggezione : Quatuor sunt (in Sardinia) 
montanae gentes : Tabates , Sossinates , Balabi , Aconites in spe- 
cubus degentes; et quamquam agrum habent sementi aptum , tamen 
negligenter eum colunt , et aliorum opera diripiunt, partim in ipsa 
insula, partim navibus in opposita continente .... Romanorum au- 
tem duces qui eo mittuntur, alias eos prohibent , alias negligunt ; 
quando quidem non videtur ex usu esse exercitum peipctuo in locis 
morbosis alere. Restat ergo tum per calliditatem rei gerundac locus : 
observant quidpe id tempus , quo barbari de more post praedam 
coactam aliquot dies feslos ducunt : ac tum per insidias eos adorli, 
multos in potestatem redigunt. (Geograph , lib. V). Questi barbari , 
al dire dello stesso geografo (loc. cit., pag. 136), portavano pelli di 
muflone sul petto, ed usavano targa e pugnale; ma secondo la 
narrazione di Ninfodoro , veslivano pelli di capre , si d'estate che 
d'inverno : Sabdiniam pecudum optimam esse parentem Nymphodo- 
rus scribit ; caprasque procreare , quarum pellibu* pro vesiimentis 
indigenae utanlw; tamque mirifica vi esse, ut hyberno tempore 
ealefaciant , aestivo refrigerent ; simulque in iis ipsis pellibus cubiti 
magnitudine pilos nasci, atque ei qui iis indutus fuerit, si commo- 
dum videatur, quum est frigida tempestas, pilos ad corpus convertit, 
ut ab iis calescat; quum autem est aestas, invertit, ne calore vexe- 
tur ( Aelian., De animalium nat, XVI , 34 ). II Blochart opina che 
gVItiesi, i Corsi e- i Balari fossero un popolo solo , montanesco, 
abitatore di bosehi e ferino ( Chanaan. , lib. I , p. 63S ) ; ne forse 
andd lungi dal vero, poiche sebbene in origine fossero diversi, 
pare tuttavia che in progresso, per somiglianza di vita e di costumi, 
diventassero una stessa gente, individuata soltanto dalla differenza 
dei nomi primitivi. 

(2) Fu allora probabilmente che i Cartaginesi ampliarono e for- 
lificarono la citta di Cagliari gia fondata dai Fenici, e che posero 
mano alT edificazione di Solci nella parte meridionale dell' isola. 
Per riguardo alta prima mi riferisco al gia detto piu avanti (pag. 3i, 
col. 2», noL 7); ed in rispetto alla seconda, che vedesi menzionata 
da Strabone (Geogr. V), da Plinio (Hist. natur., III, 13), da Tolomeo 
(Geogr., III, 3, tab..7), da Pomponio Mela (De sit. orb., II, 7), 
da Irzio (De bello afric.) e da parecchi altri antichi scrittori , oltre 
la testimonianza di Pausania, che la dice edificala dai Cartaginesi 
( Phocic., X ) , si ha quella di Claudiano, che la chiama colonia di 



leune lestimonianza del domiuio loro gia radicatovi dal terzo 

secalo della fondaaiond di Rotta ci fu trasmessa da Poli- 

b*M> @) del prima trattate concbiuao tra i Gartagiiiesi «d ,v v. c. %t : ' 

Romani. Quel diUgeJite atorico lo «opi6 fedelmente daite 

lavole capitoline W , *d e il aalo degli antichi scrittori , che 

C6 lo abbia conservato (*). Convenivano le due repubbliche 

in questi accordi : 

I. Ataicitia Ronums et Roinandrum sociis cum Carthagi- 
niensibus el Carthagimemiwm socUs his legibus et conditionibus 
esto. 

II. Ne navigmto Romani Romanorumve socii ultra Pul- 
chrunhProinonloriw ( 6 ); exira quatQ. si tempestatis aut ho~ 
stium vi fuerint contpulsi. 

lU.Si quis vi dctatus fnerit^ emendiaut ac&piendi quicquam, 
praeler necessaria reficiendis navilms et sacris (aciendis ; jus 
ei ne esto. , v - , ....„'. 

IV. Intra diemquinium, quinavem applicuerint , abeunto; 
qui ad iner.caiwram vwefint * H vecligal nullum pendunlo , extra 
quam ad praeconis aut scribae mercedem. ■ • 

V. Quicquid hisce praesenlibus fueril venftlum, publica^ 
fide venditori debelor, quod quidem i» Africa aut Sardinia 
fuerit venditum. 

VI. Si qnis Romanorum in eam Siciliae parlem venerit, 
quae imperio Carthaginiensium parel, jus aequum in omnibus 
Romani oblinenlo ete. ete. ("\ 

i rocudemJo piu avanli uello stesso secolo, e poi nel 
seguente, si ha il ricordo delle veltovaglie( 8 ) e dei soldati W, n. c c. , '»7*- 7 36l*"* 
che i Carlaginesi trassero dall' isola per la guerra siciliana ; 

Cartagine ( Pars adit antiqua duclos Carthagine Sulchos. l)e bello 
Gildon. ), e 1'altra dell' abbreviatore di Stefano Bizantino, il quale 
serive : Solci , urbs in Sardinia , a Carthaginensibus condita. 

(3) Hist., III, 52. 

(4) Era scritto neU'antichissima lingua del Lazio, eppercid lo stesso 
Polibio protesla di aver durato molta falica a tradurlo esattamente 
nella lingua greca. Egli non dice 1'occasione in cui il trattato fu 
conchiuso, ne se furono i Romani o i Cartaginesi che lo proposero. 
Pero siccome vi appose la data del primo conselato di Roma (foe- 
dus ictum est eonsulatu lunii Bruti et Marci Horatii, primorum 
post reges exactos consulum . . . annis priusquam Xerses in Graeeiam 
trajiceret duodetriginta), che corrisponde al 245 VJ. C, ossia al 507 
A. C. N., si pud congbietturare che i Romani, alPoggetto di raffer- 
mare la nascente loro liberta, abbiano ricercato 1'alleanza dei Car- 
taginesi, iquali erano gia stabiHti nel paese latino, e possedevano, 
oltre la Sardegna, una parte eziandio della Sicilia, come si ricava 
dalle condizioni del trattato medesimo. 

(5) Casaubono pretende dippiu che tutti gli altri antichi scrittori 
pervenuti fino a noi lo abbiano assolutamente ignorato (Synops. 
chronol. hist. Polyb., tom. II, p. 1587, ediL Amstelod.). Ma si vedra 
piu sotto, che Tito Livio, benche non parli espressamente di questo 
primo trattato , lo suppone tuttavia come gia esistito , e ne conta 
inoltre un terzo che non e menzionato da Polibio (Liv., Hist., IX, 43). 

(6) 11 Capo-bello, situato al nord, e precisamente in prospetto 
delT antica Cartagine ( Polyb. , loc. cit. ) fu probabilmente imposto 
come terroine alla navigazione dei Romani per la gelosia che i 
Cartaginesi aveano di lasciar conoscere ai primi il largo tratto di 
paese cireondato dalle sirti , che per cagione della sua fertilita essi 
chiamavano emporia. 

(7) Ometto di riportare gli ultimi tre capitoli del trattato, perche 
sono relativi al paese latino dipendente dai Roroani, e non hanno 
nulla di comune co' fatti della Sardegna. 

(8) Cumque ( Hamilcar ) totam ab occasu partem ( llimerae ) ila 
circumvallasset , commeatu naves onerarias evacuat; et quicquid 
harum ett reliquum ad annonam , coeterasque venales , ex Africa 
et Sabdinia convehendum emittit (Diodor. , Biblioth. hist., XI, 20, 
pag. 243 , edit. H. Steph. ). Questo fatto dee riferirsi al 478 
avanti G. C. 

(9) Summut Athenit praelor quum esset Philocles (3S2 ant. Chr. 
nat. ), Carthaginienses, sero tandem a clade syraeusana viribus re- 
coUectit, cum paucis quidem kmgis navibus trajecerunt ; sed oopias 
ex Africa et Sabdinia contraxerant ; barbaris praeterea ex Italia 
adjunctis (Diodor., op. cit., lib XIV, c. XCV11. 



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40 



DISSERTAZIONE 



o.c.V 79 ' qaiadi la memovia della sollevazione (lerSardicontro t punici 
domkialori, e s poeo talervatto la. doloros» certezza, del lor* 
viokmlo rttomo all'a»ttca obbedienzaC 1 ). Quwtaaervitu diirb 
malterata §do al 407 di Roma, giaecbe in lal anno la su- 
perba Cartagine fermo eelia sua futura rrvate un nuovo ac- 

d.c."^ 5 ' COTdo politicoW, che proibiva ai ttomani di Begoziare e di 
stanziare in Sardegna: 

I. AmicUia Rmmis et Rmanorum soeOs etm populo Car- 
Ihaginiensi, TyrUi et VHeembm eormqne socHs, kis legibus 
esto. 

II. Romani ultra Pulchrom - Prommtorium , Marsiam et 
Tarsemn ( a ) praedas ne facimto, ad mercaturam ne eunto: 
urbem nullam condunto. 

IIL Si in Lath urbem aliquam Carlhagmenses coeperint, 
quae sub dititm Romanorttm non erit, pecmiam et captwos 
ipsi habento ; urbem reddmto etc. ( 4 ). 



(1) Cid aeeadde io oepasione di flaa terriWle pestilenza che ri- 
dusse agli estremi la citta di Cartagine, come lo racconta Diodoro 
Sicolo: Carthaginienses cum exercitu in Italiam transgrcssi Hippo- 
nienribus utbem suam , unde exeiusi fuerant , restituunt ; omnes 
praeterea exules, mdeeutnque ad tese eongregatos, singulari sludio 
excipiunt atque fovent. Accidit vero aliquanto post, ut pestilentia 
Carthaginem invaderet : quae quum identidem magis magisaue in- 
gravesceret, magna Carthaginiensium ttrages facta est, adeo quidem, 
ut perieulum euet , ne imperium amittereni. Afri enim prae con- 
temptu illorum deficiunt, et Sahdi, jam opportunam sibi datam oc- 
casionem rati, excussis imperii habenis, conspirant, et vim Cartha- 
giniensibus inferunt .... Quin et ealamitas a diis immissa, Cartha- 
gini incubuit: perturbationes enim ac terrores, tumultusque panici 
ex improviso urbem corripuerunt , et plurimi , armis correptis , ac 
si hostes urbem invasissent, ex aedibus procurrerunt , et inter se 
veluti cum hoste congressi, alios interemerunt, alios sauciarunL Ad 
postremum, numine sacrificiis placato, gravissimis exempti malis, 
statim et Afros debellarunt , et insulam ( Sardiniae ) ditioni suae 
iterum subjecere. Diodor., oper. cit. lib. XV. Qaeste cose accadevano 
sotto la pretura di Nicone nel 379 avanti G. C. 

(2) E riportato da Polibio ( Histor. , 111 , 34 ) senza indicazione 
d'anno. Perd Livio suppli al silenzio dello storico greco, e sappiamo 
da lui che il trattato fu couchiuso a richiesta dei Cartaginesi sollo 
il consolato di Marco Valerio e di Marco Popilio Lena , che cor- 
risponde appunto al 407 U. C. , ossia al 345 avanti l'era volgare : 
eodem anno . . . cum Carthaginiensibus legatis Romae foedus ictum , 
fttum aniciHam et societatem petentes venissent ( Tit Liv., Histor. , 
VII, 37, edit. taurin. , 1835). Casaubuono ignord certamenle questo 
passo Liviano , poiche dice conchiusa quest' aJIeaoza tra i Romani 
e i Cartaginesi nel 403 dell'era Catoniana sotto 1'arcontato di Aris- 
todemo (Synops. chronolog. in Polyb., tom. 11, p. 1587), fondandoai 
nella sola autorita di Orosio (lib. 111 , 7) , la quale fu pur seguita 
dal dotto Bernardo di Aldrete nelle sue Antichita spagnuole ( An- 
tigued. de Bspan. , lib. II , cap. IV, pag. 944 ). Diodoro di Sicilia 
feoe ancor egli menzione di qnesto medesimo trattato (BibHoth. 
kist., XVI, 69), ma svppone che sia stato il primo intervenoto tra 
Cartagine e Roma. ( Ved. pura Heyn. , Opusc. Acad. , tom. III , 
pag. 6«-66). 

(3) Nelfanteriere convenzione i Romani si erano obbligati di non 
estender» le loro navigarioni oltre il Capo-bello (Ved. sopra pag. 39, 
col. 3*, not. 6 ) : in questa seconda si assoggettarono ad nn' altra 
restrizione commerciale , promettendo di non ispingere il corso 
delle loro uvi Gno a MarsUt e a Tarseio, ch'erano due anticbissime 
citta renicie situate presao lo stretto di Gades. Cio prova da nn 
canto che i Carlaginesi aveano progredito assai nel commercio e 
neUa fondaxione dello loro cwlonie, e dalTaltro eanto che i Romani 
erano gia abbastanza csercitati nelle cose marittime per poter per- 
correre un cosi lungo spazio di aure flno alie colonae d Ercole. 

(4) Quesfarticolo e i duo seguenti (IV e V), che ho trascorso per 
brevita, sono relativi alle incursioni che i Cartaginesi focessero nel 
paese latino. U trattato distmgue le citta indipendenti da quelle 
ch' erano soggette a Roma o alieate dai Roaaaai. Per rignardo alle 
prime, le prede erano dkfaiarate di buema presa; ma in rispetto 
alle seconde, i Cartaginesi poteano bensl ritener le prede , erano 
perd proibiti di trasportarle o deporle nei porti dipendenti dalla 
repubbiica Epmaaa ; e dippiu eram tenoti a restituire le citta oc- 
cupate dai predatori. La qnal cendizione sembra essere stata ap- 
posta dai Romani per prsteggere gli ArdeoM, gti AnxeaU, e gli 
altri abitanti tlelle cilta roarittime del Lazio, oo'quati la ropubMica 



VI. In Sjrdihia et Afrita netpu negatiantar ftasqmai* 
Momanorum, neqwe urbm cousUto; wsqm eo appeHMo , u« 
cosmntatus aceipiendi gratia, vet moss rvfkieudi sitbmpestas 
detulerit. 

VII. Inira dies quinque eweedito tu Sidlia , ubi Carihagi- 
nienses imperaverint : item Carthagine omnia Romaitos facito; 
vendito quae citst ticebil; idemRomae Cartkaginiensijus esioi 3 ). 

Un fatto non pertanto posteriore di qualtro lustri alia 
suddetta alieanza fa sospettare, che i Sardi teotassero di o.c. "'is. 17 ' 
levarsi dal coUo 1'odiattsaiuo giogo punico; perciocche Giu- 
stino racconta aver essi inchinato con solenne legazione il 
grande Alessandro, mentre queH eroe, eonquislato V Egilto 
e concuicata I' india, indirizzava i passi vittoriosi a Babitonia: 
ab ultimis litoribus oceani Babyloniam revertenti (Alexandro) 
nuntiantur legaliones Carthaginiensiun coeterorumqus Afrieao 
civitatum, sed el Bispaniarum, Siciliae, GaUiae, Sardiwiae, 
nonnullas quoque ex Italia, ejus adventum Babyloniae opperiri. 
Adeo universum terrarwn orbem nominis ejus terror invaserat, 
ut cunctae gentes veluli destinato sibi regi adularenlur ( 6 ). 
Lo stesso e riferito da Orosio: Indum ingressus, Babukma 
celeriter rediit (Alexander), ubi eum exterritarum totius orbis 
provinciarum legati opperiebantur , hoc est Carlhagmensiun, 
et totius Africae civitalum, sed et Bispanorum, GeUorum, 
Siciliae, Sardiniaeque, etc. ( 7 ). E Diodoro di Sicilia, 
benche non parli espressamente della Sardegna, sembra 
tuttavia includerla in qnest' atto di omaggio, che le nazioni 
occidenlali tributarono al glorioso conquistatore d'0rienle ( 8 ). 
La simultanea presenza di legati sardi e di legati cartagi- 
nesi, partitisi da sl lontane regioni per venerare ii Macedone 
vittorioso che empiva del proprio nome la terra, se non e 
prova di assoluta indipendenza della nazione che i primi 
rappresentavano, percbe vi osta il precedente monumento 
politico deU'alleanza cartaginese e romana, h certamente un 
indizio della costahza colla quale la sarda nazione cercava 
sempre di sottrarsi al servaggio africano. Conciossiache i 
cieli non consentendo ch'ella comparisse al cospetto degli 
altri popoli col carattere della nazionalila che erale tollo dai 
dominatori stranieri, qual altra causa poteva indurla a pro- 
strarsi alFeroe di Arbelia, fuorche la speranza di trovare in 
lui o un polente vendicatore dei mali che soffriva , od un 
rettore piu generoso de'suoi sfortunati deslini? Per6 se 
quesla fu veramente la sua, ella fu certo speranza vana, 



era stretta da vincoli di alleanza e di pace, come si ricava dal primo 
trattato del 507 (ant. C.) teste riferito. 

(5) Dai riferiti due articoii (VI e Vll) e dagli articoli V e VI del 
traltato precedente si ba una prova indubitata , che i Cartagincsi 
al tempo di questi accordi possedevano con pieno dominio la Sar- 
degna, poiche ne dispouevano al pari dell'Africa, come di proviacia 
propria e dipendente dal loro imperio. La osservazione e di Po- 
libio, e piacemi riportare le sue slesse parole: Carthaginem vero, 
et ad coetera Africae loca, quae cis promontorium ( Pulchri ) erant, 
item in Sardiniam atque Sicilian, ubi Carthaginenses imperabant, 
navigare mercimonii gratia licebat; dataque iis a Carthaginensibue 
de servando iure publiea fides erat. Ferum in hoc qtddem foedere 
Carthaginenses videntur de Sabdinia atqme Afnca, ut de propriu 
provinciis sermonem faeere ; de Sicitia autem ionge secus; addum 
enim-in eam Sidliae partem -, ubi Cartkagittenset imperent (Poiyb., 
Hittor., 111, 33). 

(6) Justin., Hittor., XII, 13. 

(7) Hitt., III, 16. 

(8) Dice infatti ehe euncti qui mare usque ad coivmnas Herculis 
accoUbant inviarono i loro lepati ad Alessandro ( RiMirth. hist. , 
XVII, 113). 



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PRIMA. 



4t 



poicbo xu) laoto soprav viase Aleasandro che poteese sosteperla,. 
ne i «jwcesflori di lui, ioteuti apartirsljl sue wtsto impero, 
pensar poteaao alla remota Sardegna, non: ricercata ne ten- 
tata daHe stesse armi macedonicbe , atlorebfe nel colmo 
della potenta ua eol vplere guidavate alle battaglie e alle 
vitforie i l \ l/isola ihfaiti cbntinub ancwto.per luago tempo 
ad obbedir* a Cal ta^infe; a iovvehii*» di fhrtaenta iielle di 
uia^^" 5 ' W ipertinaci guerre collaSioiba :W, e a segbire •passiva-' 
mente rievpoiitici accordi le boose o b) ree sorti dell'ambi- 
ziesa sua domioatricie ( 3 ): ' ;, 

Mai JntantO i neL ratnaoi coasigli maturavano gli ascosi 
genai di. qnetrrjMiidia: ohe' trasse Cartaginef a lurighi e" 
sangBtaosi !oombattime&ti , 6 il «ecolo procedeva innanii 
ve7Bb!q»eU'«pbca meinorabile utoui la Sardegna, peroossa 
e laoertftaJ ad un tempo, dadue naaaoni rivali; dovei final-i 
mehtt crirVart, ilitapo solid >ntapero delfarpr* vatoroeac. 
LsMrial reprossa gotosia^dj Romd pe> la'ipr«gredieiHte>forA 
timu piaeka oommsto A mantiestarii allorche Pirro scenfisBa 
peesso Hkactea il odnsole. « te legiuni .lalitte ( 4 X Impercioc-A 
cfifeia ^fagone^ il quate ofleriva aJkt repobbiica iJ . aomerosb 
navHiacaitagmese.ancoratp nel porto d'Ostia, pereombatlere 
pm faodmente il re di Epiie Vemrto. •a> taeseotarsi con ptl* 
tejrmeV&vk >nette «roerete yftali* W, roando il eenato >lew 
g»£ ae^^i^.v'diee^lei•^ , : >•• iOnlksse po^aCartagide ; 
dend v >t«a ipArtito prestaoaeMe colla sua flotta sjxiducesBe, 
e la^e .Cawtagide sapesset», Rotaa eseere usacotte> armi 
proprie , neb' coile altrol, \ far : Ja. guenu e debeJlare , « neA 
mici <Wi to iqeal risposta, se.diwastrt. da 'u». canto la 
rara costaazsJelei padrfinegfimmineoO rjericoliideJlapaJria, 

\ • '■'■•■■ '■ •' ' f :■'.'■,'■>') ■', ' ' ....').'■. :' :'. i \ \; ;■;; i 

'{i)' Mdceiohik (fti < Enrdpd fauftm'4ominati tmt , cri Adtia Vtqw 
ai flHmm /#A1im, q*l/te protnu tmffnft qifatda^ tiUi requ»^t,jf<\rt, 
Po$tea t debeUatis Pertis, Jsiae qvoque principalum habuerunt, Sed 
tamen ii quoquc , etti complurium Uruni dlqUe 'licbrulh* dtihiini 
rini viti, auufnam tame* orbit partehn.intaoUmsrehqmer^nu kam 
de Sieilia, Sabdima et Africa ne contendere quidem coeperunt (Po- 
lyb., Hitt., I). 

(9) Rex Agathoclet cattra in Lybiam trantpor(are,,nflvilivpqMe. fuis \ 
frvmenti ^Sardinia e^porttitionem Poen.it iptwcJ^derp . pUUur. \ 
Diod. Sicul., Bibliotk. hitt, lib. XXI (ann. U. C. 447). ' ..t 1 
A$)..Qf* Carthqgiptntibvt fodem atmojpedut fe^o r^atfrm .- | 

Hitt. , IX, 43. Di quesfe terzf >raM»t»» phe,(« conchki$o n^, 44^f 
di B,o«a (3#5 av. G, „C. )> <# cfae riguardo al(a Sar^egna c;Qnlepeva 
prababiltDepte Ie #te,«ae.,poo«li^«sni <dei 4v» pr^ecedei^ ^ noix e v ^ta^a ■ 
fatta da Polibio wenxwae veruua, ,Para an*i,,qhe ajli lo abbja to- 
tatmeate, jgnmato, noiche ^of^^Ilo. deAirtp^jjH.i^^^^.^fl.) I 
che f* A seoondo ( ved- sopr. pag,,40, cqt v l 1 «. 3 a ), wpprja, immediator 
weute (Wwt, III, S5) 1'altro iptefvenntyfra Jle djae ^ep,ubaj|cbe. ! 
Umpo di P«ro, il qujiVo iu eertanjen^e. il ^^.quar.te^cBj^H-at^ fra.^ar- | 
taginesi, e i Roaaui. Diodoro Siculo acrave e^eneamente (fiifolioth,- ■ 
hitt., XVJ, 69.) «be q»est , aHieaBaa\.del;447 .( U,.,Cy,)ifnA'la.prima sli- i 
polata tra Cartagiue e Roma; « il ■> Dqdiwetlp neWa Gronologja, di 
DMBigi AiicawajBO copfqndft (catt» «aconda deir.anoe 407. gj^ 
jmentorala,. • . . ( - .:•,.•! ',:>..: -,; ,, ; , . -;i ; ,■; „ .,. j 
. ■(<%) jQpiim t #«toit9«WVlii9r&*r U- ^<Ffpri,.«n^:r^t.,i^m., j 
.1, 1«. - Jtutrop,, Breviar* hiti. tom* Jt^, ,*<t, t?.^ ti Di«nj«. Haliqaro,, ; 
BaxerpU, pag, 709. r ^paaT,!,, fe/n. ft, «ijet seqq,-, | 

edit. Basil., ann. 1557. ,! -. .j j;, ■, _,-,;•-; • . _. w v j 

■(fi) tnter.eaOfitgoi dnm^thaginimmm, <in wvMiMm- R<m«*orum . 
mn. t-vtnm, .vigmti novtfcu* ; titoqm* ,,,matum-, ■ a4ft\t.: , -j , petfe t*fM*¥ 
Cattkaaimemiet adfirmam i,qu«d,:b,elium in- Hqlia ^ fettegri^^ge 
paterentm., Qb qwnt catuttm m»*um u.t t ,quaniqm c&txno hiaitfi 
oppmgnarentvr, exUtmit <wMw;M!M»tor rfratiae «wa^^hr- 
ihtgmtnmbvt acfa», fumliaqm vemma. - Juatw^ flif)ier., xviH. e. 

(0) .. . H-.E» *eUo , quHrad^m #i*r»*««»i lCHf^^/W*- ; 

nientet C. ac XXX navium clastem in praesidium JfonumiA Q/stiam > 
mltro mm nisimmt , matui plaeuit, bgutat- aa~ l duAem> eamnm. >*•« , 1 
V*t Hce*ettt„ popuium RomanumibeKa tutpipef* so<itttie^am e ifvo 
mHitt gtrert pMtet .{ promde dmttm Cm tkwmm.. rmhtf ^m- r 
Valer. 'Max., fatf„menwr h Ul, 10,, , j- t < . ,■,',-■. 



fu daU'altro non menp audace e ^perba, e preouncib fin 
d'allora le famose riyaliUt e gli sdegni cae doveano dividere 
per,sempre le due nazioni. Ne aspegnere questo mal seme 
di futnre discordie bast^» la rinnovazione degli anticbi patli. 
qnindi segiu> fra, le dqe repubbliche C), poicbe il desiderio A.a k. ^. 
di dominar solr in ; ltolia rendea i> Romani intolleranti dcl 
punico ingrapdjroento; o mentr'essi proferivano in pubblico 
paroje, di amicizia e di pace, spiayano in secreto le qcca- 
siDni d';infrangere Jadata fede, e di, opprimere colla forza 
Uodiata Ipro.rivale. fi divuteajto dairistoria I' ingiusto pre- 
testp della difesa dp?j Mamer*ini ( 8 ),, cbq'diede origiue all^ * c - N -? 6 4- 
pnma guorra, punicai .Jri questa lotta di ventiquattro aunj, 
m put Rcpai^^tagine, avide ugualuiente d'impero, m 7 
spro alja prova tu|to ci6 che ppt?ano suggerh-e Tarte, il 
vaJore „e rardimenjo, la Sardegna t soffri alternatiyamente i 
danw' dfti; yinli e 1)? ire dei ;vipc|tpi;i. L. Cornelio Scipione, 
debetlate per teraa e per mare le armi puniche -®X 0 fatte J ^^f' 9, 
ad^jmone cbe pon>V»!Uella.ba.lfaglia Je fupebrionoranze Cio), 
recavasi in mano e disertava la cittk d'01bia (»); e atterriti 

,(?) # tocietatem eum Pyrrho populut romanvt\ aut tarthaginiensit 
'"W** foederit legihit uterque , ut ri qfeptfriut ditionein hottit 
tnvaterU, mvicem dbi ferre opem licta^ ytry ppus auxilio habucrint. 
Navet a.Carthaginiensibus praebenlor, et dd iter et ad prqelium tti* 
pendia tuit utrigue danto. farthaginientet eiiam mari, s\ opus fuerit, 
auxiliantor ; socios navalet nemo invitot navibus exire cogiio. JPolyb., 
Hitt., III,; 36. In qneste trs(ttato (conehiuso ne) 277 ,avantL |'cra vol- 
gaye) furooo, coine V/ede»|, rinnovati ipa,tti dei tre precedenfi; e 
Pplibio. percio contentpesi di riportare k| poche condiBioni ehe vi 
si leggono aggiunte. Riferiace, ppi Jo stessp istorico le forme pubr 
bliche ceUe quali.queste e le «uitecedenti alleanze furone seienne.- 
raenfe ginrate, secondo gli usi delle due nazioni; e soggiungel 
che, al suo tempo consecvavansj aneora nel tempie di Gjove Capir 
tolino, nel tesorp custodito dagli edilj , ,le lamino in bronzo . sulle 
qoali erano scriUe Je suddette com^enzioni poliliche. U p^ anticf 
dei sardi annalisti afferma colCaulorila di Zonara , clie i Romani 
ed i Cartaginesi siano stati mossi a conch|ndere questo quarto trat- 
talo dal timore che Pirro recasse ad eflfetto il desiderio d'invadere 
la Sicilia e la Sardegna .(Ved. Fara, be reb. eard., l, U8); ma io 
non trovo negli antiqhi sorittori racmoria veruna di questp divisa- 
jmeptp del re epjrola ip riguardo alla seconda di dette isole; e 
quindi opinp che al yero ; passaggio di Pirro in Sicilia riferito da 
.jW»p)fi da fii"s,»ino (XVIll, 2), da Appiano A.lessandriup 

(/n Setect. Fulv. Urtin., pag. 1217, edit. Amst.) e da l>l,utareo frVit. 
Pyrr-, |We> 396) siasi aggiunto pe^r induzipne., ch'cgli,aye$9e ancora 
in animo di occnpare Sard^egna. ., ..„ . . % 
'. (8) jfqlyb., /f«« v ;iib. I^ cap. II, VII, VUl, X..- Dipdor. Sic, 
BtyW^Mttr, Ex&rft,$\^\* XXUl, pag. ^14 - Flor,.,, Epitom. 

f;W*-jitVh,-,IIv?aR, II A Liv.j Epitp^ ct supplem. v \\l, „1.0, 22. 
^^(•j.iPar^v^Kj^ et.Lucio Cornelio Scipwne 

ffl^lflM a }\LfqMno^^ pro Sardis 

;^ffW^, < ^ M ^ , W :*Wf^» f r *4y* pr^efixerunt , gui a Scipione 
MWlfpv^fw» /WfV^t^W^^f? ipte.c^is^titrimii hpttibut, te im- 
.iR^)uie t .i6iatift itfafa^.ai, (Oraf^,;<V f '8V: ( ; . . "• 

..itilU)-^» (^rn^ut t cfif^ pri^ bello, cum Olbiam oppidum 

SQepUtet;, pro qu^ifortfttime dimicans Hanno dux Carlhaginiensium 
.pp#ideral_ t .ff(^s«Y'^^« s ^q^a««|i9 tuff^ampto funere, exlulil , nec 
dubitavit hostis exequMt .fnte^eelebtw^^ .tum demvm victoriam apud 
^fyos et apud ^mninet, minimum invidiae. hqbituram crcdcns , cum 
.plurimum hwnanitalit, hpbuitseL, Valcr,. J^ax,, Dict. factov. memor., 
4,, .8- iJ.lnma.nU.i e Ja generosita ,di. Scipioife, n,er dare splcndida se- 
pqttura alie apoglje niprtali di Annone. e oucb,e rajnmenlala da Silto 
Italico in quella parte del suo poema in cui descriyc i,,trionfl dei 
IVomani sopra i Cartag|nesi,,cbe il grande K Ajonibatc vide dipinti 
n^|poi;Uci Ji>LUernp:, , ,, , '- '. ■■ ■ 

Cernit et extrcmot defuncti civis honqrfs. ' , ... " 
••m. v.i • , , v ^m^Hm f*!&ratM fanercu Poeni, . , 
,»«>Tv.f.-v.«- t 88|doe «^cfor fftra , ...... Vft . , ,. ., . ,.,, v . 

-i!>i..n -t,:i . ; .,j • ;,.,-,.,} :> ^»H'c«r r , vi,,.67q.e seg. ,. . 
„yed. pur^s Epitom^et t tuffllem..fy,j XV«, 29. , ^ 
. iu Cl.t),Z*ieio. fyrtuilio: Sctpione ,, guum. ^.^jjWo. tubur bana csset 
-Sopv!^ r<*man\ pro<(ineia , terpettfc laiiut, bellp ( P, u! ) Sardinian) 
wnexamgue Corrifqtn\t*;qntil. Oljjiae ib%, hifijkriae urbis cxcidio 
ine^& 4ertyt ,,afyoguf omni terra, mqn, Poenfis repurgavit , 'ut 
iam rictoriae nihil nit\i Afr,iea, ijm rcstajlvt.^ ( Flor. , Epitovfi. t rer. 
raman.,, lib. $\, cap, ■11,,^, 15, e 16. - Epit rt tupptcm Liv., loc. ci». 

tl 



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13 



DISSERTAZIONE 



A.C. N. »51. 
U. C. 4*5. 



poi in molti altri scontri or colla forza , or colle insidie i 
a.c. w. »m. nemici , trionfava solennemente dei Sardi e dei Carlaginesi ( J ). 

U. C. 494. 

Lo stesso onore del trionfo accordavasi un anno dopo al 
console Caio Sulpicio (*), il qaale avea felicemente combat- 
tuto contro il vecchio Annibale, che 1'avverso destino faceva 
quindi morire in Solci dai suoi soldati medesimi barbara- 
menle crocifisso ( 3 ). E quanttinque le sarde e le puniche 
uc 495 15 '" ^ 03 ^ 1 " 6 ' g u 'date da un altro Annone, insorgessero poco 
stante nell'isola contro i romani vincitori W, ci6 luttavia 
ne fece migliore , ne condusse a salvezza la vacillante for- 
tuna cartaginese. II famoso Atlilio Regolo prostravala nel- 
uc 561 1 anno seguente con memorabile sconfitta W ; e prezzo della 
vittoria cbfedea tra le altre condizioni la cessi6ne della Sar- 
degna ( 6 ). Ricusarono i Cartaginesi di abbandonarla , e 
inaspritt della superba rlsposla del cbhsole romano, che 
ammonivali a sapervincere 0 a saper ubbidireftmemfam, 
aut vincentibus obtemperandum esse (7)j, elesseto di conti^- 
nuare la guerra, anziebe a patti cotarito duri e vergognosi 



(1) C. JquiKo Floro, L. Scipione Coss. (A. U. 493), Scipio Cor- 
sicam et Sardiniam vastavit, multa mUlia inde captivorum abduxit; 
triumphum egit. Eutrop., Brev. hUt. roman., II, 30. Di questo trionfb 
leggesi eziandio nei supplementi liviani: Triumphavit (Scipio) de 
Poenis et Sardinia et Corsica ante diem Vidus martias, quum ma- 
gnam ex insulis istis praedam et multa millia captivorum adduxisset. 
I fasti capitolini ivi citati indfcano inoltre Pannd del trionfo, che 
fu it 494 di Roma: L. CorneHus L: F. Cn. N. Scipio, C. JquiHus 
M. F. C. N. Florus; L> Cornelius L. F. Cn. N. Scipio consut dc 
Poenis et Sardinia et Corsica anno CCCCXClV, V id. mdrt. (Ve& 
pure il Pighio , Fasti magistrat. romahor. apud Graev., Thes. rom. 
antiq., vol. XI ,' col. 887-38). Quali poi fossero le insidie colle qtiali 
Scipione, dopo Fespngnazione d'Olbia, occupb Varie altre citta sarde, 
pnb vedersi negli Slratagemmi militari di Frontino (lib. III, 9, 10, 
edit. Venet., 1574 5n-4°) citati dal Frelnsemio (Epist. etsupplem. Livi, 

xvii, 3i). ■ ■ ' : 

(2) Censuram hoc anno (495 U. C. ) C. DuiHus gessit, Janique 
templum apud forum Olitorium slruxit. triumphi dehinc duo spe- 
ctati : prior C. Aquilii Flori proconsule de Pbeneis' a. d. IVnonds 
octobris; alter C. SulpicH consuli* db' Poeni* <ft gardis a: d. Itl. 
nonas. - Epitom. et supptem. Liv., XVII , 37.' )l tribnfo di Sorpicio 
e inscritto nei Fasti colle seguenti parole; C. Sulpicius Q'. F. Q.N. 
Patercvlus Cos. de Poenis et Sardeis an. CDXCP III non. oct. (Ved. 
Pigb., loc. cit.). ' ' 

(3) Hannibal ..... cum classe (carlhaginiensi) »t quibusdam ctdris 
triremium ducibus in Sardiniam mittitur': Hic , paucis post diebus; 
a Romanis in quodam portu inchtsus , classem fere omnem amisit : 
ipse per hostium manus dUapsus , mox'a Cdrthaginiensibus , qui 
evaserant, captus et crucifixus ' oceiditur. 'Romahi, utpote qiii iam 
petago dominari coeperant, omni studio Sardiniara invasere (Poryb., 
Hist. , lib. I). Polibio non dice qual fosse if portb delta Sardegna 
in oui Annibale fu rinchinso dai Romani : ma si ha da Zonark 
(Histor., iib. VIII) che fu il porto di SOlci. ll Treinsemio, se^uendo 
la di lui autorita, dice: Hannibal, desperato teneri portum posse, 
in oppidum Sutchos se contuierat : ubi seditione orta comprehensus 
a Carthaginensibus , qui eodem ex pugna confugerant , quod etus 
temeritatem et stulHHam cladis suae causam fuisse dtcerent, crucique 
affixus periit. (Bpitom. et supplem., loco cit.). " 

(4) Sed haec victoria (C. Sulpicii) Romdnis paullo post detrinienti 
nonnullius caussa fuit : quum enim sublato classis punicde metu ih 
vastatione agrorum comtemptius et securius versartntur; improviso 
Poenorum Sardorumque incursu , Hannone quodam duce , fusi suht 
(Epitom. et supplem. Liv., loc."cit). .' 

(5) Flor., Epitom. rer. rom., lib. II ; cap. Il, S§ 17^ 18, "19, 30"e 
21. - Eutrop., Breviar. hist. rom., II, 31. - Epitom. eisupplem. IAt>., 
XVIII, 17, 18, 19' e 30. 1 1 " * 1 

(6) Sicilia et Sardinia tota cederent , R6mdnis captivos gratis red- 
derent, suos pecunia redimerent, belli sumptus bmnes restituerent , 
praeterea vecUgal annUum 'pendereHi: Queste furono le prime condi- 
zioni proposte da Regoib; 'e pof ■ aggiunse' queste altre noh meno 
intollerabili : eosdetn cutH populo tomano hostes amicosque habetent: 
he navibus longis praeterqudm una uterentur: Romanos autem, quo- 
tiescumque significatum esset, triremibus instructit quinqudgihUi 
iuvarent ( Dion. Cass., in excerpt. Fvfo. Urs., h. 8, pag. 37*-T7. - 
Zonar., Histor., tom. II, pag. 59, edit. Basil.). 

(7) Zonar., loc. Cit. - Epitom. et supplem. Liv., XVIII, 21. 



A.C M. »4o-3S 
U. C 5i»-5i4. 



comprar la pace ( 8 ). Ma la gnerra torn6 ad essi nuovamente a.c. v. ^». 
fatale. Lutazio Catulo riporto sulle navi loro una completa 
viltoria ( 9 ). La flotta punica lacera e sconquassata ingombro 
col suo naufragio il mare sardo e il siciliano ( 1Q ) ; e tanto fu 
il danno, che la fiera Cartagine, spenta quasi al tutto sulle 
onde C 1 ), perde colla Sicilta Ie altre isole poste tra la Sicilia 
e Tltalia, e tntta sopporto nei patti che le furono imposti 
Favarizia e 1'insolenza dei vincitori ( 12 X La Sardegna che a.ci». »\». 
rimaneva ancora sotto il dominio cartaginese era quindi af- 
flitta dai soldali mercenarii ( 13 ). Sollevatisi costoro, come-in 
Africa, traevano a morte Rostare e Anoone; e i Cartaginesi 
tntti dimoranti nelfisola spietatamente uccidevano. Mai voi- 
lisi poi: contro i Sardi, e in mal punto provocandone Ia pa- 
zienza e lo sdegno, furono da essi cacoiati in fuga, e abban- 
donando la terra che aveano conlaminato co' delittiie col 
sangue, andarono qua e Ik dispersi a rioovrarsi in Italia. 
Per idem tempm, dice Polibio ( l4 \ conducti miHtes, qui SnM- 
diniam cuslodiebant , Matkonem ac Spendium imUati, Car- 
thaginienses omnes qui in msula erant invadunt, Sostarem 
duoem, ac reliquos qui cum eo erant, m arcem adduotos, paullo 
post obtruncant .... Misso, denique tn Sardihiam cum> 
exercitu Hannone duce, conduoH milites una cum veteranis 
tn eum esel&mplo conspirarunt , ieinde magnis eum affliyentes 
cruciatibus, crucifiaerunt. Poslea reliquos Carthaginienses qui 
erant in insula cunctos ocddentnt, omnesque dehinc atces et 
locai occupantes , eisque dominantes , seditione aUer ipsos ; 
Sarbini.IeQue incolas orta, in ItaUam ewpulsi sunt :, . 

Hune in modum SArdinia Carthaginiensibus rebellavit. 

Sorgente dimhovt mali rarono a Cartagine o«les*i,6tranieri 
domati in Africa e sterminati da Sardegna. L'isola, piu non 
avendo ctu la. reggesse, sollevpssi a pensieri d jndipendenza ; 
e i mercenarii, bramosi di ritornarvi , ne da se soH poteadole, 
iuvitaropo i Romani ad occuparla ( 15 ). Gratissima fu lapro- 
posta, oe mai piu dolce alle romane orecchie suono 1'invito 

- >'! , \n> ... . • 

(8) Polyo.,' Hist., I, 31. 

• r <9) Flor. , EpU. rer. roman. , II, 4. - Entrbp. , Brev. Mst. rom. , 
II, 37. •''' - • ' ■'' 

(tO) Itaqut momento temporis laceratae hostium '( i. e. CaHhagi- 
niensium) rates , totum ihter Siciliam Sardiniamqne pelagus nau L 
fragkcfsuo operuerunt. Flor., Iv6. bit., j'36: • " • 

(1 1) Tdnfa dehique fuit ilta vittorta, ut de excidendis hosthm moe- 
niius J 'non quaereretur. Supervacuwin tUum est in arcem murosque 
saevire, quuni iam in mari etset deletd Carthdgo. Flor., loc. cit., J 37. 

(13) Le condiziofli della pace furono le segoenti : Cnrihaginienses 
Sieilia et omnibur insulis , ; quae inter ItaHam tt SicUiam silnt, de- 
■cedunto : uiriut fopuli sqcii ab vtroque populo tuti sunto : neuter 
fn aUerum populi ditione quidquam imperato, neve pubHce aedificato 
but niiKtem c&MtUcito : atterius pOpuK socios neutH in amicitiam 
yecipiunto. 1 Cdrthaginienses ut intra dcctm annos duo mitlia et du- 
cehta talenta conferrent, mille sine ihora dJarent. Captwos sine pntio 
'Rdmanis Cehrthaginiehses reddenni (Polyb., Htst, fll, 37). Ved. pwe 
lo stesso Polibio, lib. I , cap. LXII. - Cornel. Nepot., in Hatmlcar., I. 
-Valer. Maxim., II, 8, 3. - Appian. Alex., Fragm. apu4 Fntv. Drs. f 
Select. de legat., num. 18, pag. 365. i- Eutrop., BreHar. hist. rom., 
II, 27. - Orbs., IV, 11. -'Awrel. Vfct. N De tnr. <M.» cap. XLI. - Zonar:, 
Hist., tom. II, pag. 64-65, edit. praed. > 

(13) La guerra ebntrb>i> wMati mercenarii ribellatis* a Cartagine 
ebbe' prmcipio appena termmbt hv prima goerra pnnica (tt3 V. C). 
Polibio dice «spressamehte che dur^ tre anni e quattro naesi aU'in- 
circa X Hist., lib. I , bap. ult: )>; Tit» Uvto la fa durare ctnqne anni 
{Histbr., XXI, 3); e Diodbro di SkJiHa (Fragm., lib. XXV, ap. Hoesoef., 
pag. 169) quattr» anni-e qnattfo mesi. Mb per qoanto si riferisce 
aUa Sardegna, bbrt fu piu langtl det tempo assegnato da Polibio. 

(14) Hist.; 88. 

<15) II TOtard ne^suoiCofhwUaHi su Polibio (tom: II, p.44 e 45, 
edit. Amstelbd. ) pretende che Uistorico greco sia cadvto ta una 
grande contraddizione nel raocontare qaesto invitofetto aiRomani. 

• Se e vero , egli dice , che i soldati stranierf forono cacciati da 



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* 



PRIM A. 



di usurpare i dominii altrui. Avida d"ingrandimento, e 
sespettosa delle anni che i Cartaginesi apprestavano per 
ridurre i Sardi all'antica obbedienza 0), Roma Tu sollecita 
a cogliere un'occasione che favoriva opportunamente i suoi 
ambiziosi disegni. Non la pace recente, ne la giurata fede 
la rattennero ; ma l'una. e lallra violando , e ad enlrambe 
preponendo 1'uiilita propria , uso un tratto inescusabile di 
perfldia politica per ispogliare la sua rivale di una posses- 
sione gia da gran tempo invidiata (»). Mandb pertanto dicen- 
dole, si kslenesse dagti arraamenti, o si avesse novella 
guerra. Spaventala dairimprovvisa minaccia, oppressa dai 
sofferti disastri, e inabile ad affrontare 1'ingiusta procella 
che 1'antica sua alleata le appareccbiava , Cartagine cede 
fremendo alla sovrastante necessila. E poicbe non la ragione, 
ma 1'ambiziosa voglia di possedere h Sardegna avea spinto 
i c. 5.5. 31 ' ' ^ oman ' a colanta enormita, sforzata da estremo caso, spo- 
gliossi ancora di questa indocile terra, e con mille dugento 
talenti 'di soprassoma la posc in mano ai suoi fortunati av- 
versarii ; funesto pegno di future contese e di terribili guer- 
reggiamenti (3). Cosi, dopo tre secoli di travagliosa domi- 
nazione , la relutlante ne ancor pacata Sardegna scioglieasi 
dall' africana per passare all' obbedienza della latina re- 
pubblica. 

• Sardegna, sccondo afferma Polibio, comc mai lo stcsso scrittore 

• narra in appresso che gli stranicri deU'isola vennero volontaria- 

• mente ad oflrirla at Romani? Dunque quei soldati stanziavano 

• ancora in Sardegna , e non erano slati tuttavia discacciali dai 

• naturali del paese. » Ma Y argomento di quelT ingegnoso com- 
mentatore e fondato in una traduzione infedele di Polibio fatta dal 
P. ThuiUier. QueU' istorko non ha mai detto che i soldati merce- 
narii di Cartagine siano andati spontaneamente a Roma per offrire 
ai Homani la Sardegna , ma precisamente che i soldati slranieri 
rifugiati presso i Romani invitarono quesli ultimi a tentar 1' isola 
colle armi. E sebbene soggiunga che i Carlagiuesi allestivane una 
flotta per veleggiare a Sardegna, e punire i ribelli , egli non parla 
in quel luogo dei soldati stranicri , che piu non vi erano , ma dei 
soli Sardi, iquali,dopo la espolsionc dei primi,si erano sollevali, 
e tentavano scuotere il giogo della repubbuca (ved. Polib., loc. ciL). 
Ed ecco la contraddizione che il Folard chiama epouvantable , et 
a peine eoncevable. • 

(1) Uno dei pretesti allegati dai Romani per coonestare Tingiusta 
guerra minacciata ai Cartaginesi furono appunto gli armamenti, 
che quesli nltimi facevano contro la Sardcgna : bellumque Poenis 
decretum, ni armti , quae in speciem adversus rebelles suos, re au- 
lem vera eontra Romanos sumpsissent , abstinerenlur ( Epitom. et 
supplem. Liv., XX, 6). Prima di questo ne avevano messo m campo 
un allro, che appariva piu ragionevole, perciocch6 s'iraputava a 
Cartagine di aver fatto prigionieri quei mercatanti d'ltalia, cb'erano 
stati colti dalle sue navi di guerra, mentre trasportavano viveri e 
munizioni ( forum rerum venalium ) ai di lei nemici , di ritenerne 
ancora un gran numero strelli in catene, e molli altri averne spo- 
gliali ed nccisi : negotiatores spoHabatis (cosi accusavala Calone), 
et ut scelus lateret , mergebatis in mare ( ved. Appian. Alex. , De 
bellis Punicis, pag. 7. - De bell. Hispan., pag. 437). Ma siccome 
questo motivo era mal fondato (Polyb., Hist., 111, 28), e i Carta- 
ginesi altronde, per togliere alla loro rivale ogni appicco, restitui- 
rono subito in liberta i cattivi , che tuttavia ritenevano ( Epitom. 
et supplem. Liv , loc. cit.); percio, messi da uu canto tutti i rispetli. 
e guidata dalla sola ambizione, Roma denunzid la guerra a Carta- 
gine per obbligarla alla cessione della Sardegna. 

(3) Polibio medesimo , encomiatore assai diligente delle glorie 
romane , non ha potuto disconoscere (aie verita , e accusa Roma 
dingiuslizia ; e dice, che la violenta cessione della Sardegna fatta 
dai Cartaginesi fu poi la vera causa della seconda guerra punica 
(Hist., 111, 10 e 38. - Ved. pure Epitom. et supplem. Liv., XX, 4). 

(3) Brevi ma onerosi furono i patti di questa cessione , ed eccq 
come Polibio li riporta in poche parole : decederent Carthaginienses 
e Sabdinia, et mille alia ac ducenta talenta conferrent (Polyb., Hist., 
111, 97 ). Un' egual somma era stata promessa tre anni prima dagli 
stessi Cartaginesi nel trattato di cessione della Sicilia (ved. sopr. 
pag. 41, col. 3 a , not. 12). E skcome nei preliminari della pace , se- 
gnali da Amilcare Barca edal consolo Lutazio (Polyb., Hisl, 1,63), 



43 

III. 

PERIODO ROMANO. 

Proceflosi e pieni di molte stragi furono i primi anni 
della romana dominazione. I Sardi, intolleranti del Duovo 
giogo come stati lo erano detTantico, ribellarono freqoente- 
mente, bramosi di vendicarsi in liberta. Ma i loro sforzi, 
quantnnqoe ripetuti e generosi, non conseguirono giammai 
un fine cotanlo giusto e desiderato. I Cartagine^i, solleciti 
ad incitarli, ma impotenti a sostenerli nelle rivolte, cedel- 
tero il campo alla prepotente fortuna di Roma (•*); e Roma, 
opprimendoli colle armi , li ridusse finalmente ad un intiero 
servaggio. Le memorie di queste prirae telte tra i Sardi ed 
i Roraani occupano lo spazio di quattro lustri, ed io le andr6 
qui appresso raccogliendo come trovansi registrate negli 
scriltori e nei monumenti della romana istoria. Eutropio ci 
lascio il ricordo dcl trionfo- della Sardegna menato da Tito *.c. n. 135. 
Manlio Torquato, e della pace quindi seguila in tutto 1'orbe 
romano ( 5 ) : T. Mmlio Torqmto , C. AUilio Bulbo Coss. • 

erasi parlat» espressamente di talenti di Eubea, si deduce da cid, 
che i Roraani, non contenti di aver spogliato ia loro rivale di 
un'isoiacosi importante, come la Sardegna, la costrinsero eziandio 
a sborsare nel coniesto 1'iHgenie somma di 8,400,000 sesteni, giac- 
che ogni talento euboice valeva sette mila sesterzi di moheta ales- 
sandrina (ved. Appian. Alexand., Fragm. ap. Fulv. Lrs., Select. de 
iegat., num. 18, pag. 355). 

(4) Dappoiche i Romani necisero in carcere M. Claudio Glicia, 
autere d?una pace vergegnosa stipnlata coi Corsi nel 337 avanti l era 
volgare (515 U. C), questi ultimi ripigliarono le armi, e si attesta- 
rono co'Sardi per resistere aU'esercito guidato contro loro da 
C. Lieinio Varo. I Sardi erano stati a cio indotti dalle segrete pro- 
uiesse de; Cartaginesi (Zonar., Hist., tom. II, pag, 6C. - Oros., IV, 
13) ; i quali poro, appena udirono i preparalivi che si facevano in 
Roma per rinnovare la gnerra , inviarono i loro legati al senalo , 
ed impetrarono ia pace: Carthtfginienses tum bcllum rcparare tcn- 
tabant, Sauhnienses, qui ex conditione pacis Romanis parere de- 
bebant, ad rebellandum impeUenles. Venit tamen legatio Carthagi- 
niensium Romam , et pacem impetravit ( Eutrop. , Bre\ . hitt. Rom., 
III, 9). SHfatta legarionft trovasi piu minulamente riferita da Dione 
Cassio (tn ejccerpt. 1'ales., pag. 693 e seg.), il quale narra, che la 
priraa voita i Cartaginesi non ottennero dai Romani alcuna favore- 
vole risposta ; ma che poi , arendo essi inviato dieci dei principali 
loro cittadini, ut impctrata semel pace ° frui lictrtt , il giovine An- 
none , ch' era uno dei legati , parlo cosi liberamente e intrepida- 
mente, che ridusse i Romani ad essere pMmansneti, e ad aocor- 
dare la paceaddimandata. Le parole di Annone, secondoqueU'istorico, 
ftirono le seguenti: Atqui m vobi* stdet denegore pacem, Romani, 
qnam non in unum aut alterum annum, sed perpetmtm « vobis emi- 
mut, pretium eku Siciliam et Sardiniam reddite .- ne prwatis qvidem 
contraclibus viri boni eit, emptione rescissa, recipere mereem, non 
restituere pecuniam. 

(5) Al trionfo di T. Manlio Torquato, che fn celebrato ante diem 
textum idus Martias dell'anno di Roma 518 (Fast Capit., ad d. ann.), 
il Freinshemio nei suoi supplementi a Tito Livio fa precedere la 
spedizione di T. Sempronio Gracco nel 615 U. C. (837 A. C. N.), 
e riferisce a tal (empo 1'origine delPingiurioso proverbio, che vol- 
garmente credesi applicato agli schiavi sardi: ex Liguria deinde 
(Gracchus) transmisit in Sabdiniam et Corsicam , magna inde capti- 
vorum multitudine reportata, locum proverbio dedit , quo Sabdi vb> 
nalbs 4iicuntur in fastidiosa rerum vilium copia (Supplem. Liv. , 
X, 3). Ma l'autorita di Sinnio Capitone (ap. Fest., I. XVII, de verbor. 
signific), che e la sola su cui egli si fonda, va soggetta a doe no- 
tabilissimi errori storici. E il priroo , che T. Sempronio Gracco , 
socio di PubUo Valerio Faltone ncl consolato , abbia trionfato dei 
Sardi ; e il secondo (e consiegue dal precedente), che da tale trionfo, 
e dalla moltitudine dci prigionieri condotti da Sardcgna a Roma , 
sia nato il proverbio Sardi venales. I Fasti Capitolini e gli antichi 
scrittori del Lazio non fanno menzione veruna di questo sopposto 
trionfo del 515; e pare verameute assai improbabile, che nelFanno 
medesimo in cui i Cartaginesi cedettero la Sardegna ai Romani 



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44 



DISSERTAZIONE 



(A. U. 517) de Sardis triumphatum est, el pace omnibus 
locis facla, Romani nullum bellum habuerunt; quod his post 
Romam conditam semel tantum Nunta Pompilio regnante 



con un solenne trattato politico (ved. sop., pag. 43, col. t"), abbiano 
i secondi avuto il lempo ed i motivi di muover guerra ad un'isola, 
che allora appcna incominciava ad esser» sotto- la loro potesta. Le 
ribellioni dei Sardi contro i Romani furono tutte posteriori a quel- 
1'anno. La piu anlica b collocata da Eutropio tra i consolati di 
L. Cornelio Lenlulo con Fulvio Flacco (515), e di T. Manlio Tor- 
quato con C. Atilio Bulbo (517); e questa essendo stata un semplire 
tcnlalivo di sommossa, anziche una ribellione formale, fu soffocata 
scn7.'armi nello stesso suo nasccre, col solo uffizio dci legati car- 
taginesi, cbe impetrarono la pace (Eulrop., Brcv. hist. Rom., III, 2. - 
Ved. sopr., pag. 43, col. 2 a , not. 4). L'allra, che segul appresso, 
nacque dopo la guerra conlro i Liguri, come si raccoglie dal sud- 
detto Eutropio (loc. cit.) e dalla stessa Epitome Liviana (lib. XX); 
e fu apponto per comprimere quesl' ultima che il senato decreto 
la spedizione di T. Manlio Torquato. E chiaro adunque che non 
si poteva mcnar trionfo di ribellioni e di nemici, che tultavia non 
esistevano ; e per conseguenza e assai manifesto, che Sinnio Capi- 
tone confuse T. Sempronio Gracco , console nel 515 in compagnia 
di P. Valcrio Faltone , con Tiberio Sempronio Gracco ch' ebbe il 
consolato nel 575 , e che due anni dopo Irionfd solennementc in 
Campidoglio delle vittorie da lui ottenute sopra i Sardi. La stessa 
osservazione leggesi nell'anonimo commentatore di Festo: at Sin- 
nius Capito ait, Tiberium Gracchum consulem, collegam P. Valerii 
Faltonis, Sabdiniam Corsicamque subegisse, nec praedae quidquam 
aliud quam mancipia caplum , qvorum viiissima multitudo fuerit. 
Quod tamen non admittunt Fasti. Nam consules, qui hic referuntur, 
fuerunt anno DXV, is vero, qui trwmphavit de Sardis, anno DLXXVII 
(Aucl. not. in Fest., v. Sardi rcnales). Recaquindi meraviglia, che 
il Freinshemio , uomo per altro dottissimo , non abbia avverlito 
qucsferrore, e che poi, nel riferire il vero trionfo celebrato da Ti- 
berio Sempronio Gracco nel 577 di Roma, abbia datata dal mede- 
simo 1' origine del -proverbio Sardi venales , cui egli stesso aveva 
gia dato un' esistenza anteriore di sessantadue anni , derivandolo 
dai Sardi condotti cattivi a Roma nelFanno 515: Ti. Sempronius 
Gracchus, qui per biennium Sabdiniam oblinueral , tradita Ser. Cor- 
nelib Sullae praetori provincia , reversus Romam , triumphavit de 
Sabdis (A. U. 577). Tantam captivorum multitudinem ex ea insula 
illum abduxuse ferunt, ut tonga eorum venditione res in proverbium 
venerit , et Sabdi venales "pro rebus rilibus vulgari ioco celebrati 
fuerint (Supplem. ad lib. XLI, 95 Liv.). La conlraddizione di questo 
passo colPallro gia riferito piu sopra e cosi manifesta, che non ho 
polulo rattenermi dal notarla , tanto piu che il Freinshemio nel 
supplire quclle due lacunc applico ai Sardi , colla presunta aulorita 
di Livio, un motto ingiurioso, cbe quolP istorico non ha forso pro- 
ferito giammai, che certaraente non consta essersi da lui scritto a 
vituperio della sarda nazione, e che manca in se stessodi giustizia 
e di veriia. Basterebbe invero , per dimostrare la falsita di quel 
proverbio, 1'aver provato, che Sinnio Capitone lo fece derivare da 
un trionfo che npn ha mai esistito , qual si e quello di Ti. Sem- 
pronio Gracco da lui supposto nel 515 di Roma; ma siccorac po- 
trebbesi replicate , cbe dall' avere quell' autore , comunque solo ed 
oscnro, equivocalo per la somiglianza dei nomi , scambiando il sud- 
detto consolo collaltro Ti. Sempronio Gracco, che trionfo dei Sardi 
nel 577, non pud ne deve inferirsi che abbia cziandio errato nella 
verita sostanziale del proverbio; percio dimoslrero altrimenti la 
falsa applicazione cbe ne fu fatta ai Sardi. Plutarco dice chiara- 
mente che un tal provcrbio nacque ai tempi di Romolo , dopo la 
vittoria otlenula sopra i Vejenti. Ecco le sue parole: Triumphavit 
autcm de his (i. e. Veiis) Romulus idib. oclobris (V. C. 36). Cum- 
que magnam captivorum rim abduxissct, fuil in illis Veiorumdux, 
qui vir provecta iam aetate cum esset, rcm imprudenter visus ac 
praeter aetatem impe.rile gessisse: quare el his temporibus cum vi- 
ctimas parta vicloria immolant , sencm purpura indutum per forum 
in Capitolium ducunl , bullamque ad'collum appcndunt, indicium 
atque insigne pueriliae. Pracco Sardiunos vcnales pronuntiat. He- 
Uusci enim Sardianorum coloni csse dicuntur. VeH autem intra 
Hetruriae fines continentur ( in Romul. vit. , § 55 , Lapo florentino 
interpr., pag. 68 , 69, cdit. Lugdun. , 15C0). La stessa origine ci 6 
indicata da Fcsto, il quale scrive: Sardi venales, alius alio nequior; 
ex hoc natum proverbium, quod ludis capitolinis, qui fiunt a ricinis 
pfaetextatis, auctio Veientum ficri soleat , in qua novissimus quisque 
producitur a praecone senex cum toga praetextata, bullaquc aurea, 
quo eultu reges Etruriae utunlur, qui Sardi appellantur, quia Etrusca 
gens cst orla Sardibus rx Lydia : Tyrrhenus enim inde profectus, 
cum magna nianu eorum occupavit eam partem Italiae , quae nunc 
rocatur Elruria (Feslo, I. XVII, l>r vrrb signific, pag. 131, 



contigerat (0. La narrazione di Eulropio h confermala dai 
Fasti capitoliniW, i quali segnano eziandio nei due anni a.c.^i3j 
seguenti ( 51 9 e 520 U. C. ) i trionfi ottenuti sopra 
i Sardi dai consoli Spurio Carvilio e Marco Pomponio 



132). A siffatte testimonianze si pud aggiungere 1'argomento derivante 
dal silenzio di Eutropio e di Floro, specialmente se voglia riflettersi 
che il secondo dei detti scrittori tocc»con asprissime parole il sog- 
getto degli schiavi sardi condotti a Roma da T. Sempronio Gracco 
nel 577 (lib. 11, cap. VI, $ 35); e sombra assai naturale, cbe dopo 
aver egli delto dei Sardi ribelli ch'erano gens contumax vilisque 
tnorti, ne domabili altrimenti, fuorche patrii soli desiderio , non 
avrebbe tralascialo di appellarli col trito proverbio di Sardi venali , 
se ad cssi vcramente il medesimo si apparteneva. So bene , che 
taluni mi opporranno 1'aulorita di S. Aurelio Vittore, il quale dice : 
Tiberius Scmpronius Gracchus altero consulatu Sardiniam domuit , 
tantumque caplivorum adduxit, ut longa venditione res in prvver- 
bium veniret , Sardi venales ( De viris ill., cap. VII ) , e 1'altra di 
Cicerone che scrisse phi acerbamente : habes Sardos venales; alium 
alio nequiorem ( Epist. ad famil. , VII , 24 ). Bla io non credo che 
1'autore delle Vite degli uomini itlustri di Roma possa prevalere a 
Plutarco , scriltore molto piu antico , ne che a Cicerone , nemico 
acerrimo dei Sardi , debbasi prestare maggior fede che a Festo o 
a Plularco insieme ; poiche Vittore pu6 aver ripetuto, senza molto 
esame , un proverbio volgare che riusciva di facile applicazione ai 
vinti e di titoio dr maggior lode al vincitore ch' egli encomiava ; e 
Tullio, nella foga sua di mordere c di sviUaneggiare, pud benissimo 
aver convertito a biasimo dei Sardi un motto che per la somiglianza 
dci vocaboli , siccome dava occasione ad equivocare , cosi a lui 
sommiuislrava opportunita di vilipendere i suoi avversarii ; e sa 
ognuno che in tal rispetto la procace lingua ciceroniana pecc6 scm- 
pre di esorbitanza. Plutarco altrondc, che visse duecenlo e piu anni 
dopo Ciceronc , parla di qucl proverbio per scienza propria , e af- 
ferma cspressamente che anche a'snoi tempi durava il coslume di 
condurre al campidoglio un vccchio schiavo di nazione etrusca ve- 
stilo di porpora, e di gridar 1'asta dei Sardiani venali : Et his tem- 
poribus, cum victimas parla victoria immolant, senem purpura in- 
dutum pcr forum in Capitolium ducunt , bullamque ad collum ap- 

pendunt praeeo Sardianos venales pronuntiat. Pare adunqne 

iudubitato che il riferito proverbio appartenesse in originc agli 
Etruschi , e che poi fosse applicato ai Sardi , o per errore , come 
pu6 dirsi di Sinnio Capitone e di S. Aurelio Vittore, o per istudiala 
malignita , come non dubito affermare di Ciceronc. Cli argomcnti 
poi addotti dal Cronovio (IV, De pcc. vct., cap. X ) pcr provaro il' 
contrario, comunque- siano dotti ed ingognosi, non possono distrug- 
gere 1'esistenza del fatto atlcstato da Plutarco e da Feslo, c quindi 
nemracno 1'anleriorita del provcrbio in discorso alla vittoria otte- 
nuta sopra i Sardi da T. Sempronio Gracco nel 577 di Roma. E 
deve* percid conchiudcrsi, chc lo stcsso proverbio, sebbcne appli- 
cato. ai Sardi dalla mordacita di Tullio, fu pcr6 realmente originato 
dagli schiavi etruschi, ed ai medesimi csclusivamente appropriato 
dall' insolenle superbia dci vincitcri romani. 

^l) Brev. hist. rom. , 111, 3. Dopo questo trionfo di T. Manlio 
Torquato la Sardcgna divent6 suddita, c fu dichiarala provincia del 
popolq romano. Si ha su di cio la testimonianza di Vclleio Patercolo 
e del giureconsulto Pomponio. Scrive il primo : Sardinia inter pri- 
mum et secundum bellum punicum , ductu T. Manlii cos. , cerlum 
recepit impcrii iugum ( Histor. rom. , 11 ,• 38). E il secondo : Capta 
Sardinia, mox Sicilia, itcm Hispania, deinde IVarbonensi provincia, 
lolidem praetores, quot provinciae in ditioncm vcncrant, Crcali sunl 
(leg. II, digesL De orig. iur., § 32). Ma siccomo i Sardi non quie- 
tavano, e quanto maggiore era la stragc chc i Bomani ne farevano, 
tanto piu ferocemente essi insorgevano contro i loro opprcssori , 
percio sembra probabilc che la spedizione del prctore alfisola sia 
stata differita a tcmpi mcno pericolosi ed intranquilli. U Fara (De 
reb. sard., I , pag. 120) ed il Freinshemio (Suppl. ad lib. XX Liv., 
33), appoggiandosi aU'autorila di Solino (Polyhistor., XI), dicono 
che M. Valerio fu il primo pretore di Sardegna nel 526 di Roma. 
Lo stesso affcrmano il Pancirolo ed il Panvinio, nei quali si legge : 
Vtraque (i. e. Sardinia el Corsica) ab uno praetore regebatur. Pri- 
mus Maximus Valerius utramquc administravit. (Notit. dignit. oc- 
cident. imp.) : utrasque insulas (Sardiniam el Corsicam) unus semper 
rcxit practor, quorum primus fuit Marcus Valerius (De imp. rom. 
tit. prov. Sard.). Ma il Vidal (/n appar. ad Annal. sard., 1,80,81), 
fondandosi in un errore del suddelto Pancirolo (loc. cit.), prelendo 
che 1'onore di quella prima pretura debba attribuirsi a C. Flaminio 
il quale nel suddetto anno 526 fu prctoro della Sicilia. 

(2) T. Manlius T. F. T. JV. Torqualus Cos. de Sardois VI idus 
mart., ann. DXVIll (Fasl., Triumph. - Pigh. apud Gracv., Thesaur. 
roman. anliq., vol. XI, rol. 227-28). 



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PRIMA. 



45 



Malo ('). Provocate dalle sedizioni clie i Cartaginesi fomen- 
tavano con secreti messaggi, c che la morte di Publio Cor- 
nelio e di gran parte dc' suoi soldati avea renduto pih gravi 
* e piu pericolose (*), queste consolari vittoric, se ristorarono 
per alcun tempo la fortuna delle armi latine, non furono 
per6 baslanti a spegnere neirisola il fuoco sempre vivo 
della ribellione. 1 Rbmani ne fecero a Cartagine aspre e mi- 
naecevoli doglianze ( 3 ), ne contenti alle parole, spedirono 

jc » »3.-30. nel 524 i consoli M. Emilio Lepido e M. Publicio Malleolo, 
e nel 522 inviarono un'altra volta il consolo M. Pomponio 
Mato per comprimere la baldanza dei Sardi sempre irrequieli 
e ricalcitranli. Lepido e Malleolo non fecero alcuna fazione 
onorata, e ristrettisi a predare le soslanze degrisolani, se 
le videro poco slante ritolte dai Corsi ardimenlosi e feroci. 
E Pomponio, benche a guisa d'indomite belve dosse coi 
veltri la caccia ai (ieri abitatori delle sarde montagne, di- 
sperato di poterli domare altrimenti , non riuscl lutlavia a 
ridurli all' obbedienza della repubblica ( 4 ). Annidatasi in 
balze asprissime e dirupate , la sarda liberta scaldb i petti 
generosi degl7fcst, dei Balari, dei Taratr, degli Aconili; 

tVi^U*' S° ss * nat *, dei Jolesi e dei robusti Pelliti;, e mentre Va- 
lerio ed Attilio (526 a 528 U. C), confidenti nel nome e 
nell aulorild di Roma, ogni altra parte dell'isola romana- 
mente reggevano ( 5 ), ardeva in quei sublimi e selvaggi re- 
cessi il sacro fuoco della patria indipendenza, e prcparava 
novelli e famosi avvenimcnli che doveano immortalare 
reroismo benche infelice dei nostri padri. 

(1) Dalle tavole capitolinc citate dal Freinshemio (Smpplem. ad 
lib. XX Liv. , 14, 17) si ricava cbe il trionfo del eoosolo Carvilio 
ebbe luogo a. d. kalendas aprilts , e I' altro di Pomponio idibut 
martiit degli anni sovra indicati. Lo slesso si legge nei Fatti pub- 
blicati dal Pighio , nei qoali quei due trionfl trovansi inscrilti in 
questo modo : Sp. Carvilius Sp. F. C. N. Maximus cot. de Sardeis 
ann. DXIX, K. aprilit. M. Pomponiut M. F. M. N. Malho cot. d» 
Sardeis ann. DXX, idib. mart. (apod Graev. , Thes. rom. antiq. , 
vol. XI, col. 997, 928). La viltoria di roroponio dovette essere molto 
importante per la paciOcazione, almeno temporaria, della Sardegna, 
giaccbe i'onore delle trionfali non si vede d'allora in poi accordato 
a verun allro per le guerre sarde lino al 577 di Roma. Quindi non 
pare irragionevole 1'opinione del gia citato Pancirolo, il quale dice 
che la Sardegna fu fatta prima populi romani provincia a M. Pom- 
ponio anno urbit 591 ( Nolit. Occident. impcr.). Anche il Micali la 
soppone ridotta stabilmente alla condizione di provmcia nelPanno 
593 (Varroo.), sotto il consolato di M. Pomponio Mato e C. Papirio 
Haso ( Ultalia avanti il dominio de' Romani , part. II , cap. XI\> 

(3) At Romani , bello dilato , Sardos dicto non audicntcs adorti 
vicerunt ; qui deinde a Carthaginicntibut clam ad rebelHonem tn- 
cilati tunt. In Sardiniam P. Cornelium aedilem miserunt (Romani). 
Sardos nil modicum animis agitantes, Carvilius ingenti praelio tu- 
begit. Cornelius enim et mulli militet morbo perierant (Zonar. , 
Annal., lib. VIII). 

(3) Quum horum motuum cauta penet Carthagmientet ette dice- 
retur, qui barbaros (i. e. Sardos) ad defectionem secretit nuntiis 
allicerent , legati mitsi suht Carthaginem cum asperit mandatit quo 
ttipendium exigerent , atque insuiis ad Romanos pertinenlibus abs- 
tineri iuberent , belli minit additit , ni imperata fecittent ( SuppL , 
ad Ub. XX Liv., 16, ex Zonar., I. cit.). 

(4) Zonar., Annal., tom. II, lib. cit. 

(5) II primo nella qualita di pretore , e il secondo col carattere 
e colPaotorila di console. Anno tequente (536 U. C.) . . . . prae- 
torum duplicatut ett numerut ; quaternosque creari visum, ut essent 
qui in Siciliam, Sabdiniahqdb provincias cum imperio mitterentur: 
ex hit M. Valeriut Sabdiniah, attributamque huic Corticam, C. Fla- 
miniut Siciliam torliti tunt (Supptem. ad lib. XX Liv., 33 ; e\ Solin., 
Polyhist. , cap. XI ; et Polyb. , Hist. , II , 92 ). Jnterea L. AemiHut 
Q. F. Cn. N. - Papus. C. Atiliut M. F. M. N. consulet Sabdiniam 
et Ariminum cum vicina Gallia provinciat obtinuere. Sabdi animo 
gravali perpetuam romani praetorit praetentiamque , fatccsque non 
ante contpectos, itcrum tumulluati fuerant. Sed hos C. Atilius consui 
haud magnn negotio coercuit ( Supplem. J.iv. , praed. , lib. cit. , 
cap. XXXVI. Ex Zonar. et Polyb., II, 23 c 95). 



ln tale stato di frequente insorgere e di violenlo obbedire, 
ne tranquillo era Timperio, ne pacifica la sommessione. E 
se dal governo consolare di Regolo fino alla prelura di Aulo 
Cornelio Mammula (528 al 535) ( 6 ), vi fu nelHsola qual- A.CN. »14-117 

, .. . «• C 5*1-535. 

cue apparenza di quietamento , nemmeno questo fu stabil* 

e conlinuato, giacche Polibio racconta C) che il navilio ro- 

mano cacci6 dai mari sardi la flotla punica enlrata a padro- 

neggiarli, e narrasi da Livio cbe la Sardegna consegno ostaggi 

al consolo Cn. Servilio, allorche, speculate all'intorno le 

acque sarde e corsicane, ei s'indirizz6 con centoventi navi a.c. n. ». 7 . 

alla volta dell Africa ( fi ). Dal che si vede che i Carlaginesi 

non aveauo abbandonalo al tutto il pensiero di ricuperare 

una terra in cui aveano si lungamente dominato, e che i 

Romani diflidavano sempre dcll'obbedienza di un popolo 

cosl facilmente proclive a sorgere ,ih armi per difendere la 

propria indipendenza. Ne vani erano i sospetti , o mal fon- 

dati i timori, poicbe dall un canlo 1'odio contro Roma in- 

spirato al grande Annibale dalla voce e daU'autorita paterna, 

e dall'ingrata memoria della Sardegna perduta ( 9 ), avea gia 

prodotlo la ruina di Sagunto e la rotta di Trebbia, e dal- 

1'allro i sempre insorgenti conflitti co'Sardi indomili e va- 

lorosi provocavano con impeto disordinato le armi sl varia- 

mente cimentate della repubblica ( ,0 ). I prodigi altronde che frVs^' 7- 

in quel lempo diceansi accaduti nell'isola (•>), il prcssante 

mossaggio clie Aulo Cornelio Mammula spediva a Roroa, 

significando al senato il grave pericolo in cui egli trovavasi 

per la mancanza degli stipendi e del frumento dovuto ai c"»' 6 ' 

soldatiC 2 ), e lo spavento da cui la repubblica fu compresa 

« 

((>) Fra il governo di C. Atilio Kegolo e 1'altro di A. Cornelio 
Mammula esiste nella serie dei pretori romani inviali a Sardegna 
una lacuna di sei anni. Imperriocche dal 528 di Roma , in cui il 
suddelto Atilio fu spedito all' isola con poteri consolari ( Supplem. 
Liv. , XV, 36 ), sino al 536 , in cui Mammula e per la prima volta 
nominato da Livio (XXIII, 21) pro-pretore di Sardegna (locche vool 
dire ch' era pretore fin dall' anno precedente ) , non si trova nelle 
storie Liviane , ne in veruno degli anlichi scrittori , registrato il 
nome di altri governanti spediti dalla repubblica. II Fara opina , 
cbe in questo intervallo la Sardegna sia stata dichiarata provincia 
consolare (De reb. Sard., I, 191). E pare veramcnle, che se nol fu 
di dritto e con decreto del senato, lo fosse. almeno di fatto ; poiche 
tanto puo arguirsi dalle rivolte che annualmente succedevano nel- 
1'isola, e dalla necessita che quindi puo aver consigliato i Romani 
ad aflidare temporariamcnle ai corisoli il reggimento delle cose 
sarde. 

(7) Hitt., III, pag. 96. 

(8) Cn. Serviliut Geminut consul cum classe centum viginti navium, 
circumvectus Sabdiniae et Corsicae oram, et obtidibut utrinque ac- 
ceptit, in Africam transmisit ( Liv. XXII, 31 ). 

(9) Fama etiam eit , Annibalem annorum ferme novem, pueriliter 
blandientem patri Hamilcari , ut duceretur in Hispaniam , quum , 
perfecto africo bello, exercitum eo traiecturus sacrijicaret, altaribut 
admotum , tactis sacrit iureiurando adactum , se , quum primum 
possct , hostem forc populo romano. Angebant ingetitis spiritut virum, 
Sicilia Sakdiniaqcb amistae: nam et Siciliam nimit eeleri despera- 
tione rerum concessam , et Sabdiniah inter motum Afrieae fraude 
Romanorum , stipendio etiam intuper imposito, interceptam (Liv. XXI, 
1 ). E questa fraudolenta occupazione della Sardegna dice Polibio 
( lib. III, sup. cit. ) essere stata appunto la cagione principale detla 
seconda guerra punica. 

(10) Sabdos Cortotque et Ittrot atque lUyriot taeettitse magii , 
quam exercuisse, romana arma ( Liv., XXI, 16). 

(11) Sono riferiti da Livio in qucsto modo: In Sabdinia autcmin 
muro circumeunti vigilia* equiti tcipionem , quem manu tenuerat , 
arsiste , et litora crebrit ignibus fulsisse , et scuta duo sanguiue 
sudatse, et milites quosdam ictos fulminibut , et tolit orbem minui 
vitum (XXII, 1). 

(19) Per idem fere temput (536 U. C), titerae cx Sicilia Sabdi- 
niaqce Romam allatae. Qoelle di Sicilia lelte in senato portavano 
tra le altre cose: Militi et navalibut tociit neque stipcndium, neque 
frutnentum ad diem dari; nequc unde detur , esse. E quellc di Sar- 
dcgna rocitavano presso a poco 1'istesso : eademque ferme de stipendio 



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46 



DISSERTAZIONE 



dopd la strage di Canne , turbarono siflattamenle i romani 
consigli , cbe ogni cora deHa Sardegna fu abbandonaftt al 
ptfetore; e dai pretore, a cosi estreme angustie ridotto, sa- 
rebbesi perduta per sempre , se la genef osita delle citta socie 
prontamenle nol soccorreva (*). 
o.Vfe" 5 ' * ^ardi inlJHrt0 non lasciarono trascorrere oziosamente 
un' occasione cos\ proptzta ai loro perseveranfr disegni. Ina- 
* nimiti daila debolezza del romano esercito cbe stanziava 
neirisola, dalla partenza di MammuJa, cbc aveali acerba- 
mente governati neiraono precedente, e dalle persuasioni 
di Ampsicora, principe dei Pellili, che soprastava a tutti per 
autorita e per ricchezze, inviarono clandestini legati a Car- 
tagine , invitandofa a proteggere colla sua autorita 1- immi- 
■ente loro defezione ( a ). La speranza non mai dismessa di 
riacqoistare la ferace Sardegia rawivossi improvvisamente 
a tale annunzio negli animi cartaginesi ; e alla speranza con- 
seguiva forse 1'effetto, se la forluna secondava con prosperi 
eventi 1'ardofe delle pvniche deliberazioni. Ma roentre 
Asdrubale il calvo, sospinto daffa violenza delta tempesta 
alle isole Baleari, era impedito per alcun tempo di afferrare 
eolla poderosa sna flotta le spiaggie sarde, Roma, avvertita 
da A. Cornelio dello stato delle cose insulari , prowedeva 
mltecitamente al sovrastante pericolo, e levata una legione 
di cinqne mila fanti e quattrocenlo cavalli , ne aftldava il 
comando a T. Manlio Torquato, quel desso, ch' essendo 
eonsolo, avea quattro lustri innanzi trionfato della Sardegna. 
La serie di questi fatti e largamente raccontata da Livio, 
ne sara fuor di proposito riportare le sue stesse parole, per 
conoscere 1'importanza degli avvcnimenti che si preparavano: 

Interim (ann. U. C. 537) , Sardiniae recipiendae 

(Carlhaginiensibus) repenlina spes adfulsil. - Parmm ibi 
exercittm romanvtn esse: veterem praetorem inde, A. Come- 
lium, provinciae perilum decedere, novum expectari. Ad hoc, 
fesso» iam animos Sardorum esse diulurnitate imperii, et 



frumentoque ab A. Cornelio Mammula propraetore ex Sardinu 
ieripta ( Liv. , XXXHl , 91 ). Da quesfo luogo si ricava , che A. 
Cornelio Mammula governava la Sardegna nel 536 di Roma in virtu 
delPautorita pretoria prorogatagli dal senato , e percid e appellato 
propretore. Della sua pretura delVanno precedente si ha nn indizio 
nel ragionamentp tenoto in senato in quell' istesso anno dal tribuno 
M. Metilio , il quale credeva inutili duos praetoret Sicilia atque 
Sardinia occupatot (Liv., XXII, 25). E di questi due pretori uno 
certameote fa Mammula, sebbene non siavi nominato. 

(1) Retponsum utritque (i. e. Octacilio et Mammalae) non ette , 
unde milleretur (stipendium i. e. et frumentum); iuttique iptielat- 
tibut atque exerciUbui tuit eontulerent ... Cornelio in Sardinia 
cwitatet tociae benigne coniulerunt (Liv., XXIII, 21 ). Valerio Mas- 
simo osscrva opportunamente, che in talTrangente non mancd pel 
senato che la Sardegna si sottraesse dal dominio deUa repobblica. 
Propter eandem cladem ( i. e. cannensem ) Senatut Octacilio , qui 
Siciliam , et Cornelio Mammutae , qui SardiniaM propraetoribut 
obtinebant , qucrentibut , quod neque iHpendium neque frumcntum 
clatsibut eorum et exercitibut tocii praeberent; affirmantibu» etiam, 
nc habete quidem eot , unde id praettare pottent ; retcripsit, aerarium 
longinquit expentit non tvflieere: proinde, quo paeto tantae inopiae 
tuccurrendum ettet, ipsi vidcreiit. Hit literit quid aliud quam imperii 
tui gubernacula e manibus abiecit? Siciliamque cl Sahdinmm, beni- 
gnittimat urbit nottrae nutrkes , gradut et ttabilimenta bellorum , 
tam multo tudore el tanguine in iut ac potestatem redattas, paucit 
terbit, te sciliccl neeettilate iubente, dimisit (JHctor. factor. memorab., 
VII, 6, $!)• 

(2) Queste eose accadevano nel 537 di Roma (A. C. N. 215), e 
dimostrano ad evidenza, che la Sardegna non erasi tuttavia quietata 
intieramente nelFobbedienza verso i Homani. Con qual verita adunque 
II tribuno della plebe M. Metilio, perorando liberamente in senato 
contro Fabio Massimo , pote asserire , soli due anni innanzi , duoi 
praetorei SieUia alque Sardinia occupatot , quorum neutra hoc 
tempore provincia praetore egeat? (l.iv., Ilitt., XXII, 25). 



proarnto iis anno acerbe atfne avare imperatum: gravi tributo 
et collatione miqua frumenti pressos ( 3 ) , nihil deesse atiad 
quam auctorem, ad quem de/icerent. - Haec eUmdestina le- 
gatio per principes misset erat; maxime eam tem molimte 
Hampsicora ( 4 ), qui lum auctoritate atque opHnts hnge 
primus erat. Bis nuntiis prope uno tempofefurbatierectique^), 
Magonem cum classe sua copiisqne in Eispankm mittunt: tn 
S.iRDiitiAM Hasdrubalem deligunt ducem ; et tantum ferme 
copiarum, quanlum Magoni, decernmt . . . Per idem temptts 
(ann. U. C. 537) Romae quum A. CorneHus Mammula, ex 
Sardinia provincia decedens relulisset, qui status rerum in 
insukt essel, bellum ac defectionem omnes spectare; Q. Mu- 
cium qui successisset sibi ( 6 ), gravitate coeli P) aqttarumque 
advenientem exceptum non tom in periculosum, quam longum, 
morbum implicitum, diu ad belli vim sustinendmt inutilem 
fore , exercitumque ibi «( satis firmum pacata* provinciae 
praesidio esse, ita parum betto, quod motvm iri videretur : 
decreverunt Patres, ut Q. Fukius Flaccus quinque millia pe- 
ditum, quadringentos equites scriberet , eamque legionem primo 
quoque tempore in Sardiniam traiiciendam cwaret, mitte- 
retque cum mperio, quem ipsi viderelur, qui rem gereret, 
quoad Mucius convaluisset. Ad eam rem missus esl T. Manlius 
Torqualus, qui bis consul censorque fuerat, subegeralque in 
consulatu Sardos. Sub idem fere tempus et a Carthagine in 
Sardiniam classis missa, duce Hasdrubale, cui Calvo co- 
gnomen erat, foeda tempestale vexata, ad Batiares insulas 
deiicitur : ibique (adeo. non armamenta modo, sed etiam alvei 
navium quassati erant ) subductae naves dum reficiuntur, ali- 
quantum temporis triverunt ( 8 ). 



(3) Poco innanzi ( lib. XXIII. 21 ) lo stesso Livio aveva detto, che 
ie eitta sarde, amiehe dei Romani, avevano di buon grado sommi- 
nistrato a Mammula il frumento necessario all'esercito: Cornelio in 
Sabdinia ewitatet toeiae benigne contulerunU Ma da quanlo sog- 
giungo in questo luogo appare chiaramento , ehe quella benignita 
fu simolata, e che tale aemminislranza fu sforzata ed iuiqoa; locche 
pure si deduce dal testo di Valerio Massimo riporlato nelk nota 
precedente. 

(4) In alcuni codici mss. di Livio leggesi Uarbicoba; ma i mi- 
gliori hanno Hampsicoba e Ampsicoba. Silio italico ( Punicor. , 
XII, 345) scrive Hampsagoras, come si vcdra piu solto. II nome 
di questo eroe sardo sembra d'origine punica. Infatti osserva il 
Gronovio, che presso Plauto {Paen. V, sc. V, v. 920-23) una donna 
cahaginese e chiamata Ampsigdra; e pcrcio sospella che ambidue 
i nomi siano derivati da Ampsaga, fiume d'Africa. Ma il Bellennann, 
citato dal Bothe ( ad loc. cit. Plaut ) , legge piu corrcttamente 
AMPSAOURA,daU'ebraico Eeem ftach gurah,che significa mater agnum 
( iilium ) amans. 

(5) Allude 1'istorico alle notizie, che nel terapo wtesso pervennero 
a Cartagine dei rovesci soflerti in Ispagna dalle arnri puniche , e 
dei moti di Sardegna favorevoli alfantica sua dominazione in quel- 
l'isola. Quindi dice* ottimamente , chc, riccvute tali novellc, gli 
animi vi furono prope uno tempore turbati ereclxqu*. Quanta poi 
fosse 1'importanza che i Carlaginesi mettevano nel poter ricuperare 
il perduto imperio sulle terre e soi mari sardi, si ricava dali'esscrsi 
decretato pcr Asdrubale un esercito qnasi uguale a quello ch'era 
stato affldato a Magone per combattero in Ispagna, il quale conslava 
di dodici mila fanti, mille cinquecento cavalli e venli elefanti, ollre 
a mille talenti d'argento per le spese della guerra (Liv., XXI II, 32). 

(6) Eragli succeduto per le sorti tratte in Boma negTidi di marzo 
del 537 (U. C), e addimandavasi Quinto Muzio Scevola: Circumacto 
lertio anno punici belli , Ti. Sempronius consul idibus marliis ma- 
gittralum iniil . . . Ap. Claudius Pulcher Skiliam, Q. Mucius Scaevola 
Sardiniah tortiti tunt (Liv. , XXIII , 30). Ambidue questi pretori 
partirono immediatamente per le loro provincie, come lo narra poco 
dopo lo stesso Livio: Praetoret in Sicitiam ac Sardiniam profecli 
(lib. cit. , cap. XXXII). 

■ (7) Anche dclta Sicilia si legge iu Livio: Temporc autumni et 
locit nalura gravibus . . . intoleranda vis acstus ( lib. XXV , 26 ). 
(8) Liv. , Histor. , XXIII ,-32, 34. 



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PRIMA. 



47> 



T. Manlio, avendo prevenuto 1'arrivo di Asdrubale ai lidi 
sardi, ristorb sollecitamente le afflitte cose della repubblica. 
Ridusse prima il navilio alla sicura spiaggia di Gagliari ; e 
poi, armata la ciurma, e fattala sbarcare co' soldali arruo- 
lati da Fulvio, unl le sue alle genti di Mucio, colle quali si 
trovb avere sotto i suoi ordini ventidue mila fanti, e mille 
duecento cavalli. Gon questo poderoso esercito si condusse 
senza dimora a fronte degli alloggiamenti nemici. Ampsicpra 
trovavasi in quel momento assente dal campp, e percorreva 
le provincie dei PelUli, raccoglieodo uomini ed armi per 
rinforzare le proprie scbiere. II di lui Oglio Josto W, cui 
era interinalmente affidato II comando supremo dell' armata 
sarda., immemore dei consigli paterni, e bollente per gio- 
ventu, spinse audacemente fuori delle trinciere i suoi sol- 
dati , e nulla calcolando la superiorita delle forze romane , 
aceetlb con impetuoso coraggio iipeguale battaglia. Feroce 
fu lo scontro, ma non fu lungamente incerto 1'esito della 
pugna. Le iegioni condotte da Manlio, prevalenti pel numero 
e per la lunga esperienza degli. or<lini militari, posero in 
piena rotta Pesercito sardo, e 1'obbligarono ad abbandonare 
il campo, lasciandovi iremiia uccisi, ed.ottocento prigioui, 
I superstiti a tanta strage, dopo avere inotilmente tentato 
di rannodarsi per resistere all'impeto fortunato dei vincitori, 
ripararoBO alla citlk.<di Gobnus ^),ie rapcoziatisi uii' aUra 
Volta. insieme, srjstarpno dalle armi , aspottando gli aiutidel- 
1'armata cartaginese. Ques^U infatli non tardb ,ad arrivare 
ed a oongiungersi colie veccbie e colle nuove truppe rag- 
grariellate da Aaipsicotu. Ilvecchio ed animoso Pelljia, im- 
paziente d'indugi, e bramoso di pronta vendeita, si spinse, 
allora con celere marcia alla volta di Cagliari, ctii Marilio 
erasi ridotlo dqpp 1'arrivo della fl6,Ua,punica; e^devast^ndo 
col ferro e col faoco i loogbi Urttigia ocoupati dai fiomani , 
appatecchib con Tieta feroeia 11 fortc braccio e le armi ge-' 
aerosc per liberara la patria dall' oppressione slraniera. 
Manliro, Vedoto il guastbdato dai Sardi alle terre tutle -der 
soci di Roma, e il pericplo dei suoi soldali, rincblusi dal- 
1'angusto recinto di veccnie mura, uscl testamente in cam- 
pagna, e raggiufttb reSefcitb neriiico capitanatd da. Asdru- 
oale e da Ampsicoju, lo provocb, dopo breve indugio, a 
decisiva giornata. Si comtatte da prima alla sfilata, e con 
varia fortuna : ma ppi affrorilalesi le schiere in ofdinata 
baUaglia , pagnossi ferooepienie per quattr f ore ca' vessilli 
spiegati. II ialdre dei' griprieri , fbdio dei Sartii contrd i 
Romani, e dei Romaipi poutro j. Cai , |aginesi,, rendfetle peral^ 
eiin tempd fttrttuante ed>Mn€erta ^ vrttoria. Ma finalmente 
quest'ultiina, dichiai bssi % fay^ delle aquiic latine. j| Sardf 
fnrono i prinii a cedere, quindi, i Gartaginesi. AJla rotta 
segrii \i fiiga,' atia fuga la strage. Dodici ! mila cdmbatteritr 
ftronp passati„a t fi). di spada^ IremOa e piu con yentiset^ 
vegsilli vennerb iri maao det vmcitore, Asdrobaley doce 
supre'm& detr esercito cjirta^inesef , Magone corigipnib pe| 
sangue Barcino al grande An*ibaje, e Annone, autpWie con-» 
fortatore della sarda rHbeffioritf 1 ,' Caddero vhi iri pbtere' dei 

'.,>.,••..• , i ■ i ■•;>. ■: • i ' . i ; •; 

■ . 1 ■ '. '»«•,« i i.A,. !i. ■ !•• ' :;■ 

(ly^Afmt.eitff., nomm «JWVRSv Cosi Uyw, JHist,, XiXlU , 40. 
t„11* 8U>> ^lico lo cbi«MP9 Os^p;[/VoJ«j( pufckra viro „»ec tali 
4tgwp<*renU;, Uostto «ro< ec. Pftnicpr,,, ,XII ,, v. , ^46-47,). 
.• (8),Er* situajU presso al yillaggip oggi ijislrntto dj ,1>ittinijbi al 
aad-ovfst.detla Sardegna, ed era 1'antica <?apital«S dei SafAi PeUiti\ 
aec^Bdq.lJautoritA di Livio (y. infra pag. 48, col. in nol^). jDalla 
medesima derivarono il loro npnjei popoli Cornensi, ricordati 4a 
Tolomeo ( Geograph. , III , 3). 



Romani. Per si nobili ostaggi fu assai chiara e memorabile 
la k>ro vittoria. Piu cbiara perb la fecero il giovinetto Josto 
che peri pugnando gloriosamenle sul campo della battaglia , 
e 1'eroico Ahpsicora, cbe, scampato alla strage con pocbi 
cavalli, come udl 1'estremo caso del figlio, e vide perduta 
per sempre la patria liberta, aspettalo il silenzio della notte, 
8'immcrse di propria mano il pugnale nel petlo anelante ed 
intemerato , anteponendo la morte al dolore della sventura 
e aU'obbrobrio della scbiavitu. II resto dei vinti riparb nuo- 
vamente a Cornus, la quale in pochi dl si arrese assieme 
alle altre citta, che aveano segulto le parti dei sollevati. 
Manlio, usando duramente la vittoria , tassb 1'una e le altre 
di danaro e di frumenlo, e ricevetteda tutte gli ostaggi che 
guarenlisserp la futura loro obbedienza. Quindi, ricondolto 
1'esercito a Cagliari, e impostolo sul navilio, salpb trion- 
fanle alla volta di Roma, dove giunto con prospero viaggio, 
annunzib ai padri la Sardegna debellata, consegnb il danaro 
ai questori, il frumento agli edili, e gli scbiavi al prelore 
Q. Fuivio. Tito Livio, uso a trascorrere rapidamente, e tal- 
volta con inlollerabiie disdegno , le irifehci vicende della 
rihellante Sardegna, riferisce luttavia con qualche estensione 
le parlicolarita delle accennate sommesse e battaglie. La sua 
narrazione merita percib di essere riprodotta, sia perche 
sparge una ^ran luce sopra un periodo importantissimo 
della sarda istoria, sia perchb nel lungo corso della romana 
dominazione Ampsicora e Josto sono. i soij che abbiano. 
psato virilmente di vendicare in liberta il loro paese natale. 
El in SardinIa ^(egli scriye ) res per T. Manliwn praeto^ 
rem administrari ,coeptae , quae omissae erant, postqmatn> 
Q. Mucius praefor gtavi morbo est implicitus. Manlius ,Ha- 
vibus longis ad C^RALts subductis , navalibusque sociis arr 
tnalis, ut terra rem gereret, et a praetore exercitu aecepto,' 
dub et viginti millia peditum , mille el ducentos equiles con- , 
fecit. Cum his equUum peditutnque copiis profectus m agrttm- 
hostium, haudprocul ab Hampsicorae caslris castra pd- 
suit: HjMPSicoRA tum forte prpfeetus erqt in Pellitos, 
Sardqs (3), ad iuventulem armandam, qua copias augerel. ' 



■_. (3) L*aggianto , Pelliti , dato da Livio ai Satfdi de' suoi tempi, 
deriv6 dalla pellicpia o. mastruca , ch'essi vestivano per difendersi 
dal freddo e datla iiftiepaperie delle siagieoi. Percio Cicerone gli. 
appello promiscaamonte pkliti e, ma$tr*c#ti, oome si ricava da do^ 
luogbi ,deBe. sue oraarioMi In qaella iofaUi per M. Scauro dice :; 
Haec qxeam <u effugtre .non. pqtotittet, contenie* t/men et postuiabU, '. 
uft M. iAerniliuf, cvm suQ.dignitale omni, cwn patris memoria, eusn 
avi gloria, sordidissimae , levissixaaq,.vanissimais gmti ; ac\ ptapt- 
dicam, Pklutis tetfibut (i, ,e. Sardis ) condowtur. , { Fragm. orat. 
pro Scaur. ex Ascon. Pedipn* comment, pag, 48^;. ediL iaur. 1837); 
e nell'altra delle proyincie opT)»olari scrive in qaesto modo: Res in 
S^rdinia. cum Mastbogatis, tatrunculit una c«hor(s,awtiliaria.geJta 
{Qrat. de provinc. coutularib., VI , edit, taur, praed. ). Ma l'va» dl- 
yestir. pelli, sia di;Gere- c,ba di aniaiaJi domesticii non fu partieolar*- 
esclusivo. dei SardL Luqr^ezio 4' attrUniiacei , ge*etaiaienta a tutti, 
gli uominj primitjvi iDe-jer. nal. , |it> ( V,, *.M%i 1O0O); Omero! 
ai.rustici de|t'e^a i«soica'( Odyss. , m..M\) , A»d«to (IV, JA9u>v 
edit FrancpfurL, 1694), ed ApaUanio Kodiaao,(^fln., IV. tanfi), 
alle donne ed erpine di Libia (ved. pur. Aeliap,,, ,De wwnl, v 
XIV, 1C); Properiio agli antichi.Romani (Ub. IV, ejeg.1, v. lii^ttjj) 
Qiovenaie ai Marsi, agli Ernici e.»i Vestmi ( Satyr. ,XJV, ;,w I8fi .) ;'? 
yarrone ai Getuli (De re rugt., U, cap. : II):}. 'Cfitm ieJfe, Gjntfw 
VL, f»), e Tacito (De tnorib. Germm., XVII) ai QermaiMf Cja»diiww\ 
{De biU. Get., v. 481) ai Geli , cne . percj&sona cuiama|i da Ovidi« 
quando irsuti, quandp pe Uiti ; S. Paolino ai.Daci {,ad Meet.,X.$A%>, 
de Dacit ) ; Giustino agl) Soiti ( Origin. , \l, 6 ); il gkjrocousuVte. 
Ulpiano agli antichi Sarmati ( leg. 95. 'iPiajasjf» De aur. et argpnU. 
legat.); e Virgilip a tui,li i popolp seUentsi«nali i( ISeorg., III, 
Quindi leggesi in : fie^lc>: Pelfibus antiqui iiiduebantur, Ob idft nayff. 
nupla in peUt lanaffl solct contidert,, ... Hercuici.ob id quoque.peilti», 



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48 



DISSERTAZIONE 



Filius enu , nomine Htosrus, castris praeerat : is , adole- 
scentia ferax , temere praeHo hdto fusus fugatusque. Ad Uria 
millia Sardorum eo praelio caesa, octingenti ferme vivi 
capti. Alius exercilus primo per agros silvasque fuga pa- 
latus ; dein , quo ducem fugisse fama erat , ad urbem no- 
mine Corhvm , caput eius regionis , confugit. Debellatumque 
eo praelio in SarDinia esset ni classis punica cum duce 
Hasdrubale , quae tempestate deiecla ad Baliares erat y in 
tempore ad spetn rebeUandi advenisset. Manlius, post fatnam 
appulsae punicae classis , Carales se recepit : ea occasio 

habere fingUur, ut homines eultus antiqvi admoneantur (Drverb. 
signif. , IX ot XIV ). Tuttavia la mastruca sarda , o per la sua 
barbariea rozzezza , o per la singolarita della sua forma, fu ricordata 
spesso dagll anlichi scrittori coroe una specialila nasionale. Cioerone 
la metVe nel novero delle cose piu spregevoli ; poiche, magniflcando 
la continenza del suddetto Scauro , incalza i suoi avversarii con 
qoesta interrogazione: quem purpura regalis non commovit , eum 
( L e. ScaUrum ) Sardorum masthoca tentavit ? ( Fragm. orat. pro 
Scaur. ex Isid. , Orig. XIX , 83 ). Le quali parole commentando 
Quintiliano dfsse opportunamente: Masthicam , quod Sardum tst '■',' 
illudens Oieero de industria dixit ( IBstit. , Orat. 1 , 6 , es rocens. 
Spalding.). Anche St Girolamo (Lib. adver. Lueifer.) lascid scritto; 
Defendebat non sine causa Christum mortuum esse, nec ob Sardorum 
tantum masthucam Dei FUium descendisse. E negli atti di S. FeHce 
marlire (op. PauL Macar.) si legge: Quid Huie , quaeso , obfuU 
seni . . vilis habitus et mastbuca Sardorum? Se la mastruca sia un 
ritrovamcnto dei Sardi, ovvero un'imitazione d'abito straniero, hon 
si puo con oertezza definire. Varrone, dicendela comone ai Getuli 
ed ai Greci , sembra escludere la sua originalita insulare. Ecco lo 
pafole di quel dqttissimo romano: Ut fructum ovis ,e lanaadvesti- 
mentum , sic capra pitos ministrat ad usum nauticam et ad beltica 
tormenta , tt fabrilia vasa. Neque non quaeddm xationei harvm 
pellibus sunt vestitae , ut in Getulia et in Sabdinia .^cuius usum 
apud antiquos quoque Grdecos fuisse apparet (De R. R., Yl, 11, ex 
recem. Schneider). Strabone pe*$ edEliano, cne> la descrivano 
senza nominarla , ammettono iraplicitameofe la sua indigenezza. 
Hac in insula (i. q. Sardinia) ,,dfee il prim6 , nascuntur arietes, 
quf prb lana piium caprmum procreant,'qvot musmones vocilant : 
eorum se Sardi pellibut. thoracis modo muniunt ; ptlta utuntur , et 
pugione (Geograph., lib, V, pag. 156 },• II se.condo poi (come s^ e 
gla veduto sopra, pag. 39, col. 1', in hot.) scrive : Sardinmm pecudum 
optwtam esse pareutm ffymphodorvs tcribU; edprasque procreare, 
quarum pellibus prq vettimentit indigenae vtattfiir, tumqtte mififica\ 
vi eise, ut hibernq tempore calefaciant, aestivo rcfrigerent: simulgue 
WiiJ' 4p*is peikbus' cubUi ntagnitudine pitos innasct ^dtque^ei tiui 
Us indutus fuerit, si cammadumvideatvr, qitvm sst frigida Umpettas, 
pilos dd corpus convertit, ut ab iis calescat: quum autem est aestas, 
invertit , ne calore vexetur ( De animal. nat. , XVI , 34 ). Isidoro , 
per qnanto io «appta , e il sole che ne abbia Vofnto ddterminare la 
provenienza^ dedacendota dalla Gcrmaoia ! MA9*firoA est vtistis ger- 
immiea tx pelticulii ftranm, de qua< CitWbpro>Svauro ec {Origin, 
XIX, 33:). >*a sebbone sia vero ebe l'uso delle pelliitfcle fosse comano 
presso gii aotichi Germani , e dh' eSs? Ib abMano conservato per 
lungbisshno «empo, eoww si ricava da qnei barbari versi di Doitni- 
zone, ehe canto le mastruche donate nel seeek> XII dairhnperelore 
Arrig» H dopo un sontaoso eonvito: 

• Rex sibl' mabtbccas p6si escam' maxime pulchra» 1 ,v 
DoHOvil, fiortM pariter quoque pelHciones '•"'■>' 
'•'• : 1 • ' ' (ln'vit. Mathm., libi l, XII, v. 37 e : 88){ 
tattavia da «»o «ob cfeve ne pud dedhrsf, che -tal foggia di vesfire 
sta «riginalmeBte d'inv«fttiohe oermanica. Perche I* uso medesimo 
s» tr*va preno Btblt^attwnationi , como ho poco innanzi accenhato, 
«iqhindi (per 4*ewtlta^di: fatto) se l'opinion* d*Isidoro fosse Verft^ 
I» maktruca poti*obbe' eziandio essere appcllata \ niarsictt ,• getica , 
sarmutica , gittUM<c icttintri&kale. Tot-nebo mfatti rhnarcd la sd- 
miglianza'della niastmm. sarda coile pelliccie aristecratiche de'soot 
tehipi: Mastbwc» nestis trat 9ardor*mt petlibus,ut v. gr. mAstblca» 
appelldre- possumuf lup&rias hibernas , quibui 'apud no» nobilitas 
iHMtur (sM*rS(trtor., XX, d).'E il MUratori, illustrahdo i saddettl 
versi dl DohhizotM ',' ' dhJe : ■Mstboca , vestis' genus ew pelfibus 
ftrdrum ^quo ueptentridnati» uttmtor , et olfa Saboi u(e6atitur , 
ttsu 'Vutli&y Pwdentfo, M&or*. Bubsas Epitontator MStus Doniidnis 
ett''arf>itratits: 9vtXxeioXt«iHfra memorati fortasse fuerunt augnsHui 
eterumdem *estium genus ( Ret. ital. toripf., tom. V, pag. 386,'edit. 
Mediol. , 1794). Kunan» adesso a sapersi qaal fosse verame^htei la 
MASTBiWi; se la PHLtllceu (sard. peddista , bestepeddi) ovVero il 
couEtTO (sard. eoiletu, coltettu) attualmente in uso fra i Sardi ? 
Bella prhna soglidno vestiiv» i montanari , e generalmente i pastoVi 



HttiPsicoRdE data Poeno se iungendi. Hasdrubai, copiis 
in te&am expositis, et classe remissa Carthagvnem , duce 
HampSicOr a, Od sociorum popUli rotnani agrum populan- 
dum profechks, Carales perventurus erat, ni Manlius obvio 
exeroitu ab effusa eum populalione eontinuisset. Priiaocastra 
casfrie modko intervallo sunt obiecta , deinde procursaliones 
leviaqve cerlamina vario eventu inita : pastretyo descensum 
i% aciem signisque collatis , iusto praeUo per quatuor horas 
pugnatum. Diu pugnam andpitem Poeni, Sardis facile vinei 
assueiis, feceruiit : poslremo el ipsi, quuttt omtna cwoa, strage 



della parte meridionale ed oepidentaje deu'isob; de* secondo gli 
abitanti delle piannre , e speciahnente i contadini delle provincie 
meridionati. A me pare, che non possa esservi dabbio snHa prtnv 
renza da darsi alla pelliccia, oon esclhsione del coxLBTtq. E a cosi 
opinare mi moovono , non tanto 1' autorith degli scrittori nazionali 
e forestieri, cbe si accordano a riconoscere nella pblliccia (peddizxd)' 
1'antica mastkoca sarda (Fara , Corograph. Sard., Hk. 1 , pag. 50. ' 
- Vico, Hut, qen. de Sardena, part. |, c»p. 3* $ 4?. ',Vj)W, Ankal., 
sard., pari I, pag. 87. -Mameli, Cart. de Log., cap. XLV, not. 83, 
pag. 60. -Cetti, Stor. nat. di Sard., tbm. I, pag.' 61 e seg.; e nel- 
I'append. ,,pag. 46. -Mada», JnOeh. tard., dlBsert.il, cap. icvil, 
p. 133 e seg.- Mimaut, Histoire ie Sard., tom. U, pag. 679, ediz. 
di Parigi del 1895. - La-Marmora , ^oyag. en Sardaigne , lib. III , 
cap. IV, pag. 909 e seg., edK. di Parigi 1896 ), quanto le reottate 
testinwnianze <lei sopraddetti.autori latini. Imperocche «ssi tuUi, da 
Varrone sino ad Isidoro ( eccettuato Strabone, che parla di un abito 
militare, ossia della pelle del muftone foggiata a guisa di corazza), 
scriVond «hiaranoente, che l antico Veslkneato dei Sardi H dircttMi 
peUi, speciaimente caprine , e quindj di pelli a Iqngo pelo , senza 
conciatura, o riduzione delle medesime a semplice cuoio. Ed Elianq 
fra gK altri h cosl preciso nel descrrrerlo , e nel riferire il modo 
tenntp dai 8ardi mlllusarne, «he :lh antiotte e |e moderne pelliccie 
deU'jsola \^i yedono in quello aot\ che indicate , disegnate quasi e 
dipinte. Reca quindi meraviglia , che il Gemelli abbia citato questo 
istessq^laogo di Blhtne, cosl mahrfestaatmte cootwrio aiido as^ 
suntq , per , pr;«va^e Che il oojLLBTT* e I' ideptica mastblxa degji 
anjtichi (Rifior. di Sardegna , yol. 4 , p. 315 in not) , e che abbia 
dippiu contbrto 11 sensh ' di aicnni Versi di PlauW , per dare nna 
quaiche appareaza di vero all' erroneita dcOla wia dpinione. jntito- 
duce queU'aptico oomico (in Poenul.,, act, V, sc, V , vers. (165 e 
seg.; ex recens. F. H. Bothe ) il soldato Antemonidc a ragionare con 
Annohe cartagmese, e rimproverahdogli la eua moUecza, o»pSi 
veramente la sua idcLinaziqne alla vaga Venere,;gU da tra gtt aUrj 
l'epiteto di mastboga : ,. ,, 

. . . . Ligula , i tn matam criicem ! 
Tune hie atMtor audes etst , kalkx eiri, : , i u. 
'Aut^ contrecfare , quom maret hpmines , amant^ . 
Deglupta maena , tarapis , semicinctium , 
'• MaStrcga , halagorus , hwfna ) tum ■duteth plenior ,: 
: , , AUt ulpicique quum Rtmmi r^tvdaet . 7 , .;, .:• >. (; / 

EgU e ben chiaro, cbe Plautq volle mordere cqn questa seguenza 
di parole e"di cspressioni volgari uri ubnio feffeminatb e llbidihoso, 
ne io ved* come ci possa eolrarhiii ^tof^ immaginato dalGemdUi, 
U qualq, aanmessa i ezian^iq comp, giu»{a jsiffatta in^erpretaziane, , 
sarebbe piu proprio delle lanute.e veltose, che delle pelli tohdute 
e eonciate. Chi e poi che non sappia, cho farfe di'coh(!iar le pelll 
w .asaai posterlore alftto bttorfe nel ldj? sflBtQ.hM#alq>(h> tuMi i 
popoli barbarici ? B ji pelliti di Liv.io, ,e i mastrucpti Iqtruneuli di 
Cicerone non eraho forse le trinu setVaggie e mohtahesche deUa 
Sardtgnia, le quali ostavano colPindomita loro fiereiwiall^ propotenti 
armi romane ? J3 si ,vorra creder,», c\$e cqtasti Safldi, pas^r^ pqmadi 
e agresti, a vece delle pelli dejle iqro greggie, o dello Gere uccise 
in cacciaj Vestissero corsafetti e giubboni o tlanridi dl cudib , ?e 
qoaJi suppohgono .quietezza ,di/vjtai( artp, indnstrra e4 avviiniento 
a civilta ? §i osservi inoltre, chq ,il. qita^to, Liyio^ qhiap^a la citla, di 
CobNus capilale dei Sardi pelliti (alius exercitus . ..ad urbeni nomine 
CdtaNUM, daput Hus reo^» (PenH^m^rc^Um>C(^*s* : (HU^ 
XXJM, 40). Ora, sj«cqmela, detta, ci^ti $i6te^ aella;Parte^cci(}pnr 
tale deU' isola , e neUa regione oggi appeUata di Montinverro , in 
cui sorgono gU altissimi monti Menomeni rammentati dal Fara (Corogr. 
sard. , lib. II , pag. 71 ) .'btuttera' 'volgere Hr sguardq alhV peUieeia 
ttsata ancdr oggi dagli abitanti oM queUa regidne servaggfa e nmn- 
tuosa ( fra i quali notero p. e. quelli <li Cuglieri , di Scane te dt ft 
Lussorio), per 1 rawisare tosto Itt queUa'veste, di origine seeoUre, 
1'antiea mastruca sarda cdtanto vilipesa da Tullio/ e 1 nei se- 
condi la progenie generosa dei Sardi pellili , dhe '(raTOgliarofto 
eon ammirabile eosUnza H valor» 1 e la forluna dei Romani conqul- 
statori. •' 



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I'JU 

ac fuga Sardoruw repleia essent, fusi : ceterum terga dantes, 
drcuuducto comu, quo pepulerai Sat\dos , inclusit Romanus. 
Caedes inde magis quam puana fuit: dmieeim miUia koslium 
caesa Sardorum simul Paenorumque , ferme tria miUia et 
sepiingenti capii, et signa miUtaria septem et vigtnti. 

Ante omnia claram et mmorabUem pugnam fecit Has- 
drubal imperator capius, el Hanno, ,et Mago, mbiles cartha- 
ginienses : Mago ex geute Barcina , propiaqua cognatione 
HanmbaU iunctus ; Ilanno auctor rebeUioms Sardis , belUque ' 
eius haud dubie concitor. Nec Sardorum duces minus nobUem 
eam pugmm cladibus suis fecerunt : nam et filius Hampsi- 
corae Uiostus aaiececidit ; et Hampsicqra , cum pauck • 
equitibus fugiens,, ut super Q$\cLa& res necem quoque fiiu au- 
divit, nocle, ne cjiius interventns cqepta impediret, mortem 
sibi conscivit. Ceteris urbs Cornus eadem, quae ante, fugae , 
receptacukm fuil. Quam Manlius, victore exercitu aggressus, 
intra paucos dies recepil. Deinde aliae quoque civitates, quae 
ad Hampsicoram Poenasque defeeerant, obsidibus datis, 
dediderunt sese. Qnibus sUpendio frumentoque imperato , pro 
euiusque , aut viribus, aul delicto, Carales exercitum reduxit. 
Ibi navibus longis deductis , impositoque, quem seeum <xd- ' 
vexerat , miGte, Romam navigat, SardixiaMque perdo- 
mitam nuntiat patribus : et stipendium quaestoribus, frummhm 
aediKbus, captivosque Fulvio praetori tradidil 0). 

\on o dissimUc nella sostaoza il racconto di Silio Italico, ■ 
il quale aggiunge alia »arrazione Liviaoa il comfcaUimeHto 
di Ennio con Josto, e rende piii gloriosa la costui niorte, 
dicendolo ucciso da quellaDlico padre della latioa poesia. 
i versi co' quali egli descrive la battaglia tra i Sardi «d i 
llomani, sono forse dei miglioridel suo poema, oe gravera 
gli studiosi delie patrie letlere cbe io ii riporti per inliero : 
Interea assuetis senior Torquatus in armis , 
Sardoas patrio quatiebat ndlite terras. 
Namque , ortum Iliaca iaclans «b origine nomen, 
In bella Hampsagoris Tyrios renqvata vocarat. 
Proles pulchra viro, nec taK digna parente, 
Hosrus eral : cuius fretus fulgente iuveuta , 
Ipse asper paci, cntdos sine viribus amos, 
Barbarici sttidio rittts, hfbvebat t'rt armis. 
Isque ubi Torqualuiq raplim properaia ferenlem 
Sigm videt , pugneteque tmidas accetulere deXtras , 
Fraude (oci nota lalebrosa per avia saltus 
Evolal , ,et i provi&a fugae compendia carpm , 
Virgulta tegihtr valle ac frondentibtts utnbris. 
Insula, fluclisono ciratmvaUata profundo, 
Castigatur aquis, eompretsaque gurgite terrm • 
Enormes cohibet nudae sub tinagine pUintae. 
Inde Ichnusa prius GraUs mmorata dtlonis , 
Mox, Lybici, Sardus, generoso ganguine'Jidens 
Uerculis, ex sesc mutavit nuniina terrae, , . ; ,' , , 
Affluxere etiant, et sedes> posuert coadas ■■ 
Dispersi pelago, post ehita Pergania, Tettcri. 

(I) Liv., Uist., XXIH, 40-41'. Eutropid rifcrifccc compendiosamcntc 
i fatti narrati da Livio. Ecco le iuti parole: Romani ...in Sabdimam 
T. Manlium Torquatum procontulcm (ire ftisSernnt). Nam ctiam ta 
sollicitata ab Hamibale RomaAos dhcruJrat 'Pugnabattir tk 
Saidinia eontra Sakuos etafterum Hasdrubdlcm caftkaginicniem. Is 
a T. Manlin procbnsuie, qtd dd SakdImam missus fucrat; vfctu cst 
captus, nccisa cxtm co XII milHa, caplt millc quingcnti,"ci a Romants 
Sahdinia subacta. Manlins' Hctnv captko.r ct Hasdrubalcih Itomam 
rcportavit (Brniar. hisl. Rom., 111, f2,''rV: 



49 

Nec parvum decus , advectp cum classc paterna 
Agmine Thespiadum, terris, Iojuae , dedisii. 
Fama est, cum laceris Aclaeon flebfo membris 
Supplicium lueret speclatqe m fante Dianae , 
Jttonitm ,novitqte mak fugisse parentem 
Per freta Aristaeum , et Sardoos isse recessuss 
Cyrenem monstrasse ferunt nova liktm matrem. 
Serpentum teUus.pura, ac viduata penenis ; s < 
Sed tristis codo, et omUa vitiata palude. ,.i , 
Qua videt Itatiom, saxaso lorrida dorso ., , 
Exercet scopulis lale freta , pallidaqu,e mtm 
Arva coquit nmium, Canera /«w^ifew 
Cetera prapensae Cereris nutrita favore, , ., • v 
Hoc habitu terrae nemorosa jper invia crebro 
Torquahm ehdens hostk, Sidoniq pugme , „ 
Tela fixspectabat, sociosque laborjs Hiberps. 
Qui postquam appulsis anitnos auxere carinis , 
Haud mqra, protumpit latebris; adversaque lai« 
Agminq itthorrescwt , longumque cqire videtur, 
Et conferre gradum. Media intervaUa patenlis . 
Corrynunt campi properatis eminus hastis : 
Donec ad expertos enses, fidissma tekt,., , ,<\ 
; : Pervenlum. Dira inde lues, caeduntque, cadmtque, - ( 
AUernique animas saevo in mucrone relinquunt, ... 
Non equidem innumeras caedes tolque harrida facla , 

Sperarim tanlo digne pro nomine rerum • ' : , . , 

Pandere, nec diclis belktntum aequqre calorem. 
Sed vqs, Calliqpe, nostro donpte laborii ., ... 
Nota parum magni longo tradqntur.Vt aevo , . , ; . 
Facta viri, et meritvmvati sacremus Jionorem, 
Ennius , antiqua Messapi ab origine, regis , 
Miscebat primas acies , latiaeque •superbiim 
Vitis adornabat dextram decus.: hispida teltus 
Miserunt Calabri; Budiae genuere vetuslqe: 
Nunc Rudiae solo memorqbile nomen ahmno ; W. • , 

(3) 11 Madao volle provare cb'Ennio elibe i suoi natali in Sardcgna 
( Sard. antich., dissert I , cap. LXXXI, in not; disiieft. !I cap. CXV), 
Ma le ragioni da lai add*Ue sono piii ingegnope cbe cencl^denti, 
ne valgonq a distruggere 1' autorita dcrivante dallc tcstimpD,ianze 
degliantichi scrittori, i quali aflermano positivameDte che la Calabria 
fu la patria di queU'anticbissimo poeta latino. ( Ved. Tafuri presso 
il Calogera, Opusc. scient. e filolog., lom. IV). E per non arrecarlc 
in mezfco ttitte bastcrti por mente' al sopraeitato verso ,di' SfRo 
llalico: Miserunt Calabri) Riidiae genucre vetustae; e &U'espre«siono 
di Cicerone, chc chiamd Ennio nUtium homtniem (Vrat. pro Arthia, 
tX), por rimancrne conviiito. QueUo di che non pu6 dabitarsl e , 
che il suddetto pocta mflitavd sotto le insegne ronwne , allorcfrt 
T. Manlio Torquato sconiissc i Sardi c 1 Cartaginesi capitamiti da 
ampsicoba e da Asdrubale. Se Josto sia stato veratnente uceiso da 
lui neUa battaglia ,' o se eid sia una semplice fmrione poetioa del 
cantore dclla guerra punfca , 16 non bso «ffernarlo ,'ne wtegatlo: 
Certo o perd, chc, dopo qttel famoso conflirtov Ennio soggiorne in 
Sard^egria, dovo fu trovato da Catone, mctrtre andbwi preter* nel 
584 ( t). ' C. ). Quivi cgli apprcse da loi la Ungua gr»ea , e eoHivd 
con lui le greche lottere; perlocche , fattoselo amico, lo condusse 
con seco a Roma , e gli dond Una casa ncl mdnte AVentino. Marcus 
Porcius Cato, dice S. Aure»iO'VIttbfe (De l rffr. illtUtr. , XLVII), t» 
praetura Sardiniam subcgit, ubi ab Eiirtio graecis literis inslitutus. 
E Cornelio Nipotc: Praetbr (Cato) provittciam oJttfcutt Sabdiniam : 
ex qua, quaestor superiore tempore ex Africa decedens, Q.Ennium 
poetam deduxerat; quod'non minoHs aestfmamus quam quemlibct 
amplissimum Sabdikiewsem triumphum ( Hb. II , tn vit. M. Porc. 
Cat., I). Percid lo stesso Cafiode presso M. Tullio appella Ennio suo 
familiare, e gli tribula frcquentii cncomii , lddandolo specialmente 
dclla coslanza con cui sopporid W vecchieiza e' la poverta ( Dc 
seneelute, IV, V, XX). E tt suddelto Cicerone ricorda, che fu ascritto 
fra i cittadini romani, cho fu caro spccialmcntc a Scipionc Africano, 
c chc credevasi scpolto" nclla stcssa tomba familiare (H qnoll' oroc 



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50 



DISSKHTVZIONK 



A.C. W. »14. 
V. C. 538. 



Is prima in pugna fvales ul Thracius olim, 
Infeslam bello quateret cum Cyzicus Argo, 
Spicula deposito Rhodopeia pectine torsit ) 
Spectandum sese non parva strage virorum 
Feceral, et dextrae gliscebat caedibus ardor. 
Advolat, aeternum sperans fore, pelleret Hostus 
Si tantam iabem , ac perlibrat viribus hastam. 
Risit nube sedens vani conamina coepti, 
Et telum procul in venlos dimisit Apollo. 
Ac superhis: Nimium, iuvenis, nimiumque superbi 
Sperata hausisli. Saeer hic, ac magna sororum 
Aonidum curaest, et dignus Apolline vates. 
Hk canet ittustri primns betla Itala versu, 
AttoUetque duces coelo; resonare docebil 
Hic Laliis HeUcona modis, nec cedel honore 
Ascraeo famate seni. Sic Phoebus, et Hosto 
UUrix per geminum transcurrit tempus arundo, 
Vertuntur iuvenis casu perculsa per agros 
Agmina, el effusae pariter dant terga catervae. 
Tum pater, audita nati nece, turbidus irae, 
Barbaricum*atque immane gemens, transfigit anhclum 
Peclus, et ad manes urget vestigia nati (*). 
Conchiusa felicemente per terra dal pretore T. Manlio 
la guerra sarda, il pretore T. Otacilio le diede per niare 
1'uUimo compimento. Imperciocche, avendo egli intrapreso 
)a flotta punica, mentre dalla Sardegna si restituiva in 
Africa, Taffronto incontanente con vigoroso abordaggio, e 
costretle alla resa sette navi, fug6 e divise le rimanenti, le 
quali poi per sopravvenuta tempesta furono variamente rotte 
e sperperate. Per idem tempus (ann. U. C. 537) T. OlaciUus 
praetor, quinquaginta navium ab Lilybaeo classe in Africam 
transvectus, depopulatusque agrum carthaginiensem , quum 
Sardiitum inde peteret, quo fama erat Hasdrubalem a Ba- 
liaribus nuper traiecisse, classi Africam repetenti occurrit, 
levique certamine in atto commisso, septem inde naves cum 
sociis navalibus coepit : celeras metus haud secus, quam tem- 
peslas, passim disiecit ( 2 ). 

Caduli allora i Sardi da ogni speranza di aiuto per parte 
dei Cartaginesi, e conoscendosi impotenti, dopo le sofferle 



( Orat. pro Areh. , loc cit. ). Siflatta credenza non pare aliena dal 
vero , poicbdr Plinio ne accerta , che prior Africanus Q. Ennii 
staluam sepulcr» suo imponi iussit, clarumque illud nomen , immo 
vero spolium ex tertia orbi* parte raptum, in cinere supremo cum 
poetae tituio Ugi {HUL nat., VII, 31); e lo stesso aflerma Valerio 
Massim», dicendo: Superior Africanus Ennii poetae e/figicm in 
monumentis Carnetiae gentis collocari voluit, quod ingenio eius 
oprra sua illustrata iudicaret. ( Diet. factor. memor. , lib. VIII , 
«ap. XIV , $ 1 ). Di questo monumente sepolcrale fanno ricordo 
L»vio ( XXXVIII, 53 j XLV, 38), Strabone (V, 4, pag. 943) e Splino 
{PoluhUt., cap. I, pag. 11)} e U poeta Lebrun, traducendo in versi 
il concotto del snddetto Valerio Massimo (loc. cil.), cantd ejegan- 
temente: 

Sur les ruines de Palmyre 

Le temps a promeni sa faux; 

JUais 1'univers encore admire 

Les Pindares et les Saphos. . 

Frappe dt cette gloire immense , ( . 

Le fameux vainqueur de. Jfumance, ■ . ., 

Par tant de palmes ennobli, , 

youlut qu'en sa tombe honoree 

/>'Enniis Vimage sacree 

Le preservdt contre 1'oubli. 

Lib., VI, od ult., slr. 3. 



A.C. N. i, 4 . 

c. c as-i-; 



A.C. N. ao6. 
U. C. 5 4 (i. 

A. C N. 209. 
O. C. 5«J. 



A.C. N. io.>. 3. 
O. C 5;--'fy- 



(1) Sil. Ual., Punieor., XII, vers. 343 usq. ad 
(») Liv., Hist., XXIII, 41. 



vers. 419. 



sconfille, a ricuperare la bramata indipendenza, si adalta- 
rono per necessita al dominio dei vincitori. Scorsero infatti , 
dopo la morte di Ampsicoba e di Josto , sette lustri intieri 
senza che 1' isola si risentisse ; e gli annali romani , ripor- 
tando quasi sempre i nomi det soli pretori che in qnel 
tempo non breve quietatamente la governarono ( 3 ), sone un 
testimonio irrefragabile della sua paziente passivita. Povero 
percio di av.venimenli h un tal periodo della sarda istoria; 
n& lo scambio della nuova colie vecchie legioni ( 4 ), ne Fin- 
carico dato a Scipione di tutelare i lidi sardi dalle incursioni 
cartaginesi ( 5 ), nh le prede falte al punico navilio nelle pre- 
ture di Gneo Ottavio e di P. Cornelio Lentulo ( 6 ), nh il 
maggior tempo del suo consolalo perduto da T. Claudio nel 
porto di Cagliari O, ne Tabbondanza straordinaria delle u. c. 5iJ." 



(3) Vcdasi piu sotto la serie dei pretori di Sardegna , durante il 
dominio della repubblka romana. 

(4) Erano due le legioni , che dal 538 ( D. C. ) stanziavano nel- 
1'isola: duodeviginti legionibus beltum geri placuit: binas consules 
sibi sumere: binis Galliam, Siciliamque ac Sabdiniam obtineri (Liv., 

XXIV, 11). Esse vi rimasero stabilmente per otto anni , sotto il 
comando di Q. Mucio Scevola, di L. Cornelio Lentulo , di P. Manlio 
Vulsone, di C. Aurunculeio e di A. Ostilio (ved. Liv. , XXIV, 44; 

XXV, 3; XXVI, 1, 28; XXVII, t, 98, 36); ma pOi nella pretura 
di Ti. Claudio Asello (546 U. C) furono richiamate a Roma, e 
surrogale da una sola legione : Ex Sabdinia vetus exercitus , cui 
A. Hpstilius praefuerat , deportatus : novam legionem , quam Ti. 
Claudius traiiceret secum, consules conscrxpserunt (Liv., XXVIII, 10). 

(5) Snl finire delT estate del 543 di Roma la flotta cartagjnese 
guidata da Amilcare devastd le terre litorane d'OU>ia e di Cagliari : 
Exlremo aestatis huius classis punica navium quadraginta , cum 
praefeoto Hamilcare in ■ Sardiniam transiecta , Otbiensem primo , 
dein, postquam ibi P. Manlius Vulso praetor eum exercitu apparuit, 
circumacta inde ad alterum insulae latus , Caralitanum agrum 
vastavit , e t cum praeda omnis generis in Afrxcam rediit ( Liv. , 
XXVII , 6 ). Fatto accorto da questa sorpresa , e vociferandosi nel- 
1' anno seguente una nuova invasione punica nell' isola , il senato 
ordino a P. Scipione, che spedisse a Sardegna cinquanta delle sue 
navi per rinforzare le due legioni che la presidiavano: Praetor 
(C. Aurunculeius ) Sardlmam provinciam cum duabus legionibus 
obtinuerat: additae ei ad praesidium provinciae quinquaginta naves, 
quas P. Scipxo ex Hispania misissset . . . Scipio ex octoginta navibus, 
quas aut secum ex Jtalia adductas aut captas Carthagine habebat , 
quinquaginta in Sabdiniam transmittere iussus , quia fama erat , 
magnum navalem apparatum eo anno Carthagine esse; ducentis 
navibus omnem oram Italiae Siciliaeque ac Sardiniab impleturos 
(Liv., XXVII, 92). Gli stessi timori pare che determinassero nel 548 
il suddetto scnalo alla destinazione d'una fiottiglia per la difesa dei 
mari sardi: Et Cn. Octavio (imperatum), ut, quum Sardiniam le- 
gionemque TL Claudio tradidisset, ipse navibus Umgis quadraginta 
maritimam oram, quxbus finibus senatus censuisset , tutaretur (Liv., 
XXIX, 13). 

(6) Le suddette prede furono fatte nel 547 e nel 549 di Roma. 
Delle prime dice Livio (XXVIII, 46): Eisdem diebus naves onerarias 
Poenorum ad octoginla circa Sardiniam ab Cn. Oclavio, qui provinciae 
praeeral, captas, Coelius frumento misso ad Hannibalem commeatuque 
onustas . . . tradU. E delle seconde : Mago . . . simul sperans leniorem 
in navigatione, quam in via iactatxonem vulneris . . ■ impositis eopixs 
in naves profectus, vixdum superata Sabdinia, ex vulnere moritur: 
naves quoque aliquot Poenorum difiectae in alto a classe romana , 
quae eirca Sardiniam erat, capiuntur ( Liv., XXX , 19 ). 

(7) Populonios inde quum pervenisset (Claudius) , stetissetque ibi , 
dum reliquum tempeitaUs exsaeviret , Ilvam insulam , et ab Ilva 
Corsicam, a Corsic* in Sardtniam traiecit (A. U. 550).- Ibi superantem 
Insanos montes , multo ct saevior et infestioribus locu tempestat 
adorta disiecit classem . . . Multae quassatae armamentUque spohatae 
naves; quaedam fractae : ita vexata ac lacerata classU Cabales 
tenuit. Ubi dum subductae. reficiuntur naves , hiems oppressit; cir- 
cumaclumque anni lcmpus, et, nullo prorogante imperium, privatus 
Ti. Claudiu* classem Romam reducit (Liv., XXX , 39). I monti Insani 
qui rammentati da Livio sorgonp altissimi nella parte piu setten- 
trionale della Sardegna. Floro ne fa ricordo nella sua Epitome 
istorica: Mihil illi (i. e. Sardiniae) gentium fcrilas , Insanorumque 
immanitas montium profuere ( H , 6 , 35 ). Sono cziandio nominati 
da Claudiano, che descrivendo il nord delTisola dice 

qua respicU arcton 

Immilu, scopulosa, procax, subituque sonora 



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1'HIMA. 



4 ,c.y io 4 ->o3- biade sarde, che cetmarono i granai di Roma, e soccorsero 

101. 

cx 5tM 9 -5o. ai bisogni romani nelle ardenti spiaggie dell Afiica (*), ne le 
».c.n.. 9 -9»-»9. doppie decime di frumento imposle agTisolani ( 3 ), ne le am- 
pie toghe e le succinte tuniche inviate dalla vessata Sardegna 
a. c n. 204. per fornire di vefltimenta resercito latino (*), sono falti di 

V. C. Slfi. r 

tale importanza , che possano nobilmente iUustrarlo nella 
1 c. sW 9 *' mem0 " a degl» Qomini ( 4 ). La sola pretura di Catone il vee- 
chio e la buona ed onoravole ricordanta rimasta ai Sardi in 
queffoscuro seguila di anni oziosamente consunti nella ro<- 
mana obbedieoza; poicbe tale £u il senno. cen cui egli am- 
ministro la provincia, e tanta k modesua^coHa quale governb 
se stesso, che mai per lo innanzi erasi vedulo nelfisola un 
esempio piu lumiaesoidt pubbjica ginstizia e di privala vir^n. 
Provinciam nactus Sabdinijm, dice di lui Plotarco W, 
eutn qniante ipmm fverant prueiofes labernacnlu pubticis, 

Fluelibus; Insanot infamal navita montet. 

De belt. Gildon. 
E Silio llalico li accenna, senza nominarli, con questi versi 
Qua videt Ilaliam , saroso torrida dorso 
i ■ Etcercet seopuht late freta ec. 

Punicor. XII, 378-73. 

(1) Di-questa straordiuaria abbondanza del grano sardo si banno . 

in Livio le scguenli testimonianze. Nel 548 ( U. C. ) Cn. Octaviut 
propraetor ex Sabdinia ab Ti. Claudio Praetore, cuius ea provincia 
erat , ingentem vim frumenti advexit , horreaque non tolum , quae 
iam facta erant , repleta , sed nova aedifieata ( Liv. , XXIX , 36 > 
NelTanno scguente, per induciarum tempus et ex Sabdinia ab 
Lentulo praetore eentum onerariae navet, cum commeatu, et viginti 
rostratarum praesidio , et ab hoste, et ab Umptttatibut mari tuto , 
tn Africam transmiserunt ( Liv. , XXX , 24 ). E nel 660 ( U. C. ) 
commeatut ex Sicilia Sabdini aqie tantam vilitatem annonae e/fecerunt, 
ut pro vtctura frumentum mercator nautit relinqueret (Liv., XXX, 38). 

(2) Nel periodo di tempo, di cui si parla , cioe dal 537 al 571 di 
Roma, le doppie decime del frumento forono imposte ai Sardi per 
tre volle consecutive , due cioe nel 561 e 662, essendo pretore L. 
Oppio Salinatore, ed una nel 663 sotto la pretura di Q. Fabio Pittore : 
Eidem praetori ( M. Aemilio Lepido ) mandatum , ut duai decuma* 
frumenti (in Sicilia) exigeret; id ad mare comportandum devehen- 
dumque in Graeciam curaret. Jdcm L. Oppio de alterit decumit 
exigendis in Sabdinia imperatum: ceterum non in Graeciam , ted 
Romam, id frumentum portari plaeere ( Liv. , XXXVI, 2). Siciliae 
Sabdiniaeoue binae eo anno (562 U. C.) decumae frumenti imperatae: 
Siculum omne frumentum in Aetoliam ad cxercilum portari iussvm: 
ex Sabdinia , part Romam , part in Aetoliam , eodem quo Siculum 
(Liv., XXXVII, 2). Siciliat legio una et clatsit; quae in eaprovincia 
erat, decreta, et ut duas decumat frumenti novut praetor imperaret 
Siculis; earum alteram in Aiiam, alteram in Aetoliam mitteret. 
Idem ab Sabdis exigi , atque ad eotdem exercitui id frumentum , 
ad quot Siculum, deportari iuttum (Liv. , XXXVU ,60). Si vedra 
pero a suo luogo, che la stessa duplicazione delle decime frumen- 
tarie fu imposta ai Sardi nel 576 e nel 581 di Roma, e che Cesare, 
vincitore di Pompeo, costrinse i Solcitani nelPanno 706 (U. C.) a 
corrispondere 1'otlava, a vece deila decima parte, dei loro ricolti, 
cie che prova essere stala la Sardegna una delie provincie decumane 
sino all'estinzione deila romana repubblica. 

(3) Cio accadde nel 548 di Roma sotto la pretura di Ti. Claudio 
Pierone, come si ha da Livio : 1'estimenta exercitui (romano) deerant: 
id mandalum Octavio, ut cumpraetore ageret, ti guid ex ea provincia 
(Sardiniae) comparari ac miltipottcl: ea quoque haud itgniter curata 
rei. Mille ducentae togae, brevi spatio, et duodecim mUlia tunicarum 
miua ( Liv. , XXIX , 36). 

(4) Ai suddetti fatti si possono aggiungere i seguenti: 1." la con- 
dizione imposta da Scipione ai Cartaginesi di aiiontanarsi dalle isole 
tutte poste tra l'Itaha e l'A frica (fn*u/« omnibut, quae mter Italiam 
et Africam tunt, decedant (Liv., XXX, 16), allorche nei 649 (U. C.) 
essi lo richiedevano delta pace ; 3.° le agitazioni manifestatesi in 
Sardegna nello stesso anno 549 , dopo gli atti di ostilita commessi 
dalle navi puniche contro la flotta romana, durante il tempo della 
tregua (Polyb., lib. XV, cap. I e seg. - Excerpt. yalet., pag. 291); 
3.° la perpetua rinuncia alla riconquista dell'isola promessa da An- 
nibale nell'anno seguenle ( 550 U. C ) , in occasione della famosa 
conferenza da lui avuta col suddetto Scipione ( Liv. , XXX , 30. - 
l'oiyb. , iib. XV , cap. 5 et seq.). 

(5) In vit. Caton. Maior. ex interpret. Xilandri, tom. 1, pag. 618, 
cdit. Fraucof. MDCVl (iu-8°). 



leetis, stragulisque , ac magna servcrum el amicofum fatnilia 

usi essent, gravesque coenarum sumptus et apparalus fecissent, 

incredibile ipse frvgalUatis discrimen exhibuit. Neque enim 

nullas requisivil publicas impensas, sed circum urbes ipse sine 

bigis ambulavit, uno comitante apparitore, vestem ei et vas 

ad sacrifida peragenda portante (6). Tanttm in his, rebus 

facUitatis atque simplicitatis subditis ostendens: iustUiae ri- 

gore et mandatis prq imperio rectis atque firmis eam maje- 

stalem, gravitatemque prae se tulit, ut mnquam Hiis roma- 

num imperium neque terribilius fueril, neque charius. Ma la 

pretura di Catone, benche illuslrata dall' innocente sua vita, 

dalla rigidezza dei rfiupi costumi, e dall amore delle greche 

lettere da lui nodrito , nella dimeslichezza con Ennio O, fu 

di assai corta durata, e cosi scarsa di pubblici avvenimenti, 

che Livio stesso uso, brevissime le parole nel racoontarli: 

Item ex Sicitia Sahdjsiaque magni commeatus et vesti- 

mmta exercitui missa. Siciliam M. Marcelhs, Sardinuju 

M. Porcius Cato obtinebat , saactus et innocens , asperior 

tamen in fenore coercendo habi^ : . fugatique ex insula feue- 

ratores, et sumplus, quos in cultum praetorum socii facere 

sotiti erant, circumcisi aut sublati ( 8 ). Suecedettero a Catone 

quindici altri pretori, e la quiete pubblica della Sardegna, a.c. n. j97 *i 

prooedente dalla sua sforzata cattivHa, trascorse inosservata 

dall' eloquenle islorico di Roma, il quale perci6 limitossi a 

registrare t nomi dei governanti, il numero dei soldali cui 

comandavano, e le tasse che straordinariamente imponevansi 

ai provinciali miseri e depauperati W. 

(6) Di questa continenza catoniana scrisse Valerio Massimo: Age^ 
ti quit hoc seculo vir illustris pellibus haedinis pro stragulis utatur, 
tribusque servis comitatut Hispaniam regat, et quingentorum atsium 
sumplu provinciam petat, eodem cibo, eodemque vino, quo nautae, 
uti iontenttu tit , nonne mittrabUis existimetur ? Atqui itta patien- 
tissime Cato toleravit , quia iltum grata frugalitatis consuetudo , tn 
hoc genere vitae cum summa dulcedine continebat (Dict. facU memor., 
Lib. IV, cap. III, S 11)- Kelie quali parole sono da notare le vesti 
di pelle di capretto usate da Catone , almeno per la somigliama 
della specie colle antiche mastruche sarde. 

. (7) Ved. sop. pag. 49, col. 2 a , noL 2. E questo amore di Catone 
per le -iettere greche e rammentato eziandio Ual suddetto Valerio 
Massimo (oper. ciL, lib. VIII, cap. VII,, $ 1): Idem (Cato) graevu 
literii erudiri concupwit: quam lero, inde aestimemut, quod etiam 
latntat paene iam senex didicU. 

(8) Liv. , XXXII ,27. 

(9) Dei pretori succeduti a Catone dal 564 al 571 di Roma non 
oceorre notare i nomi, poiche si vedranno descritti nella gia men- 
tovata terie dei pretori di Sardegna. E delle tasse straordinarje di 
frtnnento imposte ai Sardi negii anni 561-62-63 (U. C.) si e gia 
parlato piu sopra, col. l a , nota 2. Rimane dunque a dirsi sol- 
tanto aicuna cosa delle truppe che Roma invio alTisola neU'ao- 
cennato periodo di tempo. Si e gia veduto (sop., pag. 50 , col, 2*, 
not. 4) che nel 646 furono ridotte a una sola legione. Sembra cbe 
d'allora in poi non siasene accresciuto il numero, giacche nei 548 
fu comandato a Gneo Ottavio di rassegnare Sardiniam legionemque 
a T. Claudio (Liv., XXIX, 13), nel 551 legio una M. Fqbio inSar- 
dimiam, quam P. Lentului pro praetore habuitiet, decernitur (Liv., 
XXX, 41), e nelTanno seguente fu ordinato al propretore M. Valerio 
FaHone, ut tn Sardiniam traiieeret, atque de extrcUu, qui Uri eitet, 
quinque millia lodum nominit latini, qui eorum minime multa 
ttipendia haberet, legeret (Liv., XXXI, 8). Questa legione vi ebbe 
probabilmente le stanze per otto anni consecutivi , trovandosi in 
Livio , che nel 553 fu ordinato di assegnarsi deUe terre miiitibut , 
qui in Sardinia stxpendia per muitot annot fecistenl (XXXII, 1), e 
che a Catone medesimo (anno U. C. 654) fu dato 1'incarico di ar- 
ruolare tre mila fanti e dugento cavaUi , et quum in provinciam 
(i. e. Sardmiam) venitset, veteret dimUterel pedilet equUeique (XXXII, 
8 ). Dal che si puo inferire, che, eccettuati i casi di sommossa, di 
aperte ribeUioni e di guerra , il costume della repubblica fu di 
mantenere in Sardegna una sola legione , la quale componevasi 
ordinariamonte di cinque mila e dugento fanti, e di trecento cavalli 
(Liv. , XL , 1 , 18, 36, et alib. pass.). A questa forza stanzialc ag- 
giungevansi in caso di bisogno lc lcgioni forntate dai soci del nome 

14 



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52 



mSSKKTAZlONB 



A. aN. .i.. per ^ ne j egsendo p rc t 0 re M. Pinario Posca, rinac- 
quero nelle sarde montagne gli anliehi spiriti di ribellione. 
Autori dei primi moli furono gli alpini ed armigeri lliesi; 
quegl' Iliesi medesimi cbe un mezzo secolo innanzi aveano 
defatigato latlivita feroce di M. Pomponio Mato (*). Abita- 
tori di balze, di burroni, e d'inaccesse foreste, e percib 
sempre indomiti e coraggiosi, ne pativano che la liberta 
loro fosse circoscritta entro dirupi cotanto angusti e sel- 
vaggi, ne la servitu della patria nei rimanenti luoghi del- 
1'isol» pazientemente toUeravano (*). Levalisi quindi colle 
armi contro i romani dominatori , e concitando alle armi i 
popoli fratelli, diedero principio ad una nxrova guerra che 
fu causa di molto sangue e di crudeli ferite. Compressi , ma 
non debellati dalle legioni latine C 3 ) , insorsero nuovamente, 

u: c c. , *5■ 7 4 , . ,, ' do P° due anni (4) » soHo ,a P re,ura di T - Ebuzio Caro, e 
attestatisi c&Balari, popoli non meno di loro belltcosi e 
fleri, invasero la provincia sottoposta aiRoroani, devasla- 
rono i campi e le terre tutle messe a coltura, e posero in 
grave cimenlo Fesercito stanziale della repubblica, che il 
dominante contagio rendeva inabile ad opporsi ed aresistere. 
Ebuzio mando lettere a Roma, significando ai padri 1'im- 
portanza della sommossa; elo stesso fecero i Sardi, inviando 
legati espressi, che riferissero al senalo il pericolo delle 
cose presenti, e di pronlo e valido aiuto, per le cilta almeno, 
lo richiedessero. Eodem tempore et in Sardima magnum 
tumullum esse, literis T. AebutH praeloris cognitum est, quas 
filius eius ad senatum attulerat. Ilienses, adjtmclis Balaro- 
r um auxiliis, pacatam provinciam invaserant, nec eis invalido 
exercitu, et magna parte pestilenlia absumpto, resisli poterat. 
Eadem el Sardorum legati nuntiabant orantes, ut urbibussal* 
tem (iam enim agros deploratos esse) opem senalus ferret. 
Haec legatio, lotumque quod ad Sardihiam pertinebat, ad 
novos tnagistralus reieclum est ( 5 ). II timore cagionato da tali 

latino, le quali constavano quasi seropre di sette miia e cinquecento 
fanti, e di quattrocento cavalli (Liv., loc. cit et alib. pass.). Perd 
le legioni socie inviate a Sardegna si vedono composte quando di 
cinqne mila fanti , qnando di soli tre mila , e di dugento cavatli , 
talvolta di trecento cavalli , e di sei mila fanti , tale altra di fanti 
otto mila e di cavalli trecento (Liv., XXXI, 8; XXXII, 8; XL, 19; 
XLI , 9 ) , giammai del suddetto giusto numero di 7,500 fanti e di 
400 cavalli. 

(1) Ved. sopr. pag. 45 , col. 1 , not. 1 e 4. 

(3) II Zonara {HUt, tom. II), parlandodi questa e delle ribellioni 
degli anni seguenti, dice: Sardi perpetuam romani praetorU prae- 
sentiam aegre ferentes, teditionem moverunt, ted denuo tubaeti sunt. 

(3) Le dette legioni erano comandate dallo stesso pretore H. Pinario 
Posca, il quale ricevette dal proconsole Cn. Bebio i soldati che 
mancavano per completar quella dei soci latini. Pestilentiac tanta 
ris erat ( in urbe ) , ut , quum propter defectionem Corsorum , bel- 
tumque ab Iliensibcs eoncitatum in Sabdinu , octo millia peditum 
ex sociu latini nominU scribi placuUset et trecentos equites , quos 
M. Pinarius praetor secum in Sabdiniam traiiceret, tantum hominum 
demortuum esse, tantum ubique aegrorum consules nuntiaverint , ut 
is numerus effici militum non potuerit. Quod deerat militum, sumere 
a Cn. Baebio proconsule, qui PUU hibernabat, iussus praetor, atque 
inde Sabdiniah traUcere ( Liv. , XL , 19 ). Con questo esercito M. 
Pinario debelld i Corsi ( ann. U. C. 571 ) , e qnindi , passato in 
Sardegna, guerreggid contro gl'Iliesi. In Corsica pugnatum est cum 
Cortit. Ad duo millia eorum M. Pinarius praetor in acie occidit ec . . . 
Inde in Sabdiniam exercitus ductus, et cum Iliensibus , gente ne 
nunc quidem omni parte pacata, secunda praelia facta (Liv., XL, 34). 
Dov* h da notare 1' espressione , gente ne nunc quidem omni partc 
pacata, la qnale dimostra che anche ai tempi di Livio i popoli Iliesi 
di Sardegna non erano intieramente domati. 

(4) A Pinario succedettero nella pretura sarda C. Menio nel 573 
(Liv., XL, 35) e C. Valerio Levino nel 573 di Roma (Liv., XL, 44). 
Solto il governo di questi duo pretori la Sardegna scrobro quietare 
alqnanto dalla sommossa degli anni precedenti. 

(5) Liv., Hut., XLl, 6. 



avvisi, e la grandezza della guerra cbe preparavasi deler- 
minarono il senato a dichiarar 1' isola provincia consolare. 
Eppercio nei comizi, sebbene le sorti la concedessero al 
nuoro pretore L. Mummio, ne fu commesso il governo al 
consolo T. Sempronio Gracco (°). Un esereito di ventidoemila & c. %V '' 
e quattrocento fanti , e tli milte e dugento cavalli , can dieci 
navi a cinque palchi, fu tosto decretato dai padri,. e messo 
a disposizione di Sempronio C). 11 quale, suppiicati colle 
ostie maggiori li Deiimmortali, e presi coi sacrifizi gli au- 
gurii deirafiidatagli impresa (*), trasferissi sollecitamenie a 
Sardegna. La celerita con cui egli si condusse in faceia ai 
ribelli, la lungaesperienzadellebattaglie, e gli ordini bene 
agguerriti delle sue squadre gli diedero facilmente in mano 
pronta e compiuta la vittoria. GVIliesi e i Baktri affrontarono 
coraggiosamente la zuffa: ma il valore dovetle cedere alla 
disciplina. Sforzati, percossi e fugati dalle legioni consolari, 
lasciarono sul campo dodici mila uccisi. E sulle glebe ba- 
gnate di tanto sangue arse poi 1'orrenda stipa delle armt 
loro, che il forlunato vincitore sagro con barbaro culto a 
Vulcano ( 9 ). Breve assai, dopo questo conflitto, fu il riposo 
del consolo e delfesercito nelle stanze invemali ( 10 ), percioc- 
che, essendosi al primo prorogato 1'impero per instanza 
fattane in senato dallo stesso M. Popilio nuovo prelore del- 
1'isola ( n ), le rinnovale ostilita dei Sardi 1'obbligarono a o.c.sjA 7 '* 
uscire prontamente in campagna. Frequenti e sanguinosi 
furono gli scontri da lui avuti cogVisolani, ma da tutti uscl 
vittorioso ; e. dopo aver ucciso nelle varie zuffe altri quindici 
mila ribelli, assoggettati i supersliti alla dizione della repub- 
blica, tassate le cilta tributarie di doppia preslanza, le de- 
cumane di frumento ("), e ricevuti dai vinti dugento trenla 



(0) Comitia deinde habita ...L. Mummio Sabdinia (evenit); srd 
ea propter belli magnitudinem provincia consularU facta: Gracchus 
eam sortitur . . . Idibus Martiu , quo die Semproniut . . . consulatum 
( iniit ) mentio de Sabdima . . . ( eiusque ) hoslibut fuit , qui ( in ea 
provincia ) bellum concivUsent. Pottera die legati Sardorum , qui 
ad novot magUtratus dilati erant ... in senatum ( veniunt ) ( Liv. , 
HUt., XLl, 8). 

(7) Provinciae deinde quae in bello erant, Sabdinia atque Ittria 
decretae. In Sabdiniam duae legionet tcribi iuttae, quina millia in 
singulas et duceni peditet, treceni equitet ; et duodecim millia peditum 
sociorum ac latini nominU, et sexcenli equites, et decem quinqueremes 
naves, si deducere ex navalibut tellet (Liv., XLI, 9). Quindi il numero 
dei soldati accordati a Sempronio per la guerra contro gl' Ilieti fu 
uguale a quello con cui T. Manlio Torquato debelld nel 537 i Sardi 
Pellili (Ved. sop., pag. 47, col. l* e 3*). 

(8) ... Consules maioret hostias immolarunt, et diem unum circa 
omnia pulvinaria supplicatio fuit. SacrificiU rite perfectU, provmcia* 
sortitisunt: Claudio Istria,Sempronio Sabdinia obvenit (Liv.,Ioc.cit). 

(9) Et ab altero consule Ti Semproni» in Sahdima prospere res 
gestae. Exercilum in agrum Sardorum Iliensium induxit. Balabobum 
magna auxilia Iliensibcs venerant. Cum utrague gente signu collatu 
conflixit. Fusi, fugatique hostes, castrUque exsuti: duodecim millia 
armatorum caesa. Postero die arma lecta coniici in acervum iussit 
consul, sacrumque id Vulcano eremavit (Liv. , XLI, 13). 

(10) yictoremexercituminhibemasociarum urbium(T. Sempronius) 
reduxit ( Liv. , loc. cit. ). 

(11) Duo (praetores) deprecati sunt, ne in provincias irent (anno 
U. C. 576): M. Popilius in Sabdiniam. « Gracchum eam provinciam 
pacare, et T. Aebutium praetorem adiutorem ab senatu datum esse. 
Interrumpi tenorem rerum , in quibus peragendU continuatio ipsa 
efhcacUsima estet, minime convenire. Inter tradiHonem imperii no- . 
vitatemque successoris , quae noscendis prius , quam agendis, rebus 
imbucnda sit , saepe bene gerendae rei occasiones intercidere •. 
Probata Popilii excusatio est (Liv., XLI, 16). 

(13) La citla diCagliari specialmente, o perche avesse favoritola 
sollevazione, o perche potesse piu facilmente sopportare le straor- 
dinarie gravezze imposte dal vincitore, fu da Ti. Sempronio seve- 
ramente multatn, come lo altesta Floro: Sabdiniam Gracchus arripuit. 
JVihit illi gcntium feritas , Insanobumqub ( nam sic vocantur ) im- 
manitas montium profuere. Saevitum in urbes, urbemque urbium 



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PIUMA. 



53 



ostaggi , spedi a Roma le liete novelle, implorando dai padri, 
che del favore accordato dai cieli alle armi latine si rendes- 
sero le debite grazie agli Dei, e che a lui concedessero di 
dipartirsi dall'isola coH'esercito viUorioso. Alla prima delle 
domande acconsenti il senato, ordinando pubblicue preghiere 
e il sacrificio di quaranta vittime delie maggiorj ; non per6 
alla seconda, poiche il limpre di nuove sommosse per parte 
dei Sardi consigliollo a prorogare per un altr' anno il co- 
roando dell' eseicito al coasolo vincitore, e di ritenerlo ia 
Sardegna per comprimervi la feroce baldanza degrisolankf). 
Egli di fatto vi rimase per tullo quellauno ( 576 U. C.) col 
nome e coll'autorita di procoBsolo, ne pote fino al 577 
(U. C.) trasferirsi a Roma per ricevervi l'onore del trioBfo 

*.r.K. .-5. ch'eragli stato decreiato ( s ). Ma il trioufo era poco per ce- 
lebrare un cosi splendido avvenimento, se all'atto solenne 
e superbo di salire coronato di alloro in Campidoglio non 
aggiungevasi un mouumento piii stabile , che n' eternasse 
per cosl dire la memoria. E qoesto apponto volle Semprouio 
che si serbasse nel tempio della dea Matuta, afliggendovi 
una tavola volata a Giove, la quale rappresentava i simu- 
lacri delle vinte battaglie e la forma delVisoIa debellata, e 
con brevi ma orgogliose paroie indicava il nuraero dei ae- 
mici uccisi o tratti in ischiavitu, i tributi restituiti alVerario, 

S". c. s-i 74 " ' a salve 214 deH'esercito, e la fortuua conquistalrice della 
romana repubblica. Eodem tempore (A. U. 578) tabula m 
aedem Matris Malutae ( 3 ), cum indice hac posita est: « T, Sem- 

Cabalim, ut gens contumax, vilUque tnorti, saltem desiderio patrii 
soli domaretur {Epit. rer. Rom. , lib. II , cap. VI , § 35 ). Nel qual 
testo , se sono sufflcientemente indicati gl* Ilieti e i Balari oolle 
paroie nihil illi gtntium feritas, insanorumque immanitas montium 
profuere , pare eziandio che si accenni agli schiavi condolti da 
Sardegna a Roma con quelle allre ut gens contumax, vilisque tnorti, 
saltem dtsidtrio patrH soli domaretur. Come poi Floro potesse 
chiamare vile un popolo , che combatieva per la propria liberta 
contro una potente repubblica , e che vinto tante volte , ne per 
stragi , ne per morli ristavasi , e insorgeva tuttavia piu fiero per 
redimersi dalla schiavitu , non si pud altrimenti spiegare , fuorche 
rammenlando essere stala quasi sempre barbara usanza degli op- 
pressori 1'insultare maldicendo alla infelice virtu degli oppressi. 

(1) Et Ti. Sempronius eodem tempore multis secundis praeliis Sabdos 
perdomuit : quindecim millia hostium sunt coesa. Omnes Sabdobum 
populi, qui defecerant, in ditionem redacti: stipendiariis veteribus 
dupUx vectigal imperatum exactumque; ceteri frumentum eontulerunt. 
Pacata provincia, obsidibusque ex tota insula ducentu triginta 
acceplis, legati Romam, qui ea nuntiarent, missi, quique ab senatu 
peterent , ut ob eas res ductu auspicioque Ti. SempronU prospere 
gestas , diu immortalibus hanos haberetur , ipsiqu* decedenti de 
provincia exercitum secum deportare liceret. Senatus , tn aede Apol- 
UnU Ugatorum verbU auditU, supplicationem in biduum decrevU, 
et quadraginta maioribus hostiU eomsuUs sacrificare iussit, TL Sem- 
pronium proconsulem exercitumque eo anno tn provincia manere 
(Liv., XLI, 17). 

(2) Di questo trionfo scrive il Freinshemio nei Supplemenli liviani: 
Ti. Sempronius Gracchus, qui per bUnnium Sardiniam obtinuerat, 
tradita Ser. Cornelio Sullae praetori provincia , reversus Romam 
triumphavit de Sardis. Tantam captivorum multitudinem ex ea 
insula illum abduxUse ferunt , ut longa eorum venditione res tn 
proverbium venerit, et Sardi venales pro rebus tilibus vulgari ioco 
ceUbrati fuerint (Liv., Supplem., XLI, 31). La narrazione Freinse- 
miana e confermata da S. Aurelio Vitlore ( Dc vir. ill. , cap. LVll), 
e dai Fasli Capitolini, nei quali leggesi: Ti. Sempronius P. F. Ti. 
N. Gracchus an. DLXXHX. Pro. Cos. de Sardeis (ap. Graev., Thes. 
rom. antiq., vol. XI, col. 931 ). E perd da osservare, che il Pigbio 
assegna a tal trionfo il 578 di Roma, che e 1'anno notato da Livio 
pel dono deUa tavola votiva deposta da Gracco nel tempio della 
dea Matuta (ved. infr.), mentre ii suddetto Frciushemio lo riferisce 
al 577 (U. C.), fondandosi sulla slessa aulorita dei Fasti Capitolini. 
E deve altresi avverlirsi , che quauto dicesi in detlo Supplemento 
Liviano a riguardo dei Sardi venali e uu'crronea applicazione di un 
piu antico proverbio, come ho gia dimoslrato nella not 5, pag. 43 
di questo istesso volume. 

(3) Questo tempio era situato nel Foro Boario, e deve dislinguersi 



p ronii Gracchi consulis imperio auspicioque legio exercitusque 
populi romani Sardwiam subegit. /n ea prdvincia hostium 
caesa aut capla supra ocloginta millia. RepuhUca feUoissime 
gesta, atque liberalis vectigalibus restitutis , exercitum sahmm 
atque mcolumem pleni&smum praeda domum reportavit. Iterum 
triumphans in urbem Romam rediit. Cujus rei ergo hanc ta- 
bulam domm lovi dedit ». Sarbiniae insulae forma erat, 
atque m ea simulaora pugnarum pkta ( 4 ). 

Le preture di Sulla, di Serrano, diCicereio, e degli altri 
successori di Tiberio Sempronio Gracco ( 5 ) non furono no- 
tevoli per fatto veruno di grave importanza che meriti di 
essere specialmente rieordato ( 6 ) ; e soltanto nel lungo pe- 
riodo di nove lustri occorre altra volta nelle sarde memorie 
il nome onorevole dello stesso Tiberio, il quale, consultati o. 
nell' isola i libri sacri , scriveva al collegio degli auguri le 
proprie dubitazioni sulla validita dei comizi da lui presie- 
duti nel 589 di Roma , e religiosamente pregavali di rico- 
noscere, se il difetto degli auspizi, la medesimezza del ta- 
bernacolo, il trapassato pomerio, e gli altri casi da lui ri- 
fenti avessero viziato 1'elezione dei nuovi consoli C). Ma la 

dall' altro di Gionone Jtfatuta o Mentueia , ch* esisteva nel Foro 
Olitorio. Lo aveva edificalo Servio Tullio assieme al templo della 
Fortuna Prospera, ed ogni anno vi si celebravano feste solenni con 
molte cerimonie (ved. Miutoli, Rqman.anliq., dissert. V, secrion. II. 
- Fauni, De antiq. urb. Romae, lib. III , cap. VI e VIII, ap. Sal- 
lengre; Tfov. thesaur. rotnan. antiq., tom. I, col. 190-91 e 952-55). 

(4) Liv. , XLI , 28. 

(5) Sergio Cornelio Sulla succedette a T. Sempronio Gracco nel 
577 di Roma, e fu eletto nei comizi deH'anno precedente. Governd 
la Sardegna per un biennio , perche il nuovo pretore M. Atilio 
Serrano fu mandato a guerreggiare in Corsica , e nel 579 ( U. C. ) 
rassegnd il comando della provincia a Caio Cicereio : Praetorum 
Cornelius Sulla Sabdiniam obtinuU (576 U. C.) . . . M. Atilio praetori 
provineia Sardinia obvenerat ( U. C. 577 ) , sed cum legiane nova , 
qvam consules conscripserant , quinque millibus pedUum , trecentis 
equitibus, in Corsicam iussus est transire. Dum U ibi bellum gerereti 
Cornelio prorogatum imperium, uti obtineret Sabdiniam . . . Praetores 
inde facti N. Fabius BuUo, M. MaUenus, C. Cicereius ec. (U. C. 578) . . . 
Ad hoc milU et quingenti pediUs romani cum centum equitibus scribi 
iussi (579 U. C); cum quibus praetor , cui Sabdinia obtiguset, in 
Corsicam transgrcssus bellum gereret ; interim M. Atilius , vetm 
praetor, provinciam obUneret Sabdimam. Praetores deinde provinciat 
sortiti sunt, A. Alilius Serranus urbanam ...C. Cicereius Sardiniam 
ec. ... Praetor Cicereius in Corsica signu collatis pugnavit . . . . Ex 
Corsica subacta ( 779 U. C. ). Cicereius in Sardiniam transmUit 
(Liv., XLI, 18, 91, 98; XLIl, 1, 7). Gli altri governanti succeduli 
a Cicereio dal 580 al 625 di Roma si vedranno a suo luogo nella 
SerU dei pretori di Sardegna. 

(6) Si possono tuttavia eccettuare le doppie decime di frumento 
imposte all'isola nel 581 (U. C.) sotto la pretura di L. Furio Filo, 
perche addhnostrano la gravezza dei triboti, dai quali la Sardegn» 
continuava ad essere oppressa. Ecco come ne parla Livio: Com- 
meatus classi tegionibusque ut exSUilia Sardiniaqub subveherentur , 
praetoribus qui eas provincias sortiti estent , mandari placuit , ttt 
alteras decumas Siculu Sardisqde imperarent, atque id frumentum 
ad exercitum in Macedoniam portaretur. SUUiam C. Caninius Rebilus 
est sortUus, L. Furius Philus Sardiniam rtc. ( XLU, 31). 

(7) La consultazione degli auguri fatta per lettere da T. Sem- 
pronio Graceo dee riferirsi al 590 (U. C), poiche le sue dobbiezze 
versavano sull'elezione dei nuovi consoli seguita nei comizi deU'anno 
precedente. I censoli eletti erano Publio CorneHo Scipione, e Caio 
Marcio Figulo: ma siccome la loro elezione fu riconosciuta viziosa, 
abdicarono al consolato, e gli furono sostituiti Publio Cornelio 
Lentulo, e Gneo Domizio Enobarbo ( Fast. CapitoL ex Pigbio, ap. 
Graev. Thesaur. roman. antiq., vol. XI, col. 903 e 904). Cicerone 
racconta in varii luoghi questo fatto ( De naL Deor. , II , 4. - De 
divinit., II, 35. - EpUt. ad Q. Fratr. , II, 9), e ne fanno eziandio 
menzione Plutarco (tn MarcelL , c. VII , edit Lugdon. 1560) , e 
Valerio Massimo ( DUt. factor. metnor. , I , cap. I , $ 3) , dai quali 
si ricava , che le lettere di T. Gracco furono ex provincia mUsat. 
Ora, dichiarando Cicerone medesiroo (dict. Ep. ad Q. fratr.) che 
questa provincia ro la Sardegpa, si raccoglie da cio, che quet vecchio 
consolare , gia vincitore dei Sardi , trovavasi altra volta presente 
nell isola nelCanno 162 av. G. C. Quale poi sia stato il motivo che 



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oi 



disskktaziom; 



a r.. \ 
v. C. (>>(• 



religiosa inquieludinc di Gracco non apparticnc agli avve- 
nimenti pubblici di Sardegna, ne pu6 supplirne la dcplora- 
bile deflcienza nell' inlervallo frapposto tra quell'augurale 
consultazione e il 626 di Roma. Nel qual anno solamente 
ricomincia la storia dei fatti insulari colle vittorie riportate 
sopra i Sardi dal consolo L. Aurelio Oreste (O, e colla que- 
stura di Caio Gracco, figlio del gia detlo Sempronio, il 
quale, sc fu inferiorc al padre nelle virtu guerriere, lo 
eguaglio per6, e forse anche superollo nelle virtit civili. 
Memorabile negli annali di Sardegna e la questura di Caio (*) 
per la giustizia delle pubbliche, e per la temperanza delle 
sne azioni private. Riverito ed amato daglMsolani, ottenne 
egli solo dalle citta sarde ci6 che 1'autorila del consolo non 
avea poloto conseguire; e quando la sospettosa invidia del 
senato, riflutati i soccorsi del re di Libia, gli prorogava, 
dopo un biennio, 1'incarico di questore, onde allontauarlo 
dalle tumultuose contenzioni del foro, il suo improvviso 
rilorno a Roma ( 3 ), e leloquenza con cui peror6 la propria 
causa , gli catlivarono il favore della moltitudine, e lo fe- 
cero trionfare dei suoi nemici. Plutarco nella Vita dei due 
Gracchi riferisce piu ampiamente queste notizie; cd Aulio 
Gellio ci ha conservato un tratto originale deH'aringa pro- 
nunziata in tale occasione daCaio alla presenza del popolo, 
dalla quale si fa cuiaro il tcmperalo e giusto modo di am- 
ministrare da lui tenuto in Sardegna. lo riporterb per intiero 
le stesse parole dei sopraddetti scrittori , acci6 nel racconto 
di tanti mali che afflissero miseramente la sarda lerra non 
sia scordala la generosita dei pochi e rari uomini, che po- 
tcndo non la offesero, e volendo la rispettarono. Forle evenit, 
dice Plutarco, ut quaeslor (C. GracchusJ in Sardiniam 
cum Oresle consule navigaret. Id enim munus Caio forte im- 
petmm inimicis eius gratum fuit, sibi vero non ingratum, 
utpole qui nosset non inferiorem se bello esse quam in foro. 
Praeterea adhucrostra suggeslutnque perhorrens, nec plebi 
amicisque rogantibus denegare suam operam volens, omnino 
profectionem illam libenter suscepit — Cum vero in Sardi- 
niam venisset, ibi omnifariam virtutem ostendens, audacia 
quidem in hostes, iustitia in subditos, benevolentia et obser- 
vantia erga consulem caeteram iuventutem, temperanlia au- 
tem et induslria etiam seniores anteibat. Vehementi atque 
peslifera hyeme exercitum opprimente, cum consul a civitatibus 

1'indusse a trasferirvisi nuovamente, non si trova accennato da veruao 
degli anticbi sorittori. Puossi pero conghietturare, che per la morte 
improvvisa del suo collega M. Juvenzio Talna, awenuta in Corsica 
(Val. Max. , lib. IX, cap. XU, $ 3), sia egli partito da Roma per 
domare quei ribelli isolani , e quindi da Corsica sia passato 
in Sardegna per comprimervi qualche moto sedizioso, giacche i 
Sardi non quietarono mai intieramente , durante il dominio'della 
repubblica romana. 

(1) Lucio Aurelio Oreste fu designato consote con M. Emilio 
Lepido nel 695 (D. C), e trasferissi nelfanno seguente a Sardegna 
per combattervi i Sardi ribellanti ( Sardo* rebeliantet ) ( Epitom. 
Liv. , LX. - Diodor. , Excerpt. ap. VaUt. ). Mancano i monumenti 
storici di qnesfaltra guerra sarda, ma pare che sia stata assai Innga 
e sangainosa, poiche nei Fatti Capitolini il trionfo di Oreste leggesi 
annotato dopo un quinquennio dalfaffidatagli impresa : L. AVRELIVS. 
L. P. L. N. ORESTES. PRO. COS. EX. SARDINIA. VI. IDVS. DEC. 
AN. DCXXXI. (Ex Phig. ap. Graev. , Thtt.rom. atUiq., vol. XI, 
eol. 431-3*). ' 

(9) Valerio Massimo serabra accennare alla suddetta questnra, 
laddove, parlando dei figliuoli di Tiberio Gracco, dice: Tret tanium- 
modo filiot Graeeko fuitte , e quibut unum in Sardinia ttipendia 
merentem (Dict. factor. memor., lib. IX, cap. VII, S 2). 

(3) Caiut Gracchut, pettilenUm Sabdiniam quaetlor tortitu», non 
renienU tuccettore, tua tponle decettit ( Sex. Anr. Victor. , De vir. 
illuitr., I.XV). 



-vcstem mililibus peterel , el illae missis ad senalum legalis, se 
a praestatione vestium excusarent, nec aUunde vestiendi exer- 
citum facultas consuli permitteretur , magnoque ob eam rem 
miHtes afficerentur incommodo, adiens civitates, Caius effecit, 
vt ipsae sponte sua vestem exercitui donarent. Ea Romae 
nuntiata cum popularis gratiae viderentur, imtio senatum 
turbarunt , et prius quidem ew Lybia venientes JUicipsae legati 
ingrate accepti fuerant a senatu, quod dicerent Micipsam C. 
Gracchi gratia frumenlum in Sardiitiam misisse. Ut igitur 
Gracchum diutius in Sardihia dttinerent, %t milittous suc- 
cessores mitterentur , atque Orestes contul in Sardihia re- 
maneret, decretaverunt ut sic Caius quoque remanere compet- 
leretur. Sed ilte, re inteUecta, statim ob iram e Sardinia 
navigavit, Romaeque ex improviso conspectus, nan sohun 
inimicis, verum etiam amicis reprehensionis causam adversus 
se praestitit, quod contra maiorum exempla quaestor ante 
consulem e provincia decessisset. Atlamen cum de ea re apud 
censores accusaretur, oratione habita sic mentes omnium mu- 
tavit, ut magis iniurias passum iudicarent. Duodecim se annos 
mililasse ostendit, cttm lex caeleris decetn in necessitatibus 
definiat. Quaesturam per triennium gessisse, cum lex finito 
amo reditum quaeslori permillat. Se unum plenos loculos pe- 
cuniarttm extulisse, vacuos reportasse, cum alii potato quod 
extulerant vino, plenas auro atque argento amphoras repor- 
tamt ( 4 ). Ed Aulo Gellio: C. Gracchus, cum ex Sardikia 
rediit, orationem ad populum tn concione habuit. Ea verba 
haec sunt: « Versalus sum, inquit, in provincia, quomodo ex 
» usu vestro exislimabam esse, non quomodo ambitioni meae 
» conducere arbilrabar. Nulla apud me fuitpopina, neqve 
» pueri eximia facie slabant; sed in convivio liberi vestri 
» modestius erant quam apud principia » . Post deinde haec 
dicit: « Ita versatus sum in provincia, ut nemo posset vere 
» dicere assem aut eo plus in muneribus me accepisse; aut 
» mea opera quempiam sumtum fecisse. Riennium ( 5 ) fui in 
» provincia; si ulla meretrix domum meam introivit, aut 
» cuiusquam servulus propler me sollicilalus est , omnium 
» nationumpostremissimum nequissimumque existimatote. Cum 
» o servis eorum tam caste me habuerim, inde poleritis con- 
» siderare, quomodo me putetis cum liberis vestris vixisse » . 
Atque ibi ex intervaUo. « Itaque, inquit, Quirites, cum Ro- 
»> mam profectus sum sonas, quas plenas argenti extuli, eas 
» ex provincia inanes reluli. A Ki vini amphoras , quas plenas 
» tulerunl, eas argenlo repletas domum reporlaverunt » ( 6 ). 
Acosi nobili ricordanze la storiafa succedere il trionfoC) 

(4) Plutarch., Vit. Tib. et C. Gracc, c. XXXVI.XXXVIl e XXXVIII. 
Leonard. Aretin. interpret., pag. 719-20, edit. Lugdun. 1560, in-8°. 

(5) Plutarco invece. come si e gia veduto , fa dire a Caio : u ... 
quaesturam per triennium gestisse. Ma io antepongo alla sua 1'auto- 
rita di Gellio, non solo per essere piu antica, ma eziandio pcrche 
fondata nel frammento originale deU'aringa di Gracco. 

(6) Ifoct. atlic. , lib. XV , cap. XH. 

(7) Leggesi in Eutropio: C. Caecilio MeUllo et Cn. Carbone Cott. 
( V. C. 639 ) duo MeUlli fratres eodem die , alUrum ex Saroinia , 
alUrum ex Thracia triumphum egerunt (Breviar. histor. rom., IV, 
55 ). E nei Fatti trionfali: M. CAECILIVS. Q. F. Q. N. METELLVS. 
PRO. COS. EX. SARDINIA. ANN. DCXL. ( Ex Pighio ap. Graev. , 
Thetaur. roman. antiq., vol. XI, col. 933 e 934). Inoitre Velleio 
Patercolo scrive : Circa eadem tempora M. (alii leg. II , i. e. duo) , 
Melelli fratret uno die triumphaverunt ec. ( Hitt. rom. , U , 8 ). 
Siccome per6 lo stesso istorico aveva scritto poco innanzi nel capo 
mcdesimo : Subinde Porcio Marcioque Cott. deducta colonia, Narbo 
Martiut , perrid sembra ch* egli abbia voluto riferire all* iinno di 
quel consolato (634 U. C.) il trionfo dci due Metelli. Per conciliare 
questa contraddizione di Velleio colla narrazione di Eutropio e col- 
Pautorita dei Fatti Capitolini, noterd col Burmanno (in recent. Vell. 



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PRWA. 



<55 



A.C.N. llJ. lo3. 
I. C. 639-49. 



di Metello e la pretura fl) di Albucio. Se il primo fu come 
gli allri che lo precedettero il prezzo di molto sangue, e 
di molte mortiW, fu la seconda un latrocinio solenue, di 
cui pass6 infame ai posleri la memoria. Perche Tilo Albucio 
accoppi6 alla vanita la ingordigta; e mentre per leggieri 
conflitti chiedea superbamente le pubbliche supplicazioni, e 
incedeva quasi trionfante neirisola ( 3 ), poneva pur mano con 
insolente arroganza nelle sostanze dei provinciali, e abu- 
sando dell'autorita pretoria estorquiva con arti nefarie il 
danaio altrui. Lo accusarono i Sardi di concussione, e pe- 
ror6 Ia causa loro Giulio Cesare Strabone, oratore non vee- 
menle, ma assai festivo, secondo 1'autorita di Tullio W, al 

Pater.), cbela suddetta introdvzione al cap. VIII dellib. II, Subinde, 
Poreio Marcioque Cosi. ec, vi fu probabilmente intrusa, e trasportata 
dal capo XV del lib. I, dove leggisi: Narbo autem Marciut in Gallia, 
Porcio Marcioque Coss. abhinc atmos eirciter CLIII deducta co- 
lonia «*(, 

(1) THo Alboeio (non pero T. Ebuzio, come opina 1'Orsino, coila 
scorta di aicuni codici) apparteneva aH'ordine eqaestre, e fa pretore 
di Sardegna nel 649 di Roraa. Andd giovinetto in Atene per ap- 
prendervi le tettere 1 grcche , nelle qnali diventd assai perito , e fu 
seguace della fllosofla di Epicnro. II soo amore per il grecismo 
fu da lui spinto a tal eccesso, cbe riputavasi piu greco che romano; 
per lo che il poeta Lucilio riporto nelle sue satire lo scherzo di 
Scevola , cbe lo salutava grecamente , come si ha da Cicerone : 
doctus etiam Graecis T. Albucius, vel potiutpaene Graecus . . . Fuit 
autem Athenit adoleteent; perfectut Epieureut evaterat ( In Brut. , 
XXXIV ). Ret vero bonat, verbii eleetit, graviterque ornateque dietas, 
quit non legat? Niti qui te plane Graeeum dicit velit: ut a Seae- 
vola eet praetore salutatus Athenis Albuciut. Quem quidem iocum 
cum multa vtnustate , et omni taie idem Lucitius : apud quem 
praeclare Scaevola: 

Graedum te, Albuei, quam Romanum, atque Sabmum, 
Municipem Ponti, Tritanni, centurionum, 
Praeclarorum hominum, ac primorum, tigniferumque , 
Maluiiti dici. Graeee ergo ego praetor Atheni», 
14 quod maluitti, te, quum ad me accedi, taluto. 

De Finib. , 1 , 3. 

Altrove lo stosso Cioerone parla di questo Albucio , e rammenl» 
I' accusa di concussione da lui intentata contro Q. Macio Scevola 
< Brut. , XXVI , De orator. , II , 70 ) , e biasima I» sua maniera di 
aerivere dislegata- e scomposta (Orator., 44. - De orator., III, 43), 
sehbene non gli niegbi il meritotdella doltrina. 11 medesimo gindizio 
ne. ra fatto.da H. Terenzio Varrone, il qoale scriveva: AlbuUui , 
homo , ut tritu , apprime dottm , cuiut Luciliano ekaraetere tunt 
tibeUi eo. (De R. R. , m, *).. . 

(3) Perche Tonorevdel trtonf» non accordavesi fherehe a coloro 
che provassero di aver ucciso in nna sola battegHaciaque mila 
nemici: Lege eautum esb , ne qui» triumpharet, niti qui qutnqu* 
miltia hoitium um ade aatcidistet (Valer. Max., DUt.fact. memor^ 
Kb. II, cap. VIII,. $ 1> f t ->.. i 

(3) Cuius amiei ( u e. Gabinii) . . . hac c*nsulationa uUmtmr, ttiam 
T,- Aibucio suppUcationem & unc ordi*em dentgoMe. Qmd ett prmum 
diirimil*. R»t tn SasheviAj cunt mastrucatit latruncuUs a propraetore 
una cohorte auxiUaria geitm .. . Dmnde Albucius , quod a senatu 
petebat , ipie ribi m Samhma antea decreverat. Conttabat enim 
Graecum hominem etc leutm , m t tpta proyrincia quati triumpkastti 
Itaque hanc eiut temeritmtemi itmotut mpplicatxone denegata notavit 
(Cicer., De provinc. eontwk, VI). Dalle «raali parole si rioava, cbe 
Albncio , nomo tano o-tdi iefgievo .gindizio, aveva domandate 
soteimi pragkiere per le nukmi di pooo momento da Ini sostenote 
ht Sardegna coatro le «cerrecie dei pelliti (cum mattrucatit latnm* 
ctittt), ehe intauto acconl**a a- se Slesso nelfisola qoasi gli ooori 
del trionf» , e ■ ohe , poi ,. otmtro: 1» sva aspettaaione , il eenato gH 
denego -le addhnandato s«pph«U>«ai. 

(4) Fettivitats igitur^ et> facetUiy.4nquam, C. JuHus, L. /Uiut , «J 
tmperioribur et atquakSm sen. omnibms praettitit , oratorque fuit 
m ut i me iUt quidem .vtkantcmyisem' nemo unquam urbanitate , nemo 
lepvre , . nemo tuavitate ««mditior K Cioer., In BruU, XLVIII). Ancbe 
Veileio Fateraoio ( Mitt. rom*n> v II V 9) annovera il suddetto C. 
6hdio Ceaare Strabone tra gh\ oratori pin distinti delfantiea Rem». 
E Svetonie scrive, che C. Ghdio Cesare genus eloquentiae dumtaxat, 
ado ietcent adhuc , Strabonii Cmetarit tecutus videtwr; euiui etiam 
etc oraMaue , quae mscrOHiur *a» Sabms , ad verbum nonnulla 
traeutmUi m d/winaUonem tuum (m Cmtar., . LV ). DeU'otazione da 
loi recilata contro Aibncio e4 a ftnrore dei Sardi, oltre airallegata 
testimonianu di Svetonio, si ha qnetta del gi« citato Cieerone , il 



quale poi si volle aggiungere G. Pompeo, che sotto lo stesso 
Albucio avea esercitato in Sardegna 1'uffizio di questore ( 8 ). 
Ma in quel pubblico giudizio, se trionf6 la giusta causa 
degli accusanti , non fu al delitlo proporzionata la pena ; 
perciocche 1'esiglio di Tito da Roma non restitui la pecunia 
ai Sardi depredati , e fu anzi causa di pessimo esempiO ai 
venturi , che Finiquo prelore baldoriasse colla sarda pecunia, 
ritraendosi a molle ed oziosa vita in Atene ( 6 ). E veramenle 
i suceessori di Albucio (sebbene ignoriamo quali essi fos- 
sero, perche una lacuna di venti e piu anni ingombra colle 
sue tenebre silenziose i ricordi insulari di quell'eta) pare 
che non siano stati piu di lui temperanti, o meno avari, 
leggendost in Dione, che Lucullo, avendo ottenuta in sorte 
la Sardegna (685 U. C), si tir6 addietro, ricusando una 
tale pretura, perchfe v'erano molti, che nelle provincie 
agivano perversamente in tutte le cose: L. autm Lucullus 
wbam quidem prmtwa defunclus est: sed ctm postea in 



quale, parlando altrove della gloria che si puo trarre dalle pubbliche 
accusazioni, adduce 1'esempio di Giulio Strabone: ut . . . (fecit )pro 
Sardit in T. Albucium Juliut (De ojfic, II, 14). Vedi pure la nota 
seguente. 

(5) Perd il senato non permise che Pompeo ( cioe Cn. Strabone 
padro di Pompeo il Grande) sostenesse le parti di accusatore, per 
non sanzionare coll'autorita del giudizio lo scandalo di questa lotta 
del questore contro il pretore. Itaque neque L. Philoni in C. Servilium 
nominis deferendi potestas est data, neque M. Aurelio Scauro in L. 
Flaccum, neque Cn. Pompeio in T. Albucium : quorum nemo propter 
indignitatem repudiatut est: sed ne libido violandae necessiludinit 
auctoritate iudicum comprobaretur. Atque ilte Cn. Pompeius ila cum 
Julio contendit, ut tu (Caecilie) mecum. Quaestor enim Albucii fuerat, 
ut tu Verrit. Julius hoc tecum auctoritatit ad accutandum afferebat, 
quod, ut hoc tempore not ab Siculit, sic tum ille ab Sardis rogatus, 
ad causam aecesserat (Cicer., Divin. in Caecil., XIX). Ma forse non 
era questo il vero , o per lo meno il solo motivo di tal divielo 
( Ved. la not. seg. ) 

(6) La condanna di T. Albucio , e a di lui csiglio in Atene sono 
rammentati in due luoghi di Cicerone. Leggesi nel primo : Albucius, 
quum in Sardinia triumphasset , Romae damnatus est ( Oral. in L. 
Pison., XXXVIII); 6 nel secondO: Quid T. Alhucius? Nonne animo 
aequistimo Atheriis exsul philosophabatur? Cui tamen illud ipsiim 
non accidisset , si in re publica quiescens Epicuri legibus paruisset 
( Tuscul. , V , 37 ). Quale poi fosse la costanza di anirao di questo 
pretore fllosofo , dopo avere spogliato la provincia da lui ammini- 
strata , non si pud facilmente deOnire. Egli b vero, che Tollio tentd 
ita altre scritture di farlo comparire men reo, scrivendo di lui e di 
Un altro suo somigliante : damnalus est T. Albucius et C. Megaboccut 
ex Sardikia , nonnullit etiam laudantibus Sardis ( Orat. pro M. 
Seaur., XL, pag. 467-68, edit. praed.); ma non si deve prestar fede 
al suo asscrto , perche vi osta in primo luogo la stessa condanna 
ripbrtata da Albucio , e quindi la prevenzione sfavorevole con cui 
egli parlava dei Sardi, allorche difendendo Scauro disse per occa- 
Sione qhetle poche parole in discolpa di Albucio. Occorre qui una 
osservazione da non pretermettersi per riguardo alla storia di 
Sardegna.' 11 Megabocco , di cui parla Cicerone nel citato luogo , 
ftt egli pretore o qnestore dell isola? In qual tempo vi dimord; e 
quale pu'6 essere stata la parte di governo da lui avuta nelle cose 
insalari? Messuno dei Sardi scrittori ne ha fatto parola, e tutti anzi 
trascorsero senza nomlnarlo. Eppure II testo Tnlliano non lascta 
lntig« a dubitare , che dopo Albucio , o insleme con Albucio , fu 
condahnato anche Mrgabocco per rammihistrazione tenuta in Sar- 
dtJgna. Dnnque fra i concussori deHe sarde sostanze si deve eziandio 
annoverare quesfaltro, che finora fu dimenticato o sconoscinlo. Ma 
chi fh egH mai qnesto Mbgabocco? Cid notf poossi agevolmente 
indovinare. Tntlavia sospetto che fosse lo stesso Pompeo (Strabone), 
il quale esercitd sotto Albucio la questufa sarda; e che Cicerone 

10 abbta chiamato Megabocco , come cosi appelld altrove U di lui 
flgUb (Epist. ad Attic., II, 7), o perche veramente egfi fosse in tal 
guisa soprannomato , o per indicarlo precisamente , senza recifare 

11 suo proprio nome, affine di non dffendere la vanita e la potehza 
del gran Pompeo. Se qnesta mia conghiettura fbsse vera, si verrebbe 
piu facilmente a comprendere, che il motivo per cui il sehato hon 
permise a Pompeo d' insorgere in quatita di accusatorO contro T.' 
Albuccio (vedi la not. preced.), non fii il solo timore di violarele 
convenienze pubbHche, come aflerma M. TuUio, ma ben anchc la 
compartecipazione di entjambi.in nno stesso delitto. 



niSSEUT.UIONK 



A. f. 

I'. c. 



V Sj-7«. 



A. C 
V. C. 



N. 67-6i 
'»8 j-91. 



SdRMNiAM praelor ut iret sorle obtmuisset, detreclavil, 
negoliwnque aversatus est hac de causa, quod plerique m 
provinciis perperam omnia agerent ('). Ne i pocbi falti acca- 
duti in Sardegna oeitrc lustri anteriori al rifiuto di Lucullo 
poteroflo compeosarla della iniquita dei suoi governanli, 
perobe i danni cagioBalivi dalla pretoriaaa avarizia furono 
aggravali dalla guerra civile accesavi dallc lazioni repub- 
blicaae : e si videro nel sardo suoio combattere con arnvi 
fratricide Lucio Filippo fautore e tegato di Silla contro 
Quiolo Antouio prctore doll' isoia e seguace deile parti 
Maiiane (670 V, C), il con«olo . flf. Emilie Lepido coatro 
C Valerio HTiario (674), Perperna contro i Sillanj, e iu 
questi cttladjai couflittj morire AntooV) svi pampo;, 0 Lcpido 
spjrar lanima conlrislata pel dolore deiradulterio della sua 
mogiie Apuleja W. . 

La guerra piratiea, ,fe|ic«wente concbiusa da Poropeo, 
libero poi la Sardegna ( 68.5..U. *C.) dalle incursioni depre- 
dalrici dei corsali di Cilicia ( 3 ) ; e la prelura di Azio Balbo 
(691 U. C.) la ristori) jn pafte dei mali cbe per tanti anni 
avea dolorpsamenle soflerti ( 4 ). Nello stesso correr dj tempi 
alcuni dei Sardi che avoano militato setlo le insegne latine, 
furooo onorati della rpmana cittadinanza ( 5 ); il suddetlo Pom- 



(1) Dion. Cass., Hist. rom.', lib. XXXVI", pag. 54, edit. Lugdun. 1559, 
iu-8*, Xylandro iriterpr. 

(2) L. Philipput lcgatus Sullae Sabdiniam , Q. Anlonio praetore 
puUo et oeciso, occupavil ( Epit., Ub. LXXXVI , Liv. ). M. Aemiliut 
Lepidus quum acta Sullae tcntarel rescindere , bellum excilavit; et 
a Q. Catulo collega Italia pulsus est, et in Sabdiwa, frustra bcllurn 
molitus, periit (Epit., lib. XC, Liv.). II sommario della narrazioue 
Liviana c confermato pei fatti di Lepido dall' autorita di Floro , il 
qualo scrive : sed iam Mulvium ponlem collcmque Janiculum Lutatius 
C.atulus Cnaeusque Pompeius , Sulldnae dominationis duces atque 
signiferi , alio exercitu inscderant. A quibus primo statim impctu 
relro pulsus (Lepidus), Kostisquc a senatu iudicalus, incruenta fuga 
in Etruriam , inde Sabdiniah recessit: ibique morbo et poenilentia 
intcriit (Epitom. rer. roman., lib. III, c. XXIII, $ 6 e7). E Sallustio 
ci couservo lo due orazioni recitato da M. Emiljo Lepido contro Silla 
per la rivocazione degli atli dclla di lui dittatura, c da L. Filippo 
contro Lepido , mentre quesfultimo si disponeva a marciare contro 
Roma (ved. Sallust. , Historiar. fragm. , pag. 351 c 359, edit. 
Taur. 1827 ). In quanto poi all'aduItcrio o allo tresche aiuorose di 
Apulcja si ha la tcslimonianza di Plotarco ( invit. Pomp., pag. 627), 
e dice Plinio , che fu pcrcid ripudiala dal marito , il qqalo poco 
slante ebbe a peBtirsene ed a mbrirne di dolore: M. Lepidus 
Apuleiac usoris caritatc post repudium obiit ( Hist. naf., VII, 36, 
edit. pracd. ). E dippiii lo stesso rlinio, ripetendo altrove lo stesso 
Eatlo , racconta il modo cou cui fu abbruciato il corpo di Lepido , 
dappoicho la violcnza dclle liaramo lo fe cadere dal rogo: Quum 
ante non multo M. Lepidus mbilissimae stirpis , quem. divorlii 
anxktate diximus mortuum,flammae vi e rogo eiectus,recondi propter 
ardorem non potuisset , iuxta sarmetflis aliis nudus crcmalus est 
(Ibid., VII, 54. Vedi pure Appian. Alex., De bcll. civ., 1, 105 o 107; 
e Freipshem., Supplem. Ifv., I,XXX1, 4; XC, 16, 17, 18). 

(3) Ved. Eutrop. Rreviar, h%st rom., VI, 13; e Plutarch., in vit, 
Pomp. A propositp di tal gucrra Cicerpne lascio scritto: Qtips cnim 
unquam, aut obevndi negotii,, aut conseguendi quaestus studio, tam 
/tVevf tempprt tot loca adjre , iantpt cursus cpnficere potuit , quftrn 
celtriler Cn. Pompeio duce , belH ( pMfci ).impet»u .mvigaiit?,'(fiti 
nondum tcmpettivo ad navigandum mari Siciliqm adfft, Afrjca^ 
exploravit; inde Sabdiniam cum claste venit, atque haecjria firu- 
menlaria tubsidia reipuhlicat firmitsimis ( praes}diis classib^squc 
munivil (Orai pro teg. Manil., XII .., , . ; . , 

(4) l)i questo pretore, che. fu.a^w roalerno di Ottaviano A^gusto, 
si 6 gia parlato nella not. 7, cpl. 2 a „pag. 32 del prcsepte volume^ 

(5) Si ha su di cid la irre^agabil({ leslinioniaiiza ,di Cicorpnq , i( 
quale scrivcva nel 697 <|i fy&ijjia: ,mm 4 st\pendiarias ,ex kfripa , 
Sicilia, Sabpuua, celer^ pro^c)is .multQs Cf.vitate dtmafof.vidmu# 
( Orat. pro L. C. Balbo , IX ). Eftli vcramcntp non no assegna il 
tempo preciso ; ma dovendosi <li npccssita crcdere anterjore al sud- 
detto anno 697 , paro assai probabilc , che un tal favore sja stala 
impartito ( speciaJUoc^c. spt^» la prctuxa di Az^) Balbe.) a colwo 
dei Sardi che avevano s^guitp coltc aijn| le parid-dclja repupuUca, 
conlio i tcntativi di Lepidp e di Peipfuna. Tutta,YoJla , o jf\i\f\a. c 



A. C. N. .Vi-ji, 
V. C. Vi-V7- 



pco, piesente c liverilo uoll isola (09 6 U. C), vi mercava v.kl^' 
il frumenlo, nece^sario pcr la tumulhwsa plebe dei Quiriti ( 6 ); 
Quinto Tullio Cicerone dimorava in Olbia ( 7 ), non avverso 
ue inviso alla nazione cbe il di lui eloqoenle fratello, senza 
averne giamroai ricevuto danno od iogiuria, aereraeate vi- 
tuperava; il nuovo pretore Appio ClaudioW esercitava senza 

dopo la protura di Balbo, la cittadinanza di Roma fu accordataad 
alcnni Sardi benemcviti. Caio Valerio Triario , vincitoro di Lcpido 
in Sardegna ( 674 U. C. ) , hi feoe don»ro a Vaterio , di cui poi il 
di lui flglio Publio Valerio Triario si . servi come lesle Bell' accusa 
coiitro M. Scauro ; o n gran Pompcd , prcvalendosi dclLi podesla 
accordatagli daUa legge GeUia e CornoHa (Cicor., pro Balbo, XIV) 
la diede a Gneo Domisio Sineaio , e ai Deliconi (696 U. C), cow 
si ha dallo stesso Cicerone (Orat.pro Scauro, XXX, XLIII, pag. 458 
o 469, edit. praedict. ). 

(6) Pjqtarph., Apopkth. 8om. - Cicer,, pro D. S., X. - Epitt. ad 
AMc., IV, 1; Ad Q. fr. y 11 , 1 ; A4 divert., 1, 9. Ua quesUuUima 
lettera si ricava che Pompeo parU per Sardegna nelfaprile del 696 
( V. C. ) poiche Gicerone, dopo aver scritto a Lentulo : quin etiam 
Marcellino el Philippo consulibus\(d\ct. ann.) nonis aprilis tnifti ett 
temtus asstnsut , ut de agro CampO.no , frequenti scnatu , idtbvs 
tnaiit referretur; soggiunge poco appresso: hoc tenatutconsuUo itt 
meam sententiam facto , Pompeius , quum mihi otteniittet te ette 
offtnsum , in Sardiniam ct in Afrieam profectus esl, eoque itinerc 
Lucam ai Caesarem venit; e qaindi subito: quem (i. e. Quintum 
fratrem ) quum in Sardinia Pompeius paucis pott diebus , quum 
Luea ditcesserat, convenisset tUt. ; sicche Pompco trovavasi nell'isola 
sul Rnire dei detto raesc. Vedasi pure Dion., Hist. rom., XXXIX, 
pag. 150, cdit. praed., e Plor., Epitom. rer. rom., 111, 6. 

(7) La citta d' Olbia era situala nella patte settentrionalo di 
Sardegna, o precisamcnto nel sito in coi oggi sorge il Villaggio <U 
Tebbanuova. Aveva un porto capacissimo , cbJahiato Otiriano da 
Tolomoo ( Geograph. , III, 3, tab. 7), la di cni imboccatnra * al 
prescnte assai difficile , perche sul finir del secolo XIII fu ingombrata 
artatamente dai Gcnovcsi , dopo la famosa battaglia deHa Metoria. 
Sulla fpndazione di quest' antichissima cilta ho riportatft altreve lc 
testimonianze degli antichi scrittori ( vcd. sopr. «•!. 2 0 , not. 7, p. 35), 
ai quali si possono aggitmgere il Giornande (De regnor. tuctcss.), 
ed il Zonara (Hist. tom. 11). Datle dt lei rovine ebbe poi Tesbtciiza 
la citta di Facbina o Falsania , che fu per lungo tempo la sedc 
di un vescnyb, e giocque alla sua volta, pcr dar luogo al suddetto 
viUaggio di TebbanuoVa ( ved. Fara, Corogr. sard., II , 90 , 91. 
- La Martiniire , Grand dictionn. gdogr. - Ferrer. , Learie. geogr. ). 
Quintp Tnllio Cicerone dimoto itt OUjia poco piu di un anno, poiche 
v'era,gia nelPaprilO dcl 696 di Roma (Cicer., Epitt ai dinrs., i; 
9; ved. not. preced. ), e vi si trovava ancora sut fiaire di ghigno 
del 697 (Ctoer., Epist. ad Q. fratr., Xl, 1, 8). Egli vi resieoette in 
qualita di iegato di Pompeo , coi era stato coromesso dal senat» 
1'importante incarico di approvvigionare.Phnnona romana (Cicer.v 
Orot. pro Scattro , XXXIX, pag; 467); e a questo tuogo gli furono 
indirizzate da Mareo Tuilio di lui fratello le otto prime tertere, <>he 
leggonsi nel iibrp scoondo dclfe «ue cpistole ad Ouintum fralrem 
(Ex recent- Christ. Godafr., Schfttz). fietlo medeshne quel grande 
oratore usd di qualche temperanza verso la Sardegna, perche non 
erano anoora nate le cagioni che lo inimioarono ai Sardi. Tuttavolta, 
segnendo la mtturale sua incUnazione, non tralascio di bczeicarla, 
«ra in un modo, ora neUaltro. Cosi nolla lettera seeonda (lib. II 
asdd. ) pigUando pccasione dalllncario» datogli dal fratello di riscuo- 
tere certe somme da Lentulo c da Seato, e di pagsrle a Pomponio 
Attico, dice ehe fisola habet prbfeeto quidiam appotititm adrecor- 
dathncm praeteritae memoriae% « snbito soggiunge-. Nam » v< illt 
Gracchut augur, posteaquam in islam provintiam venil, recordatus 
est} quid sibi , in campo Marti» cowUia *onsut*m habenti, conlra 
autpma aeoidittct: tie tit mUti Viderit th Sxbmnia de fitrma Mi- 
nmeiana , et de nomimibus Potnponianis in otiit vtcogitatte. K ncHn 
lerza ( eod. Ub. ) scrivo quelle Unto , diyulgat* pwaUi in riguardo 
alla. intempcrio del cielo raardi}:.,cMifo, «m frater t utvakas;et 
quamquam esl hiemt, tamen SAMHttiAtt itkim esse.eagites. Gho poi 
Qujnto TuHip fosso acce.tto ai ,Sardl si deduco da doo luoghi deilo 
Stosse Mareo JuMo; In uno » J*ggn: Sed quotdam venisse tamen 
Ottia dieebant, qui te (i. e.'.Qnintuin tratrem) uniee laitdarmt , 
ptvrimigv* in prmnaia ficri dicerent ( .Epitt.-ad Quint. fratr. r 11 t 
0, n. 5>i 0 nell'altro: ffon sum \aut tdnt inhumanut , aul tart 
atienut « i>ABnift, praestrtim quum ftiater tntue nupcr ab hit deces* 
teril, quum rei frumentatiae Q*. Pomptii^ missu praefuitett; qui.et 
iptc itlit pra tua fiil* et humanUate eontuluit, et eis vicistim percarus 
et iucundus fuit ( unt(, prn Scauroi, XXXIX, p. 467, cdit. praed.). 

(8) La .ptolurn di A»|ii«ni atJocrtata dal presente pasao di Plutarco: 
W« CdW, (iajlfae wbus optimti iispositix, in Cisaipina hicmavit, 
Hlic ,net>, Mtwnut^Qppte oiki M »; ■Sfdietiam. tiaritsmai el amplistimac 



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PRIMA, 57 



o.a** 6 ", inftffl)i»;e senza lode il comando insulare (6Q6 Li. C); q 
per la solila antica vicenda delle buone colie ree sorU a il di 
Uii sucoessore M- EmHio Scauro 0) con ingeoti estorsioni 
frumentarie e con altri non meno gravi delilti conculcava a 

Sifc^ 5 *' 800 »al«»to gli oomini e le terre sarde (ann. 698 U. C). 
E noodiroeno qoell' insolente depredatore, reduce a Roma 
dalla spogliata provincia, pel venerato nome del padre, per 
V invocata memoria della sua prodiga edilita, per le Ugrime, 
da lui versate, e per.le molte preghiere de' snoi amici e 
congionti , partivasi assollodal giudizio iutentatogU da Xriario. 
a nome dei Sardi, difeso e lodato da Cioeroae, ohe la di, 
lui tarpe causa piu turpemente patrocinava, mordendo con 
acerba ironia i morti e i viventi , e con ogni sorta di oon- 
tumelie insnltando i provinciali queruU e dolorosi (*). 

auctoritatit viri eomplure* ad eum Lucam pervenerunt , Pompeiut , 
Crasnu, «t SiKwwAjK pbajstob Antm , et Nepot HUptmiOe procotitu l 
etc. (In vit. Caoiar., XXI). Si e gia vedulo piu sopra ( pag. 56, 
col. 3* , not. 5 ), che questo congresso di persone cbiare ed auto- 
revoli, trasferitesl a Lucca per bre oooraiua a Cesare, ebbe luogo 
neli'aprile del 696 ( U. C. ); locche pure si ricava da altri luoghi 
dello stesso Plutarco ( /n vit. Pomp. , LI. In vil. Crass. , XIV. /n 
vit. Caton. min. , XLI ), da Svetonio (Jul. , XXIV), e da Appiano 
Alessandrino (De ML civ., II , 17). Ounque e chiaro , cheil pretore 
di Sardegna di quellanno fu Appio Claudio. La sua dimora nell'isola 
non partorl alcnn fatto d'importanza , ne si ritrova nella storia un 
solo ricordo, che faccia conoscere il modo coo cui egli comportossi 
m tale offioio. Quiodt noit pare alieoo dal vero, ch'egli lo abbia 
esercitato seaca infamia e senca lode. 

(t) Marce Bmilio Scauro, figlio dj altro patrizio deUe slesso.nome, 
che fo principe del senato (Cicer., De Orat., II, 49. Pro Fonteio, 
VH, 13. - Piin., Uitt. nat., 14, 54-SaUust. in Jugurth., XV , 35. 
- Valer. Max. , Uk IV , cap. IV, o. ti ) , era figliastro di SulJa e 
genero di Scevola, la dj eui teraa figua, per neme Mucia, ripudiala 
dat gron fiompeo , egli si toJse per megJie ( Aseon. Ped. , Argum. 
orat. pro Scmr. ). U di lui avo materoo L. Metelle fn iliustre per 
le vittorie ripertete sopra i Oalmati; ma Tavo • il proavo patorai 
fureao, secoado la testimoniatuta di Ascqhq ( loq. .«it, ) , humUe* 
•tewe ohseuri. Toitevolta egli noo dice qoeH essi foasese, ne aveodosi 
su di cio Altr'autorita, io conghietturo, ebe J'aw. suo pateroe fesse 
q«e) M. EmUie Scenro che nuUto in Sardegna soito il oeoseio L. 
AareUa Oreste (886 B. C), eeme si racooglie daU'autore delle Fiie 
iituttri: Mareut Armiiiut Seaetnu , noWt*, pauper: nem pater anu r 
ftamvu patriciut, ok paupertatem earbMmriutn neaoHum exercwii. 
tpte . . .ptrimo.in Hispania comiculum mtruit : jtio Qreste in S^aninu 
ttipendia feeit ( De vir. itl. , cap. LXXII )..Soaune fo eoile nel 6S4 
di Roma, e gti spettacoli do tui datt ai popolo superarono in ce- 
lebritA tutti gli altri; perlocche, oon sotamente consurao le ricchezze 
IsMiauigli dai padre , e le attro ampKaanne redate dalla suamadre 
Moselta, ma eootrasse eziandio motti debili (ved. Cicer., Orof. pra 
Sea*., LIV. - Min., sYuia nat., XXXIV, lf; XXXVI, i, 34. - Ammiao. 
MopcelL, XXII, 8». - Valer. Max, 11, 4). Cceato pretpr«*.della Sar^ 
«egua nei 88* <ii Hona , efcbe piu eur» di ristorare ia pcepria fbrtuuay 
dOpredaudo i Sards, cne dL maateaere incoutaaunato il propriaaome. 
, -(») I pSrtieolari delHaccusa, del igiadizfo • de«T assoluzioue di 
m. Seauret, qoattsi ricavano dai Frammenti d*il'orasione vd i Ckerea», 
dafie Note di Aeooaie Fediauo e da attri antieoi aoteri , sooe i 
seguent». Nel 89> ri«gno del 690 (U. C> egli trasferisei a RAma per 
)a petizkme dei consotato , e m tale oceasione oro a fnrere>«U C. 
Catene gia tetbun» deUa pteee, ch* ra assoHo nett deUfjatmedtote 
■aese di lugiio. %re giorfti dope ( 8 luglio > fu aocusato egli ssesso 
41 ooneoeaiooe -da P. Valerio Triario, giovtae- di soasto. sogesjoo, i) 
<ra«ie sosteneva la «joerela dei Sardi. Puolie •» figfio.diiqneiqaioi 
Valerio Trierio, cfce aveva combattuto m Sardegna dentnt» ikconaolo 
VL Bnritio L«pWo>(674 4J. C.)v e-ali'ao«uea dainumlentata Bescri*- 
sero L. Mario Ugoe di Locio e i frateifi Q. e M. f aeunkx U pretor» 
M. Catone, cui si apparteneva quel giooazio, accordo agU odcusOtori 
il temiae di 30 gtorni per ioeuirire exmtro l accasato tniSaodegpa 
ed ro Co rs iea; ma essi Ooo vi «s nseareno. oer timora che Scaoro 
negl'immiaenti cemizt bMgliasse intante U eqnsolato r prevsJeodoai 
del danaro estorto ai Serdi. Ns> in cio non sf apaonevaoje at voro, 
perche i cempetitori atta soprema diguita eranoikqcwUansio Mes- 
tata, Scaaro, ftomiaie e Menunio,i quaUsi adeperovano a«eoseguiria 
sia coUoro, ehe cotifavore det petenti (Cieer., BpjM. ad.AH., IV, 
*&>16, 19, 18. - Ad Q. Fratr., ll.ilfc, 16> IU, t, 3, », .8); e L. 
bemizio Bnebarbe, e App. Ciaodio Pulero, attuaU ceoseU^ ooveno 
ia sesjroto la raaoa con vergagnoM meroato aU'ambit«<4ei ceoteo- 



Sorgeva iivtanlo il setlimo secolo di Roma, e nascevajiQ, 
insieme le gare civiji di Cesare e dtPompeo, che voHe^i 
poi ad aperta guerra divisero per qnattro anni i desideru e, 

, denti (Cicer., loc. cit., e ad divert. Epitt, , I, 9). Percio Triario, 
rinunciando all' inquisizione , comparve alla scadenza det termine, 
e prodnsse la testimonianza di certo valerio , che U di lui padre 
aveva beneficato coUonore delja cittadinanza romana (ved. sopra 
pag. 56 , col. l a e 8*, not 5). Con quesfarte egli consegui la dilazione 
det giudizio definitivo, il quale ebbe tuogo nel 3 settembre di detto 
anuo 699 (U. C). Due erano i delitti apposti a Scauro, Ja concus- 
sione della provincia , e 1' uccisione di Bostare nativo di Nora. 
La prima pare che sia caduta di preferenza sulle decime di frumento 
che risola pagava annuatmente alla repubbUca, giacche Cicerone 
neUa difesa di detto Scauro dice: ett enim unum maximum totiut 
Sardiniae frumentarium erimen , de quo Triariui omnei Sardos 
interrogavit (pag. 453> E se vuplsi prestar fede, a Mariiano CapeUa, 
( il quale forse avea consultato 1' ovazione inUera d| Cicerone. per 
Scauro ), la suddelta concussione fu estesa ingordissimameole ajle 
esazioni <U decime triplipate, ossia al trenta per cento dei ricolli, 
aardi: uvulUplex ex pluribut guaeitionibus causa consistit, ut repe- 
tundarum. omne* Verrinae, etpro Scauro de Bostabis ne ce, de Aaiwis, 
uxore et decimis tribus exquiritur (De nupUphiloL, \). La secqijda, 
noa si sa da qual causa procedesse, ma si pue sospeUare cue Scauro, 
ue fosse autore , per impedire che Bostare andasse a Roma onde 
accusarlo delle sue concussioni. Cosi almenq vociferavasi dal sardo 
Aoi , ospile di Triario ; eppercio Severiaoo scrive :■ Bostabew, 
quemdam Norensem, fugientem e Sardinia Scauri advenlum, Scaurif 
iutsu fuiite interfectum, (Reth. , cap. de dispon. cruj».). Grayato, da, 
tali accuse, tenaeva Scauro di so^combere nel giudizio. La proterione 
di Pooapeo, in cui egli confidava, era piu apparente che realc, 
porche Porapeo erasi recato a ingiuria che, Scauro avesse impalmato 
Mucia, dappoicbe era stata da lui ripudiata. Ed oltre a ci6 tp sjlesso 
Scauro diffidava della inlegrila di M. Catone per l'aujioizia. della, 
di lui sorella Servilia con Plaminia madre di Triario, e pon T,r.iario. 
medesimo (Ascon., in Scaur.). Ma, piu di qoesti motivi, tormeulava 
U di lui animo la coscienza del proprio d.eUUo,. teggeodosi iu Va T 
lerio Massimo che la sua difesa fu cosi disperala ed infelice, ut cutn 
accutator diceret , lege tibi centum atque viginti hominibus denun- 
ctore teitimonium licere, teque non recutare quo mimt absolvereiur,, 
ti totidem nominaitet, quibus in provincia nihil abstulistet, tam bona 
conditione uti non potuerit (Dict. factor. memor., lib. VIII, cap. 1, 
n. 10). Tuttavia nou maocarouo a Scauco molU difensori, ohe furono 
P. Ciodio Pulcro, M. MarceUo, M. Calidio, M. T. Cicerone, M. Messala 
e Q. Orteosio. Cicerone sopra gU ailri sostenue con molto impegno 
|a difesa del reo, Dai FrammenU dell' orazione da lui recitata iu 
tate oecasiooe si ricava cb'egli cercd anzitutto di combattere 1'accusa 
4eU' uccisione di Bostabo , e quindi 1'altra della coocussione fru- 
mentaria. Per conseguire il primo scopo suppose che Abi avesse. 
avuio Lupga consuetudiue di adulterio colla madre di Bostabk , e 
che, recatosi con lei a Roma, avesse fatto uccidere da uu liberto 
la propria moghe, vecchia deforme e gelosa, la quale perd aveagii 
apportato ricca dote, £acendo quiudi correr vocechesi fosse strasi;. 
gflata colte proprie saani per tedio dellavita: ein rispettoaBosTABE 
suppose ancora che la costui morte fosse stata procurala dalla 
propria di lui madre, intoUerante che le sue iibidmi fossero ingrate, 
ai figUo^ traeudo di cid argomeoto dal di lei posteriore Daatrimouio> 
coo Abi , e dal vario rumore ch' erane corso oell' isola (QuinUL , 
Inttit., orat. IV, 1; V, 13; VII, 3). Festivo in questa parte. e, 
condjtq di aroarissima ironia e il discorso di Cicerone ; e se non 
valse ad aonullare faccusa che Triario faceva a Scauro, di essersi 
cioe Aai fuggito da Sardegna, perche non votle dargli o il fruraenlo 
• la mogbe che ei adjdimandava (Quum dare nollct Aais, clam cx 
Sardjnia e*t fugere coaotut. Priscian. , lib. VI, pag. 689), dee pere, 
aver avuto motta forza per volgere al ridicplo il fatto di quella doppia 

' uccisione. Ip quanlo poi al delitto di concussione apposto ai suo 
cUe,nte , M. Tullio trasse gli argomenti deUa difesa: 1° dal genere 
e dai tempo delfaccusa, ehe disse intentata ad arte per escludere, 
Seaoro dai. consolato; nel qual luogo usd di un'ingegposa finzione 
per far oonoseere le secrete mene di Appio Claudio , e oppose a 
Triario di aver prerogato- iaaliziosameqte U giudizio cojla presep -, 
tasnyne di un solo teste { tu cpntperendinasti eum, tette prpducto, 
pag. 457 )| 3° dalla qualitadei testimonii, che erauo appunto i Saidi 
coutro i ouaU percid egli scagiia un monte d'ingiurie, cbiaxoandoJi 
peliiti ( pag. 483 ) , Africani ( pag. 449 , 451 ), e Libifo-Femcii (a 

Pawt* adm&to AfroruM generc non deduCti in Sardiniam , 

atque, ibi constituti, ted amandati et repudiati coloni, pag. 469); 
tassandoli 4> tanto criminosa vanita, ut libertatem a servitMte nulla 
re.oftl ,i otri menti^ndi licentia dutinguendam putent pag. 466-67); 
e appoocnjdogli ad, onta , anziche a lode , «be xerooa delle citta 
savde si fosse volontariamente fatta sobiava dj Boma (Quae etl enim 
praeter Sardiniam provincia, quae nullam habeat amicam populo 



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58 



niSSERTAZIOIVF. 



le speranze dei popoli soggetti alla romana repubblica. La 
Sardegna, posta ancor essa nel bivio di obbedire alVuno o 
aU'altro dei due contendenti, non stette in forse a seguire 
le parti del piu fortunato. M. Cotta, che in quel tempo la 
governava, non avea 1'animo abbaslanza gagliardo per op- 
porsi a Cesare che voleva occuparla, ne forzc sufficientiper 
resistere ai Sardi che volevano attribuirgliela. Sopraffatto 
dal timore , e dalle minaccie dei cittadini di Cagliari , si ap- 
prese al vergognoso parlito di abbandonare il suo seggio, 
e di fuggirsi in Africa. E mentre i Pompejani speravano an- 
cora ch' egli potesse ritener 1' isola sottoTantica obbe- 



romano ac Hberam civitatem? pag. 470); nella quale sbrigliata 
veemenza di maledire fa bensi 1'oratore qualche onorevole eccezione 
(ignoscet Cn. Domnus Sincaius vir ornaHssimus, hospes et familiarU 

meut; ignoscent Delicohbs ignoscent alii viri boni ex Sardinia, 

credo enim esse quosdam , pag. 469 ) , ma !a stessa lode dei pochi 
volge a biasimo delTintiera nazione ( aliqui , suis moribut et huma- 
nitate , stirpis ipsius et gentis vitia vicerunt , pag. 470); sicche il 
mal animo suo contro i Sardi si manifesta ad ogni parola, e sembra 
ch'egli abbia tolto occasione da questa difesa per isfogare la propria 
bile contro un popolo inoffensivo , la di cui sola colpa era quella 
dl aver tratto in giudizio un pretore che lo avea iniquaraente go- 
vernato; 3° dalla persona stessa diScauro, lodandone la continenza 
e la poVerta: Quem purpura regalis non commovit, eum Sardorum 
mastruca tentavit ? ( pag. 479 ) . . . Domus tibi deerat ? At habebas. 
Pecunia tuperabat? At egebas. lncurristi amens in columnas , tn 
alienos insanus insanisti. Depretsam, caecam, iacentem domumpluris, 
quam te , et quam fortunas tuas aettimasti (pag. 481. - Ved. pur, 
Quintil., Inst. orat., IX, 1, 4); 4° Finalmente dal medesimo delitto 
frumentario, ch'egti dice supposto (nullam multitudinis in Sardinia 
querelam , nullum in Seauro odium populi, pag. 457), opponendo 
a Triario di non essersi trasferito sovra il loogo per conoscere il 
vero , come aveva fatto egli stesso per la causa dei Siciliani e dei 
Reatini (pag. 455-56-57), e di essersi contentato delle semplici re- 
lazioni e della testimonianza del soio Valerio, alla quale toglieva 
la fede lo stesso consenso degli altri Sardi che 1'avevano sottoscritta : 
Etenim fidem primum ipsa tollit consensio , quae patefacta est com- 
promisso Sardorum et coniuratione recitata (pag. 466-68). La pe- 
rorazione che quindi conseguita e tutta ricavata dalle lodi degli 
ascendenti di Scauro, e specialmente del sno padre Emilio , gia 
principe del senato, e della famiglia Metella. Ma la perorazione pia 
efflcace fu quella che fecero gli amici e i congiunti delfaccusato , 
e 1'accusato medesimo. Imperorche ra egli lodato, sl a voce che 
in iscritto , da L. Pisone , L. Volcazio , Q. Metello Nepote , M. 
Perpenna , L. Filippo, M. Cicerone, Q. Ortensio, P. Servilio Isaurico, 
Gn. Pompeo , uomini consolari ; e il suo fratello uterino Fausto 
Cornellio Sulla , il suo nipote M. Glabrione , Pnolo e P. Lentulo 
figtiuoli det flamine Lentulo Negro, L. Emilio Boca, C. Memraio, 
C. Aronio Limo, T. Pedoceo, C. Catone, M. Olena Scortiano, e 1» 
stesso Scauro , gettatisi amilmente ginocchioni al cospetto dei giudici 
e della commossa moltitudine , con voci supptichevoli e con molte 
lagrime implorarono 1'assoluzione. La quale dallo sqoittinio risaltd 
quasi piena e concorde, perche dei settanta votanti (cioe 99 sena- 
tori , 53 cavalieri e 35 tribnni delTerario) , soli otto (4 senatori, 
9 cavalieri e 9 tribuni ) condannarono Scauro , e gli altri tutti lo 
chiarirono innocente.' It Severo Catone , che in quel giorno me- 
morabile presiedctte al giudizio, nulla inductus tuniea, sed tantum- 
modo praetexta amictus ( Valer. Maxim. , 111 , 6 ), perche correva 
Testate, e tn forum quoque sie defenderat , iusque dicebat; idque 
repererat ex vetere consuetudine, secundum quam et Romuli ac Tatii 
iHhtuae in Capitolio , et in rottris Camilli fuerunt , togatae sine 
tunicis (Ascon. Ped. ad orat. Scaur.), costretto dalla plebe imperila 
e tumaltuante, tlovette poi provocare il giudizio di calunnia conrro 
gti aceusatori di Scauro. E sebbene Triarionon sopportasse vernna 
grave senfenza, ne riporlarono pero due contrarie ambi i Pacuvii, 
e tre Lucio Mario, colpevoli di aver soscritto contro un uomo, coi 
la fortttna, Ia nascenza illustre ed I meriti altrui ovevano procurtrto 
ringinstfzia e lo scandalo del perdono (M. quoque Aemilius Scaurus, 
repetundarum reus . . . propler vetuttistimam nobilitatem et recentem 
memoriam patris, absolutus est. Valer. Maxim., VIII, 1). Lo stesso 
Scauro, appena fu liberato dalCaccosa di concussione mossagli dai 
Sardi , ebbe a sostenere 1'altra di broglio intentatagli dal suddetto 
Triario o da L. Cesare , e ra parimenti difeso da Cicerone. Ma di 
qoesta seconda orazione Talliana non ci e rimasto frammento veruno 
(ved., oltr. i luog. sovr. clt. , Valer. Maxim. , V, 8. - Cicer. , D« 
offic, I, 99 e 90; in Brpt. XXIX; Orat. pr» Murr., VII; Orat. pto 
Fonteio , VII : Epixt. ad Lentul., 1,9). 1 



A. C. H. 47. 

b.c.-«s 



dienzaC 1 ), viarrivava con una legione 0- Valerio (703 U. C), t.c.iU?' 
ohe trevandola senza pretore, e senza difesa, rassoggettava 
al comando e alla fortana di CesareW. A Quinto Valerio suc- 
cedeva nella sarda pretura Sesto Peduceio (704 U. C), e o.c^i*'' 
nelFanno medesimo alcune navi rostrate erano spedite da * 
Brindisi per tutelare i lidi sardi dalle incursioni nemicbe. 
Caesar, cum dies mdecim dictaturam egisset, eaque abdieata 

consulem sese novum designasset Praetores inHispaniam 

M. Lepidum, in Siciliam Aulum Albimm, in Sardihiam 
Sextum Peduceium ( 3 ), et in Galliam Decimum Brutum misit, 

navibusque tutelaribus ab urbe Brundusio destinatis 

Sardiniae insulam mumvit ( 4 ). Ma sia che queste ultime 
foesero insufficienti al bisogno, o che la necessita degli eventi 
)e richiamasse poi ad altre spiaggie, nel cominciare delTanno 
seguente (705 U. C.) le citta littorane di Sardegna, e tulfal- 
1' intorno la sua costa marittima era travagliata grandemente 
dai Pompejani , i quali raccozzatisi in Africa sotto il comando 
di Catone e di Scipione, e unitisi a Varo e Juba chc vi eser- 
citavano la signoria, aveano intrapreso in comune la guerra, 
e preparatc nella terraferma le cose a cio necessarie, infe- 
stavano colla flotta i mari sardi, e via conducevano dai porti 
stessi le navi, predandole delle armi e del ferro, di cui essi 
principalmente abbisognavano ( 5 ). 

(1) Cicerone infatti scrivendo ad Attico nel 14 maggio del 704 
(U. C), diceva, utinam, quod aiunt, Cotta Sardmiam tentat! (lib. X, 
ep. XVI ). Ma Cotta I' avea gia abbandonata , ed eravi m sua vece 
il legato di Cesare. 

(9) II fatto e riferito brevemente da Floro e da Dione. Dice il 
primo: Pulto fugatoque Pomptio , (Caesar) maluit priut ortmare 
provincias , quam iptum tequi. SicUiam et Sardiniam, annonae pi- 
gnora , per legatot habet ( Epitom. r er. roman. , Lib. IV , eap. II , 
nom. 99 ). E il secondo : Praelerea Caesar Sardiniam Siciliamque 
insulas , excedentibus praefectis earum, absque pugna oeeuparit (Hist. 
rom., lib. XLI, pag. 239, edit. praed.). Ma Cesare istesso lo raoconta 
piu largamente ne'suoi Comentarii: MittU (Caesar) tn Sardiniam 
cum legione una VaUrium legatum. . . Sardiniam obtinebat M. Cotta. . . 
Caralitani, simul ad se yaUrium mitti audierunt, nondum profeeto 
ex ltalia, sua spante ex oppido Cottam eiieiunL Ille perterritut, quoi 
omnem provineiam consentire inUlligeret , ex Sardinia tn Africam 
profugit . . . Nactut vacuam ab imperio Sardiniam VaUrias , cum 
exereUu eo pervenit (De bello ctc., I, 30, 31). Il poeta Lucano intese 
accennare a questi fatti, allorche scrisse: 

Bellaque sardoat etiam sparguntur tn orat ; 

PhartaL, III , 64; 
sebbene non siavi stata guerra , ma semplice preparativo di armi 
per il caso in coi Cotta non avesse abbandonato di piano ia Sar- 
degna. Onpo la occopazione delFisola , Cesare mandd a Pompeo L. 
Vibnllo Rufo , invitandolo alla pace ; e fra i motivi che gli pose 
avanti per indurveio , eravi pure la perdita del sardo dominio : Sati» 
esse magna utrinque incommoda aceepta. ■ . ut reliquos tasus timerenL 
Illum ( i. e. Pompeiom ) Italia expulsum, amusa Sieilia tt Sardinia, 
duabusque HUpaniit, et cohortibus iti Italia atque Hispama ctVtum 
romanorum centum atque triginta; te (i. e. Caesarem) morte Cu- 
rionit et detrimento afncani exercitus tanto , msUtumque dedilione 
ad Corcyram. Promde sibi ac reipublUae parcerent: quantum tn btlto 
fortuna posset, iam ipsi ineommodU suU satU essenU Uac unum esse 
Umpus de pace agendi etc. (Caesar., De belL tciv.j 111, 10). N& 
Cesare s'iagannava nel oredere molto dannosa alla oausa pompeiana 
la perdita. della Sardegna , poicbe gli stessi consiglieri di Pompeo 
volevano eh'egli evitasse ■ dt affrontarsi oon Cesare in Tessaglia , • 
che restituendosi con celere viaggio in Halia, riconquistasae coUe 
altre qaestaimportanteprovmciaoceidenLaledellaromanarepubbiicB. 
(Vid. Plotarch., tn vit. Pomp.). 

(3) Di questo Sesto Peduceio parla Cicerone, sorivendo ad Attico 
(lib. X, epist I), e ne loda grandemeute il senno , rassomigliandolo 
ra cid al padre, del quale ricorda 1'autorita e la memoria. 

(4) Appian. Alex. , De bell. civ., lib. II, edit Amsteled. 

(5) Coeterum AfrUa ne prioribus quuUm temporibut Caesar amioa 
usus, secundum Curionis mteritum,plane eam hostikm habuit: qvipp* 
et Varus , Jubaque rerum ibi potUbantur : et Cato , Scipioque ctm ' 
iU qui ipsos stquebantur, eodem confugerdnt: communicatoque inter 
se bello, non eonHnentemmodo terram ad id aeeommodanerant, te4 
SUitiam fpuvque Sardiniamque elasse infeitabasU, naves abducebant, 



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RRtHA, 



59 



Le ftnove, viMwie ripertete dftCesare qel 0ft»tineo^,a64- 
D.c 7 N oi, 46 - (?Ofi U. £.) pwaro 4ermi»», a siffalte optiliia; e ila 
S»rcle§Mt«h^ .avefa eootnbuito «i Mm emtpiipe^ deUa 
guemirumMica, uwiatdoti «ttti tf noHHOi, <K navi e di 

vetlovaglieO), aeeolse poi nel suo seuo il fortunato vincitore 
di Tapso, mentre da Ltica Uasferivasi aRoma per ricevervi 
gli onori destinatigli dal senato, e per esercitarvi colla po- 
tenza delle armi la mal dissimulata tiiannide della sua de- 
cennale dittatura W. 1 Solcitani »<* di altro rei, cbe di 
aver somminislrato viveri e soldali a L Nasidio legato di 
Poropeo, furono in tale occasione multali di cenlomila se- 
sterzi, pagarono, a vece della decina, l otlava parte dei 
loro rooiti, e videro il glorioso eroe di Farsaglia dtstrarre 
con mani violente le private soslanze di alcuni cittadini, e 
poco stante dipartirsi dallisola lasciandovi questa sola in- 
grata memoria del suo bieussiroo soggiorno ( 3 ). 

ila ct arina et fcrium (guo majrime indigcbanl) indc parabunt 
(Dion. C.ass., Hist. rnm., lih. M.lf 1 , pag. 595, rdit. praed.V 

(1) Quesli aititi erano stali riihiesti da Cesare istesso con mcssaggi 

fiirmentum, .timut ati/ur littcras legisscnt , mitlenda curarrnt ( Hirt , 
De belt. afric. , VIII). La conliarielii ilei venli e tlella slagione uu 
impcdi il pronto arrivp in Africa, coiue si lia dal citalo istorico: 
Quarr caesariani gravi annnna sunl conflictati, idrn, quod nondum 
nequc ab Sicilia, neque ab Sardinia f«inmral«< subpoi tatu.< erat, 
ueque per anni tempus in muri rlazscs sinc pcriculo raguri pol"rani 
(lib. cit. ,.241. Ma Diono dico. esprcssauiente. fhe.vi arrjvarono, 
quamvis tarde, mullaque pcricuta a tcmpcstutibus ar hoiHbut passi 
[Hut. rom., XLUl, pag- 300, edit. praed. ). 

(2) Plularco scmbru acieniiaie all'approdo d.i Cusare in Sardegua 
prima che discendesse in Africa per governarvi la guerra: Dcducitur 
Caesarcm classe in Sardiniain Mese, cum occiduutn cJasse ingressus 
Oceanuiii, perque Allanlicum pclagut ad betligirundum liansportuus 
rxcrcitum, adna\igurc cocj.it (t« vjL Carsar., 71 ); e forse il Fara 
ebbe riguardo alla di lui aulorila, allorche sirisse: C.uesar, qui e.v 
SarOinia ai/ai/ium , cnmmealumque habuil , in Afrieam profectus 
eos (i. e. poropciauos) vicit, el inde in Sardiuiam rrversus, insulam 
lustravit rt composuit ( Dc reb. Sard., libr. I, pag 131 , cdit. pracd.). 
Ma lo slorico della gnerra sfi icana parla solKmcnte dclta venuUi di 
Ceysara aU'i6ola, dppo le sue yittorie soyra. i pojnpeiaui , e del 
tragitto ch'ei fece da Utica a Ronia ( ved. la nota seguente ) : e lo 

. stesso dico Dione colle seguenti parole: Caesar, hU,cottfectis rebus (i. e. 
beUo africano), dimxnuque a se confestm aetate. confeelu pilitibui. . . 
rcbutque » Africa quam poluil brevUiimo temporis spatio conslilulis t 
qd Sardiniam usque tota classe provcctus; inde' copiit in Hispaniam 
adversus Pumprium cum C. Didio missis, ipse Romam peliii, ammo. 
cut» ob rerum gnitarum tflemtprein , tum wmnihH «Jwur* pb «tna- 
tusconsulta de se facta elato (Hist. rom., XLIH, pag. 300). Vedasi 
pure lo stesso storico al libro citato, pag. 3IC. Mcutre Cesare na- 
rigava coila Oat^a vertoi U Sardegaa, e forso tnentre vi era gia 
arrivato, Cicerono scriveva da Roma al suo amico Varrone: Non- 
nulli dubitant, an per Sardiniaro (Caesar) veniat. Illud enim adhuc 
praedium svum non vvpemH: mc uiluw habtl deltrius, ted tamen 
.&» cmtemnH (£pi*t. ad diw, IX., " )• Nel quale lu#go e da 
potare, ooi> seJo il mal asimo di Cicerone verso la Sardegna, di 
cni si e %'tk detto abbsttaqza, ma eziaudio la finezza con cui egli 
morde la potenaa di Cesare, cbiamaade 1'isola tua pesieuione % 
quasi focser» di sua privat» spettanaa le provincia trawsmaripe del 
popolo romano. 

(3) Hii rebu» <§esH» ( i. e< bejlo africano cpnfeek) ) idibuf jun. 
Uticae clastem ( Caesar) evmceuaii, et ppit dwm Urtium Carales in 
Sardiniam pervenit. ibi Sufcitanos, qutjd AoMdium liutquc- claitem 
receperant, capiuqu* wverarU, U£ eenUes «w((a(; et pro decumis 
atlavat pmdere iubet, benaque, pemeorum vendti, et ante diem 11 1 
Ital. quinetU. newet conteendit: et a Caralibaa secuntlum terram 
prweetm*, duedetrieesuno dit.y co qu«4 Umpettatibui in portubut 
eoMbebalur, ad urbem RomamtDenit \ Hirt. , De beU. afrie., XCVIII). 
Qaindi 1'itinerawo di> Cesare fn il seguente. Net 13 gwgno del 706 
di Homa (706 Varronian. ) egU feee vela da Utica; nel 17 dello 
stoeao meae arriv6 a Caguari; e nel 99 givgne- dell'anao medesimo 
parUi da Oagiiari per aeroa, dove awivo dopo veateUo giorni di 
tempestoso viaggio. La soa fennata neU' isola fu donque di soli 
undici giorni. Le saddette «Ute oorrtspondooo , secoudo 1' Usserio , 
al 14, 18 e 29 aprile, e secondo il Guischard, al 6, 10 e 21 maggio 
deU'anno «iuUano protettico. 



II WiBooio tra^cej-so dopo la di U|i pailenia fu vacuo per 
la Sardfigaia dirpttbblici av^enime«jti ^ 4 ). ; B*a, essa rtcopparve 



(4) In mancanza di fatti storici ricorderd brevemente i fatti parti- 
colari dei dne sardi Fahea e Tigellio , che appartengono a questa 
eta. Di eptrambi parld Cicerone in akune detle sue lettere, dalte 
quati s) ricava che, essi goderano del Xavore e deila benivoglienza 
di Cesare,- Tmbi*jo era nippte- di Faws^, e 1'upo- e i ; altra erano 
liberti di Brnaogeae, di eai percip. pprtavanp, U npme. Non si.sa 
in quat tempo precisamente andassero da Sardegiia a Roma: pare 
perd certw cbe Fambi vi fesse gia molto innanri cbe Cesare vi ri 
ceetititis$e, dopo axer visHata 1'isola. knperocehe M, TaUio, scri- 
vendo a M. Fabio Gallo nei primi di settembre del 706 (U. &.}>)<> 
caiama tuo fitmiHare (erat enim (Pbameas) mihi saue familiarii, 
Efist. ad divert., VII , 24,), le che spppone una luaga cpnsuetud(iiie ( 
o per lo meno «na dimestichezia auteriere al ritorno di Cesare a 
Roraa, ch era segoMp up, splo masp e |»paj giprni avaflti (38 
lugtio 706);.p sc,rivencV) sotlp ta ste?sa fab M (pi, 49 ), 
ricorda i buoni ftffiii promessigli, da F4uv«4, aUorcbe ( 688 U. C ) 
domaudava pen sp it cpnsplato: Hrat «mmh, (Phameas), simeminitU, 
in contulatu* petipione, per tei. mihi pollicitut, ti quid opui esiet. 
Kbto» *a»ea: qualehe v»te*esse, a disept*ne c«' figUuoU di G#eo 
ftttaviu, P prpg» Cioprppe. 4i pafaTpcinargti fa. caus^ ^gU a«ee>td 
Vincarico; m* vemitp il giorao deUa, di*pusswn*, ; pajroqinit jnvecp 
la causa.di Pablio Spstio , cgi; er^ debilore della rivpcazipne del suo 
esigUor Tanjto basto percjbe Famba si risentisse, e si dplesse ajia- 
mente col suddelto Fabio Gallo della preferenza data da TuUip alb 
causa di Sesti* Ma forse in cid non avea ragione , giacche 1'oratore 
aveagli prpuerlo la sua assistppza in (vualutujne «Uro giornp, dap- 
pokhe )a peceesiti lo slrjngeva a palrociuare nel gia assegnato la 
causa. del swo liberatorc: Pbameae causam reccperam, ipsius quidem 

causa Is ad me venU, dixilque, ittdicem sibi dare operam cm- 

e&tuieie, eo ipto die, qmo dt> P.. Se&tio in eautUium iri necesse crat. 
Respffndi nuilo modo me faca e potte; quem vellet aiium diem ti 
mmpsiiset, ifus ei nqn defuturum {Epist. ad divert., VIL, 24). Le 
stessissHne parolo sono ripetpte nella citata lettera ad Attico, peUa 
quale inollre Cicorone fa conpscere phe ayea acoettato la eausu dj 
Fahea eontra puero* Octavios Cu. filiot iwn libentcr. Rerd, se 
Cicerone non aveva il torto, pecco certa,mente qel mpdo di giusti- 
licarsi. Percbe non conlento dt raccentare U fatto comeera acqadutp 
( se tale fu verameole qual ogli lo dice ), prese a viUpendere con 
tale occasiooe un suo antico familiape, U di lui nipote Tkellio, 
e coo essi Ja nazione cui apparteuevauo. Scrive infatti: Otim,quuni 
regnare exitiimabamur , npn tam a& ullis , iquam hpc tempore observor 
a familiaristimu Caetari» onmibui, praeter istum (i.e. Tigellium). 
Id ego in lucris pauo non ferre Iwminem pestilentiorem patria sua, 
cumq/ue addicbum iam dudum Caivi lAcinii Hipponacteo praeconifk 
( epist, XXIV eit. ). E poco appresso: Ille autem ( L e. Pbamaeas ) 
qui tciret, se nepolem bcllun Ubicincm habere, el sat bonum can- 
tvrem ,, ducessii a me,. ut mihi videbatur, iratior. Uabci Sardot 
vcnqles, alium alio nequiorem. Cognotti meam eausam , et istiui 
Saiacouii iniquitatcm ( Uiid. ). AUrove ancora dice; Ita tum ille 
( i. e. Phamaeas ) dUcettU iratut. Puto me.Ubi narrasst. Non la~ 
boravi «cilicet, nec hominit, tUuni iniutUttimam iracundiam miki 
curandam putavi . . . ett bellum aliquem libenter oduse; et quetnad- 
modum non omnibut dormire , ita non omnibut servixe. Etsi mehercule, 
ut tu inteUigit, magis mihi Uti (Sardi) serviunl, s% observare tervirc 
ett ( Epitt. ad AUic. , XdH , 49 ). . TuMavia . Cmerone , p penobe non 
fosse al tutto innocente verso Famea, come spspettavalp lp stesso 
suo amico Fabio, (Habuit tuum negotium GaUut, ut tcribU. Ait 
Ulum, me animi canscientiu, quod Pha«baeam destUuis&em, de.it 
sutpicari. - Bpitt- cit. ad AU. ), o. perche temesse il risentimento 
del di lui nipote, che poteva nuocergli coUa sua entratura pressp 
Cesare, mentre da un canto lanciava siffatte con,tpmelie contro 
persone che non lo aveano pffeso, raccomandavasi daU'altro calda- 
mente a Gallo e ad Attico, accio lo rappatumassero con.Ti6Bi.Lio, 
e gli facessero conoscere, se per avventura egli avesse eziandio 
qualche rancore ceqtro il figliuolo del suo (rateUp Quiuto, poiche 
premevagli assai cbe la sorle nascpute di quel gioyiuetto nen fosse 
sturbata ne'suoi principu dalla malevoglienza di quel favorito liberto: 
Amorit quidem toi, scrivpva a Fabip (b>c. cit. ) quoquo me verto , 
vetiigia: vel proxime de Tweliip. Seuti enim ex UUens tuit, valde 
te laboratte. E piu apertamento, scrivendoad Altico: De Tipellio, 
ti quid novi: qui quidem, ut mihi Gqllut Fabiut ifiripeU, accusa- 
tionem tntendit mihi quamdam imquutimam, me 1'uameab defuisse, 
quum eiut eautam recepUsem. . . Quare Ubi hactenut mando, de illo 
nottro ( i. e. Quinti fiUo ), si quid poteris exquirat; de me ne quid 
laboret (XIII, 49). Kgli e verp cbp con qpeste ultime.parole Tullio 
voleva far credere ad Attico pbe per sp stesso nulla tempva o curavasi 
di Ti6Ellio, lo cbe purpripete in un allra lettera dello stesso mese 
ed anno ( mtror te nihildum cum Tipeluo , vel ul hoc ipsum, quantum 
accepcrit: prorsus aveo tcire, nec tamen flocci facio.-Eput. ad AUic., 

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60 



DISSERTAZIONE 



U)8to nel roondo politico sotto il triamvirato di Ottaviano, di 
Antonio e di Lepido (709 U. C), nel qnale le toccb di 
obbedire al primo e piu fortunato di quei tre ambiziosi con- 



XUI, 50); roa poi mcalzando scmpre il bisogno, e tormentandolo 
1'incertezza, terminava per dire chiarainente allo stesso Attico, cfae 
sfava molto irrequieto neiranhno per non sapere ancora quali fossero 
snlTaflare in discorso i pensieri e le inclinazioni di Tigbixio: 
Tigbllicm totum mihi, et qvidem quam primum : nam pendeo animi 
(Epist. ad Attic., XIII, 51 ). Non fu perd Cioerone il solo nemico 
del nipote di Famba. Anche Orazio diraostroglisi avverso, sia cfoe 
invidiasse il favore, di cni egli, dopo la morte di Cesare, godeva 
nella casa di Ottaviano, sia che si risentisse della liberta con cui 
quel liberto avea censurato i suoi versi. In una infatti delle sne 
sallre lo mette nel novero di coloro che lo biasimavano per aver 
giudicato sfavorevolmente delle poesie di Lucilio: 

Mcn' moveat cimex Pantilius? aut erveiet, quod 
Vellicet absentem Demetrivs? avt quod ineptus 
Fannius Hbbmogbnis laedat conviva Tigelli? 

Lib. I, sat X, v. 78 e seg. 
E per tal motivo non lascia mai trascorrere roccasione di motteg- 
giarlo, ora chiamandolo il bello ed azzimato Ermogenb, ignaro al 
tutto dei buoni antori della commedia antica ( quos neque pvleher 
Hbbmogenes unquam legit; sat. X cit, vv. 17 e 18), ora Ggurandolo 
cbme un poeta da trivie, ehe spacciasse pe'portici e per le bolteghe 
il proprio sapere : 

Nulla taberna meos habeat, neque pila, Ubellot, 
Quaeis manus insudet vulgi, Hkbmogbhisqhe Tigelli, 

Sat IV, lib. I, w. 71 e 79, 
ed ora mandandolo a guaire sulle scranne delle sue Salmaci ascol- 
tatriei (teque Tigblli, Discipularum inter iubeo plorare cathedras, 
sat X , lib. I, w. 90 e 91 ). Non pertanto lo stesso Orazio confessa 
in alcuni Inoghi di detle sne satire, che Tigellio fu musico e cantore 
eccellente, nel che si arcorda con Cicerone, il quale, come si e 
gia veduto, lo chiama bellum tibicinem ... et sat bonum eantorem. 
Cosi nella satira III, lib. I, vv. 139-30 si legge: 

Vt, quamvis tacet Uebmogenes, cantor tamen atque 
Optimus est modulator. 
E nella satira IX, lib. I, vv. 54 e »5 fa dire alPimportuno raillan- 
tatore che incontrollo nella via sacra, esser egli s) buon cantoro 
da farne disperare lo stesso Hermogene (. ..invideat quod ctllF.R- 
mogenes , ego canto). Sebbene poi il Venosino, bezzicando coII'ar- 
guzia de'suoi sali la vita e i costomi di Tigbllio, Io dipinga qual 
uomo strano e discorde a se stesso, tuttavia non pud disconoscere 
che fosse eziandio di acuto ingegno, di schietto carattere e di 
benigna natura, e soprattutto che fosse assai generoso e liberale. 
CA6 si ricava dai due luoghi medesimi, nei quali egli parld d' 
proposito di Tigellio e de'suoi vizi ; ed io li riporto qui per intiero, 
accio il discreto lettore , sceverando la veritJ dall'esag erazione della 
satira, possa portarne quel giudizio che sembreragli piu giusto e 
piu temperato. Nella satira II del libro I il poeta suppone che 
Tigellio fosse gih morto, e quindi, meltendo a confronto la sua 
liberalita colla grettezza di tali avari, che temeado il norae di 
sciuponi, avriano U coraggio di niegare aU'amico ignudo e famelico 
un cencio e un tozzo, prende a dire che 

Ambubaiarum collegia, pharmacopolae , 
Mendici, mimae, balatrones, hoc genus omne 
Maestum ae sollicitvm est cantoris morte Tigelli: 
Quippe benignus erat. 
E nella satira III del libro I , ricordando il modo tenuto dallo stesso 
Tigbllio , sia nel vivere che nell'iroprowisare i suoi versi, ne fa 
<{uesta festevole dipintnra: 

Omnibus hoc vitium est cantoribus , inter amicos 
Ut nunquam inducant animum cantare rogati; 
Iniussi nunquam desistant. Sardls habebat 
Iile Tigellius hoc. Caesar, qui eogere posset, 
Si peteret per amicitiom patris atque suam, non 
Quicquam profkeret: si colHbuisset, ab ovo 
Usque ad mala citaret, Io Bacche! modo summa 
Voce, modo hac, resonat quae chordis quatuor ima. 
Nil aequale homini fuit illi. Saepe velut qui, 
Currebat, fugiens hostem, persaepe velut qui 
Junonis saera ferret; habebat saepe ducentos, 
Saepe deeem servos; modo reges atque tetrarchas, 
Omnia magna loquens; modo, Sit mihi mensa tripes ct 
Coneha salis pvri, et toga quae defendere frigus, 
Quamvis erassa, queat. Deeies eentena dedisses 
ffuic parco, paucis contento: quinqve diebvs 
Nil erat tn loevlit. Noctes vigilabat ad ipsum 
Mane; diem totum stertebat. Nil fuit vnqvam 
Sie impar sibi. 



giuratori. I patti deU accordo, con cui i isoia fu cedula al 
nipote «d erede di Cesare, «ouo riferiti da Appiano Met+ 
sandrino: Caesar cmsulatum m reliquam anni partem P. 
Veniidio cedat. Tres «tri reipubkcae constiluendae per qwn- 
quennium sinl <*), emmque magistrattm Lepidus cum Ankmio 
ac Caesars conmlari poiestate gerant ; iidemque confestm m 
istud quinquetmium magislratus urbanos detignmt: m his 
neque semtus auctoritate, neque populi iussu sit opus; pro- 
vmcias ssotsim Lepidus Hispaniam omnem cum Nariionemsi 
GaUia; caetera Galliarum cUra et ulira Aipes Antenrn; 
Africam vtwmque, Sardiiuam acSieiHarn Caesar ohlinetU&h 
Ne diverso e il racconlo lacciatone da Dione, i\ quale ne 
riferisce minulamente il luoflo e le eircostanze: Cangnssi 
mmi aulem (Antonius, ( acsar et Lepidus) ad colloquium in 
itmila r/uadam ejtts fluvii, qui praeler Hononiam labitur , cum 
aequo numero militum, nemine praeterea praese 



ab iis quos seeum eo adduxerant digressi, postquam 
allerum exenssisset, ne quam sub ala siccam portaret, sum- 
missa quaedam rocc collocuti sunt, quorum summa erat, de 
dominalionc sibi confirmanda, ac inimicis delendis, coniuratio. 
i\c vero palam leium summum ad paucos se omnem leduccic 
veUe viderentur.... ita intev eos contenit, ut publice quidem 
ipsi tres constituendis adtninislrandisque rebus praeficerentur, 

idque non in perpetuum, sed in quinquennium privatim 

autem, neve viderentur omnes provincias sibi ipsis arrogare 
veUe, Caesari Africa utraque, Sirdinia, et Sicilia, Lepido 
Hispania omnis, ac GaUia Narbonensis, Anlonio reliqua omnis 
Gallia quae cis ac trans Alpcs iacet, trfbuereturW. Ottaviano 
fu sollecito ad occupare con due legioni l allribuitagti pro- 
vincia ( 4 ), ma Sesto Pompeo, figlio del grande di questo 
nome, chc possedca la Sicilia, e comandava ad una flotta 
poderosa ( 5 ) , non fu meno pronto a ritorgliela colla fbcza 
prepondcrante di quattro legioni guidate da Mena o Meno- 
doro libcrto suo (°): sicche, dopo la baltaglia di Filippi, 
quando Cesare e Antonio si divisero nuovamente il comando 
esclndendone Lepido (710 U. C.) , furono solamente tratte 
in sorte la Spagna, la Numidia, la Gallia e 1'Africa, percbe 
Sesto riteneva per ancbe la Sardegna e la Sicilia ; quod 
Sardimam, Siciliamque Sextus adhuc tenebat ( 7 ). Per6 
Cesare essendosi offerto a far la guerra conlro Seslo Pom- 
peo ( 8 ), riconquist6 per mczzo di Elcno suo liberlo il potere 
che avea perduto nell' isola ( 9 ); e poi nella pace di Brindisi 



(1) Da una iscrizione riportata dal Grutero (pag. 998, n. I), in 
cui, dopo i nomi dei triumviri, leggesi; EX A. D. V. K. DEC. AD 
PR. K. IAN. SEXT. , ( cioe ex ante diem qvintvm halend. decemb. 
adprimum kalend. januar. sextas, come interpreta riTsserio, Annal., 
pag. 498 , edit. Genev. ) , si rileva che il quinquennio del triumvirato 
ebbe principk» nel 97 novembre del 709; e cbe doveva dorare flno 
al 1° gennaio del 715 di Roma. 

(9) De bell. ek>., lib. IV, pag. 953, edit. Amstelod. 

(3) Histor. Rom., XLVI , pag. 441, edit. praed. 

(4) Appian. Alex. , De bell. civ. , lib. V. 

(5) Dion. Cass., Histor. Rom., lib. XLVII, pag. 451. 

(6) Pompeivs perlibenter Menodorum cum valida classe, et quatuor 
legionibus misit in Sardioiam, quae tum erat Caesaris; ubi duas 
legiones in suas partes pertraxit, attonitas metv eonivrationis eius 
cum Antonio. ( Appian. Alex. , lib. cit. ). 

(7) Dion. Cass. , Hist. Rom., lib. XLVIII, pag. 480 - Anche in 
Floro si legge: Sublatis percussoribvs Caesaris, supererat PompeU 
domvs. Alter iuvenum in Hispania occiderat, alter fvga evaserat: 
contractisqve infelicis belli reliqviis, quvm insvper ergastula armasset, 
Siciliam Sardiniamque habtbat (Epit. rer. rom., IV, 8). 

(8) Dion. Cass. , ibid. - Appian. Alex. De bell. civ. , lib. V , 
pag. 1196, 1197. 

(9) Appian. Alex., De bell. civ., V, 144. Di questa ricuperazione 



A.C. 

c.c. 



N. 4*. 

•/IO. 



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peima. 



6i 



&«* oro Anluaio (712 U. C.) ettoane speeiabneole aelU 
nuova divisione deirimpero, colla Dalmazia e la SpagBa, la 
GaUia eziandio e la Sardegna: tum Caetari Sardima tt 
Dahnatia, Bispaniaque et GaUia.... adtcriptae stH?/0).UdM 
l acoevdo dei due triumviri, Pompeo esromwealVaNitto Mena 
di ricuperargft #1 perduto dommio, e d* infeslare con una 
porzione deHarmata navale qneMo dei suoi nemici. Cdstui 
travaglie prima in pareoefai taogbt rEtruna, e poinavigando 
nei mari sardi, discese neUMaola, e venne a couflitto con 
M. Lurio, cbe la reggeva a noroe diCesareJFu perdenle 
nel primo incontro; ma rrvoltatosi dMmprovviso- contro i 
cesariaui che soonsigliatameale 1'inseguivano, riparo la vit- 
toria, e costrinse Lurio alla fuga. Lisoia tutta « arrese 
aliora spontaneamente al vincitore, e Cagliari, ehe volle 
resistere, fu proutamente espegnata (742 U. C). Lastuto 
Mena profilto di questa occasione per cattivarsi la>benevo- 
glieuzadi Cesare, poichefrai prigionieri che egli-mand6 via 
liberi senza prezzo di riscatto, eravi anche il suddetto Eleno 
moito caro a Ottaviano, presso ir quale preparavasi in tal 
modo uno scampo , qualora nei fuluri ed incerli casi della 

guerra civile »e abbisognasse : Pompeius oertior fachu 

de eorum (i. e. Caesaris et Antonii) pactione, in Siciliam 
reversus, Menae liberto suo, quemplurimi faciebajt, imperavit, 
ut cum classis parte circumvectus kostium ditionem infestaret. 

Menas, Betruria kaud leviter vexata in Sardiniam 

navigavit, ibique cim M. Lurio insulae praefecto eonfligens , 
primo pulsus est; deinde inopinato conversus in hoslem in- 
considerate insequentem, victoriam recuperavit, insulamque 
Lurio cedenteoccupavit, deditionecaetera, Aradin ( 8 ) aulem 
( quo ex pugna complures confugerant ) expugnatione. Captivos 
cum alios, tum Belenum Caesaris liberlum, eique maxime 
charum sine pretio redemptionis dimisit, beneficium hoc multo 
ante apud Caesarem deponens, et perfugium sibi, si res.ila 
ferret , apud eum praeparans ( 3 ). 

La perdita della Sardegna fatta dai cesariani, e le scor- 
rerie colle quali la flotta di Pompeo infestb la costa marittima 
d'Italia, produssero in Roma la carestia, c quindi i tumulti 
popolari ( 4 ). Questi audarono siffattamente crescendo, che 
costrinsero Cesare ed Antonio a trattar di pace con Sesto ( 5 ). 
t.c.-lj! 9 ' E la pace fu fiualmente conchiusa (713 U. C.) ncl capo 
Miseno, in virtu della qnale dovea 1'isola per un quinquennio 
obbedire a Pompeo. Tandem, dice Appiano (*), instigantibus 
Mucia matre, luliaque uxore, rursum hi tres (i. e. Caesar, 
Antonius et Pompeius ) convenerunt in veterem quemdam ag- 
gerem mari cinclum, undique colhcaiis circa eum in statione 
navibus cum satellitio , ubi his conditionibus transactum est. 

della Sardegna lascid ricordo lo stesso Ottaviano in quelta parte 
del suo testamento che ci fu conservato dalle Tavole Ancxrane , 
netle qnali si legge: Siciliam et Sardiniam oeeupatat bello tervili 
reciperavi (apud Chishull. , Antiq. asiaL, edit Lond., 1758). 

(1) Dion. Cass., Hist. Rom., lib. XLVIII, pag. 500. - Ved. pnre 
Plutarch., tn Anton., pag. 939. 

(2) Deve leggersi Cabalin. 

(3) Dion. Cass., Hut. rom., Hb. XLVHI, pag. SOl e 563. 

(4) Dion. Cass. , lib. cit E lo confenna Orosio colle segnenti 
parole: Converrus in latrocmia (Pompeius), omnem oram Italiae 
eaedibus rapinitgue vastaviL Sicilia praerepta , commeatibus impeditis, 
Romam fame affeeit (Histor., lib. VI). 

(5) Henodoro perd consigliava Sesto a non acceUarla, e scriveagli 
da Sardegna: Gerendum bellum, aut certe ostenlandum esse , donec 
fame prematur Italia; nam altero tnodo victoriam, altero condiliones 
sallem aequiores sperari posse (Appian. Alex. , De bell. eiv., lib. V, 
pag- 711). 

(6) Dc btll. civ., lib. V, pag. 1139 e scg. 



Vt pace terra mariqut reddUa , nagaiiationex m&quam impe- 
Hreniur. Potnpeius «x omnihus Italiae iocis pratsidia deduceret, 
ntc amphus fugiatos reciperel, neve naves suas tn littoribus 
Itatine-. siare permiiteret: imperaret Sardiniae, SiciUae,< 

Corsicaeque et caeteris, quas tunc habebal, insulis, tot annis in 
quol Antonio, Caesariqtie prorogatum fuerit Qnperium: milte- 
retque liomano populo frumentum jam dudum debitum, quin et ' ' '•! 
Peloponnesum, ultra diclas insttlas acciperel: absens consulalum 
per quetnlibet amicorvm gereret, et ascriberelur in ponlifictim 
collegium. Ilis Pompeio concessis , reditus paleret nobilibus 
exttlibus, exceptis conjuratis , damnalis judicio publico , pro- 
fiujis bona erecta ad assem resliluerentur, exceplis mobilibus. 
Proscriptis vero qttarta pars. Utque iis, qui sub Pompeio mi- 
lituruiit, scrvis qttident libertas esset praemium; ingemis vero, 
posl peracta stipendia persolverenlur eadem praemia, quae 
veteranis Caesaris et Antonii. Hae tttm pacis leges, qttas con- 
scriptas obsignalasque in urbem iniscrunt , adservandas vesla- 
libus 

La slessa cosa e riferita da Dione, il quale inollre descrive 
i particolari tulli di quel famoso convegno. Ecco le sue paioW 
Ceteterum cum Sexlo Pompeio primum de conditionibus pacit 
futurae per socios actum est: deinde vero apud Afisenum 
Caesar et Antonius cttm eo ad colloquium venerunt, cum ipti 
in continenti starent, Pompeius autem in aggere quodam cir- 
cumfluo in mari ad hoc ipsum congesto, qu» tutior tsset. Aderat 
autem ipsi universa sua ctassis , iUis emtem petfestres omnes 
copiae: ila quidem, ut hae in terra, Pompeiani autem in na-> 
vibus armati astarent : ut vel ex hoc perspicuum omnibut etset, 
eos metu adversae partis virium, ac coaclos illos quidem a 
populo, Pompeium vero ab his quos secum haiebat, pacem 
composuisse. Eius vero pacis hae fuerxmt conditiones: fugilivis 
dari libertalem, exulibus omnibus, Caesaris percussoribus e^ 
ceptis, redilum (hiautem exeipiebantur , quamvis korum etiam 
quidam restituti sttnt, ac ipse etiam Sextus ititer eos numeraius 
fueral) cum impunitate , et quadratite bonorum suorum , quae 
publicata fuerant, atque horum quibusdam tribunattts plebis , 
praeluras, et sacerdolia tribui: ipsum vero Pompeium con- 
sulem creari, et augurem, ac ex facultatibus paternis ei reddi 
septingenties sestertium : qttinquennale ei esse imperium in Si- 
ciliam, Sardiniaju, et Achaiam, ita ut neque fugitwos 
reciperet, neque naves atias pararet , neque easteUa tn Ilalia 
obtineret, sed pacem eius in mari ipse tuerelur, ac certam 
summam frumenti ad urbem mitteret: id vero tempus ei prae- 
scriptum fnit, quod ipsietiam volebanl videri, non perpetuam, 
sed certo tempore definilam potentiam habere. His eompositis, 
ae conscriptis, literas huius pactionis apud vestales virgihes 
deposuerunt, ac deinde dextras mutuo iunxerunt, seque oscu- 
lati invicem sunt ( 7 ). 

11 tradimento di Menodoro, che cambiando spesso di con~ 
siglio e di fede tolse 1'isola a Pompeo (71 4 U. C.) per darla *• c-"; 3 »- 
a Ccsare ( 8 ), e poi, abbandonati i vessilli di Cesare (7 1 5 U. C), *• °- J 7- 

(7) Hi»t. rom. , lit. XLVUI, pag. 505 e 506. 

(8) La cosa e narrata da Appiano AJessandrino ( De beU. civ. , 
lib. V ) in questo modo: Eo tempore Philadelphus Oetaviani libertus, 
qui ad frumentum in urbem convectandum ierat, ubi erat Menodorus 
accessil, cui amicissimus erat, eique rem posse confidere cognoscebat, 
suasitque illi, ut relicto Pompeio, ad Octavianum transiret; poUicens 
ei ex parte ipsius Corsicam ei Sardiniam cum tribus legionibus. Ma 
Dione la racconta diversaraeirto , e aggiunge molte altre circostanze 
omesse da Appiano. Ecco cora' egli scrive : Menas cum adhuc in 
Sardinia prattoris loco esset , in suspidonem Pompeio venerat , 
propterea quod Helenum dimisisset, ae cum Caesare eotloquutus 



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62 



DISSE&TAZIONE 



toraoa nailitete sotto *e»pea W,. petpriberteusgtei wwva- 
mente (*), sicoome rendettero van» la pace, cosl posenoi la 
Sardegna oeHa du»i»ima condizrorie di nen sapene a quale 
dei due dovesse fiialmente obbedire.Ma Ottavtan^ la lolse 
preato da siffatla in«»teiza^ potobe,, fttgeto prina: Seslo 
Pompeo (7*7 D. C), e pot debellato Anlonio (?)nellafa? 
mosa batlagba. d izio (124 U. C.) r tutto a se trasse con 
valorosa forluna il contrastato domtnio del *vasto moudo ro* 
mano. Allora TUoia divento stabilme.nte di Cesare (*), il quale 



A. C. N. 35. 
U.C.7I7- 
A.C. N. 3i. 
U.C. 7»i. 



V 



fuisset: huie aeeedebant eiuidem conditioriit hominum calwuniae , 
qiH Menae potentiam invidebant. 1$ igitur, cum eum Pompeius, utde 
adminittrtaime frumenti ae peeuniae sibi ratione» nddtret , «oocaret, 
dicto audient non fuit, led mitsos ad te necavit; praemissisque ad 
Caetarem qui de pace agerent, te et insulam cum cfatse et exercitu 
ti tradMt ( Mitt. rom., XLVIII , pag. 513 ). Eppure qu«sto vilbsimQ 
traditore, che avea censigtiato Pompeo di dav mopte- a, Cesare e»d 
Antonio, roenlre come amicigli accoglieva entrambi a convito nella 
sda nare (Dion. , lib. cit. , pag. 508), e che ora vendeva a Cesare 
la fede giorala a Pompeo, ottenne da Ottaviano gli anelli d'oro, 
e fo da loi onorato, ed ascritto alPordkje equeslre, come rifierisce 
il suddetto Dione: Caetar Menam libentitsime accepit.. .neque dedit 
Ptmprto postulanli, et magno intuper tn htmore habuit, et in 
tquestrem ordinem adteriptit ( lib. cit., pag. 513). Tanto e vero che 
gli ambiziosi non fanno differenza tra I' onesta e 1'infamia, se nel- 
Funa o nell'altra trovano Tutilita propria e i mezzi di conseguire i 
loro flni politici. 

(1) Menas, homo natura fidei ambiguac , ac temper felieiorit parles 
potiores habens, cum praeterea indignv ferrel nutlum sibi proprium 
ftee imperktm, sed Sabino te' este tubiectum,- iterrim ad Sexlvm 
Pompeium iraiufugit (Dion.y Hitl. rom., lib. XLVIII, pag. 590-91). 

(9) Ci6 accadde Jiel 716 di Roma, dopo Ja tempesta che assali la 
flotta di Cesare oltre fl prorhontorio di Palinuro. E fo tanta Tim- 
portania di questa ribelltone , che senza la medesima Cesare avrebbe 
intraprcsa indarno la spedizione contro la Sicilia, come lo dice il 
gia citato Dione: Quod nisi Menat iterum venia et aliis pollicila- 
tkmibus quibusdam adductut ad Caesarem detcivittet , receptisque 
tiut triremibut, quae te a Caesare ad ipsum transire limulabant , 
omnem cui praeerat clatsem prodidisset , frustra utique tunc etiam 
Caesar eam navigationem instiluerat (Hisl. rom., lib. XLIX, pag. 
599). La causa poi di essersi Mena ribellato nuovamente a Pompeo, 
fo perche egli non si serviva di lui per far la guerra contro Lepido , 
ed in tutti gli affari io leneva per sospetto. Ne gli accadde diver- 
samentc con Cesare, il quale, sebbene lo accogliesse per Ia seconda 
volta con sommo piacere, non gli ebbe perd piu per,l'avvenire fede 
veruna: Menae autem ut defieeret a Pompeio cauta fuit, quod it eum 
neque ad bellum contra Lepidum gerendum adhiberet, et in omnibut 
negotiit tutpectum haberet. Caetar Menam dtnuo lubentissime recepit, 
ita tamen ut nullam ei deinceps fidem haberet ( Dion. Cass. , lib. 
cit. , ibid.). 

(3) Nella guerra conlro Antonio ta Sardegna non fo 1'ultima ad 
aiutare Cesare ; e Dione la nota tra le prorineie cbe forono sol- 
lecite a somministrargli soccorsi . . . Caetarem Italia omnis. . . GalUa, 

Hitpania, Illyricum, Africa Sardinia , Sxcilia, ac reliquae insulae 

pratdiccis territ continentibut ticinae adiuvarunt (Hist. rom. , L. 
pag. 559). Cid accadde, secondo Dione, nel 739 (Varron. ) cor- 
rispondente al 790 (V. C. ) dcll'era Catoniana. 

(4) Dico stabilmente , perche sebbene Cesare fosse gia padrone 
della Sardegna Gn del 717 di Roma, cioe dopo la foga di Sesto 



P.C.K.6. 



la riteaa» prima Mtte il «uo impero/ 5 ), e pciiJ* rentitui aA 
sevato colte altre pronriocBe n»n fortir (*86 U- G.}, nm» ttU-' 
kantto a^e ,s<es60 c«tle piiipolentt iV «onjando 4ette an»ii a 

det sDldatU 6 ). „ . » .. , .... 

II governo imtelle del senat» servo «d iterme flraMo ai 
Sardi trenta e fim anni di pftce^: di siletito 9 *• m*ri& ( 7 >; 
e solamente nel declinare oVll imperQ di CHtavlano si trova 
in.Oioue.v4be la Sardegna fu »olesUt»,dalle scofiiTO.dei 
corsari (?. C. N. 6 ) v o chd pewior fu govenwaa per ak»n 
tempo da soldaii e da presidi ta-aitiidairordme.exiuestfe, anti 
che da senato», gia mabiiiipermoUeiza e pec ozio a soste- 
nere te militeri feltcbe: Ebdem tempora mullahelUt extitertmt. 
In tnuJtas regiones a pratdanibtts sunl «tcwrsmes fa&ae, ilQ 
ut SuRbiNtx feraliquot amosuulhtm semtorem prtefeetm, 
sed milites et duces equites habuerit ( 8 ), Gli ajfvenimeiUi po-r 
sterioriidella sloria sarda som aasai rari, e 4i ne#su** e 
poca imporlanza ( 9 ). II eupo e feooefe Tiberio fece dell isola 

Pompeo dalla Sicilia, tutlavin non.potevadirsene padrone assokito, 
essendo ancora incerto .il risullamento delinitivo delle sue rivalita 
con Antonio. Egti non pertanto considerava da tat tempo 1' woh 
codm s«a; e narra Svetonio che avea divisato dt irMterirviei to 
penena, ma che- glielo impedirono le continue e smisurate tem- 
peste: Nec ett, ut opinor, provincia, excepta dumtaxat Afrita et 
Sflrdinia, quam non adierit. In has, fttgat» Sexto Pomptio, traiicsrt 
ex Sicilia apparatUMn contmude *t immodicae tempattatei inhibuerunt, 
nec mox' occasio aut causa traiiciendi fuit («n Octdv. XLVIl). 

(5) Se ne ha fa prova nelle gia citate Tavole Ancirane , nelle quaK 
sta seritto:, htraoit m mea vtrb» tota Itaii* sponU tua, M «m pra 
victit ducibus ducem depoposdt. luraverunl in eadem verba Galliae, 
Hispaniae , Afiica', Sicilia, Sardinia. («p. Chishull., oper. cit. ). 

(6) Hac arte Caesmr . . . infirmiores- . . . «Wfe aWibitil, ptttnHortt 
provincias . . . tibi retinuit . . . Sub eo praetextu ( senatum ) vert 
inermem imbellemque efficiebat, el ad se tolum arma militetque 
trantftrebat. Hac de causa tenatui populoque Africa, Numidia, 
Asia, et cum Epiro Graecia, Dalmatia, Macedonia , Sicilia, Creta, 
Africa, Cyrenaica , Bifrynia cum Ponto finitima , Sardinia atque 
Hispania Baelica adscriptae sunt ( Dion. Cass., Hist. rom., lib. LIH, 
pag. 659). ' ' • i 

(7) Siccome nel periodo di tempo corso dal 795 al 758 di Roma 
ebbe luogo il grande avvenimento della nascila di N. S. G. C, che 
da taluni e collocato nel 750, e da altri ncl 759 ( V. C. ), percid 
quindi innanzi noter6 gli anni secondo il computo delTera cristiana, 
segnandoli colle iniziali P. C. N. (post Christum natum). 

(8) Dion. Cass., Hist. Rom., lib. LV, pag. 937-38. 

(9) Essendo cessato sotto 1'impero di Ottaviano il dominio reale 
della repubblica romana , ed avendo avuto principio per la Sardegna,, 
come pel mondo intiero, la nuova era di pace e di redenzione., 
stimo qui opportuno di prcsentare ai lettori la Sehie dei Pretori, 
Prorpretori, Consoli e Proconsoli che goveroarono 1'isola avanti 
G. C. , e dei Qnestori e Legati che vi forono mandaU da Roma 
nell' istesso periodo di tempo , riserbando ad altro luogo di questa 
stessa opera la Sbbib dei Prosidi, Proconsoti e Procuratoci del 
Cesari, che vi ebbero comando e pubblico ufBzio dalla nascita di 
G. C. in appresso. E seguendo 1'ordine osservato nelle precedcnti 
narrazioni, notero gli anni dalla fondazione di Roma (U. C), e<t 
avanti l'era volgare ( A. C. N. ) (*). 



(*) Gti spazi stgnali con punlini nel prestnte quadro dinotano gli anni, ne' quali , per mancanxa di monumenti, non si conosce quali siatio 
stati i Pretori o Consoli che abbiano govertiato la Sardegna. 



Anni 



A. C. 1«. 



99« 
995 



V. c. 



596 
597 



Num. 

tlei 
Prelori 



Nomi 
dei 

Pretori, Pro-Pretori, Consoli e Proconsoli 



M. : Valerio , Pretere . , 
C. AtiHo, Console (<i) 



917 . 535 3 A. Cornelio Mammula, Pretore 

91« 58« Lo stesso, Pro-Pretore 

915 f 937 4 Q. Mucio Scevola , Pfetore 

(a) La lacuoa esisteple tra il govemo di C Atilio e di A. Cor- 
nelio Kanmala deriva dal stleozio di tatti gli scritlori antichi sopra 
i goveraaBli della Sardegaa. Qnindi io iocliao a credere col Fara 



Autori e Monomenli 

che 

ne provano Vesitlcnsa ed il tempo 



Sotin., Polyhist., XI. 
Supplem. Liu., XX, 36. 



Liv., Hitt., XXII, 95; XXIII, 91. 
«. ibid., XXIII, 91. 
Id. tWd., XXIII, 34. 



(De reb. Sard. , l, 191) che in talc intcrvallo di lempo il rcggimcDto 
delle cose sarde sia stato affidato anno per anno ad uno dei consoli 
pcr causa delle frequenli ribellioni degl isolani. 



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PRIMA. 



una terra di esiglio (0; e vi coBfioo q**4lro mHa segaaci 

P.C.H. i». deUesaperstizioBiegizie,edeUareligionegiudaica(P.C.N.49), 
p. c. n. ,,. reputando vil danno , se per V inclemenza delle stagioni e' per 
la gravita del cielo vi perissero W. Altri esuli, ora illustri, 

(1) CS6 si ricava dalTeditto, con cui Tiberio mandd (P. C. X. 19), 
che niuno di qaelli, ai quali era stato interdetto Foso dell'acqua 
e dei fuoco, potesse stare nei continente, e neppure in veruna 
isola che non fosse distante cmqnanta mlgiia dalla terraferma , ad 
eccezione perd delle isole di Coo , di Rodi , di Sahdegna e di Lesbo : 
quod permulti extorret, alii extra loca in quae expotiti fuerant 
vertabanlur, aUi in iit iptit delieatiut vivebant, edixit ne quit 
eorutn quibut dqua et igni esset interdietum, in continenU, aut 
intula ulla niti guae quinquaginta millia patsuum ab eontinente 

ditlaret, excepta Coo, Rhodo, Sardinia et Letbo degeret (Dion. 

Cass., Hitt. rom., lib. LVI, pag. 769). 

(9) Sopra cio e divolgatissimo il testo di Tacito: Jctum et de 
taerit aegyptiit iudaicitque pellendit: faetumque patrum contultum, 
■ «( quatuor millia libertini generis, ea superstitione infecta, quit 
idonea aetai, tn insulam Sardiniam veherentur » , coereendit ilKe 
latroeiniit, et,tiob gravitatem coeli interiitent, tiledamnum (Annal, 
II, 86 ). Anche Giuseppe Flavio lascid nelle sue Anlichita giudaiehe 
il ricordo di questo esiglio ; e Seneca lo accenno in una delle sue 
epistole. Dice il primo : Tiberiut iubet Roma cunctot iudaeot excedere. 
Consulet autem quatuor millia ex iudaeii mUitantet miltunt in Sar- 
dorum insulam: plurimot autem ihilitare nolentet, propter legii 
paternae cuitodiam, tormentit affecere (Antiquit. iudaie., XVIII, 3). 
Ed il secondo: Hii intUnclut abttinere dnimalibut boepi; et, anno 

peraeto, non tantum facilit mihi eraf contuetudo , ted dulcit 

Quaerit quomvdo detieirim? In Tiberii Caeiarit principatum iuventae 
temput inciderat: alienigetta tum tacra movebantur: et inter argu- 
menta tuperslitionit ponebatur animalium quorumdam abstinentia 
( epist. CVIII ). Racconta poi lo stesso Seneca nella citata lettera , 
come p6r timore di essere calunniato qual seguace delle supersti- 
zioni giudaiche, e per le ammdnizioni del padre, torno a far uso 



ora scellerati vi andarono jfr vi moriroho sotto 1 impero di 
Nerone, tra i quali la storia ci ha conservato i nomi di G. p-cn.u. 
Cassio Longino, ecceHente ginreconsulto , ; e prmcipe della 

delle carni, repotate knmonde dagli ebrei. A qoesta medesima 
proscrizione si riferiseono doe luoghi di Svetonio e di Dione, m 
uno dei quali si legge: Bxternat cerimmiat, aegyptiot iudaieotque 

ritut competeui Iudaeorum iuventutem, pertpeeiem taeramenti, 

in provineiat graviori* eoeli dittribuit ( In Tiher., XXXVI); e«nel- 
1'altro: porro Tibtriut ... reUqyot omnet attrologot, magot , aut 
quieumque alio quopiam modo dvnnationet exereerent, exterot netavit} 
cives .... extorret egit {Hittor. rom., LVII, pag. 799) ; e vi si riferisee 
eziandio un passo notevolissimo di Pilone ebreo ( Legat. ad Caium, 
pag. 1016, edit. Franeorart. ), in cni e asoritta a Seiano tutta l'o- 
diosha deU'editto contro gli ebrei , e si raecouta da detto scrittore, 
che dopo la morte di quelPempio ministro, Tiberk» mandavit om- 
nibut provineiarum praetidibut , ut oppidatim huic genti ( i. e. 
indaeis) pareerent, exceptk eonteiit , paucit admodum. AgU ebrei, 
ed ai seguaci delle superstizioni egizie confinati da Tiberio in 
Sardegna sembra potersi ascrivere la erezione del tempio d' Iside 
e di Serapide, che fino ai tempi romani esiateva nelTisola di S. 
Antioco (antica Ekosin di PHnio, Hitt. nat., III, 13), e che in 
anno incerto fu restaurato da Marco Poreio Primigenio Uberto di 
Marco, e maestro dei lari augutti, in occasione cbe Marco Porcio 
FeUce e Marco Porcio Impetrato, figUuoIi eritrambi del suo petrono, 
furono designati dai decurioni di Solci qaartumviri eolla podests. 
edilizia. Cio si ricava dalla seguente importantissima iscrizione (*) , 
dalla quale appare eziandio che U liberto Marco rifece a proprie 
sue spese i simulacri , e rinnovd I'ara e gU oroamenti di qnel terapio. 

TEMPL . ISIS ET . 8KRAP . CVM . 
8101(18 . ET . OBNAM . BT . ABBA . 
OB . HONOB . M . M . PORC . FRLICIS . 
KT . IMPBTBATI . f . 1111 . V . A . P . Dft . 
U . POBC . M . L . PBIMIOeHj» . 

mag . lab . avg . nettauravit . 



(*) Fu tcoperta nella suddetta iiola Ji S. Antioco fra le rovine deWantica SoLCl; e quindi acquiuata ttal dotto prefuiore Giaomo Keyier di 
Norvegia, ehe viaggiava net 48t7 in Sardegna. Egli la feee tratportare a Danimarca , e la donb al chiariiiimo Munteri, il auaU la potsedeva 
ancora ncl ISi9. rrima perb che un si egregio manumenlo di antichita fottt tolto ai Sardi, per etsere donato agli stranierx , il cav. Alberto 
La-Marmora , btnemerito atsai deWiiola pet le sui dotle fatiche , ne cavb un getto, e lo mandb aWabate Cottanzo Gaxtera, il guale ne fece poi 
meniione nel tuo Decreto di Patronato e Clienlela della Colonia Giulia Augusta Csbllis (ved. Memorie della Reale Accademia delle Scienxe 
di Torino, tom. XXXV, pag. 15 e seg.). 





Mum. 
dei 
Pretorl 


A. C. H. 


D. C. 


914 


538 




913* 


539" 




919 


540 




911 


541 


5 


910 


549 


6 


909 


543 


1 7 


308 


544 




907 


545 


8 


906 


546 


9 


905 


547 


10 


904 


548 


11 


903 


549 


19 


909 


550 




901 


551 


13 


900 


559 


14 


199 


553 


15 


198 


554 ■ 


16 


197 


555 


17 


196 


556 


18 


19» 


.. 557 




194 


558 


19 


193 


559 


90 


192 


560 


91 


191 


. 561 


92 


190 


569 




189 


' 563 


■ 93 


188 


v 564' 


24 



N o m i 

dei 

Pretori, Pro-Pretori, Consoli e Proconsoli 



Q. Mucio Scevola, Prd-Pretore 

Lo stesso, Pro-Prelore 

Lo stesso, Pro-Pretore . . . . .- 

L. CorneKo Lentnlo, Pretore . . . 
P. Manlio Vulsone, Prietore . ... 
C. Aurunculeio, Pretore ....... 

Lo stesso, Pro-Pretore . 

A. ! Ostilio, Pretore . . . . . . . 

T. Gladdio Asello,* Pretore..... 

Cn; oitavid, Pretore.j... 

T. Cfaudio Rerone, Pretore.... 

P. Corneiio Lentulo, Pretore . . . 
Lo stesso, Pro-Pretore • . • • . — 
M. Fahio Buteone, Pretore ...... 

M. Valerio Faltone, Pretore — 

L. VilHo Tappulo, Pretore 

M. Porcio Catone, Pretore 

L. Afflro, Pretore... .. 

T. Sempronio Longo, Pretore . . 
Lo stesso, Prp-Pretore ...... — 

Cn. Coroelio Merenda, Prelere. 
L. Percio Licinio, Prdtore' . . . . . 

Q. Salonio Sarra , Pretoife 

L. Oppio SaUnatore , Pretore . . . 

Lo steaso , Pro-Prete»e : 

Q. Fabio Pittore, Pretore («) . . 
C. Stertinip , Pretore . 



Autori e Mouumenti 
ehe 

ne provano Vetittenza id il tempo 



Liv. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
td: 
Id: 
Id. 

id: 
Id. 

li. 
td. 
Id. 
Id\ 
Id. 
U. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id, 
Id. 



, Hitt. , XXIV, 10. 

Urid. , XXIV, 44. 

ibid., XX,V , 3. 

ibid., XXV, 41; XXVI i 1. 

Und. , XXVI ,98. 
- ibid. , XX VII , 7. 

t'Md., XXVII, 99. 

itrid.; XXVII, 36. 1 1 

ibid., XXVIH, 10. 

ibi*. , XXVIII', 38 , '46. > ! : •, 

ibid., XXIX, 13, 36. , 

tirid., XXIX, 38} XXX, l,i94. 



Urid\ v XXX, 9V. 
ibid., XXX, «0, 41. 
ibid.; XXXI, 8. 
ibid. , XXXU , 1. 
tbid., XXXII, 8,; 27. . 
ibid., XXXII, 98. 
OriA., XXXIII , 26: 
ibid., XXXIII, 43: . 
ibid., XXXIV, 43. 
ibid., XXXIV, 55. 
ibid., XXXV, 90. ' 
tW, XXXVI, % 
ibid., XXXVII, 9. 
ibid., XXXVII, 60, 51 
ibid. f XXXVIII, 35. 



(a) Da' qnanto racconta Livro (lib. XXXVII, I 
inferire, ehe Q. Fabio Pittort nbo abbja esercit 



51) sembra potersi 
itata di fatlo la pre- 

tura sarda, poiche appena gli fu destinata la provineia , ebbe a con- 
fendere Co! pontefice masSimo P. Licinio, il quale pretese che egli 
rittraneSse in Roma per com()icHi le funzioni di fcmine Qoirinale, 
e per decrtto del popoto fu approvata ona lal dbmaoda. Siccocde 
pbi 16 stessri LiWo Soggiunge, che ireto Fabie per siflatta risotdzibtte 
voleva rinunziarg allS ma^istralnra ^rotinoialc; ma cbc^Iseiiato ne 



lo distolse , * decrelft che amministrasse la pretnra straaiera (ira 
provinciae ereptae^praetoretn magiitralu abdicure ie conantem Patret 
aucioritate sua dtlerruerunt < et, ut ju* inter perearims dietret 4*- 
creverunt), consegoe da "tib>,> ohe la previndi» saraa gii fa toltadi 
fatld se non di diritto (tra provinciae ereptae) , e ohe fu obbligat» 
a rimanere in Roma , per la nuova pretura decretatagli in surrogat 
rione di Sp. Postumio Albino , cui era stata esiandio «ffidata Ia 
prelura drbana (Liv. , loc.cit.). 



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64 



DISSEftTAZIONE 



scuUa CatsianaX 1 ), dt fetfo Cri»pino, gft ptefetto. del pre- tw» e4 egragio iwmo ceiwtare. W, e deL Ubeflo Airiteto,, ?:£».£: 



(1) Di C. CawiQ Longiao, e della sua nerizia nelle l«gp, parla 
Tacilo in vari luoghi dei suoi Annali (XII, 11, 19; XV, 58); e 
poi riferisce il di loi esiglio io Sardegoa sotto Pimpero di Nerone 
(P. C. N. 65), e riogiaate moihro obe diedevi luoge: Ohieetewitque 
(Nem) Catti», * qmaAiMtr inaginet maiorum C Cattii efigitm 
cohustet, ila mtcriptam; va, rABTivn. Quippe tevrina. helli civUit 
et deftctumtm a deino Caeearwm quaeiitam. Ac n«. memoria tantum 
infenri nominit ad Aucoriiat nleretor, admmptiete L. Sitamm, 
mvenem genere mMm, animo paaeruptum , qvtm novit rebue 

ottentaret Tvrtc eonsulto ttnattu * Cateio et SUano eenUa. » 

dteemmntur .... Oeporieautque i* mtulam. S*n»im*if Catriue et 
teneetut eiut pnpectabatur (Jnnal., XVI, 7, »). U giureoonsullo 
Pempooio onnferm* in quanto alla deportazione di Longiuo La nar- 
racione di Taoito , ma m nel tempo, dicendola ordinala da Tiberio ; 
e dippiu soggiunge» ohe Caasio fu riobiamato a Roma sotto i impero 
dt Vespaaiano: Huie (L e. Sabino )succesrit Caiut Castius bongimt, 
natn», e* fMa Tuberonit , quae fuit ntptit ServH SulpitU: et ideo 
prpavum tuum Servium Sulpitium appellaU Hic contul fuit cum 
Quartino, kmporibui Tiberu: sed plurimum tn civitate auctoritatit 
habuit eoutque, donet eum Caesar civitate pelieret; expultut ao eo 
in Sarbimam, revpcqtut a Veepariane diem tuum obHt (lib. I digesL, 
tft. II, de orig. iur. t $ 47 ). Svetonio perd non pada di esilio, ma 
di ucoiaione: Nuliui posthac adhibitus deiectut aut modus interinumdi, 

quoteumque libuittet, quaqumque de cauta Obiectum est 

Cattio Lonaxno iuriiconsulto, ac luminibus orbato , quod in vetere 
gentili stemmate C. Cattii, percuttorit Caeearis, retmuisset imaginet. 
Paelfi Thraseae, trittior «t ptdagogi vultus. Mori iutsit non amplvut 
qwm horarum tpatium dabat {in Neron. , 37). E Sifllino, abbre- 
viatore di Dione, dice apartamente che Cassio fu dannato ed ucciso, 
perche nella sua casa conservava i' immagine di quel Cassio che 
stato era tra gli uccisoei di Cesara (lib. LXII , 38). Anche Giovenale 
sembra indicare che Cassio inconlrasse la stes&a sorte di Seneca e 
di Plauzio Laterano, poiob^ scrive: 

Temporibut dirit igitur iuttuque Neronit 
Umginum et magnot Seneeae praedivitit hortat 
Claurit et egregiat lateranorum obtidet aedet 
Tota cohort ec. 

(Satir. X, v. 15 e segg. ) 
Lo che fece credere al Ruperto (ad loc. ciL Iuven.), che ii Cassio 
Longino ricordato da Tacito fosse diverso dall' altro di cni parla 
Svetonio. Ma che gli anzidetti due scrittori abbiano pariato di nna 



soia e medesima pentona, si deduoe chiaramente dai falti che nar- 
rano, e dai tempi ai quali quei fatti si riferiscono. Si pud bensi. 
sospettare, che Pompenio nel gia citato luogo abbia cobriso Gak» 
Cassio Longino con Lucio Cassio Longino , cui Tiberio diede in moglie 
Ia sua nipote Drusilla (Tacit. , JnnaL VI, 15.), toltagli poi da Ca- 
Ugola (Sveton. tn Calig., %i) t come coo piu argomenti si adopera 
a dimostrarlo il Lipsio (ad loc. ciL Tacit,). Lasciando per6 da 
parte siffalte questiooi erudite, cbe boq appartengono al mio pro- 
posito,, io seguiro piu volentieri 1'aulerita di Tacito. B poicbe si. 
parla di esilii, diro qualche cosa di un altro esilio piu antico, del 
quale non trovo fatta dagli scrittori sardi menzione veruna. lt 
ricordo lo dobbiamo al teste nominato Svetonio, il quale dice: 
Saeviut Nicanor primus ad famam dignationemque docendo pervenit: 
fecitque praeter commentarios, quorum tamen.part maxima intercepta 
dicitur, tatyram quoque, in qua libertinum.te, ac duplici coanomine 
ette per hoc indicat : 

Saeviut Nicanor JUarci libertut ncgabit, 
Saeviut Pottumiut idem; at Marcut docebit: 
Sunt qui tradant, ob infamiam quandam eum tn Sabdimam tecet,-. 
sitse, ibique diem obiiste (lib. de lUust. Gramm.^ 5 ). Ual citatq 
lesto si rileva che Sevio ' Nicanore si relegd volontariameiUe in^ 
Sardegua, e che vi morl dappresso. Ma nou avendo Svetonio asr 
segnato il tempo preciso di un lal fatto, il medesimo non pnd 
altrimenti indovinarsi, che per semplico conghietlura. Edio opiuo t 
che debba riferirsi ai tempi della repubblica, poiche fl citato scrittore^ 
nel noverare gli antiohl grammutici che inseguarouo.pubblicamente 
in Roma, fa precedere ii riferito Sevio Mcanore a M. Antonio 
Gnipbo, che insegnd prima. uella casa di Giulio Cesare, mentre 
costui era ancor faociullo, e poi nella propria; ed ebbe per asco^ 
tanti nella scuola molli chiari uomini, tra i quali lo stesso M^ 
Cicerone, mentre esercitavu la pretura (Sveton. ibid. 7). 

(9) Rufio Crispino era stato confinato in Sardegua, e vi si trovava, 
allorche Nerone lo danuo a morte (P. C. K. 66). Ma egU, appena. 
seppe ia triste fine decretatagli dal tiranno, si uccise ooraggiesa.- 
mente di propria mano. Paucos quippe intra dies, eodem agmine , 
Annaeus Mella, Cerialis Aniciut, Rufiut Crispinue ac C. Petroniut 
cecidere. Mella et Critpinut, equitet rotnani, dignitate tenatoria. Nam 
hic quondampraefectut praetorii, et consularibus insignibus donatut, 
ac nuper crimine coniurationit in Saaoinum exaclut, accepto iuttae 
mortit nuntio, temet interfecit (TaciL Annal. XVI , 17). Kemmeno 
di questa vittima illustre , caduta neil'isola dirit Neronit temporibut, 
fa fatto ricordo dagli scrittori sardi. , 



T 



Anni 



A. C. H. 



187 
186 
185 
184 
183 
189 
181 
180 
179 
178 
177 
176 
175 
174 



o. c. 



565 
566 
667 
568 
569 
570 
571 
573 
573 
»14 
575 
576 
577 
678 



Num. 
dei 
Pretorl 



35 
36 

37 
38 
39 

30 
31 



3». 
,34- 
35 
36 
37 
38 



Nomi 
dei 

Pretori, Pro-Pretori, Cdnsoli « Proconsoli 



Q. Fulvio Flacco , Pretore 

C. Aurelio Scaure, Pretore 

N. JS. (a)' 

Q. Nevio Mato, Pretore (6) 

Cb. Skinio, Pretore 

C. lerenzio lftra, Pretore 

M. Pinario Posca, Pretore ........... 

C4 , Menio, Pretore (c) , . . — ......... 

C> Valerio Levmo, Pretore ......... — 

T, JEbwiq Caro , Pretore 

L, Mwnmio, Prelore (d) .. — 

m. Popjlio.Lena, Prelore 

>L. CorneU.0, Sulla, Pretore 

Mi Atifto Serrano, Pretore 

(a) SMgnora cbi abbia amWil govemo <tell'i»ola Del 567 di Roma, 
perche Livio omise i cotolttj prekorii <li tel aqho, «t riferi i soli co- 
mizi consolari dell' ann» pnsoedeate. I gretori ntminali nel 566 
(U. C.) forono, secondolo slesso istocico., P. Coraello Cetego, A. 
Poslamio Albino, C. Afhinfo Stellio, C.' Atilio Serrano, L. Postumio 
Tempsano, eM Claodio MareeHino (Jtitts, XXXIX, 33)» dei quali 
pero noa sono indicale<.le, yiovmcie. It Fa.Mk attribui la prelura 
■arda al soddetto L. Poslamio .Tempsano, (de.reb. Sttrd. 133); ma 
il di loi err»rc e manifcsto , n)oo lanli^ per il silenzio dello slorico 

{tadovano solla ripartiziobe' ^eftc proviVicle pretorie (poiche il si- 
enzio per se solo non «scladcrrebbe aRSOlautmente .1 esislenza del. 
ratlo), quanlo pel S»c.o»*lpt pott«rioi;e di LivM meliesimo, il quale 
ne accerla (lib. XXXIX, 39» 41) che jJ meD,(ovat* prelore L. Po- 
stumio negli anni appuolo 567', 568 idi Roma eseroilo il suo uflizio 
•ella pronaeia ii Taranto , e si apOli*o spociaWnle a, conipj(imero 
fe SMfczioai • i latrooinii dei. p#«iori , e » woof ri»e la coDvcoiicole 
baocanaU, le dt tmt rciiqnieiesistevano itMMn*»* nesc.ose in qDclla, 
aegione i* Italia. Qatodt; bo,«f ^Hirfyi oonv^oienl» di anotlere. il uojw 
aWl pReSare di detto aam 567,, ansi cie sceglierlo, a caso fr» i,««A 
pae,' aaai aominaU. ■[, ■,. , , ; ,. 

(*) A noealo oieloco fu 4«lo da| «ena>o I umwico d'i»qiu>ir» 
contro i rei di vcneficio (ut .. Hc vtnefviu* qmtmtrtj). V«r«io, dil- 



Autori e Monumenti 
ehe 

ne provano Vesitlenta ed it iempo 



Liv., Uiitor.> XXXVlll, 43. 
U. Ma\ t XXXJX, 8i 



Id. ibid., XXXIX, 

ld. ibid., XXXIX , 

/dn ibid., XL,,1 7 I 

Id. ibidl , ^i9, J(4 

M- *id,;vM» f ■ 

rtt^, XLL.3^6. 
i6«,,XLl,8, , 
iftid, . XLl;, I4,;l3f 



41. 



ibid.i XH, 18, 31. 



Id. 
Id. 

Id. 

Id. ibid, , XLL. tl. I , ' 

feri di qoaltro mesi la soa partenza pev la' Sandegna, come lo rac- 
conta Livio: Consulet, praeloresque ifi prorptctlps prqftcti sunf^ 
praeler Q. Nacvium , quem quatuor non minus menses , priusquam 
in Saediniam iret, quatstiones venefitii, quarum- magnam 'partini 
extra urbtm jrer municipia conriHabulaque habuil, qura ita . apliui 
visum errt, temttfrunt (Hist. XXXIX, 38, 41). \ . . } 

(c) Non si. pnp, a^fennaf» di cerl,0), che C. Menjo abbi* esdrcitalo 
realmente la prelura sarda , poichc jjeggiamo in LJvio cb'egli ! ancor^ 
fu incaricato di proced^re; ,'contro i veOe&ci , e obe avendone gia 
oondannati tre toila , scrisW al sedato , creseergli ormai tanlo-la 
materia. per grindiaiiv cbei^isogsava • dirfmeltere questo sno fitra- 
ordinario uffizio, ^^boaarfonflce la pro»ii*cia. : Al C. Maenio prnii 
tore (cui provincia . QABDUjflA cum tvtnissel , additlm erat , ut quae- 
reret de veneficiis tongius 'ab urbe decem '.tmtttbut passuum) literae 
ajlaiae « S* iam tria rniitia hopiinttm danwqsse , et crcscere sibi 
quaestiouem intficiis. Aut eam sibf, ess$ , iUjtrcndai* , aut provinciam 
dimittendm (IffsL XL, 43). i, . •, ■ 

(4/) Nell'ra#no deWa pretnjra di Mnmnuo 1« Sardegna fn faUa pro- 
vincia qobsoIm» awr causa di guerra, e ne fu affidato U cojnando 
al consolo T. Sampconio, Gracco. ' Mummie Sabdu|j\ (^yenit);. sed, 
*a prapier bflli tnagaiiudintm prorincia contularis fada, : Qr.afxhut, 
(T. Stmpreniut) <am tortUor (Mv., Hitt., XL» , 8.}.,.,, ,., .' .... . 



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€6 



«ceisore di Agwppina, calunniatdre dt Ottavia, e di molte 
Nerohian* infatoie ribaido complice ed esecutore (*). Sotto 
Vistesso imperi» di Nerone fu condannalo Vipsanio Leoa 

(1 ) Qaale scellerato nomo fosse Aniceto , e com'egli uccidesse per 
comando di Nerone la di Ini madre Agrippina, pud vedersi in Tacito 
{Annat. XIV, 3, 7, 8), etf in Sifllino (LXl, 15). II primo didetU 
aotori raceenta inoltre il mooV con cni qnelllniquo liberto coneer- 
tossi coiristesso Nerone per calunniare di adotterio la di hii mogtle 
Ottavm, ed il premio cHe n'ebbe coIPesili» io Sardegna. Gfova 
riportare le sae stesse parole , percbe contengone una lerione molto 
grave per coloro che si fanno minislri dei deKtti e delle infamie 
dei potentf: Krgo eonfetriotum alicuiut quatri piaeet, cui rerum 
quoqut novarun ermen adfingtrttut. Et vitut idoneus maUrnae neait 
patrator, Anicetus , elatri apud Misenum, ut memoravi, praefeetut, 
levi pott admiitum tcelut gratia , graviore odio: quia malorum fa- 
cinorum minittri qutm exprobrantes adspiriuntur, Jgitur accitum 
eum Caetar operae priorit admtmet; • totum tncolumitati principit 



preeide deUMsoia (P. C. N. 5$), peir averla aVaramente p.c.n.56. 
governata W, e, se son vere le tradizioni della chiesa sarda, 
vi colsero 1'eletta pahoa dei martfri molte vittime illustri di 

adversut insidtantem. matrem tubvenitte: locwn haud minorii gratiae 
inttare, ri coniugem mfentam depellereU Nec manu aut telo oput: 
fateretur Octaviae adulterium. Occulta quidem ad praetent, ted magna 
ei praemia tt lecettui amotnoi promittit, vel, ri negaHttet, necem 
inttntat : Hle inrita vtcerdia, et facilitate priorum flagitiorum, phtra 
«tiam , quem iuttum e*at, fingit, fateturque apudamicos,quotvelut 
comsiHo adbibuerat princtpt. Tum m Sahdtniam pelKtur , ubi non 
imopt exriUum toleravit, et fato obUt {Annal, XIV, 69). Svetonio 
nea narta deHesilio, ma deita sola eaknnia eon eoi Aniceto oppresse 
Ottavia: qui doto ttupratam a te fatereiur (In JYeron., 35). Qoeste 
cose accadevano nellanno 69 deU'era volgare. 

(9) Damn a tttt mdem oonsukbus (i. e. Q. Yolusio et P. Scipione 
P. C. N. 56) Fiptamut Laenat ob Sasdiniam provinciam avare ha- 
(Taeit. Annal., Xin, 30). 



ii i i i 



Anni 



. , 

A. C. N. 



173 
179 
171 
170 
169 
168 
167 



196 
195 
194 
193 
192 
191 



113 
119 



103 



89 



79 
78 



67 



u. c. 



Num. 

dei 
Prelorl 



579 
580 
581 
589 
583 
584 
585 
586 



626 
627 
628 
629 
630 
631 



639 
640 



649 



670 



673 
674 



685 



39 
40 
41 

49 
43 
44 
45 



46 



47 



48 



49 



50 



51 



Nomi 
dei 

Pretori, Pro-Pretori, Consoli e 




Aulori e Monumenli 

che 

ne provano fesistcnza ed il tempo 



C. Cieereio, Pretore 

Sp. Cluvio , Pretore 

L. Furio Filo, Pretore 

N. N. (o) 

P. Fonteio Capitone, Pretore 

C. Papirio Carboue , Pretoie (6) . 
A. Manlio Torquato, Pretoro (e) . 
M. Fouteio, Pretore (d) 









L. Aurelio Oreste, Coqsole (e) Epitom. Liv., LX. 



Lo stesso , Proconsole ■ . 

Lo slesso id 

Lo stesso id 

Lo stesso id. 

..»11.... U.I I . »■-» » - » « 

Lo stesso id 



Liv., I/ist., XLII, 1, 7. 

Id. ibid., XLII , 10. 

fd. ibid., XLU , 31. 

Id. ibid., XLHI, 15, 

Jd. ibid., XLV, 13. 

Id. ibid,, XLV, 16. 

14. ibid., XLV, 44. 







j 



.... 



C. Cecilio Metelio, Console (f )........ 

Lo stosso, Proconsole 



T. Albucio , Pretore . j . 



Q. Antonio, Pretore 



C. Valerio Triario , Pretore . . 
Lo stesso , Pro-Pretore 



Fast. Capitol., apud Graev., Thet. antiq. rom., 
vol. XI, col. 933-34. 



Vell. Paterc, II, 8. - Eutrop., IV, 95. - Fast. 
capitol. 



Cicer., Tuscul. V, 37. - Oral. in L. Pison., 38- 
Orat. pro M. Scauro, 40. - Dt provinc. com. , VI. 







L. Lucullo, Pretore eletto 



Epitom. Liv., LXXXVI. 



Supplem. Liv., XC, 16, . . 

•.).-. . 7. 

»' ■ 

Dion., HisL, XXXVI, pag. 54. 



(a) Nel suddetto anno 589 il Fara (De reb. Sard., 1, 122) nota 
M. Rezio tra i prelori .di Sardegna. II Frchinsemio invcce atlri- 
bnisce a M. Rezio la prclura url>ana (Supplem. Liv. XLIIl , i). Ed 

10 aospetto chc il Fara , mancandnjjli pcr tal anno la scorla di Li- 
vio, pcr la lacuna chc si Irova nei suoi libri, ahbia conghielturato 
che la prelura sarda toccassc in sorle a Itczio assiamc alla urliana, 
come due anni dopo fu altribuila al prelure dclfisola C. Papirio 
Carbone (Liv. Hist. , XV, 19) 1 ' ; ** "" 

(b) 11 suddelto prclorc puo considerarsi come plello semplice- 
mente , poiche rimasc in Roma per escrcilarvi le preture percgrina 
ed urbana, come lo dicc Livio < Et praetores , praettr C. Papirium 
Carbonem, cui Sardiisia evenerat, in provincias iere. Eum jus dicere 
liomae (nam eam quoque snrlem habebat) inter cifcs et peregrinos 
Palrcs censucrant (Hist., XLV, 12). I 

. ( »Xt) Nemnveno, Ai Mntllio Torquato werqilo ntlla' provincia sanla 

11 suo uffizio, come si ha dallo gtesso Xivio : A. Manlia Torqualo 
Sabdinia (ibvenerat : nequitt ire in pronnciam , firf res capitales 
quaerendas ex senatusconsullo rctentus. (Hist. , XLV ,' 16). Laondc 
si piiii credcrc che C. Papirio Carbone abbia contifuato a govcrnar 
1'isola in qualita di pro-pretQre.' ,.i VAV ,'«.;' i 

(d) NellMntervallo di lempo csislcnte tra il 586'e 696 di Itoma 
occnrrc una lacnna di I icnl.u imj nc atlni riguardo ai prclori 'dt 
Sardegnaj e, marirjando In sc.irl.i di>i libri I.iviani. <• di ouni nltro 
rwe e m'MMHl(lo , non si nHo Hapert quati e quaiitS 'ijssi 
slati. II P.ra fdt reb. Sard. V I, , 't92) 'ioima' iiVahrt ViVIW , 
dopo la pretura di M Fonteio , il nome- df"M PonS# Ca«rJnf r , Si- 



Sflittl 

Hopo 



tando 1'autorita di Plularoo , del Volterrano , e di Alessamdro di 
Alessandro. Ma nel primo di delli autori io non, trovo sillalta le- 
stimonianza ; per lo che m'iuduco a crcdere chc 1'illustre annalisla 
sardo abbia troppo facilmenle crcduto agli altri due. Potrcbbe 
piuUosto esscre collocato nel 590 (U. C.) il govcrno consolare e 
straoriiinario di T. Setnpronio Gracco per le ragioni gia da me 
esposte in altro luogo di queslo volume (pag. 53, col. 2 a , not. 7»). 

(e) Non dubito di alTermarc col Fara (loc. cit.) che la Sardegna, 
per motivo di gucrra , sia stata dichiarata nel 626 (U. C. ) pro- 
vincia consolaTc. E siccome il carico di qomprimere i Sardi nbel- 
lanli fu dato al consolo L. Aurelio Oresle , comc si"ha daH'£^B- 
/ome Liviana (LX), e da Diodoro (Excerpt. ap. f^alcs,); e d'altro 
canto nci Fasti Capitolini il trionfo di < ello consolo jicr la Sar- 
degna domata e annotato neli' 8 dicembri dcl 6.11 di Roma (ved: 
«opral pag, 54 ! , col. 1«, not. 1«), pcrcio crcoo pplcrsi ra^ioncvol- 
mcut« conghiettoiare , che ila guerra abbia durato dal .62li al 631; 
e chc in tal tcmpo il suddelto L. Aurelio Orcste ahbia avuto il 
continuo govcrno, come dcllo armi , cosi ancora|dell'iaola. Pcr tal 
motivo' ho annotato nclla SEBrn il nome dellb stcsso consolc pcr i 
soi anni corsi dal tempo della sua spedizione in Sardcgna a quello 
del di Jui trionlo in Roma. ; . 

(/*) ! Si trova scritto nci Fasli Capilolini, chc C. Cccillo Motcllp pror 
consofe t " = 
Dnnqnp 
prorogala 

segnenza epli govern6l'isola pcr un biennio fvcd la nota preced.) 

17 




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66 



DISSBB.TAZIONE 



queHa fede, che trionfando degli errori del gentilesimo, 
era destinata dal cielo a illuminare e convertire il mondo P). 

Seguace delle parti e della passaggiera forluna di Ottone 
contro Vitellio, la Sardegna obbedl al primo di quei due 
p.cn. 69. contendenti (P. C. N. 69), dopo le sue vKtorie nella pro- 

(1) I nomi di questi martiri si trovano registrati negli anlichi 
martirologi, e sono i seguenli: S. Priamo, S. Emilio 0 Emiliano, 
S. Luciano {Martyrol. Rom. emendat. , ad diem 28 maii. - Martyrol. 
Rhinov. ap. Soller, Jcta St., tom VU, iunii in fin.), S. Giocondano, 
S. Lucio (D'Achery, Spieileg. tom. II, pag. 11, edit 1793), S. For- 
tunato ( Papebroch., Acta St. tom. VI, maii, pag. 745), S. Salnziano, 
S. Eutrico 0 Entropio (Martyr. Antuerp.) , S. Crescenzio, S. Tiziano, 
S. Quintino e S. Stabulo (Martyr. Hieronim., ap. Soller., ActaSt. 
tom. VII, iun. in fin. ap D'Achery, ad VI kal. iun. ). Il Fara (De 
reb. sard., I, 140) fa menzione dei soli primi quattro, che fa pre- 
cedere a tutti gli altri martiri da lui ricordati in appresso; ma non 
assegna 1'anno del loro martirio. U Bonfant invece ( Triumph. de lot 
tanct. de Sardena, 1 , 6) nomina i primi sette, li chiama protomartiri, 
e dice che furono immolati sotto la persecuzione di Nerone. Sebbene 
questa opinione non abbia verun certo fondamento, eppercio il Mattei 
(Sardin. tacr., diitert. praev. cap. III, $ 8) ne abbia dubitato, te- 
mendo che lo scrittore di quel Trionfo la tenesse per vera proprio 
arbitratu; tultavia non e improbabile , che gli anzidetti antichissimi 
seguaci della fede di G. C. siano stati vittime della crudelta Nero- 
niana. Perche , quantunque Tacito racconti come succeduti entro le 
mura di Roma i barbari supplizi e le morti dei cristiani calnnniati 
qnali autori delfincendio di quella metropoli neU'anno817 (U. C), 
ossia 64 (P. C. N.), e sia su di cid molto chiara la sna narrazione 
(Annal., XV, 38 , 44), che fu pure seguita da Sulpizio Severo 
(Hist. tacr., II, 39), non pertanto e Svetonio dice generalmente , 
senza circoscrivere il luogo: AffHcH tuppliciit chrittiani, genut ho- 
minum tuperttitionit novae ac maleficae (in Neron., 16), ed Orosio 



vincia narbonese W. Obbedl poi al secondo, e quindi a 
Vespasiano, sotto il quale (P. C. N. 74) fu ristorata prima- v.cn.n. 
mente nell'isola la grande slrada romana che dalTantica 
Torres conduceva a Caguari ( 3 ). 



scrive specificamente : Primut (Nero) Romae chrittianot tuppliciit 
et mortibus affecit , ac per omne* provinciat pari pertecutione ex- 
cruciari mperavit (HitL VII, 7). 

(3) Corticam ae Sabdiniam, caeteratque proximi marit intulat foma 
victricit clattit (in Gallia Narbonensi) tn partibus Othonit tenuit 
(Tacit., Hiit. II, 16). 

(3) Cid si ricava dalla seguente iscrizione che fu pubblicata per 
la prima volta dal Fara nella sua Corografia tarda (lib. II, pag. 66, 
edit praed. ): 

lvi . a . TVIRE 
IMPBBATOB . CAE8AB . VB8PASIANV8 . AV6 
PONTIPKX . MAX1MV8 . TBIB . POT 
XIII . C08 . V . DESIQ . CBN80B 
BKFKCIT . BT . JUSSTITUIT 

Dice quel diligenle annalista di averla copiata da nna delle tre 
lapidi che sorreggevano il portico della chiesa parrocchiale di Ma- 
comer (antica Macoptita di Tolomeo, Geogr., III, 3 ), e che le altre 
due erano sdmiglianti : Extat oppidum Macomelis , cuiut cattmm 
interiit, etporticut lempli parochiali* tribus fulcitur lapidibui, quibut 
viae latae milliaria erant a Romanit tn Sabdinia tignata, primigue 
lapidis eiutmodi ett intcriptio ( la riportata qui sopra ) . , . . Similet 
sunt aliarum lapidum intcriptionet , quat brevitati contuUnt omitto 
(lib. cit). E poi in altri due luoghi della sua opera parla nuova- 
mente di questa grande strada romana (Corograph. tard., IT, 74 - 
De reb. sard., I, 139). U Simon (Giambatista) in una sua memoria 
inedita del 1776 ( ved. Tola, Dizion. Biogr. dei Sardi illuttri, vol. III, 
pag. 185 , articolo Simon Giambatista) , la riprodusse quale si avea 
dal Fara, e con sole dne abbreviature imp. vbsp. nella seconda linea, 



Anni 



a. c. N. 



61 



56 



54 

53 



49 
48 



40 



136 
133 



103 



83 



n 



56 
56 



49 



o. c. 



696 



698 



703 
704 



713 
713 



636 
637 



649 



670 



675 



696 
697 



703 



Num. 
dei 
Pretori 



53 



53 



54 



55 
56 



57 
58 



Nomi 

dei 

Pretori, Pro-Pretori, Consoli e Proconsoli 



M. Azio Balbo , Pretore 



Appio Claudio, Pretore 



Autori e Monumenli 
che 

ne provano l' etistenxa ed il tempo 



Gronov., Thetaur. graec. anUquit., tom I. 



Phitarc, in vit.,Caet., XXI. 



M. Emilio Scauro , Pretore Ascon . Pe d., tn no< ad oraU pro Scauro. 

Lo stesso, Prb-Pretore 



■!-• 



M. Cotta, Pretore 

Sesto Peduceio, Pretore 



M. Lurio, Pretore 

Mena, o Menodoro, Pretore (a) 



Seguono i nomi dei QuestorL 



Cajo Gracco 
Lo stesso . . . 



Gneo Pompeo '. 

Seguono i nomi dei Legati. 
L. Filippo per SUla 



M. Perperna per M. Emilio Lepido 



Q. Tullio Cicerone per Pompeo il grande . 
Lo stesso, per il suddetto Pompeo 



4 Q. Valerio per G. Cesare Caesar, De bello eiv., I, 30, 



Caes., De bell. «v., I, 30, 31, 
Appian. Alex. , De belL civ. , II. 



Dion., Hittor., XLVIll , pag. 501 , 503. 
Dion., Hittor., XLVIIl, pag. 513. 



Plutarc., tn vit. Tib. «t C. Gracc,, pag. 36 , 37, 
38. -Aul. Gell., Noct. Attic., XV, 13. 



Cicer., Divin. in CaecU., XIX. 



Epitom. Liv., LXXXVL 



Supplem. Liv., XC, 18. 



Cicer., Orat. pro Scauro, 39. • Bpitt. ad diven.J, 9. 
-ad Q. fratr., II, t, 8. 



(a) Appartiene probabilmente a Mena la rara tessera di bronzo 
incaslrata of argento che nel 1838 fu trovata non molto longi dall» 
citt» di Alghero, avente ai due lati queste itcrizioni: Menatts pref. 
e Tiberiatf. proe. L'abate Gazzera ne fa ricordo nella sua Leziont 
ii un decreto di patronato t clientcla ec. ( Memor. dtlia R. Acvad. 



delle tcunze di Torino , tom. XXXV , pag. 10) , e opina ehe 
una di quelle ttstert offieisttt , ote i nuovi preiidi inviavano neile 
citta di provincia ai penonagai prinoipali , Duumviri , Deeurioai , 
Sacerdoti e capi mititari, per partecipare il loro arrivo, e far -noti. 
i nomi dei nuovi govaraanti. n • i . • ■ " 



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t 



PRIMA. 



67 



Nei succteduti imperii di Tito e di Domiiiano, di Nem e 



affermaudo , che in unaltra iscrizione esistente neH'istesso luogo di 
Macomer (una delle due omesse dal Fara), vi era etpresio il nome 
del Pretore ehe in quel tempo governava fisola. Questo Pretore cbia- 
mavasi Subrio Destro , ed usava eziandio il titolo di Procuratore di 
Cesare, come ne fa teslimonianza 1'altra iscrizione Macomeriana pub- 
blicata dal Baflle (Discors. accad. del 15 luglio 1831, pag. 18, Ge- 
nova, dett. an. Stamp. arciv. ): 

I . A . TVRHE ' 
1MP . CAESAB . VESPA8IANVS . AVti . 
PONTIFEX . MAXIMVS . TRIB . 91 
IMP . XIII . P . P . COS . V . 
CENSOB . BEFECIT . EBOGET . • 
SVBBIO . DEXTBO . PBOC . KT . 
PBAET . SARDINIAB* . 

La quale perd fu poi riprodotta piii correttamente dal Gazzera 
(Memor. della R. Accademia delle scienze di Torino , tom. XXXV , 
pag. 91), nel modo seguenle (a): 

A . TVRRE . LVI . 
IMP . CAESAB . VESPASIANV8 . AVG . 
PONTIFEX . MAXIMVS . TBIB . 
POT . V . IMP . XIII . P . P . COS . V . 
DESIG . VI . CENSOB . REPECIT 
ET . RESTITVIT . 
8TB . 8VBBIO . DEXTRO . PROC . BT 
PBAE . 8ABD1NIAE . 

Dalla medesima si viene a conoscere , cbe Snbrio Destro (non 
gia Surrio) era Proconsole e Prefetto di Sardejgna , allorche fu ese- 
guito il primo risarcimeuto della strada romana da Torres a Ca- 
gliari : ed e molto probabile , che cotesto governante sia lo stesso 
Subrio Destro che fu spedito da Galba (823 U. C. , 70 P. C. N.) con 
due altri tribuni delle coorti preloriane per ricondurre all'obbedienza 
i soldati , che aveano incominciato a tumultuare , ed a dichiararsi a 
favore di Ottone, come si ha da Tacito: Pergunt etiam in castra 
praetorianorum tribuni, Cerius Severus , Slbbrs Dexter , Pompeius 
Longinus; si incipiens adkuc, et necdum adulta seditio melioribus 
consiliis flecteretur (Hist., I, 51). La suddelta iscrizione (bis), come 
si scorge cbiaramente dal maggior numero e dalla diversa dispo- 
sizione delle linee e delle parole , e aflatto distinta dalla prece- 
dente, ne posso comprendere perche il Baiille, uomo per altro assai 
versato in tali materie , 1'abbia credula una copia piu esatta della 
medesima. Imperciocche bastava por mente alle citale parole del 
Fara, e ricordarsi che allorquando egli scriveva esistevano tutte 
tre ie iscrizioni da lui rammentate , e che nei riportarne una sola , 
diceva somiglianti le altre due che ommise per brevila, ed inoltre 
che il Simon, accennando ad una di quelle due iscrizioni ommesse, 
affermava di trovarsi espresso nella medesima il nome del Pretore 
che in qu\el tempo governava 1'isola , per convincersi , senza mollo 
esame , che questa seconda non dovea essere confusa colla prima. 
Ne si puo sospettare poco esalta la copia simooiana , avvegnache 
riporlata. sulla fcde altrui , perche la medesima c perfettamente- 
conforme alTallra lasciataci dal Fara, il qualc la vide circa due se- 
coli innanzi, quando cioe Li lapide dovea cssere meno corrosa dal 
tempo , ed e a crodere che 1'abbia fedelmenle copiata , posciache 
nel riferire i fatti ed i monuraenti della Sardegna antica dimostrossi, 
e fu veramente diligentissimo. Quanlunque per,o le dette iscrizioni 
siano diverse , non puo dubitarsi che siano entrambe conlemporanee , 
deducendosi cio apertamente dalla medesiroezza del fatto, e dalla 
persona dell'imperalore che vi sono ricordati. Kd in quanto alPanno, 
cui appartengono , schbene i preeitati archeologi sardi non 1'abbiano 
indicato, parmi che possa flssarsi,*nel 74 deH'era volgare, poiche vi 
e menzionato il quinto consolato di Vespasiano (cos .. v .), che cadde 
nell'837 di Roma, corrispondente appunto al suddetto anne 74 (Fast. 
ldat., ap. Graev. Thes. roman. aritiq., vol. XI, col. 856. - Crus, tn 
noL ad Sveton. Vespasian. , 4 e 8). Forse accenna ad una seconda 



(a) U Gaxzera la pnbblicb seoondo la lecione contenuta nella copia 
ricavatane sovra lnogo dal Cav. Borelli. Ed e da nolard , ohe il sud- 
detto Simon nella gia cttata siia memoria inedita fa spccialc menzione 
di quesla copia Borelliana , dicendo : // cac Sorelli , capitano di ma- 
rina , ti prtse la fatica ii audave a quetto viliaggio (a Macomer) , os- 
tervb questa iscrizione (cioe la pubblicata dal Fara , e riprodotta dal 
Simon medeiimo) e una 'di un'allra cdlonha (cioe la prcsente di Sohrio 
Deslro), e le copib fedelmente ambedue. Dal che si ha argomento a con- 
chiadere, ebe siccome la .copia di una -di delte Aacrizioni fu esalta , 
perche affalto simile a quella del Fara e del Simon , oort ancora deve 
credewi esatta rallra. ' : -" - 1 ' '* 1 ' - 



di Traiano, di Adriano e di Anton«o , e degli altri regnantt 



rinnovazione della stessa via 1'iscrizione esistente nella chiesa di 
S. Giacomo di Monastir , presso a Cagliari , la quale nella sua parte 
visibile (giacche 1'altra e incassata nel cantone di detta chiesa), pre- 
senta questa leggenda mutilata : 

marci . FILIVS 

HADRIANI . PRO 

ANI BT . DIVl . NE 

EPTIHIVS . 8EVERVS 
AX . AVG . ARAB 
AX . TRIB . POTE8T 

MP . CAE8 . SEVE 
BCI . NEPOS V 
VI . HADR 
ABNEPOS 

NTONINVS 

G . TRIB . PO 
08 . II . P . P . . ES 

G . FIL . ET . ANTO 
08 . II . VIAM 

MVNIRI . IVSS 

Da questa lapide a me pare che possa ricavarsi di essere stata ri- 
storata la strada di Torres per a Cagliari sotto 1'impero di Settimio 
Severo, e precisamente nel 905 aelTera volgare, essendo consoli 
per la seconda volta M. Aurelio Antonino Caracalla, e il di lui fra- 
tello P. Settimio Geta. (Fait. IdaU, ap.*Graev., Thes. rom. antiq., 
toI. XI, col. 958). Imperocche la suddetta iscrizione sembra doversi 
supplire in questo modo: 

Jmperator . Caesar . Divi . marci •. filivs 
Divi . Commodi . Frater . Divi . uadriani . nonepos 
Divi . TraiAtn . Abnepos . et . divi . vxrvae . Adnepos 
Lucius . jeptimivs . sevebvs . Pius 
PertinkX . avg . arabicus , Ponlifex 
Max . trib . potest . xv . Imp . xi . Cos . Hj . PP . 
imp . caes . sevem . Filius * 
Divi . mabci . nepos . Divi . Antonini . Pronepos 
Din . HADRtant 
abnepos 

Marcus . Aurelius . antoninvs . Pius 
Aug . trib . votestate . vui 
cos . n . p . p . vEsignatus . Censor 
P . Septimio . Caesare 

AUG . FIL . ET . ANTONINO 

cos . ii . viam (a Karali Turrem) 
mvniri . lvsserunf . 
E cosl supplita , non rimarrebbe piu dubbio sul tempo in cui fu col- 
locata. Un terzo rislanramento della medesima strada fu fatto sotto 
il brevissimo impero di Emiliano nel 953 (P. C. N.) , come si rac- 
coglie dal seguente monumento rilrovato ia Fordongianos (Fobvm 
Traiani di Tolommeo, Geogr., III, 3,e di Antonino /(in*r.), ed ora 
esistente nella R. Universita di Cagliari: 

m . p . LXXVIIll 
1MP .. CAES . M . AEMILIO . ABMIL 
IANO . PIO . FELIC . INVICTO . AVU 
PONT . . MAX . TRIB . POT . P . P . PB° C°8 
VIAM . QVAE . DVCIT . A . KAR . TVRR 
CVRANTE . M . CALPVBNIO . CAELUNO (6) 

prab . (Et Proc.) 8V0. 
Ed un quarlo risarcimento ne fu probabilmente eseguito nel 989 
delVora volgare (c) sotto rimpero di Caro, come sembra dimostrarlo 



_ (b) Del medesimo Celiano ci e rimasto U ricordo nel Irammento dell» 
segueole iscrizione discoperla cosi pure in Fordongianos (ora esistenle 
in Cagliari nell» R. Universila), dalla quale ai rioava ch'egli era pro- 
curatore di Cesare: 

vc 

P . PBOC 
O . CAET.IAIIO 
' • C . SW 

(e) (lo assegiiato ana iscriiibne <H Blio ViUle la data del 989 ( P. C. 
K) perche , essendovi designalo M. Aurelio Carino conte prineipe deBa 
g*ot«ftitu (wob . caes . PRiNnip ; ivb) , il tempo in cui la.medesima 
fu scolpila dovette di neeessita precedere Tanno del comsolato del sud- 
•Vlto Carino, ehe fu il 983 (Fast. Idatian. ap. Graev. , Thes. rom. 
amiq., vol. XI, ooK 960), e qnindi appartenere all'anno preeedaate ehe 
/u ■ il primo MY imperb dt Caro. 

18 



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68 



DISSERTAZfONE 



(ino a SetUmio Severo, non si legge netia storia verun pub- 

nn'aitra iscrizione rinvennta nell'istesso Inogo di Fordongianos (ora 
esist. nella R. Univ. di Cagliari): 

IMP . II . AVHELIO . CABO 
PIO . FEL . INVICTO 
ET . M . AVBBLIO . CARINO 
NOB . CAB8 . PBINC . IVB 
ET . M . AVBELIO 
NVMBBIANO 
NOBILI881MO . CAES 
CVBANTB . M . KLIO . VITALE 
VP . PBAES . PBOVINCIAE 
SABOINIAE . 

Non si pnd determinare con certezza il tempo in cui fn incominciata 
Ia detta grande strada da un punto alPaltro delPisola. Ma se pongasi 
mente alla prima delle riferite inscrizioni, la quale dice che tal via 
fu ristorata nel quinto consolato di Vespasiano, si avra un fonda- 
mento probabile per argomentare cbo la sua formazione priraitiva 
appartiene agli anni estremi della rcpubblica romana. La ristaura- 
zione infatti di una via pubblica, che dagli avanzi ancora esistenti 
appare essere stata solidaraente costrutta fin dal principio, suppone 
la sua anlichila, e il deterioramento cagionatone dal tempo e dalPuso; 
e quindi , se fu rifatta e restituita allo stato primiero nelPanno 74 
delPera volgare, non e improbabile che sia stata aperla circa nn 
sccolo innanzi , quando cioe il senato nella divisione delle provincie 
fatta con Ottaviano ottennc fra gli altri paesi soggetti al romano 
dominio la gia domata e ferace Sardegna ( A. C. N. 37). A siflalta 
considerazione aggiungono peso altre dne iscrizioni migliarie relative 
alla stessa strada, che appartengono agli anni 830 e 832 di Roma. 
La prima fu posta sotto 1'impero di Nerone, nelPanno decimoquarto 
della sua tribunizia podesta (corrispondente al 67 delPera volgare), 
e supplila nelle suo lacune, dice in queslo modo: 

a . T L' r n e . XVI 
imp . Nero . Claudius . divi 

CI.AVDI ._F . GEBMANICI 
CaeSARIS . N . Tt . CAESABIS 

Aug . Pron . divi . Aug . abn 

Caetar . avg . gebmanic 
P . M . Trib . potest . xim 
Imp . xiii . Cos . t . P . P . (o) 
La seconda fu collocata solto il brevissimo impero di Vitellio nel 69 
delPera volgare, ed ha leggibili lo sole due prime linee, ne tutte 
intiere, essendo le altre gia corrose c cancellate dal tempo: 
A . tvbre . xliiii- 
Itnv . a . vitellivs . Caes . 



(6) 

Imperocche dalle medesime viene a conoscersi, che Panzidetta strada 
fu formata in tempi diversi, e che aperla per la prima volta da 
Torres verso Cagliari durante il dominio della repubblica sotto 
Angusto, fu qoindi prdseguita sotto gli altri Cesari, due dei quali 
sappiamo linora essere slati Nerone e Vitellio. E laddove una piu 
diligente ricerca dci monumenli antichi facesse discoprire le altre 
colonne migliarie, che saranno state collocale senza dubbio tra la 
I, e la XVI, (ra questa e la XLHII, e tra quesfultima e la LVI 
gia riferite, avremmo la serie continnata degPimperatori , sotto i 
quali quella grande strada fu formata, almeno (ino a Macomer, 
giacche da questo punto le iscrizioni finora rinvenute (tranne quella 
gia riportata di M. Calpurnio Celiano) accennano a sole ristaurazioni. 
Riraane ora ad investigare quale sia stato il corso di questa gran 
via centrale ; e non serabra difficile I' indovinarlo colla scorta dei 
monumenti sopra riportali. II Simon, che conosceva la sola iscrizione 
JUacomeriana pubblicata dal Fara , e non poteva giovarsi deWltine- 
rario di Antonino, nel quale la strada da Torre a Cagliari non e 
ricordata, ebbe tuttavia la fortuna di riconoscerne le traccie ancora 
esistenti ai snoi tempi, e con queste seroplici indicazioni ebbe il 
buon criterio di fissarne i punti principali in Macomer, Fobdon- 
gianos, e Monastir. Per i punti intermedii poi, argomentando , 
ora dai nomi dei Inoghi, ora dai vestigi della strada gia distrutta, 
ed ora dalle distanze che il suddetto Antonino segnd da un paese 



(a) La suddetta iscrizione fu ritrovala a pie di Scala di giogga 
(scala a Inmaca), e fu quiiidi deposta nella Regia Universita degli 
atudii dt Stssari. La distanza di sedici miglia (lat.) , che vi e segnata, 
e precisamente quella cbe esiste tra Torres , e la suddetta Scala , 
■eguendo le traoce delPantica strada romana. 

(b) Quesfaltra iscrizione fu trovata presso alla chiesa di N. S. di 
Cabuabbas, non lungi dal villaggio di Torralba. Ed e precisa cosi pnre 
la distanza di qnarantaqnaltru miglia romane da Cabuabbas a Torres. 



blico avvenimento cbe possa illustrare gli annaii sardi 0) , 



alPaltro delPisola, opind ragionevolmente , che la gran via romana, 
partendo da Tobres, si dirigesse al villaggio ora distrutto di Ottava 
(cosi chiamato dalPVHI ab urbe lapide, che e la distanza precisa 
da tal luogo a Torres), e quindi a Sassabi: che da questa citta 
continuasse la sua direzione per Scala digiogga verso Osilo, lasciando 
a stanca questo villaggio, e protendendosi verso Ploaghe (antica 
Plovaca); che poi declinando da tal direzione, e traversati i campi 
Mela, Lazzari e Giavesu, risalisse verso Bonobva , e di la verso 
Macomer; e che da questo punto, procedendo innanzi, e passando 
per Norghiddo, Abbasanta e Guilarza, pervenissea Fordongianos. 
In riguardo poi al secondo tronco della stessa strada da Cagliari 
a Torres, argomentd che da detta citta di Cagliari si dirigesse al 
villaggio di Sestjj (VI ab urbe lapide), da Sebtc a Monastir, da 
Monastib a Sabdara (Neapoli di Anlonino, e Aquae Neapolitae 
di Tolorameo ) , da Sabdara a Usellis ( Colonia Iulia Augusta ) , 
da Usellis a Othoca ( Othaea od Osaea del suddetto Antonino, ed 
odierno Ruinas ) , e da Ottoca a Fordongianos ( Forum Traiani 
di Tolommeo). Le congbietlure e le induzioni del Simon furono 
incontestabilmente confermate dalle posteriori scoperte degli avanzi 
delP antica strada romana sotto i regni di Carlo Emanuele III , di 
Vittorio Emanuele I, e di Carlo Felice I; allorche Parchitetlo Moja, 
il Marchese Boyl (ved. Tola, Dizion. biogr. dei Sardi ill, vol. III, 
pag. 79) e il cav. Carbonazzi (Discors. sulVoperaz. strad. di Sardegna. 
Torino, 1833.), attesero successivamente , per comandamenlo so- 
vrano , alla direzione dei lavori slradali delPisola. Ed e una bella 
lode, che io volentieri tribnto alla memoria di un si illustre archeo- 
logo sardo, mio concittadino, quella di vedere constatato da mo- 
numenti cerli ed irrefragabili un fatlo da lui stabilito colla sola 
potenza del suo raziocinio. Delle altre strade romane da Noba e da 
Olbia a Cagliari, e da Nora a Bizia , come anche delle viemilitari 
Antoniniane. , parlero a suo luogo in questa medesima dissertazione. 

(1) Accaddero pero alcuni fatti privati, che sebbene non appar- 
tengano diretlamente alla storia, servono tuttavia ad illustrare in 
qualche modo le memorie sarde di que'tempi. Credo pertanto di 
fare cosa grata ai lettori, producendoli rannati insieme secondo 
Pordine successivo della Ioro esistenza, dopo averli raggranellatl 
neMuoghi nei quali si trovano sparsi. 

I. Sotto Domiziano fu confinato in Sardegna il fratello di Aretulla, 
cui fu dedicato da Marziale 1'elegante epigramma De columba 
Aretullae : 

Aera per tacitum delapsa sedentis in ipsos 

Fluxit Aretullae blanda columba sinus. 
Luserat hoc casus, nisi inobservata maneret, 

Permissaque diu nollet abire fuga. 
Si meliora piae fas est sperare sorori, 

Et dominum mundi flectere vola valenl; 
Haec a Sardois tibi forsitan exsulis oris, 

Fratre reversuro, nuntia venit avis. 

Lib. VIII , epigr. 32. 

II. Imperando Nerva, il soldato sardo Tdnila di Cares, che 
avea militato per venlicinque anni nella seconda compagnia di Liguri 
e di Cursori stanziata in Sardegna sotto il comando di Tiberio Claudio 
Servilio Gemino, oltenne nel 10 ottobre delPanno 96 (P. C. N.) 
1'onesta sna dimissione dal servizio railitare, come ne fa fede il 
seguente diploma scolpito in una tavolelta di bronzo esistente nel 
R. Museo di Cagliari, e dottamente illustrato dal Baille, che fu il 
primo a rendcrlo di pubblica ragione ( Atti della R. Accad. delle 
scienze di Torino, tom. XXXV, pag. 302): 

IMP . NERVA . CAESAB . AVGVSTVS . PONTIFEX 
MAXIMV8 . TRIBVNIC . POTEST . COS . II . P . P. 
PEDITIBVS . ET . EQVITIBVS . QVI . MILITANT 
1N . C0H0BT1BV8 . DVABVS . I . GEMINA . 8ABD0 
RVM . ET . CVRSOBVM . ET . II . GEMINA . LIGV 
RVM . ET . CVBSORVM . QVAE . 8V.NT . 1N . SABDI 
NIA . 8VB . TI . CLAVDIO . SBRVILfO . GEMINO 
QVI . QVINA . ET . VICENA . PI.VRAVE . 8TIPEN 
niA . MERVERVNT . ITEM . DIMISSO . HONE8 
TA . MISSIONE . EMERITIS . STIPENDIIS . QVO 
RVM . NOMINA . SVBSCRIPTA . SVNT . IPSIS 
LIBEBI8 POSTEBI8QVE EOBVM CIVITA 

TEM . DEDIT . ET . CONNVBIVM . CVM . VXO 
BIBVS Qvif . TVNC . HABVIS8ENT . CVM 

EST . EIS . CIVITAS . DATA . AVT . SI . QVI . CAELI 
BE8 . E88ENT . CVM . IIS . QVAS . P08TEA DVX18 
SENT -.. . DVMTAXAT . 8INGVLI . 81NGVLA8 
A . D . VI . IDV8 . OCTOBRI8 

TI CATIO TONE 

ALPVRN VCO . C08 

COHORT . II- . GRHIN BT . CTR80RVM 

CVI K8T 

T . FLAV 6NV8 

TVNILAE " P ■ CARES 

DESCRIPTVM . ET •. . . . VM . EX' . TABVLA . AB 

NEA . QVAE . FIV E IN '. MVRO . POST 

TEMPLVM . DIV INERVAM 

La suddetta iscrizione leggesi nella facciata esterna della Lamina, 



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PKIMA. 



se vogliansi eccettaare le memorie di alcuni marliri che la 
cecita dei tiranni nemici del cristianesimo, cbe allora andava 

ne occorre riportare l'altra della facciata interna, cbe e affatto 
simile alla precedente nella parte che ci fu conservata, giacche il 
rimanente del testo era inciso nella seconda tavoletta, la quale andd 
perduta. Sulla scorta di simili diplomi pubblicati dal Vernazza e 
dal Harini, e colla indicazione avutane dalle lettere che rimasero 
intatte, il BaTIIe suppll le lacune delle ultime nove linee, leggendole 
in queslo modo : Tiberio Catio Catone et Marco Calpurnio Luperco 
Consulibus (a), Cohortis tecundae geminae Ligurum et Cursorum, cui 
praeest Titus Flavius . . . Tcnilae . . . Filio Cares. Descriplum et re- 
cognitum ex tabula aenea, guae fixa est Romae in muro post templum 
Divi Augusti ad Minervam. Non pote per6 supplire il nome del 
padre di Tcnila, perche non essendovi rimasta Orma delle lettere 
che lo componevano, e preclusa la via ad ogni conghiettura, nSil 
cognome di Tito Flavio, perche la sola desinenza GNVS non e 
sufficiente per indovinarlo. Crede lo stesso erudito illustratore, che 
Carbs, patria del soldato Tunila, fosse qualche citta o villaggio 
dei popoli Carensi di Sardegna, rammentati da Tolommeo (Geo- > 
graph., III, 3) e dal Fara (De reb. sard., I, 14); e piu proba- 
bilmente il villaggio ora distrutto di Caresi, che esisteva tra Posada | 
e Terranova a tre miglia di distanza dal mare, secondo nna nota , 
ms. del Nurra, e 1'autorita sempre rispettabile del Fara, il quale i 
ne fece espressa menzione, e lo colloco nell'antica diocesi Civitaten. 
Jacent excisae urbes Erici et Plubii a Ptolomeo memoratae . . . ac 
denique oppida Verri, Pusolis, Caresi, etc. (Corograph. Sard., II, 
91 ). In occasione poi di siflatta illustrazione , e delle due coortt 
miste (prima et secunda gemina) , una di Sardi e Cursori, e 1'altra 
di Liguri e Cursori, menzionate in questo diploma , riporta it j 
BaTlle allre tre iscrizioni muraloriane , dalle quali rilevasi che esi- 
stevano negli eserciti romani due coorti sarde, ed una mista di 
corsi e barbaricini. Le prime due ci hanno conservato i nomi def 
soldati sardi G. Abbio Leto e Ghlio Venisto, e fa terza ci da 
notizia dell' esistenza di antiche citta nella Dabbagia. feccole quali 
si leggono nel Muratori ( JVov. Thes. inseript, DCCLXXXIV, 3; 
DCCCXXII , 1 ; DCCCXXV , 4 ). 

I. 

D . M 
O . ABRIO . LAETO 
MILITI . COHORTIS 
8ARDO . VIXIT 
AN . XVI II '. MENSl 
III , DIE . XIII 
ANTONIA . IANVAB 
. MATEB . PILIO . PIO 

P ' ' 

3. 

D . M 
IVLIO . VENVSTO 
MIL . COB . I . 8ABDO . . • 
MILITAVIT . AN . . . . 
MEN8IB . IIII 
VIXIT . ANN . XXXV 

AVENAT 

F . B . M 
3. 

8EX . IVLlVS . 8EX . F . POL . BVFVS 
EVOCATVB . DIVI . AVOVSTI . PRAE 
FECTV8 . I . COHORTIS . COR80RVM (5) 
BT . CIVITATVM . BARBABIAE . IN 
8ARDINIA 

, III. Essendo imperatore Adriano, un Caio Fusio, che fu proba- 
bilmente nativo di Sardegna (c), e che avea militato per ventisei 



(a) Con piu buone ragioni il Gazzera legge, Tiberio Catio Frontanc, 
el Marco Calpurnio Flacco consulibus (ved. Memor. della R. Accad. 
dellt scieme di Torino, tom. XXXV, classe di scienze mor. stor. e filol., 
pag. 887 e 348 ). 

(b) 11 Vernazza in una sua Memoria sopra un diploma di Adriano 
(Atti della R. Accad. delit 'tcienze di Torino , tom. XXIII, pag. 118) 
non sa decidere, se i Corsi inentovati nella iscrizione fossero nativi 
di Corsica, ovvero apparlenenti alla cofonia di Corsi stabilitasi nella 
parte settentrionale di Sardegna, secondo laulorita di Plinio (Hist. 
natur., III, 7). 

(c) Cosi opina il Baille, cbe iUostrd il diploma relativo a Fusio 
nella sua ffotitia di un nuovo congedo mUitarc delf imperatore Adriano 
(Memor. detta R. Accad. dclle icictiu diTorino, toip. XXXIX, pag. 14). 
E la sna opinione e assai ragionevole , perche le. due laminette dj 
bronzo, sulie quali era jncisa la copia di detlo oongedo, furono tanvale 



propagandosi universalmente ad onta deiie piu fiere perse^ 
cuzioni, immo!6 crudelmente ora in un luogo, ora ueH'altro 

anni nella flotta pretoria di Ravenna sotto Numerio Albano, consegui 
nell'11 ottobre del 137 dell'era volgare 11 suo onorevole congedo , 
come si deduce dai frammenti del seguente diploma: 

Jmp . CdESAR . DIVI . TBAIANI . PABTHICI . F . DIVI 
JVerVAE NEPOS TBAIANVS . HADBIANVS 
AUG . PONTIF . MAX . TRIB . POTEST . XI . C08 . III 
HU . OVt . MILITANT . IN . CLA8SE . PRAETORIA . RA 
m»IATE . QVAE . E8T . 8VB . NVMERIO . ALBANO 
Qui . 8ENA . ET . VICBNA . 8TIPENDIA . MERVE 
r«NT . QVOBVM NOMINA SVBSCRIPTA 
«UNT . IP8IS . LIBERIS . POSTEBISQVE . EORVM 
CIVITATEM . DEDIT . ET . CONNVBIVM . CVM . VXO 
RIBVS . QVA8 . TVNC . HABVISSENT . CVM . EST 
CIVITAS . BIS . DATA . AVT . Sl . QVI . CAELIBES 
MfENT . CVM . IIS . QVA8 . POSTEA . DVXISSENT 
DVMTAXAT . SlNGVLl . SINGVLAS 
A . D . V . ID . OCT 
VLIO IVNCO 

cos (d) 

SEVERO 



L 


VIBI 


0 


LOLLI 


c 


CAESl 


M 


TBTTI 


TI 


CLAVDI 


t 


PVLL1'(«) 



. - . I . .' ~ 1 — 

A 

i • .-.!,.■ 

8EX . 1VLIO 

;■ ..' :•,)•!■ . •' i 

EX 

C . FVSIO . CVBA . . . (f) 

IV. Sotlo 1'istesso impero di Adriano un altro soldato sardo, per 
nome Decimo Nvmitorio Tarammonb, che aveva militato per ventisei 
anni sotlo gli ordini di Calpurnio Seneca nella flotta di Miseno 
(destinata da Augusto a tutelare Ie spiagge della Gallia , delle Spagne, 
della Mauritania, deIl'Africa, di Egitto, di Sardegna, e di Sicilia, 
come lo attesta Vegezio De re Militar., V, 1 ), ottenne nel 14 set- 
tembre del 134 (P. C. N. ) il suo congedo militare, comesi ricava 
dal seguente diploma illustrato dal Vernazza (g) : 



nel villaggio d'Ubono appartenente slla stessa provincia di Sardegna, 
in oui furono anteriormenle discoperti altri due diplomi somiglianti , 
cioi queUo di Tonila , di cui ho gia parlato , e l'altro di Tarammone , 
di oui parlero in apptesso. Le due mentovate lamine di bronzo esistono 
al presenle nel museo deUa R. Universita .degli studii di Cagliari. 

(d) La iscrizione fin qui riportata e queUa che leggesi nella parte 
esterna deUa prim.a lamusetta. • 

(e) I sopraddelti sei n»mi souo soritti sulla parte esterna deUa se- 
conda laminetta. Manca perb il nbme del settimo teste. 

(f) Sebbene non sia intiera la iscrizione conservataci neUa parte 
interna della suddetta lamina seoonda, tuttavia si scorge ebe vi erano 
prima scritti per intiero i aomi dei consoli che si trovavano in carica 
nell' i 1 ollobre dell' 880 dr Roma , e dopo il nome del soldato Caio 
Fusio (exgregale), quello del di lui padre, di cui si hanno le sole 
prime leltere (CURA), e la patria del congedato. 

(g) In una eradilissima Memoria da lui lelta il lSmarzo 1817 nella 
Reale Accademia deUe scienze di Torino, ed inserita negli Aui di detta 
Accademia (tqm. XXIII, claase di scienze moraii, stor. e filol. , pag. 
83 e seg. ). Nella medesima sono riportati dieci allri somiglianti diplomi 
imperiali, che prccedentemente erano stati messi in luce da varii dolti 
d' Europa; e la maleria dl qoesti. congedi militari vi e lungamente e 
valorosamente trattata. U nome di fifens, luogo nativo di Tarammohe, 
non si trova ne nella Geografia di Tolommeo, ne neU'/(tiKrario di 
Aolonino. II tempo perd del suo servizio e chiaramente fissato dal 
diploma in ventiqei *D»i , siccQWse 1' anno prepjso di quest' ultimo e 
suffieieatemente imlioato dall» deoimottava podesta tribuaizia di Adriano, 
cbe cadde appunto, pei i34 (.P. C. N. ), SospeUa il Verstaua cbe 
Dtoimo- tfumitorio T^amaoae, fosse fraleilo sainore di Qmnto Numitorio 
Ftlio* rioordato da una isoiiziofle ripottata dalla Schoea » isaei (Com- 
Mtnt. geograph. in, Romm. iter per Pannon:, rip. , pacte II , pag. 363 ). 
lo pero non so adattacmi a credarlp, essondo troppo debole la oonr 
ghietlura ,che pud trarsi daJla somigUans*. del, cogneme NutmtOrio 

a dai prenomi Quinfa e.Deqima, .tanto piu phe 1'issrizjone d«l> Quinto * 
Numitorio Fslice fu ritto.vata. in VV'eiUen , dirwBpsMo a Rnaa.. ■. 



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J 



70 



DISSEBTAZIONE 



deU'i«ola ('), la qttestura esercilatati soUo M. Aurelio e L. 



UIP . CAESAft . DIVI . TRAIANI . PARTHICI . F . DITI . NER 
VAE NEP08 TRAIANVS HADRIANVS AVO 

PONTIF . MAX . TRIB . POTEST . XVIK . C08 . UI . P . P 
118 . QVI . MILITAVERVNT . IN . CLA88B . PBAETOBIA 
MI8ENEN8I . QVAE . EST . 8VB . CALPVBNIO . SENECA 
8EX . ET . VIGINTI . STIPENDUS . EMEB1TI8 . DIMI88IS 
HONESTA MISSIONE . QVOBVM NOMINA 8VB 

8CBIPTA . 8VNT . IPSIS . LIBERIS . POSTEBISQVE . EO 
BVM . CIVITATEM . DEDIT . ET . CONNVBIVM . CVM 
VXORIBTS QVA8 TVNC HABVI88ENT CVM 

E8T . CIVITAS . EI8 . DATA . AVT . 81 . QVI . CAELIBE8 
ES8ENT . CVM . 118 . QVA8 . POSTEA . DVXIS8ENT 
DVMTAXAT . 81NGVLI . SINGVLAS 
A . D . XVIII . K . OCTOBB 
P . LICINIO . PANSA . L . ATTIO . MACBO . COS 
EXGREGALE 

D . NVMITOBIO . AGISINI . F . TABAMMONI . FIFENS . EX . 8AR 

ET . TARPAIARI . F . EIVS 
DESCRIPTVM . ET . RECOGNITVM . EX . TABVLA . AENEA 
QVAE . FIXA . EST . ROMAE . IN . MVRO . POST . TEMPLVM 

DIVI . AVG . AD . MINERVAM 

TIBERII . CI.AVD1I . MENANDRI 

PVBLII . ATTII . SEVERl 

LVCH . PVLLI . DAPHNI 

TITI FLAVII ROMVLI 

TIBERII . IVLII . FELICI8 

CAII IVLII . 6ILVANI 

CAIl . VBTTIENI . HERMETI8 (<z) 

V. E nello stesso correre di tempi mililarono nelle navi provi- 
dentia e tavbo, nella bireme fide, nella liburna fide, ed in altri 
legni delle ilotte romane i sardi Caio Tamddio Cassiano , Caio 
Valerio Gebmano , Locio Valerio Vittore , Louo Aorelio Forte, 
e Marco Epidio Qcadrato, dei quali ci fu conservata la memoria 
nelle seguenti iscrizioni : 

I. 

D . M 

G . TAMYDIVS . CA8SIANV8 
MIL i CLAB8 . PB . MI9EN 
MANIP . III . PROTIBKNTIA 
NATIONB . SARDVS . VIIIT 
ANNIS . XXVIII . MIL . ANN . VIII 
SEX . IVLIVS . QVIRINVS . MANIP 
III . FOBTVNA . IIERES 
B . M . F 

Muratori, bcccLn . 6. 

2. 

D . M 

C . VALERI . GEBMANI 
MIL . EX . CL . PR . MI8 
IU . TAVtO . 8TIP . XXV 

NAT . SABPVS , 
MESTRIA . F.VHODIA , 
H . B . M' . F 

Muratori, dccclxii . 3. 

3. ' '" • ' 

b : m '' ■ * 

L . VALBBIV8 . VICTOR 
EX . II . EISE JNATIOHS 
8ABDV8 ... VICTIHARI 
V8 PRINCIPALIS 
MILITAVIT . ANNIS 
XXIII . VlXl* . ANNT8 
XXXI AVRBXU 
6PBS . CONIYGI . B . M 
FECIT 

Muratoii, dccclxiv . 1. 

4. 

D . M 

L . AVRELIO . FORTI . FABRO . DV 
PLICAHIO . LIB FIDE . NATIONE 

8ARDO . VIXIT . ANNI8 . UI .. . M . CABl 

, SIVS . FBONTO . HERES . B . M . . FECIT 
CVRANTE ARRVNTIO . PETBONI 

ANO . AMICO . OPTIMO 

Muratori, occxcni . 5. 



(o) Caio Vezieno firwete e- gli aKri sei precedenli farono i sette 
testiaaoRti che soscrissero ed aatenticerono co' loro sigilli la eopia di 
qaesto diploma , ricavato dafl' originale scrilto solla tavola di bronzo 
quae fisa (eral) Jtomat iwmvro prnt temphtm divi Augasti ad Mintrvam. 
La suddetta copia era soritta 'sopra doe tavolette parimenli di bronzo, 
cbe furono trovate in Sardegna pressa a Tortoli sotto il regno di Carlo 
< Bmanuele III. La iscrizione 1 riportata di sopra e qttellw ebe leggecn 
nella faeciala etlerba dl dette tavotatte; ed bo creddto inntfle riporlare 
1'itorizione della faeciata interna, ch'e affatto somigHaote , estendori 
anzi dippin nella pagtna esleriore 1'aatenticazione e le firroe dei testi. 



Yero daH'ultimo dei mentovati imperatoriC), i ricordi nMF p c.»..6 7 . 



M . BPIDI 
T8 . QTA 
DBATVS 
MILE8 
BX . CLA8SE 
MISENBNSl 
C . M . VALERI 

PRISCI 
MILIT . AN . III 
VIXIT . AN . XXVII 
C . 8ITV8 . E8T (5) 

Cassiano, Gbbmano e Qoadbato servirono in qualita di semplici 
soldati nella flotta di Hiseno; ma Vittobe era vittimario principaie, 
e Forte fabbro duplicario, o nella slessa flotta, o nelt' altra di 
Itavenna, giacche nelle loro iscrizioni cio non vedesi indicato come 
nelle allre. Forse era sardo eziandio Tito Ursinio Castore, cbe 
militava nella trireme Victoria , secondo un' iscrizione pubblicata 
dal Maffei ( Mus. Veron. , CXXIV , 5 ) , perche la sua patria vi e 
indicata in questo modo: nat. sard. E sebbene il Morcelli creda 
( De stil., 93 , 94 ) che quel soldato fosse nativo di Sabdi in Lidia, 
perche H cognome Castore e greco, tutlavia non e fuori di pro- 
babilita che in un paese gia abitato da colonie greche, qual fo 
senza dubbio Ia Sardegna, si usassero ancora nei tempi romani 
nomi di greca composizione o derivazione. E basti il sinqui detto 
ad illustrazione dei pochi fatti occorsi nei primi due secoli dell'era 
volgare, poiche i medesimi appartengono bensi ad uomini ed a 
cose sarde, ma non costituiscono elementi abbastanza interessanti 
per la storia pubblica dell'isola. 

(1) Dessi furono i Ss. Crispolo e Gabino, cbe il Baronio confonde 
con S. Gavino (Martyr. Rom.-Martyr. Rinovien. et Richenovien. , 
apud Bolland. , tn Act. Ss. , tom. VII, jun. - Ferrar. , tn Catal. Ss. 
ital. - Henschen. , tn Act. Ss., tom. VII, maii, pag. 836.- Soller., in 
Animadvers. ad tnartyrol. Usuardi. - Tillemont, Metnoir. pour servir 
a VHistoir. eccMsiast. etc., tom II, pag. 930 e 587, e tom. V, pag. 
143, edit. venet. t732), Salostiano, Crescenziano ed Antioco 
(Martyrol. Rom., ad diem 8 jun. et 13 decemb. - Martyrol. Usuard. 
Adon. et Bed. - Biblioth. vet. PP., tom. XVI, pag. 854, edit. lugdun., 
1677. - Zacbar. , tn Biblioth. Pistorien. , pag. 113. Ferrar. op. cit. , 
- Tillemont. , op. cit. , tom. I, pag. 930), le sante vergini Giusta, 
Giosttna ed Enedina ( Ferrar. op. cit. ad diem 14 maii , pag. 979, 
edit. 1613. - Acla Ss.; apud Bolland. , tom. III, ad dict. diem, 
pag. 971. - Martyrol. Roman., ad diemjprid. id. maii),eS. Potito 
\Marlyrol Roman., idib. ian. -Baron. , Annal. , tom. II, pag. 130, 
ad an. 154.- BoIIand. Acta Ss., tom. II , jannuar. pag. 753). II Fara 
non assegna il tempo del martirio dei primi quattro, e, ad ecce- 
zione di Salcstiano , li dice martirizzati in Torres , secondo 
I' autorita di Usoardo ( Martyrol. ). Senza fissazione cosi pure di 
tempo parla del transito delle sante vergini Giosta, Giostina ed 
Enedina. Di S. Antioco scrive, che soffri per la fede nel 195 delFera 
volgare solto I' impero di Adriano (D« reb. sard., I, 140, 141); 
e di S. Potito che fu martirizzato nell'antica Nora ( ibid. pag. 149). 
Per questi e per gli altri seguaci della fede immolati in Sardegna 
vedi Tola , Dizion. Biogr. dei Sardi illustri , negli articoli relativi. 

(9) Spartian. tn tt'to Sever. - Posteriore alla questura di Severo 
fu il proconsolato di Lccio Bagonio in Sardegna. II medesimo 
cadde sotto 1'impero di Commodo, e probabilmente nel 184 dell'era 
volgare, allorche Cleandro, favorito di Cesare, vendeva e donava 
a capriccio le cariche dello Statp. Di queslo governante ignorato 
dagli antichi storici dell'iso!a, ci ba conservato la memoria la se- 
guente iscrizione pubblicata dal Grulero (Thesaur. inscript., XLV, 
n° 9 ). 

HERCVLI . C0N8ERVAT0RI 
PRO . SALVTE 
L . RAGONI . L . F . PAP . VRINATI 
LARTI QVINCTIANI . VIR . COS 
SODAL . HADRIANAL . LEG . LEG 
XIII . GEM . DONIS . MILIT . DONATI 

AB . 1MP . COMMODO . ANTONINO 
AVG . PRO . COS . PROV . SARDINIAR 
IVRIDIC . PER . APVLIAM . PRAEF 
I . D . PRAET . AED PL Q . PR . AFRICAB 
VI . VIR . AVG . EX., TESTAMENTO 
M . ANNIVS . ENTIVS . SERCIANVS ! 
AMICO . V . CVR ' 



(b) La iscrizione riportata sotto il suddcllo numero 5 fu dissolterrata 
in Cagliari nell' alrio della R. Cnivcrsila degli stodii , e pnbblicata 
dal Vernazza ( Memor. detta R. Aecademia delle scienze di Torino, lom. 
XXIII, pag. 937). " ' " ! ' 



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PRIMA. 



nuraenlali decrelati dal raunicipio di Solci e dalla colonia di 
Usellis a onore di L. Cornelio Marcello e di M. Aristio Al- 
P.C.N. isa. bino Atiniano (O, e le statue di L. Fulvio Plauziano prefetto 
del pretorio, ereltevi dagli adulatori della sua potenza, e 
poi atterrate dal preside Razio Costante (202 P. C. N.), 
quando la fortuna volto le spalle a quel truce favorito e 

(1) U monumento eretto dai Solcitani a L. Cobnklio Mabcbllo 
fa probabUmente nna statua, alla qoale serviva di base la seguente 
iscrizione : 

L . COBNELIO . QVIB . MABCBLLQ 
L . COBNBU . LAVBI . PATBI . IIU VIB . U . IVB 
DIC . FLAM . AVG . II . PONTIFICI . 8ACBOBVM 
PVBUCOB PAClKNDOIVM . PATBONO . MV 
NICIPl . D . D . COOPTATO . KT . ADLBCTO . II* 
QVINQVE . DBCVBIA8 . KT . INTBB . 8ACBB 
,i DOTALBS . PBOV . 8ABD . OB . MBBITA . BIV8 
| IN . .. BB . PVBUCA . 8VLCITAIU . KX . TSS 
TAMBNTO . IPSIVS 

Dat contesto della medesima, e da quanto ne disse il Baille 
(Iser. Soieit. Ulustr., Genova, 1830, in-4° ) e dopo iui il Gazzera 
( Memor. della R. Aecad. delle seienxe di Torino , tom. XXW , 
pag. 11 iino a pag. 80), si viene a conosoere che il suddetlo 
Mabcello era patrono di Solci , ed insignilo di molte magistralure 
e delle piu eminenti dtgnita sacerdotali. Erano questi i meriti suoi, 
e i titoli dell' onoranza che il municipio tributava alla di lui me- 
moria. Quali perd fossero i merili del Suo flglio L. Cobnblio Ladbo, 
patraao ancor esso del medesimo municipio, ne la iscrizione lo 
dice , ne credo possibile indovinarlo. In quanto poi si apparliene 
aU' eta delia lapida, si puo bensi affermare che fu posteriore a 
Caligola, il quale institui la quinta decuria dei gkidici, alla quale 
Marcello apparteneva, come si ha da Svetonio (ut levior labor 
iudieantibus foret, ad quatuor priores quintam deeuriam addidit; 
in Calig. , XVI) , ma nnn se ne puo con certezza fissare lapno 
determinato. Tnttavia porto opinione ehe non sia anteriore alla. 
prima raeta del secondo secolo cristiano, perche non puo ragione-i 
volmente crederai piu antka la floridezza di Solci, dopo la mutta 
impostagli da Cesare nel 706 di Roma ( ved. sopra pag. 69, ool. 1*). 
L' altro monumento per M. Abistio Albino Atiniano contiene il- 
ricordo dell'ospitalita da lui contratta colla eolonia Givlia Aosobta 
di Usbllis, e del patronato con cni egli ricambiava 1'accordatogU 
ospizio , ricevendo sotto la sua clientela gU Usellensi. E scritto su 
tavola di bronzo scoperta in Sardegna nel 1899, ed ora esistente 
nel R. Museo di Cagliari, e il Gazzera lo illustrd assai dottamente 
(Memor. della R. AceaS. delle scienxe di Torino, tom. XXXV , classe 
di scienze mor. stor. e filolog., pag. 35 e seg.). L'anno in cui questo 
decreto fu fatto e certamente it 91 1 di Roma (158 P. C. N.), perche 
vi e annotato il consolato di Sesto Sulpick) Tertullo , e di Quinto 
Teneio saeerdote , che cadde appunto nel detto anno , secondo i 
FasH idaxiani (Thesaur. antiq. rom., apud Graev., vol. XI, coi. 957). 
11 tenore del deoreto e il seguente: 

8BX . svlpicio . tbbtvllo 

Q . TENEIO . 8ACBBD0TE . COSS 
COLOIUA IVLIA . AV6V8TA . V8BLLIS . B08PITI 
VM . FBCIT . CVM . M . ABtSTlO . ALBINO . ATI 
NIANO . EVMQVE . CVM . LIBERIS . P08TEBISQ 
SVIS . PATBONVM . COOPTAVKBVNT 

M ABI8TIV8 ALBINV8 ATINIANVS HOS 

PITIVM . FBCIT . CVM . POPVLO . COLON . IVLIAE 
AVO V8BLL LIBEB08 POStEROSQVB BO 

BVM .1* . FIDEM ' CUENTELAMQVB 8VAM 
8V0BVMQVK '. BECBPIT 
ECeWvNT . LBflATl 
L . FABIVfl . .' . FAV8TV8 . II . VIB . QQ '. SBX . IVNlVS . CA88I 
ANVB . ' M' . ASPBIV8 V FBttX . C . ANTISTIVS . PBTV8 . 8CB1» 

' ' DaJta riportata iscrizfone si ricava che il contratto reciproeo di 
ospitalHa e di patronato fu cOncordato per mezzo di legati mandati 
a* Awnfto dalla colonia (egerunt legati)) t> questi legati furenD II 
duomviro L. Fabio Fausto e i decurioni Sesto Gicnyo CAOsiano 1 , 
Masco Abpsio Fblicb e CAio ATmsno Peto. E da cid si comprende 
quantofosse import&tite uria tal missione, e come gli fjsELEBM 
ambissero' di essere ricevnti sotto la protezione di Albino Antiniano, 
il quale' percl6 doveva essere i» quei tempi ntt personaggto molte 
disUnto ed infloente negll affari del governo'di Roma. II fitolo dt 
Gutlia Acgcsta', che assume Usbllib , dimostra chtararaente ohe 
U medesima fu orta cotonia militare dedotta in Sardegna ai tempt 
<ti Otfeviano August6, essendo ben nete, per 1'antorita di VeUeid 
Pvtarbolo, rihe mUitarium (eoloniarum) et causae et auotores et ipsarum 
pratfiHgenl nomina , ovvero tx ipsdrum praefulgent nomine , oome 
legge l'Hehwio' (Hittor. Rom. I, 14). Anzi ponendo mente a quei 
passo del monumento ancirano , in cui Augusto dice dr se mede- 



ministro di Cesare Ma nel secolo quindi trascorso fino 

all'eta di Costantino, vi si alternarono con piu frequeute 

vicenda i fatti civili e religiosi. Imperocche dall'un canto il 

papa S. Ponziano col sacerdote Ippolito vi furono confinati 

da Alessandro Severo, e poi fatti uccidere da Massimino ( 3 ), p.cn.>35-36. 

e vi sparsero il sangue sotto Diocleziano i generosi atleti 

della cristiana confessione Gavino, Proto e Gianuario ( 4 ) , 

Lussorio, Cisello e Camerino ( 5 ), Simplicio, Saturnino, Efisio 

simo : Siciliam et Sardiniam oeeupatas bello servili reciperavi ( Tab. II 

a dextr.) ed a)i'altro in cui leggesi Cokmias in Afriea, Sieilia 

nia, utraque Hitpania , in Gallia Comata, et Gallia Narbonensi, 
praeter praesidia militum, deduxi (ibid.), e nel quale probabilmente 

la semi-lacuna nia , deve essere riempiuta colla parola Sab- 

dinia; si pud quasi tenere per certo ohe Usellis fosse una delle 
varie colonie miUtari , dedotte in diverse parti d' ItaUa nel tempo 
m cui Ottaviano, conchiusa felicemente la guerra servile, distribni 
le terre alle sue legioni , per gratificarle del loro servizio e della 
loro fedelta. II geografo Tolommeo ne fa espressa menzione, collc- 
candola nel lato occidentale della Sardegna : UseUis eivitas eolonia 
(Geograph., III, 3, tab. 7, Europ.); ma erra, numerandola fra le 
citla litorane , e per Popposto non fa veron rkordo della colonia 
di Torres che era certamente citta marittima. Plinio invece, che 
fiori poco prima di Tolommeo , nomino la colonia di Tobbbs (Co- 
lonia autem una, quae vocatur Ad Tubrim Libvsonis, Histor. na- 
tur. III, 13), e tacque di Usellis; dal che si deduce che a ciasche- 
dano dei menlovati scrittori era nota nna sola delle sopraddette 
colonie. Usbllis era citta mediterranea, e se ne vedono ancor oggi 
gli avanzi nel luogo denominato Roinas , non molto lungi di Albs , 
alla distanza di venticinqne o trenta migUa dal mare. Il Cluverio 
(Sard. antiq , cap. VII, pag. 17, edit. taurin., 1785) la colloco ma- 
lamente in Orislano: ipsa vero vrbs swe colania Usellis erit ea, quae 
seeunda a capite (Haermeo) vulgo nunc dicitur Obistagni , intus 
paullum recedens; e fondd la sua opinione sulla descrizione fattane 
dal suddetto Tolommeo, il quale scrisse Hermaeum promontorium, 
Termi fluvii ostia , Coracodet portus , Tarrae eivitas , Thyrsi fhtvii 
ostia, Usellis civUas colonia (loc. cit). Ma non avverti che. Ia posi- 
zione era errata , assegnandosi a Usellis un sito litorano che mai 
non ebbe; 9 scordossi di certo che il geografo alessandrino fu mirus 
turbator . . . opidorum, come egli stesso lo appelld nella sua Sar- 
dinia dnlxqua, cap. VII, pag. 15. 

(9) Cum fama esset Plautianum dignitate exutum , ei quasi e medio 
sublatum , multi eius statuas deiecerunt. .... *uit in eorum nu- 
mero Raetus Constans, etr clarissimus, qui Sardiniae praoerat. (Xi- 
phfffn., EpUom. JHon., lib. LXXV, 16). 

(3) Furono relegati in Buceinam insulam (odierna Tavolara) , se- 
condo 1'autorita del Libro pontificale attribuko a Damaso. Cid ac- 
cadde nel 935 (P. C. N.), e nelPanna seguenie furano entrambi 
martirizzati (Anast. , Bibl. vU. Pont., tom. II, pag. 181 , edit. Blanch. 
— Ensebs Hist. eceL, VI, 98. — Sever. Hist. sae. II, 39. — Rufin. , 
Hitt. , VI , 19. — Baron., Annal. Eecl. , ad ann. 935 , $ 4 , et ann. 937, 
§S 1 e 10). Della persecuzione di Massimino, sotto la quale caddero 
qeeste vitlime illustri del cristianesimo , dice il citato Eusebio : Maxi- 
minus . ... gravi odio sueoensus adversus famUiam Alexandri, in 
qua pterique erant ehristiani, perteeutione exeitata , solos Ecclesiarum 
antistites , utpote evangelicae praedieationis auetares , initrfici jussit 
(loc. cit.). II corpo di S. Ponziano fu trasportato da Sardegna a Roma 
Sotto H ponttflcato di 6. Febiano, e tnnraktto nel cimitero di papa 
Callisto (BOtfa , Rer. liturg., II, S, $ 5). Il Fara acrive che S. Antero , 
sBecessore di S. Fabiano nella cattedra.di S. Pietro, menava in 
Sflrdegna vita eremitica, allorche fu assanto alla suprema dignita: 
Sanetus Antherus, qui «0 tempore , ut inquit Petrus Recordati, vitam 
monasHcam in SartHnia ducebat , romanus pontifex fuit saeratus , 
eodem Onuphrio (Panvinio) referente (De reb. sard., I, 149). 

(4) II martirto di S. Gavino accadde neU'antica citta di Torrea 
nel 95 ottobre deU-anno 300 delfera volgare, e poco appresso l'altro 
de'shoi compagni Pboto e Gunoabio (Martyrol. rom. , ad diem 
95 ootobr. — TiHemont , Memoir. pour servir a VhisL ecclis. des 
prvmiert siiclet, *om. V, art. LVI, pag. 153. — Fara, De reb. tard.,i, 
149: Pinto, De Christ. ctucif., tom.T, piag. 439-40. — Arca, De. 
saitet. Sard., lib. II ; pag. 1 e seg.). Sono essv venerati qaali pretet- 
tori della provinoia tnrritana e del capo settentrionale della Sais 
degna. Per quanto si appartiene agU atti del lorasnartirio, regtstraU 
netrontioo Codiee turritano, ved. Tola, Dizion. bwgraf. degli uomini 
iUuttri di Sardegna, voL II, pag. 131 e seg. : 1 

(5) S. Lussonio fa martirizzato nel 91 agoste del 904 , e poco depo 
nello stesso anuo i Ss. Gisbllo e Cambbino. Nel tempto eretto al 
primo dei detti roartiri in Fobdongi anos (antico Fobum Tbaiani) , 
dove si crede che egli sia slato decollato, leggcvasi la seguente 
iscrizione : 



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72 



DISSERT AZION E 



o Restilula, madre del grande Eusebio 0); e dairaltro canto 
M. Ulpio Vittore fece ristaurare 1'antico tempio della Fortuoa 
colla basilica di Torres, e le due vie provinciali da Nora a 
p.cn.hs-m. Bisia, e da Cagliari a Olbia ( 2 ); Gianuario, procuratore au- 

HIC . EFFV8V9 . E8T . 8ANGVI8 
B MARTYRIS LVXORII p 

CELBBRATVR NATALE EIVS 

XII . KS . 8EPTEMBBI8 

Ed ai tempi di S. Gregorio Magno esisteva in Cagliari un monastero 
denominato di S. Lussorio (Martyrol. Rom. et al. , Martyrol. ad 
diem 91 aug. — Aeta St., tom. IV. — AogusL , pag. 416. — S. Gre- 
gor. M. , Regett., lib. VII. — Fara, Corograph. Sard., 11,74, e Dt 
rtb. tard., 1, 144 ; e gli altri citati dal Tola, Dizionar. Biogr. sudd., 
vol. II , pag. 196). 

(I) U marthio di S. Simplicio, che taloni dkono essere stato sem- 
plice sacerdote, ed aHri vescovo di Facsania (antica Olbia), cadde 
nel 15 maggio del suddetto anno 304 ; e quello di S. Efisio, patrono 
delb citta di CagHari e del capo meridionale della Sardegna, nel 
14 gennaio del 386, secondo akuni, e del 303, secondo il Fara; su 
di cbe possono essere consultati gli aulori e monumenti citati dal 
Tola, Dizionar. Biogr. sudd., vol. II, pag. 50 e seg., e pag. 70, e 
vol. III, pag. 903). Di santa Restituta poi, che il Fara predica in- 
tigne per eattita ( De reb. tard. , 1 , 144 ) , parlano i Bollandisti , e 
1'appellano vedova e martire (Acta St., tom. I aug., pag. 5, e tom. II 
jun., pag. 1011). 

' (9) La ristaurazione del tempio della Fortuna e comprovata dal- 
1'iscrizione che fu dissolterrata fra le ruine di Torres neU'aprile 
del 1819, e che al presente si conserva nel museo deila R. Uni- 
versila degli studi di Sassari. E scolpita su pietra marmorea , e 
conliene intatla in ogni sua parte la seguente lezione : 

TEMPLVM FOBTVNAB 
ET ' BA8ILICAM ' CVM 
TRIBCNALI ' BT ' COLVM 
NI8 ' 8EX ' YETV8TATE 
COLLAPSA ' RKSTITVIT 
M ' VLPIVB - VICTOR 
• V ' E ' PBOC ' AVO * N 

PRAEF • PBOV • 8ARD 
CVBANTB ' L ' MAGNIO 
FVLV1AN0 ' TRIB ' MIL ( 
CVRATORB * BEIPVBL ' PP 

Importantissimo e un tal monumento, non solamente percbe 
dimostra di aver esistito nelFantichissima citta di Torres un tempio 
dedicato alla suddetta divinita pagana , ed una basilica col tribu- 
nale per la trattazione dei negozi fra i privati e per l amministra- 
zione della giustizia, ma eziandio per essersi ritrovato sul luogo 
medesimo in cui sorgevano ai tempi romani ii due mentovati edifizi , 
dei quali ancor oggi si vedono gli avanzi. La tradizione popolare 
impose a siffatti ruderi il nome di Palazso del rc Barbaro , con- 
fondendo forse colle nozioni generali dei pretori, presidi o prefetti 
che sedevano nei tribunali delle basiliche , la nozione speciale del 
preside Babbabo, che governd veramentela Sardegna negli ultimi 
anni del terzo secolo cristiano. La pianta topografica di detto tempio 
e basilica turritana fu levata nel 1890, e falta di pobblica ragione 
colle slampe dal conte Lunelli di Cortemiglia (Torino, stamp. Fon- 
tana, in 4°). In tale occasione furono scoperte eziandio moltealtre 
iscrizioni , sarcofagi e mosaici che il tempo e la mano degU uomini 
non avevano ancora distrutto. Le iscrizioni con un sarcofago esistono 
nel suddetto museo di Sassari, e saranno riportate a suo luogo; 
un altro bellissimo sarcofago rimase negletlo, e trovasi presepte- 
mente nella basilica di S. Gavino di Torres;ma i mosaici, e quan- 
1'altro vi si scorgeva di monumenti rari e pregevoli fu poco per 
volta consunto e sperperato. L'ignoranza incolpevole dei bifolcbi, 
e rincuranza superba dei semi-dotU subentrarono sgraziatamento 
a rovinare quel poco che tottavia rimaneva delle antichita sardo- 
romane ; e solamente si pud ricordare con riconoscenza, che i pochi 
monumenti salvaU dalla dislruzione son dovoti alla generosita so- 
vrana di Maria Teresa d'Auslria, regina di Sardegna, la quale or- 
dinava 1'escavazione delfarea di detto edifizio e dei luoghi circo- 
stantt. E, benche 1'incarico di tali scavi fosse dato in quel tempo 
a cbi tutfaltro sapeva che ricercare con previdenle consigUo e coq 
erudita esperienza le venerevoli reUquie deUa grandezza romana, 
devesi tuttavia ringraziare la fortuna che. Imerd gli avanzi leste 
accennatt daUe maazato, a caso, di quel salaciato lapieida. A questa 
fortooa preservatrice era dedicato probabUmente il tempiodi Torres, 
che dovea essere molto antico, poiche Marco Vlpio Vittore, procu- 
ratore di Cesare, e prefetto di Sardegna, lo ristauro assieme alla 
basiUca, al tribunale ed aUe colonne , opere gia rovinale per vec- 
cbiezza (vetuttate oollapta). La ristaurazione fu falta sotto la cura 
di Lucio Magnio Fulviano, tribuno militare, e curatore deUa re- 
publica; ne so decidere se le ultime sigle PP delia iscrizione vo- 



gustale, (diverso da Settimio Giaauario, cbe, imperando 

gUano significare che 1'opera fu eseguita a spese pubbUche (Pecmia 
Pubblica), ovvero da Fulviano incaricato (Pro-Pretore) di mettere 
ad effetto i comandamenti del principe e del suo proouratore. 
Sull'et& deUa lapide ragiono diffusamente il BaiUe, aUorche presa 
ad illustrarla (Itcriz. Rotnan. illuttr. Torino, Tip. Chirio e Mina, 
1890, in-4*). Ma non avendo egli altri monumenti certi che lo chia- 
rissero del tompo in cui Ulpio Vitlore governd la Sardegna , andd 
eon erudite indagini argomentando che fosse ristesso Ulpio ricor- 
dato da un'iscrizione Gruteriana (a), e probabilmente quel deem 
cui e indirizzata la legge terza (lib. XII, til. XXXVIII) del codio* 
Giustinianeo, e la legge duodecima (Kb, VII, ttt IV) del codice 
Teodosiano (6). Ritenendo poi come fondamento della sua argo- 
mentazione, ehe laSardegna non abbia avuto Pbesidi e Pbefetti 
prima del 315 delfera volgare.e che l'uffizio di Razionale trium 
provinciarum (cioe deUa Sardegna, deUa SicUia e della Corsica) , 
ossia di Procuratore di Cetare, sia stato separato daU'altro ufilzio 
deUa presidenza deUisola fino al 340 (P. C. N.) , venne a conchiu- 
dere, che 1'inscrizione fosse posteriore al dettoanno, poiche Marco 
Ulpio Vittore vi appare rivestito delle due qualita di Pbbfetto deUa 
Sardegna, e di Pbocoratorb di Augusto (Procurator Auguttx Nottri 
Praefeetut Provinciae Sardiniae. Inscr. sudd.). Cio supposto come 
vero, avanzossi a precisare Yepoca (com'egtt disse) deUa stessa iseii- 
zione, e credette che potesse fissarsi in uno dei trc anni deU'era 
volgare 350 , 351 e 355, sotto 1'impero di Costanzo; in gmisa cbe 
non solo accettd come certa la identita di persona tra 1'Ulpio Vit- 
tore del monumento Turritano, e il Vittore deUe due leggi di Giu- 
stiniano e di Teodosio, ma inoltre abbasso di un secolo intiero U 
vera eta del monumento medesimo. Io non niegherd ia lodp dewota 
a questo insigne archeologo sardo per 1'erudita fatka con cuiade- 
perossi a determinare 1'anno deUa ristaorazione del tompio della 
Fortuna in Torres; ma non posso dispensarmi daU'osservare che 
Targomento ricavato dal titolo di Prefetto usato da Vittore non era 
abbastanza solido per poterne quindi trarre conseguenze cosi ge- 
nerali e risolute. Imperocche sappiamo da Strabone (Geogr. Ub. XVII, 
95) che si chiamavano promiscuamente Pretori, Pretidi o PrtfttH 
i governanti che il senato inviava alle provincie toccategli in sorte. 
nella divisione fattane con Augusto nel 795 di Roma(A. C. N. 97); 
e Dione Cassio dice chiaramente che ciascuna deUe suddette pro- 
vmcie avea tuum peculiartm praefeetum , mentre per lo innanzi un 
sol prefetto ne governava due o tre insieme: eum antiquitut bwit 
vel temit tinguli pratfuerint (Hitt. Rom. LIII, pag. 660). E sebbena 



(o) Esiste nel Tttoro delit itcriuom (DLXIX , n° 11), ed e la geguente .- 

D . . . . 
M . VLP . VIC . . . 
SIGNIF . EQ . Sl . . . 
. Sebbene la leggenda sia corrosa, e pero certo che *i riferiva ad ua 
Ulpio Vittore, il quale era tignifer equitum lingularium Auguiti, • 
quindi passo a capo di turma nella stessa milizia, come si ricava dn 
un'altra isqriiione pubblicata dallo Spon (Miicell., pag. 957). 

T . AVR . FELICI 
EQ . SINO . AVG . TVB 
VXPI . VICTORIS 
RAT . GANONEFAS 
V . A . XXVUI . M . II . D . X 
T . AVR . VERAX . VIX 
H . AMICO . OPTIMO 

Questa seconda fu riprodotta dal Gazzera (Mtmor. della R. Accad. 
dellt tdenze di Tortno classe sudd. , tom. XXXV , pag. 94 ) , il qnate 
conghiettura molto ragionevolmente , che Clpio Vittore sia stato qaindi 
mandato in Sardegna nella qualita di prefetto , e iosieme di procuratore 
di Cesare, oome Subrio Destro, tribano militare sotto Galba, fu innal» 
sato sotto Vespasiano «Uo stesso grado di prefetto deU'isola. Tultavia 
gli accennati monumenli , se servivano a darci maggiori notizie aqUa 
persooa di Ulpio, non davano veruna indicazione del Umpo in cui egli 
avea vissuto. Siffatta scoperU e dovuU a due lapidi sarde poaUxioit- 
mente rinvenuU , delle quali parlero fra poco. 

(4) Ho emendato nel sopraddetto modo 1'erronea cilazione faUaoe dal 
Baille , il quale notb la legge undecima a vece della duodecima dell 
Codice Teodoiiano (lib. e tit. sudd.) , ohe veramenU Uggesi.direUa a 
Vittore nel 364 dell'era volgare. Di questo VUtore, phe fio^i sotlp l'inxi 
pero di ValenU, parlo Ammiano MarceUino in piu.laegbi de'*uoi libji 
storioi, dai qOali si rileva ch' era ancora in, ; vito nel 377 ( ved. 
Ammian. MarcelL, Rer. qtilar., lib. XXVI, «u XXVH, 6; XXX, 9} 
XXXI, 7). E ne parlo etiandio- Zosimo (Hiit. , IV , 9). Ma U yitton» 
dei Umpi di Valente e affatto diverso dal Vittore prefetto di Saidegna , 
il qoale visse un secolo prima di lui ; • quindi fo iautiU la fatiea. di 
rieercare il ristoratore del Umpio della Fortona ntl personaggio tndir 
calooi dalle ciUU leggi. - • 1 < 



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phima. 73 
l^eiuio, ebbe.nei priiui anui stkijS^olo segoeiile la pre6i r deoza UelTisola) tece riparare popo lep^pp approsso sotlo p.cn.*;^ 



il toeotovatt» istorico aceada, poi a narrare, $bp Cesaie «biamd Pro^ 
Pwtom i governanti di sua scelta, e PooCoksoli -gli alU-i eletti 
daj «euato (ibid., pag. 661) 3 nej <cbo sj -ac©ar4» con,S»etonio (Octav, 
JtLVII); tuttavia *oggiooge ; ehe riserv^ talj uoipi per coloro che 
gQvernaasero iu Itaha (ao«c npmina ,vn /tylta Ga«*ar r^wpcavit) , • 
che gli altri tq|ti, i^Q^ic^midere^befoueUealtrepp^Tiiica, vo|Ui 

che ai chiamassere Prefettj (qui epfra ItaUq, m impcrarent 

praefectot appellavit. Loc, qit.). Ora e ben ooto , cho la Sardegoa 
»oa fu aanovexata fra le proviocei^aoe unaalTeLa ,dj QostawUna, 
il qoale nella nuova divisiene 4*1 mopdp romapo la «ottupose aj 
preietto pretorio d'Itatia (*J. Dunque nei tempi anterieri, essendo 
1'isola. indipendente (lallaHiawnistraaione italica, e quindi «oasidei- 
rata, pel governe, cprae provincj*, #<tfra Jtaiiam, i sopi eovernatori 
doveapo osarP, per |a suddett? volont» ,<li 4ugu#to, ji tjtole Qj 
Prkfetti. Qpestp titolp pertaoto, «ejhbeoo mdicasee geoeralmeoto 
l'autorita dei «uoremi wagiateati ehe ; «'«viavaoo alle provi»fiie. 
fosaero essi peetorj o pracon&oli,,, pogsjdi eoeftfettori, caaje.die* il 
Sigeaio (fle antiq, jur. Itak 1., 9») f f> ,piu apectaioonte Cieerpoe , 
ehe aeri»rendo. ad AMiep po) U0» : («. €•) «hjamo prefeiti i pwquo 
go*eroatori prowocjali djpepdepAi^ d* Pompeo (de quxnque prae- 
fccti*, fw4 Pomffm f4cpmm-.*M i <m\ «s ipto eognovero., faciam 
ut tcUu. 44 4Uk. Y, *), «eow«*ava di.diritto ai goyerneirti deUa 
Sardegp» np 4a«;tewi4».oM«^» JWn,»rto P*r la goooraUta doJUa 
so» «ifoiueazione , o» effiaodfe per ia sp eeiaUta di offiae, che 
piacque a4 OUaviane di attribuirglj. Vedj#flao irdatti , obe tutti i 
wagiatra^i fioora conescieti , ai quali da t«l teneo fino a Costaotine 
fa affidato.il. goverjoo Oell isala, quantnnque sjangi appeliatita|voita 
pruidi e procenroi» , usarono pew fja freqnenteaaente il litolo di 
pnfetti, Cosi fece Suwuw IHkstbo , neJ 74 deJCera vojgare (iaeria. 
«t Macom., sop»pag.6T,«oJ. 1*, ia oot.), «osi C^xcuuyp Ckmajio 
oel 353, deU'e«a medeaima (/*crt*, di, fyrdong., sopra pag. 67, 
(ool. i', in not), e cosi pnro in,«nno jneoritoXccio Balbio e Qbihjo 
Coscowo, come si ricava cialle seg^eoti iscri^ionj: 

l.. . 

L ' OALBIO ! L ' I ' CAL ' A*OKUO 
IVNClflO ' OROC ' BBBOOtT 
PBOC • *V« • POABK • PROV ' 84BD 
1>BABB ' VBBJCVL • AD .^8 ^CC 

PBABF ' VEBJKVL ' *P ' H8 ' C 
K»OC_- *»_ ' AMIONAM - 08TW 
^p. ■ «g • H ' HQC • B|BLOf0BC 
IOt • 118 ' JK * LAtVBflNTI ' U 
UVIMATIVM 

q ; momakt* ' roui 

MCI - « ' BtBATOB ' BIV6 
V» ' PB*B«BI «A«I«eiMO 

Aforotor, pr.LXKUi, 4. 

8. 

« • cpacoNio • m • » • poll • raoNTONi 

PBABr ' PABK ' A ' C08 ' ADLBCTO ' PBABF ' C0H ' 1 

w • «wo • »ii • les • t ■ ital • proc • Aveverea 

AD * VKCTIQ V XI ' BJUV'. PEB ' PQHTVM ' BT ' BITHV 
NUM ' ET ' PONTVH ' MEPITEBEANEVM ' ET 
jr-APHLACOHIAM ' PKOG ' IIEM ' A» 
THTM ' IX • UBR ' PEB ' PAMHIUAM ' BT ' LTCIAM 
PHRTOIAM ' GALATIAM * ET ' TNSVLAS ' CV 
CLAOE8 ' SUB ' PRABF * ANNONAE ' OBBIS 
PBOC ' AVG ' AD ' VECTIG ' PB * GALLIC 

PBOC ' AVG ' ET ' PRAEF * PRO ' 8ARD 
OPTIMO ' ET ' 8ANCTI88IMO ' PRAEPOSITO 
LVCRBTIT8 ' VCC 
TABVL ' PROV '. 8ARD 

Murator, Cl. x. p. dcxcv. i. 
Non era perd qoest uso cosi indeclinabile , che talvolta non vo- 
lessero o non potessero assmnere altri titoli, sia generali cbe spe- 
ciali. Imperocche Lcao Raqonio , che governava la Sardegna sotto 
rimpero di Commodo , come si e veduto piu sopra (pag. 70 , col. 9* , 



(a) Sebbene sia questa 1'opinione piu comunemente abbracciala, ed 
io la segua in questo Iuogo , perche il Ballle la mette a base del «uo 
mgionameato , tuttavia non mancano monumenti e scrittori che fac- 
ciano risaUreeino aU'impero di Adriane J'aonoveramento deJJa Sardegaa 
fra )e proyineie italiane (ved. infra peg. *76, col. 8», not 6"). E lad- 
dove quesla secondV opinione fosse vera , come pare assai probabile , 
pe conseguirebbe da un cante che l isola sia stala provincia presi- 
diale fin uaiia prima meta del seoendo secelo orisltano, e dalfallro 
caoto cadrebbero a terra tutte le ragioai BaiHiane , foodate nella sup- 
posiiiouc , che i presidi sardi ' abbiano avuto iocominciamenlo dalla 
sola eta di Costantino. 



not. 9) chiamavasi proconeolo ; lo atesso titolp usava Caio Aanrfp 
Juccruno (i), di cui non hanno fatto menzieoe \ sardi serittori; 
ed Elio Vuale »el 383 delfera cristjaoa (Ucrj*. diFordong. , sopra 
pag. 68, col. l», in not.), Settimio Gianuabio tira il 308 e 3|1 
(f. ,C. N.) (c), e Pdblio Vibio in aimo incerto. (4) fiirono ver»- 
menie , e si appeJlaxono presidi deiriaola. Da| che si viene a ce- 
noscere con irrefragabili prove di fatto, che, dopo la mentovata 
divisione di proviocio tra il senato ed Augjosto, gli uomini conso- 
Uri preposli al reggimento delle «ose aarde , usarono allernajtira- 
«ente i Utoli dj presiie , di prefetto e di procontole , e talvojta ne 
presero due insieme, come fecero Subrio Destro e Pvblio Vibio 
(ved. sop.). Ed 6 per oonsegnenza assai m^nifesto, che jl titolo dj 
preside fu bensi d>to <Ja Costantino ai gpvernant! delja Sardegna, 
allorche la dichiard provincia presidiale d'ltaUa, e che d'allora in 
poi essi furorio cosi oppellati fino ai tempi degl'imperatori grepijma 
e pur vero, che roolto prima dj Cpstaotuio i medesimi goverpanti 
forono appellali prefetti e pmcpnsoli, e «pp piu Jargo e genprajp 
yocabolo presidi dell isola- A cqnfermaaione dej fatti.fin qui alto- 
gati eitero Je autorita 4i due rispettabilj -scriUori. L'uno o il giu- 
reconsulto Macro, il quale Jascio scritto: Praesidis nomen generaie 
est, eoque et proeonsttles , et legati Caetaris , et omnes provincia* 
regentes, licet senatores «M, praeridet appeUantur (Leg. I, DigesU 
De ofHe. praesid.). E 1'aKro e il gra citato Dione, il quaie, dopo 
aver noverate le provincie spottato in sorto. a Ottaviano ed al se- 
nato nelTaccennala divisieeo, e doso avere. riferito le specialita dei 
titoli di cni volle Angocto che feemro «Yegiati i rettori delle me- 
desime, vale a dire di propretori o proconsoli se in Italia, e di 
prefetti se fuori d'Italia, conchiode Ia sua oarrazione con queste 
parole: ad hune itaque noehm ieevttum **t, ut cum in Caesaris, 
tum in reliquas provineias praetorii ac eonsulares praesides mitte- 
rentur (Hist. Rom. , lib. LIII , pag. 661). Come dunque poteva il 
Baille stabilire per certo, cbe prima del 31$ delfera volgare , o poco 
inoanzi noa avesae la Sardegna avuto prmdi per gevornarla? E 
supposto eziaodip, che noe ne avesae avuto,-come poteva affecmawi, 
cbe prima di tal tempo noa fosse atata governata da prefetli? Eda 
cid appunto che Ulpio Vittore BppeUavasi prefetto- dednrne risolu- 
tamente che il marmo TurrUano era postoriore alfeta di Costan- 
tino? Le autorita degli scrittori «uromentovati resistevano certamente 
alla di Ini opinione , e quando anche quealf si fossero potato vol- 
gere al seoso che con njolta erudita industrja egli si sforzd di darie, 
vi resistevano, senza dar luego a reoiica, i monunfenti piu sopra 
riportati, di alcuni dei quaji, se non di tntti, pare ch'egli avesse 
notizia. Ne poteva giovore al epo assunto la rispettabile narrazione 
del primario istorico di Sardegua,, peiche il Fara non escluse ne 
presidi ne prefetti dalle eta chp precodettero quella di Costantino, 
ma dice precisamente ehe -sotto questo imoeratore 1'isola fu dichia- 
rata provincia presidiale d'ltalia: Zosimus. . et Onuphrius tradunt, 

hoc tenpore (auo. 316. P. C, K.)„ Comstantinum Sakdbxum 

provincxam praesidialem Italiae fecitse, quae a prvprio praesidp., 
quotannis creato, regeretur, eui praeeeeet vicarius urbis , et vicmrpo 
praeftetiu praetorio Italiae {De reb. tard, , /, J37). i-a aeconda 
parte poi deU'argomootaztooe BaKII»na, toodata neUa supposjzjan» 
phe l'uffizio di procuratore di Cesare, o di ratiomofe detle trfi pro- 
vmcie, fosse separato dalla prosidenea deU'isola-fiao al 340 dell er» 
volgare, era assai piu dshoJe deUa proeedonte per fiasare J'ej^ 
della lapide turritana. Perche in primo luego coUa acorta del co- 
dice teodosiano si poteva bensl aflermare, che dal 316 fino al 340, 
il suddetto ufikio del r a ti o nale fu dia tioto dall'altro 4i preside della 
Sardegna, ma non si dovea percio conchiudere, senz'altro esame, 
che 1'uLone dei due uffizi rb posteriore ai 340. Ed ia «econdo 
lupgo, prandendo a scorta lo steseo cpdice di Teodosio, noa^vj 
era tagioae vemna, per «ai aaa si potosse dire ia contrario, : cfce 

(6) Ved. infra pag. 75, cul. 3 a , npt. l a 1'iscrixione xelativa a C. Asinio. 
(c) Ved. infra pag, 76, col. 1*, net. 3 a riscrjzioae relativa » Setti- 
mio Giauuario. 

(rf) Se n» ha una prova ,in una iacrizjoue puhblicata da) Grutero , 
la quaje e del tenore «egueuto : 

d . m . i 

P . VIBt . P . F . MABIAHI . R . M , V . PROC 
ET . FRAE8IDI . FROV . SABD . tf . BIS 
TRU . COH . X~ . PR . XI_VBB . IIU . PRAEV 
Tl . ITAL . PP . LEG . IU . 7 . PRVMEHT 
ORJVHDO . E* . ITAL . JVL , DRBTOMA 
PATRl . DVLCISS8U0 
r.T . REGIRAE- MAXIMAE . MATRI 
RARISSUWAX 
■VlBl . MARIA . MAXIMA . C . F ..ljJL . ET 

(7-A«ai<r. inscrip. , CCCCLX.XXVII , n. 6). 

19 



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74 



DISSKKTAZIONE 



gfimperatori Valeriano e GaHieao la predetta slrada pro- 

quei due ufflzi fossero stati riuniti nel principio in una sola persona, 
e cho dal 310 in poi, o poco innanzi, fossero stati separati. Ma il 
Baille, che avea gia supposto l'eta di Vittore posteriore al 3(5, 
solo perche intitolossi prefetto di Sardegna, trovd piu conducente 
_al suo assunto la prima illazione, e quindi non esit6 ad abbrac- 
ciarla, asseverando Che lo stesso Vittore era posteriore eziandio al 
340, perche appariva rivestito insieiue della qualita di procuratore 
di Augusto. La scoperta perd qnindi fattasi di altre due iscrizioni 
appartenenti allo stesso Ulpio Vittore, e che sono incontrastabil- 
mente riferibili ai 246 o 247 dell'era volgare, comesi vedra in ap- 
presso , non solameote tolse ogni dubbiezza riguardo alPanno della 
ristauraziOne del tempio delta Fortuna e della Basilica di Torres , 
che certamente e nrio dei due sovraccennati , ma dimostro eziandio 
che non consentiva ne alla verita , ne al fatto cid che il BaTile avea 
aflermato, sia sul tempo in cui 1 governanti delfisola cominciarono 
a intitolarsi Presidi, cne sul tempo in cui questi presidi principia- 
rono ad essere insieme Procwatori di Cesare. In una di esse infatti, 
che contiene il ricordo del risarcimento della strada provinciale da 
Nora' 'a Bizia, M: TJlpio Vittore s'intitola Procuraiore suo, cioe di 
Augusto: 

. IMP CAE8AR 
1VL1V8 PHIH 

.... , PVS • BIVS • FBUX 

• , AVGV8TV8 • PONTI 

FEX • MAX1MYS • T 
BIBVNICIAE * POTB8 
TATI8 • PATER . PATRI 
AB ' PR0C0N8VL * VI 
AM ' QVAE " A • NORA 
DVCIT ' BITIAE ' VE 
TV8TATE ' CORRVPTAM 
BE8TITV1T CV 
RANTE • M - VLPIO 
VICTORE PROC 
SVO E V (O). 

E lo stesso tRolo assume neU'altra che consegnd alia memoria dei 
posteri la ristaurazione della strada da Cagliari a Olbia: 

m . p • cixi 

imp • caes 

AB * ITHYS 
PHILIPPVS 
FELIX .' AVO ' PONT 
MAX * TBIB POT 
# PP ' PBO ■ VIAM * QVAB 

DVCIT - A . KARALr 
OLVIAE * TETV8TATE 
CORRVPTAM * RBSTITVIT 
CVRANTB * M ' OtPIO 
V1CT0RE * PBOC ' 8VO 
B-T (b) 

Gli accennati monumenti forono certamente drixzati sotto Pimpere 
di Marco Giolio Filippo , come si raccoglie dalla semplice lettnra 
delle iscrizioni medesime. E siccome in entrambe e nominato nn 
solo Augusto , e questo e chiamato altresi proconsole ( il qual f itolo 
assnmevano gli imperatori allorche trovavansi fuori di Homa oc- 
cupati in spedizioni milltari ) , si deduce da cio che ii ricordo di 
tali riparazioni non puo essere posteriore al 247 (P. C. N.), poiche 
fn tal anno il flglio di Marco, che appellavasi ancor egli Giulio Fi- 
Hppo, fa proclamato Augusto ed associato neIl'irapero a college. del 



(a) Fu Uovata in Nuraeheddus presso a Pula, dove gia sorse Panlica 
Hora, o forse segnava il prino miglio di dislanza da qaesta ultima 
citla a Bizia (ved. Atti della R. Acoademia delle . scicnie di Torino, 
tom. XXXV , pag. 23 e seg.). 

(4) Fn scoperta nel 1838 , dal cav. Alberto La-Marmora nella slrada 
cbe conduce da Oschiri a Tsrrarova (antica Olbia), a dae miglia di 
dhtanza da quesfultima popolazione. II giornale di Cagliari fu il primo 
a pubblicarla ( fascic. di maggio 1838, pag. 30); e poi la riprodasse 
piu esattemente l'ab. Gazzera nelle Memorie della R. Accademia delle 
scienze di Torino (tom. XXXV , pag. 56 , classe di acienze mor. filo- 
aofic. e filol.). L'iUastre discopritoie stette in forse ad aSermare , che 
la seconda cifra dei passi sia un' I , owero un L ; e poiche nelle 
iscrizioni antiche non si vede mai segnato un IX avanti un X , in- 
clino a credere , che quella cifra sia piultosto un L. Della stessa opi- 
nione fn il Gazzera (loc. eit.) ; ed io non esito ad abbracciarla, perche, 
oltre di non potersi supporre 1'inositata maniera di segnare il 1XX 
(diciannove) romano, ed oltre di enere facilissimo, anzi naturale assai, 
che il tempo abbia corroso il piccolo pedale delPL-, che percib sia di- 
ventata un'I, leggendo i passi delViscrizione CLXX, ci avviciniamo piu 
al vero, trovandosi nello Itinerario di Antonino, che la distanza da Olbia 
a Cagliabi era pressq a poco 1'istessa, cioe di cento settantatre miglia 
romane : ab Ulbia Caralis M. P. CLXXIII. 



vinciale cbe da CagHari conduceva a OlbiaV); Gaio Astnio 

padre (o); ma, o dello stesso anrio 947; poco prima dell' anridetta 
proclamarione , o del 946 antecedente , nei qual tempo lappmte 
Filippo (il padre ) guerreggiava fuori di Roma (Gazaera, Atti Aetta 
R. Accad. delle tciente ; tom. XXXV > pag 91 e seg. ). Dunque It 
marmo turritano, in cui e nominato un solo Augusto, e M. Ulpitt 
Vittore s'intitola Procurator Augusti ■hottri, deve di necessila at-> 
tribuirsi ad uno dei suddetti due anni 346 e 247, prhna deU'«9sO- 
ciazione all'impero di Giulio Filippo ( il figlio ) , non potendosi in 
reran modo dabitare che il Vittore dell'iscrizione del tempio delUi 
Fortuna non sia lo stesso deHe ahre due iscrizioni delle strade da 
Ifora a Bixia e da Cagliari a Olbia. Dunque dal complesso delle 
tre mentovate iscrizioni, e delie tfltre precedeHti, «'rnferisoe per 
conclusione hnraediata ed inevWabile , che molte prima del 315 
' deH' era volgare , ossia delfeta di Cestantino , i govemariti della 
Sardegna s'intitolavano prefeUi e pretidi, e che prima di detto annov 
nonche del 340, esercilavan» insieme 1'offizio di ppocuratort «M 
Cetare. Se poi si volesse «pingere piu oltre la discussione, nori 
sarebbe difficile provare colla sola scorta dei monumenti nnera 
riferiti, e degli altri che sr rifertranno in appresso, che Fnniene 
deila presidenza o prefettura sarda e della proournzione cesarea 
non fu ferse anteriore ai pifmi anni del terzo secolo eriatiano, e 
ehe sul finire dello stesso secolo la prima era gia separata dalla 
seconda. Perche dall'un canto L. Ragonio nel 184 ( P. C. R. ) e 
chiamato semplicemenle procontolo CVedi sopra, pag. 70, ool. 
not. l a ); e daU'altro canto Elio Vitale nel 289 (vedi sopra, peg. 68v 
col. 1», innot., SbttimO Gianuabio nel 308, o 311 deU'era VolgaM 
(vedi mfra , pag. 76, col. 1*, ' not. 2"), s*intitelano solamente presidt 
di Sardegna. G siccome daiFaltro yerso il titolo di proconsole non 
si vede Usato -da veruno dei governanti dell*isola posteriori a Clpio 
Vittobe , bensl dagh" aKri che lo precedettero, come ScBRto Debtbo 
(vedi sopra pag. 67, col.- 1», in not.), e Locio RAOOirto; percid «i 
avrebbe un fondamenio probabile di arguire che coloro, i quali si 
attribuirono nei pubblici monnmenti la mentovata quahta procon- 
soiare, come fecero Publio Vibio (vedi sopra, pag. 73, col. 2", 
not. d) e Caio Asinio Tocoriano (vedi infra, pag. 75, col 9* 
not. 1 ) , benche non consti positivamenle della loro eta , furono 
anteriori al 946 (P. C. N.); e per coerenza di ragione si potrebbe 
anche inferire che Lccio Balbio e Qointo CoSConio (vedi sopra, 
pag. 73, col. 1*, in not.), ambi di eta incerta; appunto perche s'in- 
titolarono Procuratori di Augusto e Prefetli dt Sardegna, come fece 
il prenarrato Vittobb , si debbono credere piu antichi dei gia detli 
Elio Vitale e Settimio Gianoabio, ai quali fu attribuito il solo 
carattere della presidenza. Ma non voglio diffondermi davvantaggio 
in quistioni cotanto spinose ed intrieate , e mi basta di aver com- 
battuto con sufficiente chiarezza di prove un' opinione , la quale 
posticipava di un secolo il vero anno della ristaurazione del tempio 
della Fortuna in Torres , e fissava insieme ai prefetli di Sardegna 
sotto il dominio romano una data di origine esclusa positivamente 
dall'autorita degli scrittoH, e dai ricordi monumentali delle eta 
trascorse. 

(1 ) Cid e comprovato dalla pietra migliaria ebe fo scoperta nel 1837 



(a) Per la stessa ragione deve credersi posteriore al 247 dell' era 
volgare I'altra iscrizione trovata nel gia citato luogo di Nuracheddus, 
e pubblioata dal Gazzera (oper. sodd. pag. 25),-perehe vi e roeozionalo 
il figlio dellMmperalore M. Giulio Filippo col litolo di Cesare. Contiene 
dctta iscrizione la memoria del risarcimenlo della roedesima strada 
da Nora a Bizia, e la riproduco cosi mutilala come fu discoperta : 



fel . avo . P . patriab 

PROCOS . ET . M . IVUVS 

PHHJPPVS . NOB1LIS 
SIMVS . CAESAR . PRINCEP9 
IVVENTVTIS . FILIVS . D 
OMINI . NOSTRI . PRIN 
AVG . VIAM . QVAE . DV 
CIT . A . NORA . BITIAE 

VETVSTATE . CORRV 
PTAM . RESTITVERVNT 



La lacuna deUe due prime linee pare che debba sopplirsl in questo 
modo: Ifoperaior Caesar lulius Philippus Pius; e 1'altra delle nltime 
due linee in quest' allro i Curantt M.- Utpio Vidare Procj Su» E. V., 
ovvero curqnle qnelfallro Preside o Prcfello, il di cui noroe vi era 
cerlamente ricordalo. Bizia era citla Iitorana , e . probabilmente il 
Bioea portus (odierno ^orto Bottc) rammenlato da Tolomraeo (Geogrnph., 
111, 3, tab. VII Europ.), e sitnato tra la penisoia 'dt'Soloi ( Enosin 
di Plinio, Hist. nal. , III, 13) , e 1' Hercuiis portus '( odierso Capo di 
Spartivcnlo ) dello stesso geografo ( loc. cil. ). Cosi lo crede anche il 
Cluverio (Sardin. antiq. cap. VII ) , il qaale anzi afTerma , che nel 
Codice valicano della Geografia antica di Tolommeo, a vece di ftioea 
partus si legge Bithia opidum. 



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PRIMA. 



75 



Tucuriaoo escgul in Solci opere pubbliche di utiliia citta- 

uella regione di Telti, e quindi pubblicata nella Bibliokca. tarda 
nel novembre deIl'anno seguente (fasc. 2*, pag. 43). lo la riprodnco 
qoale fu data in luce dal P. Augius, senza farmi UiUavia maUeva- 
dore dei pochi suppleroenti, coi quali egli ne riempl le lacune: 

m . p . CLXVI 

dd nn 
ihp . cabsabb . p . Licinio . A o/brumo 
imbicto . avg . p . piTBtae . pont . MAX 
GEHMASICO MAXIMO TRiBvntaae 

P0TE8TATI8 . COS . m . 'P . PAJRUR 

imp . caesabe . ucinio . GaUiem 
PIO . FELICI . INBICTO . avg . Pont . Max 
gkbmanico . maximo . Tribun . Potett 

COS . m . PATB . PATAIAK . PBOCOS . IUI 

rublio Licinio valbbuno 

CAK*are PHncipe Iuventutis 

Btam Quae . Karalibut . itucit 

Olviae Vetuttkn . . coRRUBtam 

Restituil Curante ianvabio 

PROC. 8V0 

Da qoeslo monumento appare indubilamente cbe Gunoario , 
procuratore di Augutto in Sardegna, ripard la strada da Cagliabi 
a Olbia sotto 1'impero di Valeriano e di Gallieno. Ma siccome la 
lezione fattane daU'operoso discopritore noo pare esatta , pcrcio e 
necessario retliucarla , per indoviuuro l'anuo,-al quate l'iscrizipne 
appartiene. E iu primo luogo io dubito assai che nella pietra 
discoperta dall'Angius sia verameute segnata la disianza di CLXYT 
miglia da Cagliari a OLbia, perche l7<t»«rarto di Antoninone segna 
CLXXUI , come si e; gia yeduto ( vedi sopra , pag. 74 , col. l a , 
not. 6). Oubito poi per piu grave moUvo, che sia giusta 1'annota- 
zioue del terio contolato (COS III) dei due imperatori , perche 
tutti i monumenU finora conosciuti si oppongpno a tale. simultanea 
corrispondenza di numero ueUa loro consoUre dignita. Valeriano 
iufatti fu Cousul 1 daU'istesso momento della sua assunzione ( 353 
P. C. N.), e GaUieno dall'anao della sua associazione aU impero 
(254 P. C. N.) Quindi il padrc precedeUe il figUo di un consolato, 
e mentre egli ne contava due , U figlio ne coutava un solo. Cio e 
confermato dai Fatti idasiani , e daU' anonimo redattore dei Fasti 
cotuolari pubbUcati dal Noris, noi quali la successione dei consolaU 
simultanei, di Valeriano e di Gallieno, dopo il 353 dellera volgare, 
sono segnati in questo modo: ann. 354 Vaieriano II et Gailieno: 
ann. 365 Valeriano III et Gallieno II: ann. 357 Valeriano IIII 
( Idat. IV ) et Callieno III ( apud Graev. Thetaw. antig. rotn. voL 
XI, coL 359, 357-58). La stessa disparita di consolati e annotata 
nella Cronica di Prospero Aquitano , in cui si legge Valeriano 111 
el GaUieno II ( apud Graev. , oper. e vol. cit. , col. 398 ) ; ed es- 
sendo la medesima disparila fuori di conlroversia fra gU eradiU, non 
si puo rimanero in forse di dicbiarare erronea la lezione COS III 
per ambidue gli imperatori falta daU'Angius nell'iscrizione di Telti. 
Posta per fondamento questa incontestabilo verita , risuita chiara- 
mente cbe la suddetta lezione deve essere emoadata , ridonando 
alCannotazioBe dei consolali di Valeriano il quarto numero toltogli, 
o non osservato dall'Angius, scrivendo percio COS IIH , elasciando 
a GaUieno U COS 111 che veramente gli c ompete. Ne pud essere 
diversa la correzione , poiche nel consolato lerzo di Valeriano e 
secondo di GaUienq, che cadde nel 355 (P. C. N.), il piu giovine 
di delU imperatpri bou potea inUlolarsi Proconsolc per la quarta 
volta (PUOCOS UU), come appare dall'iscrizione , e nel consolato 
quarto di GaUieno (361 1*. C. N ), il di lui padre Valeriano era 
prigioniero di Sapore (Schapur), re di Persia, e gia da quattro anni 
avanti avea csercitato ancor egli il cousolalo per la quarta volta. 
Dunque e fuor di dubbip, che per Valeriano deve leggersi COS 1111, 
e per Gallieno COS III, lo che oziandfo e dimoslrato ad evidenza 
dall'allra annotazione PROCOS 1111, riferibile aU'ultimo di quei due 
Cesari. Imperocche partendo dal 353 delfera volgare , in cui Va- 
leriano fu assnnto aU' impero , e Gallieno fu contemporaneamente 
appellato Cesare dal senato (-Hinc Liciniut Vaterianut . . . ab 
exercitu imperator , et mox Auguttut ett factus. Gallienut quoque 
Romae a tenatu Caesar ett appcllatut; Eotrop., Brev. Hittor. Rom. 
IX, 7, edit. Lips. 1843), e scendeudo fino al 357 delPera medesima, 
c' incontriamo esattamente nell'anno del quarto proconsolato di 
GaUieno , che trovavasi guerreggiando in Germania ( Zosim. Hist. , 
lib. I, cap. XXX, pag. 37 c 38,edit. Oxon.), e assumeva percidU 
titolo di Procontolo. E 1'anno 357 (P. C. N.) fu appunto queUo del 
quarto cousolato di Valeriano, o del terzo di Gallieno, come si ha 
dai Fasti poc'anzi citati. L'iscrizione pertanto del risarcimento della 
slrada da Caglubi a Olbia, esegnita per cura di Gianuabio pro- 
curatore, di Cctare (cioe di GaUieno , cui era stato affidato dal padre 
il governo degli auari e dcllo armi di Occidcntc) apparUene al delto 
anno 357; nd puo essere altrimenU, sia per le ragioni gia esposlc , 
sia perchc non potrcbbcsi nenimcno rifcrirc al 3>8 delCera cristiana, 



diuaC); i popeli Cormm eressero un monumento onorario 
a Q. Sergio Quadi-aio ( 2 ), e M. Favonio CalUslo driito in 
Nora nna statua dedicata al genio della sua figlia Fayonia 
Vera ( 3 >. E nello siesso correr di tempi, menire imperando 



in cni erano consoH Tcsco (al- Fusco), e Basso (Futt. idat. apod 
tiraev., op. et vol. eiL, col. 259). 

(1) Cioe lo spianamento e il lastricamento d'ona delle piaao «M 
detta citta di Soua, come lo prova la segoente iscrizione trovata 
neUrisolaidi 8: Antioco, e pobbncata dal Moratori ( Nov. Thetaur. 
vet. inteript., vol. I, pag. CDLXXl, n» 4): 
c . Asimvs 

TVCVBUNVS 
PB0C0N8 
PXATBAM . QVAB . 6TRATA 
NON . BRAT . 8TBAVIT 

Siccome Asinio Tlcoruno s'intitola Proconsole, senza altra qualita 
od affizio, ie credo che 1'antio deUa laptde sia anteriore al 346 
dell'era volgare. 

(3) I popoli Contwwt, cosl chiamati daUa citta di Cobncs, capitale 
dei 5ordt-/>««t<t, ricordata da Tito Livio (Hist., XXIII, 40-41), 
eressero una statua a Q. Srbsio Qdadbato, loro patrono. Cid si 
ricava daU' iscrizione scoperta nel 1834 dal snddetto P. Angios, e 
pobblicata neUa BibHoteca Sarda ( Fascic. di dicembre 1838 , 
pag. 85 ), la quale e del tenore seguente: 

Q . 8BR0IO . Q . F . QTIR 
QVADRATO . EQ . R . PATMN . 
CIVITATIB . ADLKCTO . AB 
8PBNDIDI88IMO OtDINB 
CORNRNSIVM . PRO . MBBITIS 

in . coLoviam 

ORDO . ET . POPVLVS . COBNBN 

sivM . optimo . cnr . . . aert 

COLLATO . STATVBNDAM . DCCBB 
VBBVNT . BOBRTNT . LKOATI 
CASSrtC . BONOBIV8 

Se la lezione e giosta , pare che il monomento eretto dai Cor- 
nensi a Qointo Sbbgio fosse destinato eziaodio a perpetoaro la 
memoria della cUentela, in coi essi erane stati da lui ricevnti, noo 
potendosi altrimenti mtendere come e perche vi fossero interveooti 
legati della citta, o deUa colonia ( egerunt legati ) , dappoiche ora 
gia stato fatto il decreto di rizzargli nna statua ( ordo et popuhu 
Cornentium optvmo cwitaHt patrono . . . ttatutndam decre ve runt ). 
Quali fossero le benemerenze di Qoadrato verso il popolo di 
Cornas non si evince daU'inscrizione, la qnale dice generaunente 
ch'egli fu eletto patrono deUa citta pro meritxt in coloniam ; ma 
bisogna sopporre cbe fsssero grandi assai, poiche il monumento u 
fatto a spese pobUiebe (Comeniium aere coUato). Netsono indbio 
ci e somministrato daUa lapida, per accertarne l'eta: perd la qua- 
lificazione di cavaliere romano ( equiti romano ) , che vi si vede 
data a Qointo Sbrgio, mi fa congetturare , che non sia antorioro 
ai primi anni del secolo oodecimo di Homa. 

(3) Favonia Vbba aveasi cattitato 1'amore e la riconoscema del 
popolo di Noba , donandogli ona easa da lei possedota neUa citta 
di Cagliabi. Perci6 , dopo la di lei morte , il soo padre Mabco 
Favonio Callisto , che per decreto dei doourioni era stato eletto 
primo e perpetno fra gli augnstaU , volle tramandarne la memoria 
ai posteri, erigendole ona statoa dedicata al di lei genio femmineo 
(Iunoni tacrum), e scrivendo sulla base di tal monomento il ricordo- 
della di lei generosita : 

FAVONIAB . M . F 
WRAB 

QVAB DOMVM . BABALIBVS 

POPVLO . NORKN8B . DONAVIT 
M . FAVONIV8 . CALL18TV8 

AVGVSTALlS . PB1MV8 
AVO . PBBPBTVV8 . D . D 
OB . MVNIFKBNTIAM . IN . HON 
OBBM . FILIAB . PIBNT186IMAE 
IVNONI . 8ACRVM 
D 

L iscrizione fu ritrovata in PrtA fra Ie r*vk»e deU'antiea Noaa , 
e vi si vedono scolpite ai doe lati la patera ed il simpulo, emalenri 
delle libazioni e dei sacrifizi ehe si oflerivano agli Dei. L'anno io 
cui questo monnmento fu eretto non si puo con certezza dotei- 
minare. II Gazzera crcde assai ragionevolmente, che sia posteriore 
ai tempi di Tiberio , pcrche Favonio Callisto era ascritlo at 
Sevirato Auqustale, instituito da qnclTimperatore (Att. dell. R. Aecad. 
delte scienze di Torino , toro. XXXV , pag. 38). Ma io porto opiniooe, 
chc sia di eta molto piu recente , non apparendo datfistoria , ni- 
da verun altro monumento conosciuto (rranne 1'cscmpio eccezionafe 

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76 



D1SSERTA.ZI0XK 



Coslanzo si ordinavano uuovi risarcimenli nelle pubbliehc 
strade dell' isola (O, e il preside Seltimio Gianuario consa- 
crava un monumento della servile sua adulazione all' impe- 
ratore Licinio Liciniano (*), fiorivano a poco inlervallo 1'uno 

di Plaaziano ) che in Sardegna , e specialmente in Nora , le pub- 
bliche dimostrazioni della riconoscenza ciltadina fossero pervenute 
prima del terzo secolo dell'era cri&tiana alla doviziosa splendidezza 
delle immagini e delle statue. 

(1) Ne fa dato 1'inearico a Vaierio Domiziano Procuratore di 
Cesare, come si raccoglie da quesfaltra iscrizione mutilata, cbe fu 
rinvenuta nel 1834 nella stessa regiono di Telti ( Bibliot. sard. , 
novemb. 1838, fascic. 3°, pag. 44 ): 



Imp . cabs VALER 

10 C0N8TANTI0 . . . 

INBICTO 

T M 

TBJB . . . . P . P 



AL 



8T M . . . 

CVRANTE 

VALERIO 

DOMITIANO 
V . B 
PROC .8 



La prima linea , che fn corrosa intieramente dal tempo , indicava 
probabilmente il numero delle miglia , poiche dal luogo in cui la 
lapide fu trovata (cioe nel raggio dell'antica via romana da Cagliari 
a Olbia ) , si argomenta che la medesima fosse una pietra migliare. 
Le lacune delle cinque linee seguenti si possono facilmente supplire, 
leggendo in questo modo : Imp. Caetare Flavio Falerio Constantio, 
Augusto, Invicto , Ponti/ice Maximo, Tribuniciae Potestatis, Patre 
Patriae. E perd difficile indovinare la nota del consolato di Costanzo, 
che certamente seguiva appresso, e della quale non e rimasta orma 
veruna. Lo spazio delle linee settima ed ottava conteneva la me- 
moria della ristanrazione della strada, e forse queste parole : viam 
quae dueit a Karali Olbiae vetustate corruptam. II riroanente del- 
1'iscrizione non abbisogna di supplemento. Pel suddetto motivo di 
essere sparita dal monumento 1' annotazione del consolato delPim- 
peratore, non se ne pud determinare 1'anno preciso. Ha ponendo 
mente alla circostanza di essere nominato nell' iscrizione il solo 
Costanzo , e di chiamarsi Domiziano Procuratore suo , si viene a 
conoscere , che la.memoria del risarcimento della suddetta strada 
e posteriore al 305 delPera volgare , poiche in tale anno segui la 
divisione delT impero tra Costanzo Cloro , e Galerio Massimino , 
come lo atteslano Sesto Anrelio Vittore ( Epitom. de viU et mor. 
Som. Imp. XL), 1'anonimo autore che fa seguito alle Storie di 
Ammiano Marcellino (Exeerp. ad calc. Amm. Marcell., pag. 71 S), 
e Pabbreviatore Eutropio che lascid scritto: Constantius et Galerius 
Augusti ereati sunt , divisusque inter eos ita Romanus Orbis ut 
Galliam, Italiam, Africam Constantius, Illyrieum, Asxam, Orientem 
Galerius obtmeret (Breviar. hist. rom., X, 1 ). Di un' anteriore 
ristaurazione della medesima strada facea ricordo un'altra iscrizione 
che il P. Angius accerta aver veduto in Nuracheddu nella suddetta 
regione di Telti, e nella quale, secondo egli dice, era solo visibile 
nella quarta linea la parola Diocletiano (Biblioth. sard., loc. cit). 

(2) Siffatto monumento fu discoperlo in Torres nel 1819, mentre 
si faceano gli scavi nell' antico tempio delia Fortuna , e di la fu 
trasportato alla R. Universitk degli studi di Sassari dove al presente 
si ritrova. Dalla sua fonna appare che servi di base ad ona colonna 
o ad una statua; e vi si legge chiarissima quesla iscrizione: 
providentissimo 
f0rtis8im0qve . d . n 
valerio . liciniano 
pbrpetvo 



LICIMO 
AC . 8BMPER 



AVG 



.... SEPTIMIVS . IA 
NUARIUS . V . C . PRAES 



PROV . 6ARD 



NVMINI . MAIESTATIQ 
EIC8 

Manca nella medesima il solo prenome di Sbttimio Gianuario, che 
non bisogna confondere cou Gianuario Procuratore di Augusto, il 
quale nel 257 (P. C. N.) curo la riparazione della slrada da Cagtiari 
a Olbia (Ved. sopra pag. 75, col. 1*), poicbe tra l'ela delPuno e 
deU'altro vi corre 1'inlervallo di mezzo secolo. Non si puo infatti 
dubitare che il Settimio Gianuario, di cui si parla neIl'i$crizione 
turritana, non sia posteriore al 307 delPera volgare , perche vi e 
nominato 1'imperatore Licinio, il quale nell'11 novembre di delto 
anno fu innalzato aU'impero. E siccome non vi si fa menzione degli 
altri tre au^usti (Galerio, Massenzio e Massimiano), fra i quali era 



dall' allro nella chiesa cagliarilana i vescovi Giovenale e 
Quintasio, insigne il primo per santita di vita ( 3 ), e 1'allro 
per 1'inlervento al concilio di Arles, onde combattervi il 
pernicioso errore dei Donalisti ( 4 ). Siccbe lo spazio secolare 
che divise l'eta di Severo da quella del prtmo Cesare cri- 
stiano , se fu illuslrato per la Sardegna pagana da molli fatti 
degni di lode e di ricordanza, piu solennemente fu illumi- 
nato per la Sardegna seguace dell'Evangelio dalla luce pura 
ed indefettibile deile sue glorie religiose. 

L' impero di Costantino il grande , cominciato pei Sardi 
nel 312 delFera volgare, e raffermatosi dopo un triennio p.cn.j.* -■ 
per la vittoria di Mardia e la pace con Licinio ( 5 ) , attribul 
secondo alcuni , e secondo altri confermb alV isola il nome 
ed il grado di provincia italica gia atlribuitole dall' impera- 
tore Adriano ( 6 ); e quindi nel 330 dell'era medesima, va- v.ck.ho. 
riato in parle 1'anlico sistema ( 7 ), l'assoggett6 al vicario di 
Roma, con dipendenza finale dal prefetlo pretorio d'Italia ( 8 ). 



aUora diviso Por&e romano , percid pare indubitabile che Settimio 
Gianuario abbia eretto un tal monumento, dappoiche Licinio fu 
rivestito della porpora imperiale, e che Io abbia dedicalo a lui 
solo , perche a Iui appunto era stata assegnata da Galerio fra le 
altre provincie anche la Sardegna, affinche scacciasse il suo rivale 
Massenzio da Roma e dall'ltalia. Nessuno poi trovera strano che il 
preside delPisola dedicasse una cosi solenne testimonianza del suo 
omaggio a queUo dei quatlro imperatori, nel quale era congiunto 
alla maesta il potere supremo sulle cose sarde, e che percid l'of- 
ferisse servilmente Numini maiestatique eius ( iscriz. sudd. ). 

(3) Fiori nel principio del quarto secolo cristiano, e le memorie 
della soa vita si trovano registrate negli atli del martirio di S. Efisio 
(Ved. Tola, Dizionario biograf. ec, vol. II, pag. 138, e gli aulori 
e monumenti ivi citati). 

(4) II Fara lo chiama Quintianus seu Quintus ( De reb. sard. , I , 
144). Ando al concilio di Arles nel 314 col prele Ammonio, e pro- 
babilmente intervenne ancora al coneilio Sardicese del 347 , sebbene 
non si abbia su di cio un sicuro fondamento per affermarlo ( Ved. 
llarduin. , Acta ' coneil. Arelat. et Sardie. , tom. I , col. 967 e 655. 
-S. Atan., Apolog. contr. Arian., tom. 1, part. I, pag. 183. -Fara, 
De reb. sard., I, 144. -Pinto, De Christ crucif., tom. I, pag. 440. 
• Toia, Dision. biograf. ec, voL III, pag. 141-49). 

(5) Ann. 315 (P. C. N. ) Ved. Zonar. , Hist. , lib. II , cap. XX , 
pag. 99 e 93, edit. Oxon.-Anonym. excerpt. ad ealc. Amm. Mareell., 
pag. 713, edit. Val. Gronov. - Sigon., De Oceid. imp., lib. II e III. 
Nei capitoli di detla pace fu convenuto, che a Licinio rimarrebbero 
soggetti 1'Oriente, 1'Asia, la Tracia, la seconda Mesia e la piccola 
Scizia, e a Costantino l'lllirio, la Dardania, la Macedonia , la Grecia 
e 1'altra Mesia, oltre alle province occidentali gia da lui possedute, 
fra le quali era principalissima 1'Italia colle sue isole adiacenli 
(Ved. Zonar. , loc. cit. e Sozomen. Hist. eccles., I, 3 e 6). 

(6) La nuova divisione delPorbe romano fatta da Adriano, dopo 
le altre due gia eseguite da Romolo e da Augusto , e accettata come 
indubitabile dal Panvinio, il quale colPautorita di Sesto Rufo nota 
la Sardegna tra le sette provincie presidiali, che faceano parte delie 
diecisette diocesi, nelle quali Pltalia fu parlita da quelPimperatore 
(Panvin., Imper. rom., cap. XXIII, ap. Graev., Thes. antiq. roman., 
vol. I , col. 549). Le dette province presidiali erano: I. Alpes Cottiae, 
II. Rhetia prima, 111. Rhetia seeunda , IV. Samnium , V. Valeria , 
VI. Inscla Sardinia, VII. Insula Corsica. 

(7) Si ha su di cid la testimonianza di Sesto Aurelio Vittore, il 
quale, sebbene non parU espressamente della divisione delle province 
romane, dice perd con assai chiare parole , che le variazioni fatte 
da Costantino nella nuova forma da* lui data alPimpero differirono 
di poco da quelle gia introdotte da Adriano : Offtcia sane publira 
et palatina, nec non militiae, in eam formam statuit, quae, paucis 
per Constantinum immutatis, hodU perseverant (Epitom. de vit. et 
mor. Imper. roman., XIV, 11 ). 

(8) Della divisione di tutto 1'impero romano in orientale ed oc- 
cidentale fatta da Costantino sotto il consolato di Galiicano e dr 
Simmaco ( 330 P. C. N. ut ex Fast. idat. et anonym. ap. Graev. , 
Thes. antiq. roman., vol. XI, col. 969 e 360), e della suddivisione 
di entrambi in prefetture pretoriali e in province consolari e presi- 
diali , ci ha lasciato dislinta notizia Zosimo nel libro secondo della 
sua storia. U Sigonio ed il Panvinio trassero dal suddetto storico 
la descrizione accurata di tale divisione , e il secondo ne formo un 
quadro particolareggiato , dal quale risulta che la Sardegna fu ta 
sesta delle province presidiali dipendenli dal prefelto pretorio d'Italia, 



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PRIMA. 



n 



p.c.n.3,5. Anleriore di Ire lustri a siffatlo ordiuamento e la donazione 
che dicesi falta daJlo stesso Costantino al papa S. Silvestro 
e a' suoi successori nella catledra di S. Pielro (O. Ma oltre 
ohe un tale atto e posto in controversia fra gli eruditi, non 
oonsta nemmeno che la Sardegna vi fosse specialmente 
compresa ( 3 ) ; e perci6 trabsciando di annoverarlo fra i mo- 
numenti storici della sarda nazione, parlero invece delle 
poche leggi che a di lei riguardo furono sancite dal fortn- 
nato fondatore delta nuova Roma in Bisanzio. La pid antica di 

p.c.x.3.5. delte leggi (P. C. N. 3-15) fu specialmente destinata a pro- 
tcggere i coloni sardi dalle avanie fiscali degli amministratori 



ma piu direttamente dal prefelto urbano, ossia dal vicario della 
citta di Roma (Ved. Sigon., De occid. imp., lib. IV, pag. 63 e 64, 
edit. Francofurt. , 1593, io-fol., e Panvin., Imp. rom., cap. XXIV, 
ap. Graevi , Thes. rom. antiq., vol. I , col. 543 e seg.). 

(1) La suddetta donazione trovasi riportata nelle Decretali d'Isidoro 
Mercatore, nella Collczione regia dei concilii, (tom. II, pag. 133), 
nel Nomocanone di Fozio , comentato da Balsamone ( tit. VIII , 
cap. I), nel Decreto di Graziano (part. I, dist. XCVI, cap. XIV), 
nella Bibliothecajuris canonici veteris del Giustelli (tom. II, pag. 029), 
e nel Corps universcl diplomatique del Dumont, continuato dal 
Rousset ( tom. I, part. I, pag. 1 , 2 e seg. ); e datata in Roma nel 
30 marzo del 315 ( Romae sub tertio die kalendarum aprilium , 
domino nostro Flavio Constantino Augusto quater, et Gallicano viris 
clarissimis consulibus) e comincia inquesto modo: Jnnomine sanctae 
tt individuae Trinitatis , Patris scilicet et Filii et Spiritus Sancli. 
Imperator Caesar Flavius Constantinus , tn Christo Jesu , uno ex 
eadem Trinitate sancta, Salvalore Domino Deo nostro, fidelis, man- 
suetus, beneficus, Alemanicus, Cothicus, Sarmathicus, Germanicus, 
Hunnicus , pius , felix , victor ac triumphator , semper Augustus , 
sanctissimo ac beatissimo patri patrum Silvestro urbis romanae 
episcopo et papae , atque omnibus eius successoribus , qui in sedem 
beali Petri sessuri sunt, ponlificibus, nec non et omnibus reverendis- 
simis et Deo amabilibus catholicis episcopis , eidem sacrosanctae 
ecclcsiae romanae per hanc nostram imperialem constitutionem 
subieetis in universo orbe terrarum , nunc et tn posterum cunctis 
retro temporibus constitutis, pax, charitas, gaudium, longanimitas, 
misericordia a Deo Patre omnipotente, ct Jesu Christo filio eius et 
Spiritu Sancto cum omnibus vobis ec. Dopo qoesta introduzione ii 
donante racconta la sua conversione alia fede cristiana , di cui fa 
esplicita professione; dice di esscre stato guarito miracolosamente 
dalla lebbra, e di aver fatto edificare le chiese di S. Giovanni di 
Laterauo e dei Ss. ApostoK Pietro e Paolo; e poi soggiunge: quibut 
ccclesiis prp concinnatione luminariorum , possessionum praedia 
contulimus , et rebus diversis eas ditavimus, et per noslram imperialem 
iussionem sacram , tam in Oriente quam in Occidcnte , vel etiam 
septentrionali et meridianaplaga , videlicet in ludaea, Graecia, Asia, 
Thracia , Africa et Italia , vel diversis insulis , nostra largitate eis 
libertatem concessimus, ea prorsus raHone, ut per manus beatissimi 
patris nostri Silvestri pontificis , successorumque eius omnia dispo- 
nantur ec. Un'allra donazione speciale della Sardegna dicesi fatta 
nello stesso anno 315 dal suddetto imperatore alla chiesa dei santi 
martiri Marcellino e Pietro , ch' egli avea fatto edificare in Roma 
nella via Lavicana. Ma il Platina e 1' autore del Libro pontificale. , 
che riferiscono un tal fatto, non citano autorita veruna per giusti- 
ficarlo ; eppercio il Fara , non volendo nulla affermare di certo, sia 
del primo che di questo secondo atto della generosita di Costantino, 
scrisse molto opportunamente che ne lasciava intalto il giudizio ai 
critici di miglior senno : sed ...id ... diiudicandum acrioris iudicii 
viris reUnquo ( De reb. sard., lib. I, pag. 137). 

(2) Sono divulgatissime le diverse opinioni dei dolti riguardo 
all' autenticita o alla supposizione del documento di cui si parla, 
eppercid credo superfluo il riferirle. Non sara per6 fuori di proposito 
il riportare le stesse parole della donazione , accid si veda non 
esservi fatta veruna esplicita menzione della Sardegna, quantunque 
si possa presumere che Costantino abbia voluto comprenderla sotto 
la generale espressione di provincia italiana. Eccole quali si leggono 
verso la fine delTatto: Unde ut pontificalis opera non vilescat, sed 
amplius etiam quam terreni imperix dignitas et gloriae potentia 
decoretur, ecce tam palatium nostrum, ut praedictum est, quamque 
urbem Romam , «( omnes totius Ilaliae et occidentalium regionum 
provincias , loca et civitates praefato beatissimo pontifici nostro 
Silvestro universali papae concedimus atque relinquimus , et succes- 
sorum ipsius pontificum potestati et ditioni, firma imperiali censura, 
per hane divalem nostram et pragmaticum constitutum decernimus 
disponendum , atque iuri sanctae romanae ecelesiae concedimus per- 
mansurum ec. 



del corso pubblico, i quali abusando spesso del loro uffizio, 

ed avidi di smodato guadagno, toglievano ai pacifici agri- 

collori i bovi destinati alla coltura dei campi per impiegarli 

in servizio dei traini e delle vetture. Finteresse meno ge- 

nerale, ma non meno utile per la regolarita e per la certezza 

dei giudizi, fu 1'altra legge che statul la ricognizione e I'ap- 

provazione dei decreti provinciali, da farsi da ciascheduno 

dei giudicanti (317 P. C. N.); alla quale, dopo due anni, p.c.n.3. 7 . 

tenne dietro Taltra che commino ai Sardi, rei di delilti men 

gravi, la pena dei pubblici lavori pel macinamento delle 

biade (319 P. C. N.). Rimarchevole per la santita dell'og- p . c .n.3^. 

getto fu 1'ordinazione con cui Costantino prescrisse agVisolani 

il riposo nei giorni festivi (321 P. C. N.); e commendevoli, p.c.n.«.. 

per 1'umanita da cui furono dettate, sono eziandio le altre 

due posteriori che vietarono dallun canto la barbara sepa- 

razione degli schiavi congiunti insieme dai vincoli del sangue 

e della natura ( 322 P. C. N.), e accordarono dall'altro ai p.c.n.3»». 

debitori del fisco la facolta di solvere a diverse rate i debiti 

loro (325 P. C. N.). Le notizie dei luoghi, dei tempi e delle p- cn.3.5 

persone , che da siffatte leggi si ricavano , sono troppo im- 

portanti per la sloria sarda, perche io non possa, ne debba 

tralasciare di riportarle a documenlo della mia narrazione. 

Ricopiandole quindi quali si leggono nelle vecchie e nelle 

recenli collezioni del Codice di Teodosio, ed illustrandole 

colla scorta dei dolti che le commentarono , mentre rispar- 

miero ai leltori la fatica di ricercarle , adempiero alCassunto 

principalisshno del mio lavoro che si e quello di ridurre in 

un sol corpo i monumenti storici della Sardegna antica e 

moderna. 

I. 

lMP. CoNSTA NTINFS A. AD COHSTANTIUM. 

Si qmt iter faciens, bovem, non cursui destinatum, sed p.cn. s.s. 
aratris deditum duxeril abslrahendvm , per slationarios et eos 
qui cursui publico praesunt debito vigore correptus, aut iudici 
si praeslo fuerit afferatur, aut magistratibus municipalibus 
competenli censura tradatur, eorumque obsequio transmittatur ; 
aut si eius fuerit dignitatis, ut nequaquam in eum deceat tali 
vigore consurgere, super eius nomine ad Nostram Clementiam 
referatur. Qui enim expUcaverit mansionem, si forte bobes 
non habuerit, inmorari debet , donec fueriut exhibiti ab ftis qui 
cursus publici curam gerunt, nec culturae terrae inservientes 
abslrahete. Acc. XI, kal. febr. Caralis, Constantino A. 
IY et Licinio IV Conss. (315) 0). 



(3) Ex lib. VIII Cod. Theodos. , tit. V , leg. I De cursu publico* 
Questa legge manca affalto nel libro XII, tit. LI del Codice di 
Giustiniano , dove trattasi della stessa materia. E diretta a Costanzo, 
che il Gotofredo crede essere lo stesso Costanzo prefetto del pre- 
torio d'ltalia , cui e diretta nelTanno medesimo (315 P. C. N.) la 
legge prima De cohortalib. del citato Codice Teodosiano; anzt so- 
spetta quel dotto comroentatore che fosse il fratello dellHmperatore 
Costantino. La legge fu promulgata per proteggere gli agricoltori 
sardi dalle vessazioni degli ufficiali destinati a dirigere ed ammi- 
nistrare il corso pubblico, ossiano le pubbliche poste. Perciocche- 
costoro instituiti primamente da Augusto, secondo 1'autorita di 
Svetonio (Octav. XLIX), e quindi riordinati ed accresciuti di nu- 
mero dagPimperatori Traiano, Adriano, Antonino Pio e Severo, 
come scrivono Sesto Aurelio Vittore (Epitom. de vit. et mor. rom. 
imp. , cap. XIII) , Sparziano (cap. VII e XIV) e Giulio Capitolin» 
(cap. XII) , erano venuti in tanta insolenza , che i provinciali mal 
sofferivano di vedersi togliere gli animali destinati ai privati nsi 
loro per farli servire ai bisogni periodici e spesso anche repentini 
di cotesti agenti fiscali. E 1'abuso era tte tanfoltre, che gli stessi 



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78 



nissEKTAaiOMr; 



II. 

IMP. COXSTANTINUS A. 4D B.iSSUM. 

p.c \. .!■;. Decrela provinciaiitun non prius ad comitaluul ptrferri 
oportet, quam smguli quique ivdicantes ea inspexerinl, atque 
probaverint, suaque adstructione signaverint. iSi quid fiat con- 
trarnm, compelens ultio exeretur PP. VIII kal. oct. Carali, 
Gdkcano el Basso Conss. ' ( 3 1 7 ) ( 1 ). 

III 

IMP. CoNSTAHTIHUS A. AD FESTUM PrAESIDEM 

Sardikiae. 

r. c. n. Quicumque cohercilionem mereri ex causis non gravibus 

videbuntur, ia nrbis Bomae pisttina dedantur. Qttod ubi tua 
sinoeritts eoeperit obsertare, omnes scianl, eos qvi (sicut 
dictum est) ex leviorHm causis huiusmodi meruerint subire 
sententiam, ergastulis vei pistrinis esse dedendos, atque ad 
nrbem Romam, idest, ad praefectum annonae, sub idonea 
prosecntume mUtendos. Dat. IV kal. aug. Constantino A. V. 
et Licinio Conss, (319) W; 

uagistrati provinciali n'erano dolentissimi , per 1'obbligo cbe ad 
essi correva di procurar tosto gli animali necessarii per le vettnre. 
Costantino adunque volendo sollevare i sudditi delle province dalle 
«ppressioni cbe per cio pativano (locche pure si fa manifesto da altri 
suoi provvedimenti riportati nello stesso libro VIII Cod. Theodos.), 
ordino colla presente legge che i suddetti agenti flscali , in man- 
canza di bovi pubbliei o destinati al corso dei viaggiatori, non po- 
tessero prendere in Sardegna, come per lo passato, ibuoi deipri- 
vati destinati aU'agricoItura, ma dovessero sostare nelle mansioni , 
finche gl'incaricati di tale pubblico servizio apprestassero gli ani- 
mali necessarii aUe loro esigenze. Laddove poi cotesti agenti abu- 
sassero delfufflzio loro, prowide che fossero tratti nanti il giudice 
rettore o preside della provincia, 0 nanti ai magistrati municipali, 
per essere a detto preside trasmessi, e da lui condegnamente puniti. 
Se perd il contravventore fosse tale che non convenisse, 0 non fosse 
lecito di essere punito dal rettore della provincia, ordind ancora che 
! si ricorresse direttamente alHmperatore, per coposcere il caso.ed 
appficareal reo la .pena roeritata: II favore, che collindicata legge 
fu accordato da Costantino alCagricoltura ed agli agricoltori sardi, 
non abbisogna di Uiteriori dichiarazioni. Occorre bensi osservare che 
1a legge parla solamente dei bovi, dat che si evince che questi 
«rano gli animalt adoperati pei carriaggi ai tempi di Costanlino. 
E sebbene Giuliano abbia poi ordinato che per tale bisogna si ado- 
perassero I cavatll (Socrat. , //»(., III, 1), tuttavk il servizio dei 
buoi conUnuo ad essere in uso per lungo tempo nei corsi pubblici 
c privali, come lo altestano Lampridio nelia Vita di Eliogabalo 
(cap. IV), S. Agostino (De cML Dei, XXII, 8) ed Eginardo nella 
Vita di Carlo Magno, neila qnale si legge: Carolum M. iler fe- 
eisse carpento, junctis bobus et bubulco, rustico more agente. 

(t) Ex lib. I Cod. Theodos. , tit. XVI , Ieg. II De officio rectoris 
provinciae. Questa legge non si trova uelle anticbe edizioni del 
Codice di Teodosio, e l'ho tolta da qnella accnratissima gia inco- 
minciata per opera e studio del conte Carlo Baudi di Vesme , la quale 
ha per titolo: Codex Theodosianus ex manuscriptis codicibus el ve- 
teribus editionibus auctior et emendatior (Aug. Taurin. , ex typogr. 
fratr. Caafari, mdcccxxxix). La nota appostavi dal dotto e laborioso 
comaientatore. 0 la seguenle: Classius et IPenkius intelligi pulant 
Septinvium Bassum, hoc anno praefectum urbis , quod Haenelio pro- 
pter decrtta provincialium , guorum tn hac lege fit mentio, non vi- 
detur admitlendum. E veramente nel 317 (P. C N.) fu prefetto ur- 
bwo uo Settnnio Basso, come si ha dal Corsini {Series praefecL 
urb., pag. lTi-73 edit. pisan., 1763); eppercio si pu6 credere a lui 
direUa Ia citata legge, senza che possa oslare ia difficolta opposta 
daJl Eoeli*, poicbe la dipendenza di fatto della Sardegna (dove la 
legge e stata proposta o pubblicata) dal prefetto della citta di Roma, 
fu probabilmente anteriore alla dipendenza di diritto stabilita da 
Costantino nella divisioae e riordinainento dcUe province tulte del 
suo impero, cbe segul nel 330 dell'era volgare. Su di che puo ve- 
dersi quanto scrive il suddetlo Corsini (oper. cit. pag. S8, 30 e seg.). 

(9) Ex lib. IX Cod. Theodos., tit. XL, lcg. III De poenis. La legge 
e direlta » Festo presido di Sardegna, e vi si ordina chc i rei di 
«lelitti leggiori tiano rimessi datl'isoIa al profetto deU'annona di Uoma, 
pcr esservi assoggettatj alla pena di ma< inar biade ; lavoro pubhlicn 



IV. 

IMP. CONSTANTINUS AUG. HELPIDIO. 

Sicut indignissimum videbalur , diem solis , veneratiom p-c.ti.3n. 
suae celebrem, altercantibus iurgiis et noxiis partitm oonteur 
tionibus occupari, ila gratum et iucvndtm est, eo die, quae 
sunt maxme votiva compleri: atque ideo entameipandi et ma~ 
numitlendi die festb cuncti licentiam habeant, et super hie 
rebus actus non prohibeantur. PP. V. non ium, (Jamalis, 
Crispo II et Constantino II Coss. ( 321 ) (3). 

V. 

Imp. Cohstaiitihus A. Gerulo Rationali TRIUM 

PROriWCIARUM. 

In Sardiitu fundis palrimonialibus vel emphiteuticariis p.c.n.ju. 
per diversos nunc dominos distributis, oportuit sie possessionum 
feri divisiones ul integra apud posscssorem «numqttemqu» ser- 
vorum agnatio permaneret: Quis enim ferat liberos a paren- 
tibus, a fratribus sorores, a viris conjuges segregari? Igitur 
qui dissociata in ius diversum mancipia traxerunt, in unum 
redigere eadem cogantur. Ac si cui propter redintegrationem 
necessitudinum servi cesserunt , vicaria per eum, qui eosdem 
susceperil, mancipia reddanlur. El invigilandum, ne per pro- 
vinciam aliqua posthac querela super divisis mancipiorum 
affectibus perseveret. Dat. III kal. maii, Procttlo el Pauiino 
Coss. W. 

nuovamente inlrodotto da Costantino per coraodo e vantaggio deita 
plebe, non mai sazia, degl'ingordi Qoiriti. La detta legge non e 
riportata nel Codice Giustinianeo. 

(3) Ex lib. II Cod. Theodos., tit. VIII, leg. I de feriis. Questa 
legge non e riportata nel suddetto Codice di Giustiniano: vie pero 
la III , lib. III (eod. tit.), che versa sopra la stessa materia, e proi- 
bisce nel giorno del sole (ossia nella domenica) tutti gU alti giu- 
diziarii, e 1'esercizio deUe arti meccaniche, eccettuale le opere 
campestri che non ammettono dilazione. Entrambe sono direUe a 
Elpidio, cbe U Gotofredo crede fosse in tale anno prefetto, o fun- 
gente le veci ( agenH vicem ) del prefetto al pretorio d' Italia 
(CommenL ad cod. Theod., tom. I, pag. 139, e tom. VI, part II, 
pag. 45, edit. mantuan. , 1740); e furono emanate a poco inter- 
vallo l' nna dall'altra, poicbe quella riferita da Giustiniano ha 
la data del 7 marzo 331 ; e questa inserita nel Codice di Teodosio 
fu soscrilta nel 1° giugno dello stesso anno. Mon senza fondamento 
sospetta il precitato Gotofredo che anche la prima di deUe leggi 
sia stata indirizzata aUa Sardegna come provincia ricca di messi e 
di altri prodotti naturali. Di questa seconda poi, che fu una con- 
fermazione e limitazione deUa precedente , non se ne puo dubitare, 
perchc fu proposita (p. p.) Caralis, sebbene in alcuni codici mss. 
e nen'edizione Siccardiana leggasi data, lo che e manifestamento 
un errpre. Si deduce dalla presente ordinazione imperiale che il 
divieto del lavoro nel giorno festivo era stato esteso eziandio al- 
1'isola , poiche dalla proibizione si eccettuano gU alti delCemancipa- 
zione e della manumissione. 

(4) Ex lib. II Cod. Theod. , tit. XXV , leg. un. De communi divi- 
dundo. Qucsta legge e anche riportata da Triboniano nel Codice 
Giustinianeo (lib. III, tit. XXXVIII Communia utr. iud., leg. XI); o 
fu sapientissimo e pietosissimo provvedimento. Imperocche sopra- 
vanza ogni crudelta, e rende la schiavitu peggiore assai deUa morte 
II separarc per sempre le persone strettamente congiunte dalla na- 
tura, dal sangue e dagU affetti. Cid non pu6 sofferira l uraanila 
(pietatis intuitus id non patitur) eome leggesi elegantemente scritto 
nella legge XLI, $ 9 digest., De legat. 3, ed a cio prowidero i* varii 
modi le leggi romane , che sono in tal rispetto un solenne escmpio 
di sapienza legislativa (Ved. nei DigesH le leggi 1 , 5 7 de imtruct. ; 
IX de mstrumenl. legat. : LXXI , $ 3 de legaL 1 ; II , § 1 e IV, <i l 
de usu aed. legaL; V e VI de usu et habit.). Quindi Seneca escia- 
mava fin dai suoi tempi: tn auetione fratres hostilis hasta non di- 
vidit (Controv. , IV , 96); e Vittore Uticense, per rappresentar meglio 
le calamita dei Itomani tratti in ischiavitu dai VandaH/lascioscrilto: 
Dividentibus Vandalis et Mauris ingentem populi quantitatem , ut 
moris est barbaris, mariti ab uxoribus , liberi a parentibus sepa- 
rabanlur (Dr prrsecut. randat., lib. I). Per impedire adunque che 



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PHIMA. 



79 



VI. 

IMP. CONSTANTIHUS A. AD EuFRAXIUM RaTIONALEM 
TRIUM PROFINCIARUM. POST ALIA. 

p.c.s.3»5. Pro multis etiam, et m dioersis locis cbnstitutis, liceat 
simul auripondus inferre, ita utpro omnibus fundis securilas 
emissis cautionibus dettir: nec separatim ab moquoque auro 
exacto mulHs et assiduis incrementis • provinoiaiiunt ulilitas 
fatigetur. Hoc quoque addimus, Ut unusquisque quod debet, 
mtra anni metas, quo tempore vobterit, mferat et per tabel- , 
larium apparitorem inlatio cogmscatur: absque omni mora , 
attro suscipiendo, ne quis'in aliena civitate sumptus faciat, 
vel (quod est graviut) legem commissi frustratus incurrat: i 
nam si solvere volens a mcipiente fuerit contemptus, testQms 
adhibitis coniestationem debebit proponere, ut hoc probalo, et j 
ipse seeuritatem debitam ,- cotnmitsi nexu liberotus , cum emo- 
lumentis accipiat: et qui suscipere neglexerit,' eius ponderis \ 
quod debebatur duplurn fisci ralionibus per vigorem officii tui 
inferre cogatur. Dat. XIV kal. aug. Paulino it Juliano Coss. \ 
(325) 0). ' : 

in tal rispetto i diritti deH'umaDttfe fossero barbaramente calpestati, 
Costantino ordino a Geralo, razionate detle tve province (cioe della 
Sardegna, della Sicilia e della Corsiea), che neirammiDistrazione 
dei fondi patrimooiali ed eofitentici a hii appartenenti nella prima 
di dette isole, se occorressero separazioni di beni (come p. e. in . 
caso d'affittamento , giaoehe il rattonale dovea per lo piu locare 
tali fondi) , giammai fossera separati gli schiavi ouiti fra loro coi 
vincoli del sangue. L'anno di qnesta legge e incerto;ed essendovi 
notati per consoli Procnlo e Paehno che nei Fatti consolari non 
sono eolleghi, cid ha obbligato gl'interpreti a ricorrere a conghiet- 
ture piu o meno probabili snl tempo preciso di questo imperiale 
provvedimento. U Blondello (de primat. pag. 705) peosa che debba 
ieggersi Proeulo et Sabino contmlibut , e che percio la legge sia . 
del 316. II Cujaccio invece opina (tn Chron. ad V comtiu) che la 
legge appartenga al 340, e che per conseguenza si debba leggere ' 
Acyndino et Procuio contulHnu : ma questo e un errore , poiche nel 
340, ne Costantino era phi imperatore (essendo morto gia da tre 
anni avanli) , ne Gerulo , sibbene Callepio era razionate delle tre 
province, come si deduce dalla legge quinta (tit. X, lib. X) de pe- 
titiombut et ultro datit ec. dello stesso Codice Teodotiano. II Go- 
tofredo conghiettura che la legge dicesse Prob. Optato et Paulino 
contuUbut , e che percio la medesima sia stata sancita nel 334. Della 
stessa opinione e il Vesme (oper. cit in not. ad leg. 1 de communi 
dividundo); ma crede che la lezione consolare debba ritenersi quale 
si trova netta legge , e che Proculo sia stato consoie tuffeto. Se in 
mezzo a tanto senno di nomini dottissimi non sara ripntato ioso- 
1001» il mio giudizio, dird ancor io che, siccome e consenteneo al 
■abiral» andamento delle cose omane , che un btwn priocipe prov- 
▼edai{H>ima alle cose di maggior momento, e quindi alle altre di , 
minor interesse, cosi pare credibile che Costantino abbia tulelato 
colle sue leggi k liberta mdividoale de'suoi sudditi prima di re- 
-gelare la riscessione de'loro tributi, e dopo aver stabilito le os- 
servanze religiose da praticarsi ne'snoi stati. Per questa ragione e 
prebabile, che la presente legge diretta a Geruk) e riguardante la 
separanone degli schiavi sia posteriore a qoella indirizzata a ElpiJio 
pel riposo festivo, e anteriore alTaltra inteslata ad Eufrasio, e re- 
lativa ai percettori delle pubbliche imposte , della quale parlerd qni 
appresso. Nel qual caso la legge in discorso dovendosi credere ema- 
nata tra il 391 e 395 dell'era volgare , cbe sono le date certe delle 
ahre due leggi poc'aozi citate, e non potendosi coilocare nel 393, 
ne nel 394> poiche i consoli di detti anni furono Severo e Rufino, 
Crispo e Costantino (Fatt. IdaL ap. Graev. , Thetaur. roman. antiq. 
v«i. XI, eel. 961), si pob sospettare che sia stata pubblicata nel 399 
«otto il consolato di Probiano e di Giuliano (Fast. sudd. ibid.), e che 
i eopisti abbiano forse equivocato nei nomi, o sopplito a loro taiento . 
le lacune dei medesimi desumendo dalle lettere rimaste i nomi sur- 
regati di Procolo e di Paolino. 

(t) Ex lib. XII Cod. Theod. tit. VI , leg. II De tutceptoribut. Al- 
cune parti di questa legge sono state riportate nella legge prima 
(eod. tit.) del Codice Giuitmianeo. La medesima e direlta a Eufrasio 
soccessore di Gerulo nelfuffizio di razionale delle tre jn-ovince (e 
qoiadi anche di Sardegna); e 1'anno 395 che vi e notato corrisponde 
esattamente a qoeilo del consolato simultaneo di Paolino e di Giu- 
liano, secondo i FatH Idaiiani (apnd Graev. , Tket. antiq. Roman., 



Nod meno benigno del padre suo dimostrossi 1' impera- >>• c. n. sm. 
tore Cqstante, ordinando a Bibulenio Restitnto, preside 
dell' isola (353 P. C. N.), di non sottoporre al carcere ne 
allepercosse i debitori innocenti, e prowedendo poco dopo 
(357 P. C. N.), che le appellazioni dal preside di Sardegna p.ck. 3» 7 . 
si presentassero direttamente al prefetto pretorio d'Italia, 
rivocata in tal parle l'antica usanza che la cognizione di 
siQalti giudizi riserbava nel primo grado al prefetto urbano. 
Dalle due leggi , che qut riproduco, si pu6 meglio conoscere 
il tenore degli accennati provvedimenti , ai quali piacemi 
aggkingere 1'allro importantissimo emanalo da Giuliano 
VJpostata nel 363 dell'era volgare, poiche quesfultimo 
liber6 gli isolani dal servigio oneroso delle cavalcature, 
ampli6 1'altro piu ulile dei iraini pel trasporto delle loro 
derrate ai varii porli dell'isola, e favorl potentemente 1'agri- 
coltura, cui riferivasi nel principiare dello stesso secolo la 
gia citata e somigliante disposizione di CostanUno. 

L 

I. 

Imp. Constahtius et CoasTJfts A. A. Bibulenio 
Restituto Praesidi Sardiniae. 

Provinciales, pro debitis, plumbi verbera, vel custodiam p.cn.353. 
carceris, mmime sustinere oportel: cum hos crudatus non 
insontibus , sed noxiis constitutos esse noscatur : satis vero sit, 
debitorem ad solvendi necessilatem capione pignoris convenwre. 
Dat. VIII idus decemb. Thessal. Constantio VI et Constante 
III AA. Coss.V). 

vol. XI, col. 961). Sono doe gli oggetti principali deUa legge; Pwu» 
di obbligare gli esaUori 0 percettori (tutceptorei) ad accettare in 
una ed indivisa soluzione le varie somme che 1 debitori del fisco 
dovessero pagare per fondi tassati e sitoati in luoghi diversi; e 1'allro 
di permettere agli stessi debitori i pagamenti rateali dei debiti loro. 
Qoesfultima disposizione era una facilitazione che accordavasi per 
1'esazione dei triboti. L» prima pera non solo era facilitazione, ma 
inoltre una repressione della ingordigia e delle avanie dei soddetti 
percettori. lmperocche costoro , avidi delPaggio ad essi spettante 
per tolte le somme che riacootevaao (il quaie aggiochiamavasrqri- 
metro o ineremento, e si dava agti esattori, perche l'oro riscosso dai 
(riboti dovea esser rimso prima dlnviarlo al tesora del principe) , 
ricosavano di accettare le soiuzioni mattali >o. di piu debiti in massa 
ed in un solo peso d'oro, perche. quante piu erano le solozieni , 
tanti piu erano %l'incrementi e maggiori per consegoenza i loro 
vantaggi. Vincremento , siccome si dava e si esigeva per compenso 
del consumo che il fnoco facea del metallo ripassato nel crogiuolo, 
chiamavasi propriamente , e con vocabok) aHora osato, incrementum 
olryzae, come si trova scritto nella legge qoarta (lib. XII, tit. XIII) 
' de auro coronario dello stesso Codice Teodotiano, colla qnale ap- 
punto fu abolita la gravezza di tale mcremento (ann. 379 P. C. N.). 
SiOatta generosita del gran Teodosio fo ripotata grandissima; per- 
locehe Simmaco, rammentando qoesfaltra feHcita di qoe' tempi, 
lascid scritto: Flandae monetae nequitiem decoquit larga purgatio. 
Aullo iam provincialii auri vucremento trutinam tpectator (i. e. su- 
sceptor) incfmat (Epitt. lib. IV, 56> 

(9) Ex lib. XI Cod. TKeod., tit VII, leg. VII de exaetionibut. 
Questa legge, la di cui seoonda parte e riportata nel Coiice diGiu- 
ttmiano (lib. X, tit XXI, leg. II de capiend. et diitrahend. pignor.) , 
sebbene porti in fronte i nomi dei doe imperatori Costante e Co- 
stanzo , dee pero attribah-si al primo esclosivamente, percbe a lui 
nella divisione dellMmpero erano spettate h Macedonia (dove ap- 
pnnto sorgeva Tessatonica, luogo in cni fu datata to legge), e U 
Sardegna, come attestano Zosimo (/Htt. II, 39) e Zonara ( Annal. , 
pag. 9). E diretta a Bibolenie Restituto preside di Sardegna, ed ap- 
partiene al 353 (P. C. N.), nel qual anno erano consoli Costantino 
e Costante (Fait: idat sodd. , loc. cit. , col. 963). Dalia medesiraa si 
ricava, cbe quantunqoe Pimperalore Costantino fin dal 390 avesse 
con sua legge generale proibito il eareere e le percosse che per lo 
mnanzi si davano ai debitori fisCali (leg. III Cod. Theod. eod. tit.), 
tuttavia la Sardegna , o per la sua lontananza dalla metropoli, o per 
crudelta dei presidi, 0 peraltro ignoto motivo, non avea godoto di 
tal benefizio, poiohe fo neoessaria, dopo ventitre anni, ona legge 



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80 



nissisimzioNK 



II. . 

IMP. CoifSTANTIUS ET lULIANUS C.4ES. AD TAURUM 
' " ■ Pf . P. ' ' , 

r.c.n. ^ .- J)e Sardinia, SiciUd, Campatria, Calabria, Brutiis et 
Pioeno, Aemiiia et Venetia, et ceteris, interpositas appella- 
tiones laudebilis subttmkas tua more soiemni debebit audire, 
competenti appellatione (eminandas. Nec vero tdla poterit 
esse confusio : praefevtus enitn wbis, nostra respmsione con- 
tentus, praediclis cognitionibus temperandum sibi esse cognovit. 
Dat. Strmie, ConsUmtio A. IX el Juliano II Caes. Conss. 
(35T)<«). • 



P. C. N. 563. 



m. 



Imp. Juliakus 



AyAD 



Mamertiwum. Pf. P. 



In provmoia SxMDiyiA, in qua mNi ppene discursits ve- 
redorum, seu paraveredorum, necessarii esse noscuntur, ne 
provincialium status subruatur, memoratum cursum penitus 
ainputarippprtere decernimus , quem maxime rustica plebs , id 
est pagi, contra puhlicvm decus, tolerarunl. Excellens igitur 
auctoritas tua , officio praesidali necessitatem tolerandae htjus- 
modi exhibitionis imponat; aut cerle, si hop exislimant one- 
rmm, suis animalibus uU debebunt, quotiens eos commeare 
per provinciam necessitas pubUea persudserit. Sane ahgarid- 
.rtm cursum submoveri non oporlet, propter publicas species, 
qme ad diversos portus deferantur. Proinde, considerata 
rerum necessitate, pro locorum situ, atque itineris quatitale, 
tantum numerutn angariarum collocari oportere decernas, 
quantum neeessarwm esse adhibitae plenissimae deliberationes 
suaserint, Dat, VII kqlendas decemb. Anliochiae, Iuliano A. 
IV et Saliustio Conss. (363) (*). 



apeoiaie a tato rigoardo. Non pertanto il aul veazo di caroerare e 
percaotei* i debitori flscali riaacqae poi sotto la slessa domiaazione 
romana, raccontando fra gli altri Ammiano Maroeltino, che a'suoi 
4empi non si poie trovare alcona vieteraa di tormenti , che in tulto 
J'ostinatopa*se d'Egttto Iraeste maLdi bocca ad un tadro il suo neme: 
' • si vergogna appo loro (egC. dice) chiaaqne non puo mostrare nel 
» prepido corpo i segni delie battiture riportate per aver negati i 
.» tribnti • ; Erubescil apud ■eos (L e. Aegyptios) si quis non infioiando 
triiuta pturimas in eerpore vvbites ottendat (Rcr. gett. , XXII , 16). 

(I) Bx lib. Xi Cod. Theod. , tit. XXX , leg. XXVII de appellationibus 
jtt pomv ec. Questa legge d'interesse locale e temporario , che per- 
eid nen fa ripertata nel Codiee Gvmtinianeo, oconfermava 1'antica, 
o attribniva al prefetto pcetorie d italia una novetla giurisdizione , 
privandone U prefetto nrbano, su di ehe sono disoordi gli eruditi 
{ved. sopra pag. 73, cei> 1» not. (a); pag. 76, col. 8» not. 6 e 7). 
-I piu pero pensano (e qoesta itfgge sembra confermarfo) cbe le 
apfJetia2Mtii dal preside di Sardegna si facessero per lo innanzi al 
prefetto deila citta di Roaaa. Lordinazione imperiale e diretta a 
Tauso prefatto del pretoria dltatia, e 1'anno 367 che vi e notato 
corrisponde esattamente al nono consotato di Costanzo ed al se- 
«ondo di GiulianD (FatL idal sudd. , loo. et pol. cit). 

(9) Ex bb. VIH Cod. Teod., tit V, leg. XVI de curtu pnblioo. 
AndW questa Ifigge manca nei Codice 4% Giattiviano. Se la sua dala 
e ginsta (86 novembre 363), apparterrebbe , non a Giuliano , ma a 
filoftlano iwm ancceasare neirimnero. Peoebe , seoondo Ammiaao 
afaroeluao (il«r. getU, XXV, 4), GiuHano usol di vita sulia mezza- 
■totte deJ 36 giugno 4el 363 in conseguenza di mortal ferit* riper- 
tata ta qitel giorno nelta baMaglia di Maranga contro i Persiani , e 
aull'aiba 4el eegaentc giorno 87 fa eletto imperafere Gioviano, oapo 
delle gaavdie demestiohe (ibid. , «ap. VI). 8e perd si ba riguardo a 
lutt* la MorkioBe, dee.difsi di Qiuliano, ch.e nel suo quarto con- 
solato ebbe SaUuslio per collega, ae Gioviaj» fu oonsole quattro 
votto , ne mai ebbe Sallustio per compagno iu tale dignMa, come 
si ricava daUe dette atorie di Ammiano. Anxi da questo scriltore 
(oper. oit., nb. XXV, cap. XI) abbiame, cne >I nuovo imperatorc 
Gieviano, dnpo «wer assunto iu Ancira il conaalato iasieme con 
• Varrnniano s»o figtie ■ tatteta faiHHwUo, «ori poi unprovvisajaente 



P. C. N. 353 
tuqu» ad 470. 



Alla ela di cui discorrianKi appartcngono i casi varii c 
nieioorabili di S. Eusebio vescovo di Vercelli, di Lucifero 
vescovo di Cagliari e d'llarjo diacono, triumvirato illustre 
della chiesa sarda che propugno con egregia costanza la 
integrita della fede nicena e la calunniata imnoeeaza di S. 
Ataoagio contro i pervicaci settatori deU' ariaaesiao W, la 
fame desolatrice che spense a migliaia ie umane vite, come 
in Italia, in Africa ed in Sicijja, cosi ancora neirubertosa p-cn.jw 
Sardegna ( 4 ), e la fortuna o l'arte di quel sardo aagnre o 
negromante, di cui la storia non dice il nome, cbe, fattosi 
amieoa Massimiao, prefetto esecrabile ed esecrato dellacitta 
di Roma, ae rattrenft flnche visse la naturale ferocia, e poi 
cadde alla sua volla egli stesso, viUima sanguinosa ed illa- 
crimata di quel truee miaistro imperiale < 5 ). Appartengono 



V. C. N. 36$. 



frt Dastone (luogo cbe divfdeva «a Bitinia dalla Gafazta), dopo soti 
otto mesi di regno, nel febbraio del 364. Stamertino, prefelto del 
pretorio, cui e indirizzata qnesta legge, era console nelTanno pre- 
cedente in compagnia di Nevitta (Fast. idat. , loc. et col. dt). Di 
Jui, dette aue arioni e de' suoi ufBzi parlano Simmace (epist X, 63) 
e il gia detto Ammiano Marcellino in piii luogbi delle sue storie 
(lib. XXI, 8, 10 e 18; lib. XXVI, 5; lib. XXVII, 7), oltre a cio 
che se ne ricava da moltissime leggi dello stesso Codice Teodosiano 
a lui dirette. I/oggetto delta presente Iegge fu in sostanza queUo 
di liberare i Sardi daJ servizio deUe cavaloature , cbb doveano som- 
ministrare per ie poste nelie vie regie , sia maggiori- cbe raioori 
(veredorum et pmraveredorum), poiche tal servisio non arreoava quasi 
vantaggio alcuno aila Sardegna, la quale era posta fuori deUa via 
militare romana. E mentre le bisogne dei Sardl si riducevano ai 
traini , cioe ai trasporti delle loro derrate ai varii porti 4eH'isola , 
percio cen questa legge rn confermato il sistema deUe angarie ossia 
dei traini nei hiogfci di sosta, e ra anai ordinsto ohe tat serviai» 
pebblico fosse ampliato secondo i bisegni di an'isela cosi abbon- 
dante di frumento e di altri prodotti deB'agricoItura. Su dt chebi- 
sogna ricordarsi della legge che nel 31 S avea gia emanato U gran 
Costantmo per tutelare gli agricoltori e proprietarii di torre iu 
Sardegna daile avanie degU ammiaistratori fiscaU del Corso pubblico. 
Per rigoardo poi aUa instituzione dei veredarii, e aUe vicende aHe 
quali ando soggetto ii loro servizio fino ai tempi deUimperatore 
Giustiniaoo , si puo consultare la Storia secreia di Procopio, ii qnale 
ne parla di proposito in un capitolo separato (cap. XXXI) di deMa 
-sua opera. 

(3) I moaumenti relativi aHe vite e agU scritti di S. Ensebio, di 
Lucifero e d'Ilario appartengono propriamente ai fasti della cbiesa 
universale , eppercid non debbono far parte della presente collezione 
istorica. Won pertanto bo credato consentaneo allo scopo deUa mia 
narrazione il ricordare i nomi loro fra le. vicende sarde del quarto 
secolo cristiano, tasciando a cfai brami di averne maggiori notizie 
la facolta di ricorrere ai fonti, o di consultare il mio Diiianario 
biograjtco dei Sardi illuttri (vol. II, pag. 70, 171 e 18», edia di 
Torino, tip. Cbirio e Mina, 1837 e seg.), dove ho raccotto sbm- 
mariamente tutte te notizie riguardanti questi tre valorosi campioni 
della fede ortodossa. 

(4) II rioordo di questa fame spaveniosa ci e stato lasciate dal 
suddetto diacono Uario nelle sue Queetimi sul vecchio e nuovo te- 
stamento, inserite nel tom. IV delle opene di S. Agostino. 

(5) Devesi ad Ammiano Marcellino la memoria di questo fatto par- 
ticolare non avvertito od omesse dagti sorittori nazionali. Imperocche 
tt cttato istorico, dopo aver narrato brevemento gli umili principii 
di Masshnino, gli oscuri saoi natali in Sppiana , eitta deUa Valeria, 
i suoi stodii e le sue amministrazioni in Corsioa , in Sardegna e 
neUa Toscana , dice fra le aUre cose, che in tutti gli aocennati ufSii 
e neHa stessa prefettara urbaaa comportossi dapprincipio assai pra- 
dentemente perche tomeva di essere tradHo da un sardo suo amieo 
e familiare , il quaie traeva datte larve i presagi , ed evocava le anime 
dei dannati: « Peroi6 (soggiunge Ammiano), finche visse oostni , 

• Massimino fti mtte ed affabile, strisciando a guisa di sotterraneo 

• serpento nell'innma sua condizione; ma poi fattolo ucoidere eome 
» ne corse la faraa, sfrend la naturale ferocia che nascondeva.nel 

• crudele suo petto, siccome fanno spesse volte le belve neH'anst- 
» teatro, quando finalmente si rompono i ripari che le tengono 

• ohiuse ■ : Maximmus rtgens quondam Romae vioariam praefe- 
cturam , apud Sopianas VaUriae oppidum obscuriisime natus ett. . . 
It post medioore studium liberaHum doctrinarum , defensionemque 
eautarum ignobilem, et administratat Carsicam itidemque Sardiniam, 
rexit deinde Tutciam. Unde morato in itinere diutius tuccettore , 
progrtstue ad curandam urbis annonam , cliam provineia* modtra- 



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PittMA. 



84 



allai steasa' eta il suppliaio di Gostamhmo chft M&tikiubtaore 
ebsdestnaniente alcaDi caralli< da. gaeira da> hti «bettt a«r- 
l'isola ('), la proibiaooe di coltware le sarde iasoier» fatta 
prima, e poi raocata da VaMatsuaas il/wcohao (*) , lfr.fj»> 



«twa rr ftneoat ; egitque inter exdrdxa cautius. . . quod nactus 

homkiem sardua, quem ipme pottta per dolosm faOaaku interettS», 
vt rircumtulit rumor , eliciendi animultu noxias et praesagia solli- 
eitare larvarum per quam gnarum , dum superesset Ule, timens ne 
praderetur, tractobUU erat et moUiar. . . tamquam smbterrantus 
itrpens per umiUora, reptando. . . Vtrum. . . . accepta noctndi ma- 
teria, Maximinus effudit genuinam ferodam pector^ crudo adfixam: 
ut saepe facnmt amphithtatralet ferae, diffractis tandem solutaepo- 
sticis (Ammian. MarcelL, Rtr. gest, XXVHI, 1, i 5 eseg. ad ann. 
368). Dal premesso tesio di Ammiano si ricavaao due utili notizie 
per la storia dt Sardegn»; la prima di essere stato unsardo quegli 
che tempero, finebe visse, l'ingenita efferatezza di Massimino; 
e la secoada di aver que*t'uttimo aovernata. o an>mioist»ta<l'itola, 
oome lo dkaostrana apertamente 1« pavele: post . adminUUrUat 
Corsicam Uidemqus Surdiniam, rtxit deinde Tusciam. E siccome 
Massimino trovavasi preposto al regghnento della Toscaa» nel 366 
deU era volgare (del ehe fa fede k kgge ottava, lib. IX, tit. I Be 
aenmatiombus et mseriptiombui del Codiee Teodotiano, indirittagli 
dagTiinperatori YaleBtiaiano e Valeate ael 17 novembre di detto 
aaao), e prim» di tai esereito an lale offizio per due anni conse- 
eutivi (364 e 365) quel Terenzk di eoi parla Ammiaae MareeMino 
(eper. cit, Kb. XXVII, eap. IH), eeme k prwan» tre kggi deUo 
atesso Cedie* Teodosiano (iib. II, tit. I, leg. IV de iurisdittumt , e 
lib. XII , tiL I, leg. LXI e LXV de dtcttrkmibut), pereid e cbiafo 
cbe l'anteriore sna amministraiMse is Sardegna devette cader» nei 
365, o ia qaakaeduBO dfgU aoni precedenti. Forse non e impro- 
babile eh'egli sia stato il predecessore di Natale poailo da Teottosk 
nel 384 : ma non voglio eonfidar troppo in questa mia conf biettura 
bastaadomi di aver agghinto qaesTaltro neme sJ numero dei go- 
vernaati detta Sardegna romaaa. Di questo stesso Masskniaw, che 
fb eziaridio prefetto detfannona, e deUa soa feroce erudeMa, parlano 
S. Girolamo (** ckronic. , ann. 371), il eitoto Amnthtno (Uh. XXIX, 
cap. II, III, VI, e lib. XXX, «ap. II)] Rnfiao (lak II , eap. X), 
Socrate (1*. IV, cap. XXIX), Sosomen» (hb. VI, «ap. XXi»), e 
Shamaco (lib. X, epist. II). 

(1) Constantianus strator paucot militartt equot exmi amsutwm- 
tare, ad quot probandos mittus est in Sardiniam, eodem iubenit 
(Vahmttniano I) lapidum ictibut oppetU crebris (Ammian. Mareell., 
Jl*r. gtst., XXIX, 3, ad ann. 37 1). Ne fa maraviglia, che Valeati- 
niano nsasse tanta crodelta verso Cestanaiano, poicbe qoattro anni 
dopo lo stesso imperatore ordino cbe fosse tagHata la destra a oa 
sae scadiero, sol perche lo aveva artate alcan poeo mentr era per 
aantare snl consnelo sno cavallo, e il cavallo, inalberandosi , nan 
voile riceverlo sopra di se. E lo seadiero innocente sarebbe perito 
fra i patimenti , se Cereale non avesse diflerito a suo proprio rischio 
la inginsta sentenza: Cum eum (i. e. Valentinianum ) oblalus non 
tusciperet equut, anterioret pedet praeter morem erigens in sublime , 
xnnata ferUate eoneitus , ut erat immanU, dexteram stratoris mUiHs 
fntsit abscidi, quae eum imsilientem jumento pulserat consueto; pe- 
ritsetque cruciabititer innocens juvenis ni tribtmut ttabuli Certatis 
dirum nefas cum tui periculo dutuliuet (Ammian. MarcelL , Rtr. 
gest, XXX, 5 ad ann. 375). 

(9) Cio si ricava dalht legge sesta (lib. X , tit XIX de metallu et 
metallarus) del Codte* Teodotiano, datata nel 4 giogno del 369 e 
concepita nel modo segnente: 

Jmppp. Valentinianus, VaXtns et Gratianus AAA. 
ad Probum PF. P. 

Si qua navis metallarium ad Sardiniam transtulerii, gubernator 
iprias vel magister, quinos pro singulU hominibut tolidot cogatur 
inferre. Dat. prid. non. jun. Sfartiatici, Valentiniano NB. P. et 
Victore Cott. (369). 

Qnale sia stato il motivo di qnesta proibizione non si pud facil- 
mente indovinare. II Gotofredo ophta che la legge sia stata emanata 
o perche si temesse 1'abbandono delle altre miniere esistenti nelle 
diverse province dellMmpero, se si facessero fruttificare le sarde, 
o percbe il coltivare troppo queste ullime terminasse per arrecare 
notumento ai loro filoni. Quakinque perd ne sia stata la cansa, 
egli e certo che questo divieto fu tolto con un novello statuto o 
privilegio, di cui si fa espresso rkordo in un'allra legge im- 
peratoria del 378 (ved. infra not 4), ed e certo del pari cne 
k miniere sarde, specialmente quelk di argento, godettero presso 
gli antichi di una qualche celebrita, come lo provano i testi di 
varii serittori latini, cbe ho gia riportato a suo luogo (ved. sopra 
pag. 98, col l a in not). In quanto poi a Profoo, al quale la pre- 
sente legge e stata diretta, soggiungerd brevemente, ch'egli esercito 
per quattro volte l'eminente uffizio di prefeUo del pretorio d ltalia, 



Coltiiv da lui oegata agli aocusati iu giudizio Ui recriininare p- c. n.j» 9 . 
glii aceuaatori Iofo aver priata giastificato la propria 
iandcfeaza ( 3 ), il divieto rinaovato da Graziano, e da Vale» p. c,n.3,j. 
ttniaoo U per la eseavasioa» delKoro e dogli aJtri tnetaUi 
aaitdi W, e la pena fatta infliggere dal gran Teodosio a Na- p. c. n.3,». 



«ltt»e dl «ssere stato preoedentemente prefetto deU'Uliria, procott- 
sole d'AfPtoa e eensob» ordinario delle GaUie. De' suoi unpieghi e 
deite soe dhjBTtk si ha distiata notiaia da un'iscrrzione onoraria 
pabbHcata dat Grutero (Thes. Uueript., CCCCL, 3), • da doe aUre 
sepolcrah' messe in luce daHo stesso autore (ibtd., CCCCL, 4 e 5), 
rulliraa delk quali e anche riportata dal Baronio (Annal. eccles. , 
ad ■ ann. *S96). Ne pari» eziandio Simmaco aeUa sue Epistole (lib. I, 
epfetl 90' o seg. fino ahVbpist. mclus.) , e Claatbano canto dt l«i 
(Dp bcM. Gildon. , '. vers. 57 e seg.). . i 

Acta Probi narrare quemm, quoti in orditte gentti 

RexerU, ItaUa late, eumx fraema tenerM, 

Hhfricosque sinus, ei quos arat Afriea campos', 
B peee doao: 

Vt pigeat memtmss i Probi, quo ntdice tolam 

VnMmu» HttpeHam, ftuasque resuingatt genbm 
(3y La disposizione a cto relattva e «ontsnata aella legga danda- 
dma del soddetto Codite Teodotiano (lib. IX, tit. I de aecusaHonUmt f ■ . 
et inscriptionibus) diretta a" Laodick preskle di Sardegaa, cbe q«ti 
riporto per intiero: 

Imppp. VaitnUnUmut , Valen» tt Gratiann» AAA. 
Laodieio PraesuM Sa v d mi ae. 
Neganda iit occusaHs lictntia crimmandi, prius qmemse crimine, 
quo premuntur, exuerint Ifam sanctionum veterum conditores adi- 
mendam liceatiam omnibna eensuerunt ia accusetores suos invidiosam 
dieendi vooem. Nullam Uaque obUneat tn iudiciU auctorUatem pe- 
riclUantium furor: qui ti lattus tvagetur, ne ipte quidem eognitor 
tutus erit, aut quaestionem secnrus agUabU, qui exequendo kiris 
severitatem, nen potest ilkrum quos ponit odium evitare. Dat. prid. 
id. august. Carnunli , Gradano A. III tt EquUio V. C. Conss. % 

Qaesta kgge, che vedesi riprodolta nel Codiee Giustinianto (leg. 
XIX cod. de his qui aeeuiare non possunt) , ma con molte interpo- 
laaioni fattevi dai giureeensuUo Trtboaiaao , apparliene senz» dubbio 
al 375 delfera volgare, poicbe e datata in Carnnnto citta deU'Uliria 
(odkrno Potroael aelCAustria), nel giorno 19 di agesto, e sappiamo 
da Aramiano MarcelUno che Valenliniano il veccbio , spiegatasi ht 
primavera del 375, si mosse da Treveri, e avanzessi cekreroente 
per istrade a lui note; che entrato poscia ia Camanto, citta degU 
Illirii, vi si trattenne nei tre mesi di state, appareccbiando di c«v 
thiuo armi e vettovaglie contro i Qttadi , autori di alroce ribellione; 
e che poi, volgendo 1'autunno delk stesso anno al suo lermine , 
ristette ad Ancinco (odteraa Buda) : Pubetcente iam vere (ann. 375) 
Valentinianut a Treverit motus, per nota itinera gradu celeri oon- 
tendebat . . . Cumque exinde Carnuntmn IUyriorum oppidum introu- 
set. . . . (ibi) per tontinuos tres mensts aestwos arma parabat et 
ahmenta, si qua fors secundasset, pervasurut opportunt Quados , 
tumultus atrocis auctores. . . . IUdemqut apud Ancincum moratui 
autunmo praecipiti, per tractus cenglaciari frigoribus adsuetot eom- 
moda quaerebat Mberna (Ammian. MarceU , Her. gest. , lib. XXX , 
oap. V, $S 1, 9, II, 14). L'oggetto poi delia legge, quantunqne in ap- 
parenza sembri giusto, perche gli accusati possono talvolta o per 
edio o per disperazione recriminare i kro accusatori anche inno- 
centi, e tuttavia impronlato deUa ferocia di quei tcmpi, nei quali in 
mezzo ai tormenli ed al sangue barbaramente prodigati dalla tiran- 
nide erano continue le criminazioni e k recrimktazkai. E Vaknti- 
niano volle che le viltime non infrequenti della sua crudolta non 
pbtessero nemmeno recrirainare i loro carnefici. 

(4) Ecco la legge , colla quale un tal divieto fu rinnovalo (log. IX 
Cod. Theod., lib. X, Ut XIX de metaUu et metaUariis) : 

Imppp. Valens , GraHanus et Vakntinianut AAA. 
Ad Vindicianum V. C. Vicarium. 
Datii ad inlustres viros Praefectos Galliarum, et Jtaliae htteris, 
primum metallarios praeeipimus admoneri , ne eis noveUi itatuti , 
quod fuerat elicitum, privUegio, transeundi ad Sardiniam spes im- 
proba blandiatur. Deinde provinciarum quae mari aUuuntur judices , 
scientes fieri , «t universorum navigatio hujusmodi hominwn generi 
clauderetur: ita, ut ti aurileguli transfretare Irmptassent, severitale 
judiris audaciae tuae ferrent digna supplieia; adficiendu etiam poena 
custodibus, si negligentia navigandi hisdem copiam praebuusent ; Ua 
ut haec non sme periculo suo rectores provinciarum neglegenda me- 
minerint. Dat, XVIII kal. septembr. Valente IV et Valentiniano II 
AA. Cost. (378). 

Oa questo decrelo si rikva, che k precedente proibizione di sca- 
vare le miniere sarde , fatta nel 369 da Vakntmiauo I , cra stata 
poco prima rivocata: e sebbene non vi sia nominato l'imperatore , 
dal quale emano H nuovo statuto revocatorio , pare tuttavia pro- 

il 



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82 



DISSEKTA2I0NE 



tale, gia duce di Sardegna, il quale alcun lempo innanzt 
aveva spogliato colle estorsioni e colle rapine i provinciali 
p. c affidati al suo governd ( J ). E alla medesima eta, sebbene 
con piii lungo intervallo, appartengono in ullimo la missione 
annonaria eseguita nell'isola da Benigno figliuolo di Sk»- 

babile cbe sia stato lo stesso Valentiniano I, il qaale cootimio a 
regnare fino al 375. La ragione. poi , per cui fii abolita la conces- 
sione o il privilegio accordato ai mctaUarii, e fu rinnovato 1'ante- 
riore divieto dell'escavazione di dette miniere, non apparisce dalla 
legge, e quindi pu6 credersi che sia stala qualcheduna di quelle 
gia da me accennate nella precedente nota (supr. pag. 81 , col. l a , 
■ot 9). Pensa il Gotofredo che questo provvedimento imperiale debba 
ascriversi al solo Graziano, poiche e datato nel 15 agosto del 378; 
e Valente era gia morto alcuni giorni avanti, cioe nel 0 o neU'll 
dello stesso mese (Ammian. Marcell. , Rer. geit., XXXI, 13); ma 
che ignorando tnttavia Graziano la morte del soo collega nelPimpero, 
intestd la legge, seeondo il solito, col di loi nome. Bisogna pero 
awertire che il Valentiniano inscritto nella legge non e gia Va- 
lentiniano il vecchio, ossia il primo di queslo nome , il quale aveva 
cessato di vivere fin dal 375 (Ammiano Marcell. , oper. cit. , lib. 
XXX, cap. VI), ma il di loi figlio Valentiniano II , il quale subito 
dopo la morte del padre fu proclamato Angusto nel campo presso 
a Bregezione (Ammian. Marcell. , lib. cit. , cap. X). 

(1) II monuraento che ci ha conservato questa notizia 6 uno dei 
piu preziosi della storia sarda, non tanto perche dal medesimo si 
ricava il nome di un altro preside delPisola, che altrimenti sarebbe 
ignorato, quanto perche in sul finire della dominazione romana si 
vede dato dal gran Teodosio 1'esempio di una giusta punizione contro 
uno di quei tanti Verri , cbe in varii tempi fecero slrazio dei Sardi, 
opprimendoli colla prepotenza e col ladroneccio. Qoindi lo riproduco 
nella sua interezza, e quale sta scritto nel mentovato Codice Teo- 
dotiano (lib. IX, tit. XXVII, leg. III adlegemJuliamrepetundarum): 
Imppp. Gratianu», ValenHnianus et Theodosius AAA. 
MatronUtno Duci et Praetidi Sardmiae. 

Ut uniut poena metus possit esse multorum , Natalem quondam 
ducem , sub custodia protectorum , ad provinciam quam nudaverat , 
ire praecipimus , ut non solum, quod ejus non dicam domesticus, ted 
manipularius et minister accepit , verum etiam quod ipse a provin- 
cialibut nottrit rapuit, ac tuttulit, in quadrvphm invitut extolvat. 
Dat. prid. id. jun. Cottantinop. Antonio et Syagrio Coss. (384). 

La riferita legge e riportata eziandio nel Codice Giuttinianeo (leg. 
I eod. tit.), ed appartiene al 38J dell*era volgare, perche fu fatta 
sotlo il consolato di Antonio e di Siagrio, che cadde appunlo in 
quelTanno (Fatt. Idat., ap. Graev. , Thetaur. rom. anHq. vol. XI, 
col. 965) , quantonque in alcune edizioni del codice di Teodosio ve- 
dasi annotato per errore Panno 393. Matroniano , al quale e diretta, 
era duce a un tempo e pretide di Sardegna , cioe riuniva nella sua 
persona Pautorita civile e militare. Ed e da notare che il titolo di 
duce non si vede dato a veruno dci precedenti rettori delPisola, bensl 
a tutti gli altri che la governarono, dappoiche passd sotto il doroinio 
degli Imperatori di Oriente. La qual ragione (non avvertita dal Go- 
tofredo) aggiunge peso alla conghiettura ch'egli ricava dal luogo in 
cui la legge fu datata (Costantinopoli) , e daH'imperatore da cui 
emand (Teodosio), di essere stata la Sardegna lin dal 389 compresa 
tra le province deH'impero orientale. Ma sebbene Popinione di qucl 
doltissimo commentatore sia foudata sopra un documento inconte- 
stabile, tuttavia bisogna credere che la dipandenza delPisola da 
Teodosio sia stata brevissima e temporaria, e motivata forse dalle 
viltorie ch'egli riportd sopra i barbari, cacciandoli valorosamente 
dalle provincie roroano ch'essi avevano occupate, ma che una tal 
dipendenza non abbia punto cambiato la sua politografia, poiche 
nello stesso correr di lempi si trova annoverata fra le provincie 
dellMmpero occidentale (Ved. Schonov., Libell. provinc. roman. aev. 
Theodot. in append. ad Eutrop.), e Benigno vi fu spedito da Roma, 
o per governarla come pensa il medesimo Gotofredo (Comment. ad 
leg. 169 Cod. Theod. , de decurionibut, e alla legge XVI eiusd. Cod. 
de susceptoribus) , o per prowedervi, come in provincia soggetta, 
ai bisogni annonarii della metropoli (ved. la nol. seg.). In quanto 
poi alla presidenza di Natale , io credo che abbia preccduto di poco 
quella di Matroniano, giacche se fosse statn molto piu antica , il 
gran Teodosio non avrebbe potuto ordinare che Natale in pfirsona 
fosse ricondotto alPisoIa pcr restituire ai provinciali tulto cid ch'egli 
e i suoi faraigliari avevano loro rubato; e qnindi pare che debba 
essere collocata sotlo 1'impero di Graziano e di Valentiniano II. 
Nulla dird della pena, cui Natale fu condannato, giacche ognun vede 
che fu giustissima; e 1'esperienza di tulti i secoli ha dimostrato , 
che agli uomini rapaci e pena maggiore di ogni altra il dover ren- 
dere a due doppi Ia roba che tolsero altrui colla frode o colla vio- 
lenza. Quindi Giovenale, parlando di Mario Prisco, proconsole ed 
espilatore delPAfrica, disse molto opportanamente , che a nulla 



maco , 'cbe f* noi •vicario della ciUk di RomaX 3 ), e la rislailu b. c. 

' 1 md 440. 

raztone deiraoqoedotMi Nora. fatta da Flaviolo per 1 le cure 
gefnerose del cittadino 'finabdio W. Sono questi gli estremi 
rioordi laseiati in SardBgBa daSla romana dominazione, al- 
lorche la ignavia dei successori di Costantino, cedendo in 
Qceidente alle incnrsioni devastatrici dei popoli settenlrio- 
Aali , 0he a5eva.no ferocemente vareato le indifese sponde 

giova 1'infamia, cui i ladri sono incalliti, se intanto essi si godono 
impunemente it denaio «storto , e le provincii depredate sopportano 
il danno delle loro rapine: 

ethic damnatut inani 

Judicio (quid enim talvit infamia nummitt) 
Extul ab octava Mariut VibU , et fruitur Dk 
Iratis; al tu , victrix provincia , plorat ? ■ 1 

Sat. I. vers. 47 et seqq. 
(9) La testimonianza di questo fatto Pabibiamo da una lettera 
dello stesso Simmaco , nella quale egli ne parla di proposito. Ecco 
le sue pardle: Fructut laborum ett plaeere melioribus, etpro induttria 
atque integrilate palmam iudieii promereri. Quapropter Benignus , 
V. C. filiut 'meut rei frumentdriae negocium pervigili animo etpurit 
manibut exeecutut, tolam de 'te mercedem iusti amorit expectat. Te- 
statur intomnes eius curas imbecillitas corporit. Nihil enim de Sar- 
dinia reportavit , niti bonam cotucientiam , et malam valetudinem : 
horreit autem tantum frugis invexit | quanti illius provinciae armi 
fortuna contulerat. Nullus de eo rumOr adversus , nulla conquestio 
temper ad arguendum parata. Uorum omnittm locupletistimum pre<- 
Hum est , si amicitia lua dignus habeatur. Quod dtclive ad impt- 
trandum mihi videtur, H (quod necesse est) te delectet eorum probitdt 
quorum elrcHo non fefellit. VuVe. (Epist IX, 39.) Bentgno fo vicario 
della citta di Roma (vicariut urbit Romae) nel 399 e nel 400 del- 
Pera volgare , come si raccoglie da tre leggi del Codice Teodosmno 
(leg. V, lib. IX, tit. XXX: quibus equorum utus concetsus ett, leg. 
169, hb. XII , tit. I , de Decurionibue, e leg. 96, lib. XII, tit VI, 
de Sutceptoribut) , indirlzzategli nel 1° dicembre 0 nell'8 giugno di 
detti anni dagPimperatori Arcadio ed Onorio. U Gotofredo nel com- 
mentare la prima delle suddette leggi, opinache Benigno sia stato 
preside o rettore della Sardegna, e che pe' meriti da lui acquisUU 
in tale uffizio, e specialmente per aver provveduto abbondanlemeste 
alPannona romana, sia stato qoindi promosso a vicario della citta. 
di Roma: De eodem (i. e. Benigdo) ««I Symmachi locut , lib. IX 
epist. 39 ; ubi hunc Benignum rectorem Sardiniae fuiste ottendii : 
neque dubium, quin ex adminittratione Sardiniae, tanquam pro me- 
rito bene procuratae annonae urbicariae, Vicariui tptius urbis factut 
fuerit (Gotofrcd. in comment. ad dict. leg. V , quibus equorum 
usus etc.) Se questa opinione e vera, la presidenza di Benigno dev'es- 
sere collocata nelPordine dei tempi dopo quetla di Matroniano, 
che cadde certamente nel 389, come si e gia detto nella nota pre- 
cedente. 

(3) Siffatta ristaorazione fu eseguita sotto 1'impero di Teodosio II, 
e di Valentiniano III , come si ricava dalla seguente iscriziooe che 
fu scoperta fra le rovine delPantica Nora e pubblicata dal Moratori 
(Thesaur. intcript. CDLXVI. 4 Norae in Sardinia), e poi anche dal 
Bonada nclla sua erudita opera che ha per titolo: Carmvna ex an- 
Hquit lapidibui (Tom. II, pag. 597): 

SALVIS • DD • NN • IMPP 
THBODOSIO * ET * PLACIDO ■ VALBNT1N1AN0 * AVGO 
BVBDVCTOS ' OLIM ' LAT1CB8 ' PATRIAEQVB '• NEGATOS 
BESTITVIT ' P0PVL1S ' PVBO . FLAV10LV8 ' AMOIB 
CVBANTB 

VALEBIO ' ENN0D10 ■ PRINCIPALE ■ AC 
PRIMARIO * EIVSDBM * VBBI8 

Non puo cader dubbiezza sulla persona di Valentiniano III, poiche 
nelPiscrizione gli e dato eziandio il nome di Placido , che tolse da 
Placidia sua madre, e gli si fa precedere Teodosio (11) che regnara 
priroa di lui. Ora, essendo stato Valentiniano III cveato Auguslo 
nel 495 , ed essendo aocaduta nel 450 la morte di Teodosio II , e 
manifesto che il monumento teste riportato appartiene certamente 
al periodo di tempo corso fra quei doe anni. Ed io inclino a cre- 
dere , che 1'iscrizione sia stata posta a ricordo delPopera fatta ese- 
guire da Ermodio, o nello stesso anno 435, o in qualcheduno dei 
seguenti piu prossimi al medesimo , perche in appresso e prima 
del 450, le incursioni vandaliche in Sardogna, e specialmente dal 
suo lato meridionale, non poteano permettere che si rizzassero mo- 
numenli lapidarii di ricordanze pubbliche sotto gli auspici di un 
impero, il quale o non esisteva piii nelPisola, o trovavasi sul punto 
estremo di rovinarvi per sempre. Qualunque pero sia Panno preciso 
delia mentavata iscrizione , e indubilato che la medesima non puo 
essere anteriore al 495 , e quindi si deduce che la cilta di Nora 
sussisteva ancora nella prima meta del quinto secolo cristiano. 



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PMMk< 



• 83 



del Reno e del D____ho, Juci^ ^reiaulegliistraMvi deieae ! 
vaste e popolose provincie, e perdette in meno di dieci lustri 
le conquiste gik fatte nel lungo corso di dieci secofi. Crollo 
da tal punto anche nel sacdo suoloJa gia veccbia e flegenere 

potenza latipa (*), e vi sunse iu jna^eqe la signorik vauda- 

^ , __..._' _ 

(l).F_se_do<g_i eouahwsa la nmmtm At^ Mt m to ^de sotto 
■i KoiTiaai,, ocedo far cosa utile agU sitid-osi <della storja .patria., 

riportando i testi della Googrofia di ToJdHnmeo. e AeWItiierario di 

A_ioBiao, cbe oi vjtgQf *w t tuQ. a. icqn>pew^ioijamaBte knsteto. ooro- ■ 
igrafico (JetlisoU e de'8uoi afcitedori y e 41 numer* e la pnghezza 
•delle sue vie wMUari nel seeondo secoip deU'ei» vojgaae.; sqggiun- 
^gendo poi 4 compimento della Jjmi <lpi pretori gia pre^entata in 

questo stesao voluaie (yed, aop^a jiag^^ e seg. col. not 9) 1'altra 
-.Serie dei, pr_fetti„pi;esjdi , proeoi»^li iV <4n«?topi K prQ«uratori augustali 
,e raziopaU dj Sardegna, dail» «iscifa ,0i C. <_£uu» aUa cpduta del- 

l'imp«rg n o9cMeitta)e. :; ; c . 

1 

1. ' ( 

TE_TO DELLA GEOlSRAf.A UI TOLOMMEO (a|). 

• i 

S__dini*i} uwwi-ab « jrna. — T4»i** «wiuu _-*#►>_. — Saadwia 
\insula circumdatur ab orienU Tyrrheno Pelago , a meridie) Aphrico , 
ab occam Stpdm, a septentrionibus vuui qvod ifmm et Cymum 
interluit. Eitu littota tic dttcribimtur..— Ab occidentaji latere : 
Gorditanum promontorium 89- 60.. 38, 45- Tilliutn cvtitat 30, 0. .38. 40. 
Nymphaeus portu* 30. tO, 38. 8Q, tiaermeam, pramoutoritim 30. 0. 
38. 15. rermi /Iuv t . «#« 30. ^5 4 J8.^(;o^.o#<jWl»W?#.pQ. 37 .36. 
Xarrae cioita* 30. 90. .33»-». T*yr¥ pitta, 30, _0,#7t W, ,iV«e//i_ 
.WUa* colonia 30,„a0. 86, 68. flarrt' fiuy, miiajM)- 30, 36. (40.. Pfiaea. 
civitat 30. 30. 3«. 3Q. -SardofaKtri» fmvn 90. -30. 36. 30- NeapolU 
:30. 40. 36. 30. fa.ita ettrema 30. <40, 3&Q. — Meridionalis lateris 
.descriptio : PopWum dvita* 30*. 50-3&, 40. $o|«i <pHuJa*?l. |10, 35. 20. 
5o«ci portu* 31. _K 35. t<*«!#qj\f0»j»l.. 30, 35.j4^_itqea »or.u< 
31. 40. 35. 50. Herculu portut 33. 0. 35. 50. Aora. wtftn. 32. 0,. 
35. 26. /.Mu* adnexum 33, 6- 3flfc 50» fCwMW» Cfi<»»i_« ^omoRtor. 
33. 15. 35. 36, Littus /Snttfmum.33. $..35. 55. — OrienUth> lateris 
. ctescriptio. Caralis, ,civUas ' «* ,promanL .,33* 30. 3^. Q, 'QafafUanui 
:*VMt* J-. ) 10,J6., J 20. «Wttki.,w7_t,3il|. 6A 3«w 40.. SajffltiJlvf, *»Ua 
,33. 0. 37. 0. -upiciut portw 31. 50. 39. *0. Ca^ri-/tiiv. «rtta 0. 
38. 0. Feronia civitat 31. 45. 38. 10. Offita dvttay 31. 40. 38. 30. 
O/oiatMti ^poriiu 31, 40. 38. 45, ,ColymfiarUtm ptomontor. 31, ,45. 30. 0. . 
^rett promuMtoria Ai. 45. 39. , 36. ,S-pte-trk) a«-B rlslerisdeseripbo. 
Errebaniium promontorium 31. 30, 39. 30. Ptubtm •ottita* 31. 80. 
^9. 6. /u?»o/a «ivita* 31. 10. 39. 0. TUmla civilas 30. 40. 38., 50. 
Turris BitsanU citritcu 30. 15. 3S. 50- 7>ne»< at*tem piaaam UMujae 
m«fM ««jsfontrioMa^em Tibulatii «( Corsi, eub ,qwibm Coraoensii «( 
Carmsii. Pottea Ctrnosfta-i, tub quikut Sek)iU_i ^ l^acidrraesii. Posi 



(a) E ricavalo dalla edizione fatlane in Amsterxtam oel 1618, ia 
quale eiatitolata: Claudii Ptnlomaei AltxandrtHi Geographiae Libri Vlll 
i/raece el laline, Opera P. Bertii. Chrislianissimi Ualliarum ftegis Cos- 
mograplii. Amstelodami ex ofticma Judoci Hjoudii, anao MOQXVllL, in 
fal. (ib., lib. 111, oap. 111, pag. 76 e 77). 



»lica,:iaquaie m nan ife^si:lun^ii«istaMe:'Cfln_i-«ki; pheae- 
dente, fu pero barbara e neghittosa abbastanza per aggiun- 
gere ai mali anticbi la sofferenza inerte e (pttsflanim^ dei 

Aesaronenses ,■ sub quibut Cornensii, qui AechUedsii titcunt^r. Post 
Ruacensii, sub quibus Celsitani et Corpicensii. PoU _c^pitahi et Si- 
culensii,"*_6 ouibu* "Neapotitae "?t"VaTentinl, «I qui miixime meri- 
dianakt suvt aahwtanl (Jtafc mddU. <«• MtenstaJai). — tivitatet vero 
mediterraneae Aae, s«tt( . 'EricintHn 31.0.-8» BO. Bra^um jtl. 30. 38. 40. 
Gnrulis vetus 30. 30. 38. 30. Bosa 30, 30. 38. 15. |M_c<|psiM)St. (A. 
38. 16. Ate^trittt» Maenorteni mon/ei 81. 0._ft.O:Gir_lisnw«)80. 30. 
37. 30. Saralapis (P. Salara oppidum) 31. 15, 37. 45. dprnus 30. 3j9. 
37. 45. Aqnae Hjpeilanee 30. 40. _7. i5. Aquap .I.ibitanae (P&L 
LesU.) ai. 0. 3«. 45. fcese 34. 0. 86. 36. Aiyuio )K efapol^ta nae 31. 46. 
36. 10. Valeria. civ_a»iSi; «B..36; 0. -~i*u_te_#er|>irir«a_«rtfint_m 
sutu: Phintoni ttwuia «. 40; 3*. 90. lbva >»_»uJa| 30, 20. .-39. i). 
Nymphaea intula 39. 45. .39. 0. _»roi_is<tn»«teB9ja»i : 9. 0.iBiaba|e 
tneute 39. 30. 38. 45. Hieraeum h. e. accipitrwm ihsulc 30. 0. 35. 4ji. 
Plutnbea intula 30. 30. 35. 30. Ficaria tn#_ia 33. 0, 371 30. Erm^a 
tnnt/a-3 0. 2B..0. • . ! •»'. 



H. 



1 



1 



TESTO DELL' iT_N'ERAHlO WiStOM^ [')' '' , 
. lTBB SiRDlNIAB. .->vlfT-RiS---»-_t _ M_TV T|_P|.is !<£_•!«. 1_ , 

m. p. ccui «tc — Turublum minorem n. _,,i»vi4.( ■Elepha.utariain 
m. xv. Longones tu 9. xii. htHnom M. .r. :M_ru^. ) ^dcleaxia u. p. 
xv. Partum Luguidonis m. p. xii. Fasnm Gariti M. 9> kv. dtffneolof 
m. p. xv. Sulcas m. p. xxxv. ft>r(*een*t_ m.:-, Wlv. parcqpos m,:p. xx. 
Caraittn .M. .». xiu. — .Alio WDntaz _b OLM_Ctsi 14M p, «*xxi». 
— Caput Thyrsi m. p. cn... SarabiU u. amUJtk Bforaii H; P. IUT. 
Caralim m. *. ;x_ii, -+-: A Tisula €_B_LiM m. P. ccxsu ric. — G«- 
mellat m. p. xiv. Lugdone m. p. xsv. Afa/a m.,*. ttxtvj JUolaria u. 
p. xuv. ._fd JUediat m. p. 111. Porum Troiant M. Ip> : _*. Otikoca tf. 
p. xti. Acquas NeapotUamu p. iuh. C_7H*Jtwt m. f. xxxyi. ||- 
„f por(u . Tibulis per compenditm Vlbiam m. p.-xv»..— (Itbm a T*- 

BD— 18 SULC08 M. P. CCLX *ic. Vwtolat <M. R, «_«.!_ ^tfffu*» M. P. XXljt. 

UercuUm m. p. xxh. _!_ jTurrem m. p. xvui. «oraift m. p. xvit. 
Carbiam M« P- ivi, Bosam M. *i xxv. Cornos u. p. xviu. 7_arr4t 
m. p. ivbi. Othoca u. b>. ni. Ntapolim m. p. xviii. Metalla u. p. xxjf. 
Su/eo*"M. p. Tii. — Item * SvlCis 'Hd___ m. p. lxviii. re^iu/i 
m. p. xixiu. Noram u. p. 1_xy. _< Cara/i Noram u. p. xxxh 
ITINERARIUM MARITIMUH UtTBA Sabwni-M et Italiam. — /n*uj 
/iva, de Tutcia a Popvlonio tiadia «c. Intula Planasia, inter Ilval 
et Planatiam tunt, siadia ic. /n*ttfa Aegilium a Cosa stadia xl 
Intbb Sabdiniam et Afbicam. — /n*u_» Galata a CaralUde SardintU, 
«taata vccxxx. £K a Tabraca ex Africa, sfadia ccc. /nsu/a Pafmari*, 
wtotr *w»tc e( Gwtotain, vrtedttt ilv. /n*__t j>MaM ,:it<«la Vuiturfy 
ttnte pfommtorirm ApoUinU. Aegimurut wuufet a Carthagint 
ttadia ccxxx. '■ 



'*) E ricavato datla edizio-e faltane in Ai_ster-.ro _el 1619, h <f«_|~ 
baper titojo : Itinerarium Antonini Imperatoris terrestrc et maritimuik ijtc,, 
«lenie P. Btrlio Ckritlianisiimi GaUiarum tiegis Cosmp.graphi. AiJM^e- 
tedami, ex oukina «Htdeci Hondii, anno MDCXIX, in fol. (ib .pag.5e Si). 



III. ■ 

8-BI- tStl PHEtETTI , Y-ESrbl , PROCONSOXI, PBOCCHATOBI ABCtSTALI E BAZIONALI Dl SABD-GN- , DA-t.A ' N-BCtTS Dl <B. «. 

FINO ALLA CADUTA DELL* IMPKBO BOMANO W OCCHtENTE. 



A n ni 


dine 


P. C. R. 


0 

_ 

S5 


56 


1 


t*. .. 


. 3 


154 


3 


161 , 


* 


184 


. 6 




6 

' 7 



Nomi 

dei Prefetti, Presidi, Proconsoli, Questori, 
Procuratori augustali e Razionali 



. Vipsatuo Len» (a) 

Subrio Destro, Prefetto e Proconsole , 

Gelasio, Preside 

Settinaio Seyero , Questore . , - , - • • - 

Lucio Ragonio, Proconsole. , 

Lucio Balbio, Prefetto e Procuratore auguslale (b) 

QuiDjto Coscpnip , Prefetto e Procuratore «vguslale (c) 
ta) Sebbe-e Tacito imm draa es^renanente <pa_e ibsse la q_eJita 
pubblica di Vipsahio Lema, scriyendo tuttavia clie fu coodaattato 06 
Sardimam prvvinciam avare habitam, indica abbastanza ch'egh ebbe il 
supremo comando deU'isola. 

(b) II tempo in eai Lccto Balbk» govemo ta 'Sardegna _o« si rieava 
_ai moaunenlo lapidario, che ae prwva la esuitenza. Lo credo pero 
anteriore all'ela di Hazio Costante e di M. Ulpio Vattqre per le 
ragioni gia da mc allcgale in altro luogo del presente volume (supr. 
pag. 74 , col. _•, in not.). E peT gli stessi motivi bo collocalo dappresso 
• qwelle ii I.dt.io Balbk) i norot di Q. Coscomo , di C. Asiwo Tc- 



AAitori e MoQumeaVi 
che 

ne provano VetUtensa e il tempo 



Tacit, Annal., XIII, 30. 

Iscrizione Macomeriana (supr. pag. 67, cot. 1», in not.). 
Act. Martyr. S. Potiti, a,p. BoUand., tom. II, jan., p. 753. 
Sparlian. , /n vU. iSevtri. 

Iscrizione Gmleriotta ( sopr. pag. 70, col. 3», not. 3). 
Iscrizione Muratoriana (supr. pag. 73, col. 1», in not.). 
Iscrizione Muratoriana (supr. pag. 73, col. 1", innot ). 

cnaiANO, e di P. Visio, i quaK geveraarono 1'isola in anno parimenti 
incerto. 

(e) A QuiNTO Cosconio Fronton-, figliuolo di Marco, e dedioatb 1; 
seguente iscrizione onorarta, scolnita sul marato, ehe eonS-rvaii h*l 
museo della Regia Universtta degli stadi di Cagliari : 

m . f . fbontoni 

a cos . ad—k cto . praef . coh 

. . . i . trib . mil . l . . . . i . ital . proc . algg 
. . . ctio . «x . — er . vta . pontvm . et . bithy 
bt • pontati • mbmtebranevm 

22 



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84 



DISSEHTAZIONE 



mali novelli, e per imporre ai SawH icol mutato impero le 



sole mtriate ferme deita loro iodedioabile serritu. 





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A n n i 


)rdin 




-b 


P. C. N. 


B 








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10 




11 


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13 


302 


14 


Qft/I 


15 


OUU 


16 


oUJ 


17 


304 


18 


308-U 


19 


315 


SO 


316 


31 


319 


23 


325 


33 


340 


94 


353 


35 




36 


363 


27 


375 


38 




29 


383 


30 




31 



o m i 



■ 



dei Prefetti, 1'residi, Proconsoli, Qucstori, 
Procuratori augustali c Raziouali 



_ 

Caio Asinio Tucuriano, Proconsolc 

Publio Vibio , Preside e Proconsole 

Razio Costante, Preside 

Marco Llpio Vittore, Prefetto e Procuratore augustale (o) . 



Autori e Monumenli * 

N$* -tiioiia {/'^jj- ; ,it (».!o.;u '•)<:!«( kd />•• 

ne provano l'esistenza e il tempo 



Marco Calpumio Celianol, Prefetto . . . 

Gianuario, Procuratoro augustale 

Marco Elio Vitale , Preside 

Julzio o Giulico, Presidc 

Barbaro, Presido 



Flaviano , Preside 

Delasio o Delfio, Prcside 



Settimo Gianuario, Preside 

Costanzo (6) 

Gerulo, Razionale 

Festo , Prcside 

Eufrasio, Razionale (c) 

Callepio, Razionale 

Dibulcnio Restituto, Preside 

Valcrio Domiziano, Procuratore auguslale (d) 

Massimino (c) 

Laodicio , Preside 

Natale, Ducc e Preside (/") 

Matroniano, Duce e Preside 

Benigno {g) 



PHLAGONIAM . PROC . AVGG . ITEM 

. . . CTIG . XX . HER . PER . ASIAM . LICIAM 

GIAM . GALATIAM 1 ET 1 INSVLAS 

. . . CLADAS . SVB . PRAF. . ANN. VRB . PROC 
AVGG . AD . VECTIG . PR . GALL . PROC 
AVGG . ET . PRAEF . PROV . SARDINIA» 
OPTIMO • ET . RARISSIMO . PRAKS 
T . SEMPRONIVS . MCTOR 
OPTIMO PRAF.TORI 



La medesima , se si eccclluano alcnne insignificanli variazioni , e 
somigliautc nel complesso alfallra iscrizione pubhlicala <lal Muralori, 
e da mc riportata piu avanti (pag. 73, col. 1» in nol.), colla di cui 
scorla percio si possono facilmenlc supplire le poclie lacunc cbe vi si 
scorgono. La sola dilTercnza sostanziale fra 1'nna c 1'allra si trova 
nelle ullime tre lince , giacche nclla Muratoriana si lcggc : Opiimo et 
sanctissimo praeposito , Lucretius VCC Tabularius prov. Sard.; e in 
quesla di Cagliari : Oplimo et rarissimo Praesidi , T. Sempronius 
Victor , optimo Praetori. 11 lilolo di Pretore dato nella prcscntc iscri- 
zionc a Quinto Cosconio dimoslra chiaramcnle chc 1'eta della lapidc 
Qon pu6 essere mollo posteriorc al nono secolo di Rnma. E siccome 
d'allro canlo gli sono tlali cziandio i titoli di Preside , di Prefitto , e 
di Procuratore augustale in Sardegna , ne deriva di eonsegucnza chc 
i supremi governanli de!T isola crajio rivcslili delle suddclle qualila 
prima dci tempi di Coslantino Magno; c qnindi sono eflicaccnientc 
cnnfcrmate da quesfaltro nionumento le ragioni da mc addoltc a tal 
proposito, allorchc mi tocco discorrere dcl tempo preciso della ri- 
staurazione del Tempio della Forluna ucll'anlica colonia di Torrcs 
( Vcd. sopr. pag. 72 , cl. 2 a , not. 2 ) 

(<i) Oltrc allc vie da Cagliari a Olbia, c da Nora a Bizia (vcd. sopr. 
pag. 74, col. 1", in not ), Marco JJlpio Vittore fece riparare la via 
provinciale da Tarros a Cornus , essendone rimasto il ricordo in una 
colonna miliare , che altualmente esisle nelCatrio della licgia Cniver- 
sila degli sludi di Cagliari. L' iscrizione che vi si legge e in alcunc 
parti corrosa dal lcmpo , cd e la segucnlc : 



. ■. . . v rvs 

• • ■ »v . . . , 

PONT . MAX . TRIB . POT .... 
PP . 1'ROCOS . VI \M 
nVAF. . nVCIT . A . TIIAR 
ROS . CORNVS . VE 
TVSTATE . CORRVP 
TAM . RESTITMT . CV 

RANTE . M . VL 
MO . VICTORE . E . V 
PROC . SVO 

Vllineraria di Antonino , e lc altre iscrizioni dello 6tesso Marco 
Ulpio Vittore da me riportatc piii sopra ( pag. 74 in not ) som- 
minislrano i supplcmenti da farvisi, clie sono: 

. 

M . P . XVIll 

IMP . CAESAR 
IVLIVS . PIIII.IPPVS 
FE1.IX AVGVSTVS 



Iscrizione Muratoriana i,supr. pag. 75, col. 2=, not. 1). 
Iscrizione Gruteriana (supr. pag. 73, col. 2 a , not. (d) ). 
Xiphilin., Epitom. Dion. LXXV, 16. 
Iscrizioni di Torres , di Nuracheddus e di Terranova 
> (supr. pag. 73, col. 1», e 74, col. 1*, in not.). 
Iscrizione di Fordongianos (supr. pag. 67, col. 8», in not.). 
Iscrizione di Tclli (supr. pag. 75, col. 1», in nol.). 
Iscrizione di Fordongianos (supr. pag. 68,col.l", in not.). 
Act. mart. S. Ephys., ap. Boliand., lom. X, jan., p. 998. 
Act. martyr. Ss. Gavini, Pi oth. et Januarii cx cod. Turril. 
relat. a Baron. in not. ad Marlyr. rom. , ad diem 
25 octobr. 

Act. Vilae S. Juvenalis ap. Bolland., tom. I, januar., 
ad diera 15. 

Act. marlyr. S. Luxorii, ap. Bolland., tom. IV, august., 

pag. 416. . , 

Iscrizione Turritana (supr. pag. 76, col. 1», not. 2"). 
Lib. VIII , tit. V , leg. 1 Cod. Theod. 
Lib. II, tit. XXV, leg. un. Cod. Theod. 
Lib. IX, tit. XL, leg. III Cod. Theod. 
Lib. XII , tit. VI , leg. II Cod. Theod. 
Lib. X , tit. X , log. V Cod. Theod. 
Lib. XI , tit. VII , leg. VII Cod. Theod. 
Iscrizione di Tetti ( supr. pag. 76, col. 1*, not. I 1 ). 
Ammian. Marcefl., Rer. gcstar. XXVIII. t. 
Lib. IX , lit. I , leg. XII Cod. Theod. 
Lib. IX , tit. XXVII , leg. III Cod. Theod. 
Ibid. • ■'• > : 

Symmach. , Epist. IX , 39. 

siccome il titolo di Procansolc dalo allMmpcralorc Giulio Filippo indica 
aperlamentc , che 1'iscrizione apparticnc al 246 delPera volgaro , per 
le ragioni da me allegate nel luogo gia oitato di queslo medesimo 
volume ( pag. 74, col. l a , in not. ), 

(4) La lcgge, che 1'imperalore Coslanliuo indirizzo a CoSTARZO ncl 
22 gcnnaio del 315 , non gli attribuisce veramcnle alcuna dignila ; 
ma dall' esscre slala la stessa legge acccpta Caralis, e sancita per 
protcggere 1'agricoltura sarda, si puo argomcntarc che Costanzo fosse 
preside di Sardegna. E scbbcne nello stcsso anno 315 egli si trovi 
rivestito dclla eniineDte dignilii di prcfelto dcl prctorio d ltalia ( leg. 
I, lib. VIII, lit. IV. Cod. Tlicod. , de cohortalib. ) , tutlavia cssendo 
quest' altro monumento imperalorio dalato nel 28 aprile , c qnindi 
posteriore di tre mcsi alla gia cilala lcggc , non e improbabilu che 
Costanzo salissc dalla presideuza sarda alla sublime cariea della pre 
fettura italiana. 

(c) Di qucslo Eufeasio parla Simmaco nelle sue Epistole ( lib. IV , 
59 e 60 ) ; c al mcdesimo e pur diretfa un' allra lcgge di Coslantino 
in dala dcl 19 luglio del 315 (leg. 1, lib. XU, lit. VII, Cod. Theod., 
De ponderalonbus }. 

(</) Vcd. sopr. pag. 76, col. l a , not. 1. 

(e) Ho gia riporlato a suo luogo ( supr. pag. 80, col. 2 a , not. 5) 
il teslo di Ammiano Marcellino, che prova indtibilafamcnlc cssere slalo 
aflidato a MasSimino sotto 1'impero di Valcnliniano il vecchio il supremo 
rcggimenlo della Sardegna. Non pcrlanto, siccomc il prcdctto istorico 
non lo qualifica prusidenle, mi sono astenulo ancor io tlaU'atlribuirgli 
silfatlo litolo. 

{f) Non si puo assegnare il lempo preciso della presidenza di Natale; 
ma e ccrto cho qnesl' ullima fu posteriorc a quella di Laodicio , e 
anlcriore alPaltra di Matroniano. (Vcd. snpr. pag. 82, col. 1», not. 1). 

(g) La lellera di Simmaco da me riferita pcr intiero (sttpr. pag 82 
col. 2 a , not. 2) uon ispiega con qual carallcrc cd in qual anno Be- 
Nigno sia slato mandalo a Sardegna ; ma io consento atV opinionc del 
Golofredo, il quale crede chc fosse ]ircsidc dcll'isola. c che nelPcscr- 
cizio appunlo di lale carica cgli abbia provvcduto abbondaiilcmcnlf 
ai bisogni delfannona romana. 

IV. 

Terminero questa lunga nola riporlando M' allra memoria de 
tempi romani conservataci da un passo di Palladio, cho non fu av 
vertilo dagli scrittori sardi. Parlando egli ne' suoi libri Oe re ruslica 
del modo di piantare e di allevare gli albcri di cedro , dico fra le 
altre cosc : Asserit Martialis apud Assyrios pomis hanc arborcm 
(i. e. citrum. ) non carere ( al. leg. nunquam carere): quod ego in 
Sardinia ct in territorio Neapolitano in fundis mcis comperi (quibus 
solum et coelum tepidum est, et humor exundam) per gradus quosdam 
sibi semper poma succcderc , cum maturis sc acerba sukstituant, 
accrborum vero actatem florenlia consequantur , orbcm qucmdam 
continuae foecunditalis sibi ministranle nutura ( lib. IV MarL , X , 
16). Palladio adunque possedeva terre iu Sardogna, e vi coltivava 
con buon successo i cedri , che rispondevano generosamcntc alle 
sue curc, produrendo grala copia di frutti.e soslilucndo gli acerbi 
ai raaluri con rotazione conlinua di quasi pcrpetua primavera 



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9RVUK. 



•85 



PERIODO VANDALICO. 

•..*.•> • '• ! ••: y;; '■• ' ' 

Guidati da fienseruw, e chiamati da Booifaci» ©eete det- 
1'impero, che IMnvidia e le calunnie d'fftlb «forzarono a 
ricorrere agli aiuti stranieri, i • Vandali, parUU8i')#alla BeUca, 
e traversato Io strettoche dJrfde UMediteftaiTeotfitfAtlaoUed, 
f c, N. 4 ig. invasero nel 429 delCera volgare O) le coste settentrionali 

Danqne la rotrodurione di qaesta pianta nejtttaola^doe- riferirsi per 

10 meno aJla meta del, qainto secolo , giacche pare jndnbitato cke 

11 soddetto Palladio fosse figlio di Esaperanzio prefetto delle Gallie, 
occiso in Arles nel 4*4 delfera volgare , e che poKosse adottato 
da Namaazrano Claudio llutilio sao congianto , il quale, lo avea 
accolto in Roma per istadiarvi la giarisprudenza ( Bartb. e Rivct,, 
Storia letterar. di FraM. , II, 997); Cro si deduce , nohisoto dal 
nome di Hntilio ch'.egU aggiohse agli altri snoi <K Tauro BnuUano, 
ma eziandjo da on tuogo dell' Itinerario del secondo sno padre , ' 
dove leggesi : 

Tnm dUeeHurus , studtU urbUjue remUto 

Palladium, generU spemque decwqve ,um. 
Facundu» juvenit Gallorum nuper ab arvU 

MUsus, Rdmani ditetre jura' fori. • 
Jlk mtat secum dvltUtma vncvia atraei - 

Filius adfectu, stirpe propinqms habett ., ■ t ■ 
Cuius Aremoricai pater Exsuperantius oras 
Nunc posWminium pacU amare doceU 

RutiL; Itiner., l r 308. 
Gli ultimi due versi accennano alla pace delle province Armoriche, 
dappoiche Esuperanzio ne caccid i Goti , lo che accadde poco prima 
del 494. Quindi in tal tempo *PaItadio attendeva m Rema aglistudii, 
e per eonsegaeoza it fatto doHe sve possesstom ih Sardegna ( «he 
pTobabilmente avea ereditato da Ratilio) e dei cedri o rortaranci 
oh'egli vl eoHjvava, deve rifefirsi a «raalc«Mdano> deglt Mnt poste- 
riori al 494, essia ai tempi detl' imperatore Valentiniano III, cbe 
fhrono gli estremi della deminazkme occidentale dei Remani neirisola. 
Procedendo piu oltre colle indagini , potrebfoesi eospettare , che il 
hiogo in eni PaUadlo attese in Sardegira alla colWra dei cedri fosse 
1'antica Neapous notata neU' Itinerario di Antonino , e collocata 
enoneamente da Tolemmeo.fra le eitta marittime (Geograph, HI, 
3, tab. VH, Europ.), dalla craale trassero il nene i Sardi neapoHH 
e le aquat neapoUtanae rarrimentate dal medesimo geografo (loc. cit.), 
e i popoli neapolitani ricordati da PUnio ( HUtor, natur. ,111, 7) 

0 piu gerteralmente 1'agro neepolitano, cbe si estondeva dall'attaale 
riUaggio di Sardata alPaltro di Arbus neUa parle oecidentale del- 
Fisola. E veramente in questo tratto- <ft paeee tolum et coetum , 
faptdwn Mt, et humor exundans, come dico PallaeTto delle sae pos- 
seasioni sarde in Urritorio neapoMano, e si trotano acque oatde 

e salubri, cbe daUo stesso aotore sono riputato efBcacissime- per 
far germegttare la eemeote dei cedri: tria grana deorsum verso 
ocumine juncta constituet, et obruta quOtidie rigabU. Citius procedent, 
ti bentficio aquat teptntU utaru {De re ruttica, lifo. IV Mart, X, 11): 
al che poi aggivngendo la mancanza della particola et notata dallo 
Schneider nel Codice Gronoviano di PaUadro , nel quale si legge : 
quod ego in Sardinia nt territorio neapolitano in fundU meis comperi, 
a avra nna serie di ben fondate conghietture per argomentare che 

1 fondi Pailadiani esistevano nelfaccennata regione deUa Sardegna 
remana. Ha io non voglio essere cosl tenace di questa mia opinione, 
che percid rigetti 1'altra del Sanfelice, U quale interpreto 1'accen- 
nato hsogo di PaUadio a favore deila Terra di Lavoro di Napoli : 
Palladiut quoque hie agent ( i. e. Campaniae ) de eadem re ruttka 
pnecepit , deque citreorum cultu , quae primus ipse demonstravit 
Itatiae ( Anton. Sanfel. , De titu ac orig. Campaniae , pag. 7 , ap. 
Bormanm. , Thesaur. antiq. et hUtor. Ital. , tom. IX , part. I ). Im- 
peroccbe non si puo niegare, che PaUadio possedesse terre in 
ItaUa , e ctae le coltivasse , facendone testimonianza egli stesao 
nel libro IV di detta sua opera (Mart., X, 94); ed e qoindi moito 
prebattle cbe ne possedesse eziandio nelia «ampagna di Napoli , 
gia tanto celebrata fin dai tempi romani per la straordinaria sua 
fertilitk Per6 in ogni easo cio non esetnde , che queh"insigne 
aorittare di cose mraU fosae al tempo istesso possessore di altre terre 
in Sardegna, giacche ia tal rispetto e troppo ohiara e precisa la sua 
narrarione, per non potersene ne doversene dobitare. 

(1) Sebbene il passaggio dei Vandali dalla Spagn* in Africa si 
noti conMmemente nel 499 o 498 ( P. C. N. ) , e il Roinart segna 
questo oaicolo ordinario neUa HUtoria pertecutionU vandalUa» 
( part II , cap. III , pag. 493 ) , tnttavia il Pagi ha dimostrato con 
ottime ragioni ( Critic. Baron. , tom. II , pag. 905 e seg. ) , e spe- 
eulmente coll' autorita d' ldazio , la qnale in qnesto rispetto e di 
molto valore (Chronie. Idat, pag 99, Scalig.), che un tale avreni- 



det ««ntureate africanoi feroei o b*Mmqt l#t iadole, e 1 '^»- 
vernati da an capc ambizioso ed intrapwfodente , ranerhiar 
rono ed ampliarono hi breve tempnv sia collc vittorie ohe 
oagli acoordi , la primiUva occupazione e quindi fattiai 
ardtU a corsefgiaj* «ul mare, spinsero le aavi loro dailte 
adaste spiagge4ett» Mauritaaia alla ferUU e vicine tecre detlh 
Sardegaa. RrpetoU e improvvisi assalimenU, sacoheggi v la- 
trocinii e rapihe; fdrono ii primo frnlto deHe cmdeH loro 
pirateriei 3 ); raa poi no« contenti dt solevprede, oonqnis|ate 
senhpre co' pericoli , e bruttate spesso col saague, ambiron* 
dt reridersi padroni assoloti dell' isola inUera. L abbandono 
in cui essa giaceva pel deolinamento delT impero occidenlale, 
« la misera prasmU) dei Sardi, percossi , • aftranti e avviliti 
-dai una serie iagrimevole di secolari svehture, somministra- 
rono sgraziatamente 1'occasione favorevole ai disegni di do- 
niinio ch'easi andavano maturando. lyeggiamp infalU in Vilr 
tbre Vitehse, che hella mela deLquiate saeoio, e precisamente 
dopo la uorte deU' imperatore VaienUniano III ( 455.) , H p. c.n. 
superbo e feroce Genaerico domino con es«lusivo potere 
1'Africa tutta non solo; ma la Sardegna etiandio, la Stouta; 
la Gorsica e le isole Baleari ( 4 ). E.dallo stesso VUtore sapr 
piamo cbe da tal punlo il giogo vandalico pes6 stabilmerite 
sopra i Sardi , e cbe nella barbarie e nelle persecuziom non 
fu dissimile da queUo che afflisse per tanto tempo le pro- 
vincie africane. lmperocche Genserico, ariano di credenza , 
invel crudehnente conlro i seguaci della fede ortodossa, 
mando in eailio i vescovi cattolici che reluttavano virUmente 
all'errore gih colpito dairanatema conciliare di Nicea, e nel 
governo dei popoli, che la forza soitopose al suo cotpando, 
esercit5 la peggiore delle lirannidi, violentando i sudditi a 
consentire servilmente nelle sue opinioni religiose. Ma i mali 
eofferti datla ohtesa sarda per le vessaziooi di queste re 
tlogmatico ed hhpelnoso, tion ebbero nemmeno chi ii rac- 
coutassc ai posteri per, commi^erazioue degli oppressi e per 
'• . ii •• ■ 

mento ebbe hlogo nel maggjo det 499. ln quanto poi alle gare 
cortigianetche di Ezto e di Botaifacio , ad'arte usata dal primo presso 
fimperatrioe Placidia per perdere il sne rivale , e al trattato con- 
chiuso dal secdndo con Genserico OGontario netfanno preoedente, 
vedansi fra gli attri Procoplo ( De bell: vandat , lib. I ) ,' Idazio 
( loc. cit. ) , Teofane ( pag. 80 , Murator. ) , e la Storia mUcelkmea 
( HUt. mUcell., llb. XIV, pag, 04). 

(9) Nel 430 sconfissero Bonifacio ed Aspare capitano imperiale, 
e posero 1' assedio a Ippona , citta della Numidia ( Possidius , Vit. 
Augustin., cap. XXVm. - Idat, Chron., pag. 93. - Prosper., Chron., 
pag. 194); nell*ll febbraio del 43S Vatentiniano III cedette lord , 
in virtu del traltato conchiuso con Genserico , totta la parte det- 
PAfrica che.gia occopavano (Prosper., Chron., pag. cit.-Cassiodor., 
Chron. , pag. 367. • Isidor. , HUtor. vandai. , pag. 733-34 , edit. 
Grot - Procop., De bell. vandal., lib. I); nel 441 si resero padroni 
di Cartagine (Salviah., De gubernat. Det, lib. VI , cap. XII , e lib- 
VII c. VII ) ; e nell'anno segnente ottenriere dal suddetto Valenti- 
niano III la pacifioa possessione delle loro oonquiste : Cum Genterico 
autem ab augusto Valentiniano pax confirmata , et certU tpatiU 
Africa inter utrumgue divUa est. DUponens quoque ( Geusericus ) 
singulas quasque provineias , sibi Byzacenam , Abaritanam atque 
Getuliam et partem ISnmidiae reservant: tseercitui vero Zeugitanam 
vel Proconsnlarem funiculo heredUatU divUU; Valentiniano adhuc 
imperatore reiujuas , lieet Um eaterminatas provincias defendente 
( Victor. Viteos. , De perseeut. Vandalor. , lib. I ; col. *80 , edit. 
paris. tert., per Hargarin. De-la-Bigne, MDCX, in-fol. ). 

(3) Africae oecupatione non contenti, piraticam in tnari cxercentet 
(Vandali), Siciliam, Sardiniam, Corticam et ltaliam ipsam latrociniU 
el praedis vexarunt (Onuphr. Panvin., Imper. rom., cap, XX VIII). 

(4) Post mortem eius (i. e. Valanliniani) Gensericus lottus Africat 
ambitum obtimrit, nec non tt insulas maximas Sardiniam, Siciliam 
et Corswam , Maioricam , Minorioam, et alias multas , et superbia 
sibi consueta dtfendit { Victor. Vitens. , De persecut. vandal:, lib. I, 
col. 780-81 , edit. praedict.). 



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DISSJBB.TAEIONE 



abbomuuo deglj oppressori ; e mto sojawenle stette ftftgine 
4i ViHfitne h wmwh aceria e dotorosa della verita dei 
patimenli, e H desiderio o la aperanza ebe il mwisterto 
degli soriUori ne faeesae pervenire i rieordi lameatevolii aJle 
ftiinre generaaioni C 1 ). ~Nella oseurila nan parlaflto di quei 
tempi calamitosi <la Sardegna diede al moad» cristiano mo 

p.c. n. 461-467. <|ei piu splendidi ,8noi ar»anienti' nella perswaa d'ib)rio, il 
quale , sncceduto a S. JLeone , tyagno aael pootificato , se non 
euperd l illustre euo predecessore aeHaglarwsa maesta del 
trireg*», k» ewilo cer4amea»e aella sanlitia deije aakwi ., 
nella magnificenza deUe opere , e nelLa isublimila della fade 
e -della eristiana carita (V. 

Passeggiera, e di verun lenimeeto pe"/Sardi fu loccupa- 
ztone dellisola quedi fatta dalle sqaadre imperiali oapiU- 
p. c N.461. nate da MarceUiano (A6S 9. d N.), cbe le preghiere di 
¥ ilanco s e le promesse di larghi premii ricondussero aH.ob- 
bedienza verse Leone im^eralore di Orienle ( 3 ). .Perohe /al- 
■ lita poco appresso.la ispedizione navale afBdata ai comano* 
di Basilisco, e sonpresa e sperperala da Geaserice la pode- 
rosa iflotta di ieone e di Antemio j Vandali ricupera- 
fono la Sardegna, evisi mantermero slabilmeute Sno all'eta 
<b Giustisiane. Unoerico iofatti, dopo la rooute di Genserico 

p. c. n^77-5*i. sw) padre (477), vi regne iirannicamente per otto anni ( 5 ), 
vi relego i catlolici che, prefevendo Tesiglio aUo spergiuro, 

(1) Quoe autem in Jtispania, Italia, Dalmalia^ Calubria, Apulia, 
Sicilia, Sardinia, Brutio,Lucania,Epiro vel Hellade 0M«'t(Gerisericus) 
mclius ibi ipti quae passi sumt misersiritUer tugenda narrabunt (Vietoit 
Vjtens. , De persecut. vandal., lib. I, col. 786, edit. praedict. ). 

(9) Ln vita di S. llario e le gloriose azioni del suo pontificato si 
possono leggere -nel mio Dixionario biografko dei Sardi ilhtstri, 
ffol. II, pag. 173 e seg. 

(3) Ved. Priscus, Exc. leg., pag. 29 e 30, edit. Uoesch., pag. 45, 
edit. Reg. Paris. - Procop., Be bell. vandal., lib. T, pag. 3i5, edit. 
SasM. MDCXXXI. Quesfultimo scrittore riferisco altresi 4* prontezza 
e la facUiii) colla quale Maroelliano sconfisse i Vaodali in Sardegna, 
e dice in brevi parole : Leo igitur hunc metuens (i. e. Marcellianum), 
otnnibus modU sibi conciliatum , tn Sardiniam misit , ut eam a 
Vandalis liberaret , quod breviter ac facile factum fuit ( loc. cit. ). 
Marcelliano era p.igano, e patrizio di Occidenle. Dopo la morte di 
Ezio , di cui egli era stato «jnico , si ribeUo in Dalmazia contre 
1'imperalore Valentiniane , e fattosi un gran segnito di partigiani , 
st mantenae per alcoai «nui aella indipendenza. ffeUe GaUie fa 
tramata eziandio tina oeogiura per proclamarlo imperatore , come 
si ricava da Sidonio ApoUioare: cumque de capessendo diademate 
comuratio MarceUiana coqufirvtur ec. ( epist. 1 , 1 1 ); ma non essende 
riuscita a boon fine, egli fu avuto sempre ip sospetto dagl'imperatori 
d'Oriente e di Occidente. Leone io persuase per mezzo dt Filarco 
a rjtornare all' antica obbedieaza , ed egli lo servl coa fede e «o# 
valore , caceiaado i Vandal j dalla Sardegna e dalla Sicifia. Ma aen 
si tosto ebbe conquistato to deUe due isole alCimpero, fu assassinale 
•ejUa secenda dejle medesime per tradimento de'suoi collegbi nelio 
stoaso anno 468 dejrera vplgare. Ved, Marceltin. , pag. 43 post 
Enseb. Scalig. - Damasc. apud Ph#t., cod. 24J ,£<#. 1048. - Jorpand , 
fie reb. getic. , cap. XLV ), 

(4) Ved. Priscps, Eacc. itg., pag. 61 , edit. Uoescb. - Theophan., 
Chronogr. , pag. 99 e 100. - Theodor. , Lect. , lib. I , cap. XXV. 
- Candid. apud. Phot. , cod. S43 , col. 173. - Evagr. , Hist. eccl. , 
Jjb. II, cap. XVI. - Zonar., tom. III, pag. 41. - Marcellin., Chron., 
pag. 43. Alla aconfitta di Basilisco e della flotta imperiale posta 
sotto i suoi ordini si riferisce la segqente narrazione di Procopio: 
Giterichus autem, ubi Sarduttam ac Tripolit* captait audivti ( a Mar- 
ceUiano ) , simulque Btsilisoi cdassem ingenlem anmadvertit, Leonem 
imperatorem ut admodum incxpugnabUem formidare. eoepit. Taniam 
itaque victoriae occasionem omisit ducis (BasilUciJ tive lardHas , sive 
ignavia, seu etiam praditio (De beU. vandal., lib. I , pag. 3fc5 , edit 
fWMd. ). 

(5) Victor. Vitens., De perseeut. vandaL, lib. II, coi. 810, edit. 
praed. Veramente questo istorico contempornneo assegna al regno 
di Uanerico la durata di aette anoi e dieci mesi; raa siccome qui 
•wn trattasi di an esatto compulo cronologico, ho creduto di aoa 
saancare alla verita, contando co'sette gia compioti anche 1'ottavo 
anno pressoche Unito , nei quale quel re ariano domia6 crudekaeate 
in Africa ed in Sardegna. 



non vollero rinnegare la fede degii avi loro per professare 
gli errori dell'arianesimo ( 6 ), rannovero poco dopo fra le 
sette provincie del vasto regno africano ( 7 ) , e nel 484 del- 
l'eta velgaie ffbiaia&aCai-ita^iealQuni dei anel vescovi per 
cooferire inuUlmeate «uUa credetwa ortodossa, cbe egli «vo- 
leva CDmbaUefe, faoendoli ipoi cenfioare in lontane pegioni, 
percbe avea»o ireststite -009 i**ttta eostanza aise di lui vio- 
leati minaoce e alla squksfta barbarie de' suoi maltraua- 
menli ( 8 ). L'umanita di Gundabondo, che sall dopo Unnerico 
sul titono vatadalioo . seHw^ gl' isobnt nusew e trasa^iati 
dallo sofTerte persecuzioni (484-96); ma queste st risveg^lia- p. c. 
ronu solto il rcgno di irasamendo , U quaje, pen polendo 
smuavere ta costanza dei veri credentt, ne con trtandrzia di 
fallaci.promesse, nh cob crodezzaxli divieli « di ordinazioBi, 
,fece segno delle s»e feroci vendette i veneraiidt i pastori tWle 
'chiese africane ^). La Sardegna partecipo arfcdf essa atle 
conseguenze deplerabUi del &ist£tna *li oppnessione da lui 
adottato contro i seguaci del cattolieisow ; e il solo compenso 
de' suoi patimenti fu 1'ospkio gen.erbsq.che trovarono nel suo 
seno i vescovi iHustrt ch' et M e«*f»6 per tantt anni (507- 
523) ( ,0 ), e lo splendore di cui rifulsela cattedra di S. Pietro 
per l eroica fermezza e r>»slaBcab»ie soUeoitudine di S. 
Simmaco , destinato dal Cielo a reggere in tempi cosi pro- 

(1 . (6) Cewef prim? t^rantm* (i e. ftn&arieas ) liuuifme terribMi, mt 
mtmo in eius palaU* militaret, pteq *e puMicae ageret aotionet, nin 
tme arianum feeisset. Quorum ingen* munerus vigore. imtictu* , ne 
ftdsm penderet , mlitism temporairm abwit. Qum postea ddmibus 
proiectos ,. «mttiqtit . substantia lexpolialos , in inmlas JSiciliam et 
Saxdiniam relegavk. (V.iotor. \Hms.,,De peneeut. vandaL, lib. il, 
Cot. 790, edit. praed. ). 

(7) Vict. Vitoas., Dt persemu ncmdajL., ]ib. JV^ is BHliotk. vet. 
J>P., tom. VIII,pag. «89, edit. Lugd„ MIMXXXVII. te sette prevdnce 
.erano la proaonseiare , la numidiea , la tiwcena , la j w aa i it am e a 
cesariense , la mamritanica sUifense , la impolitana e ia aiaoa. 

(8) I vescovi sardi caiamati a queUa famosa coafereoK»toaata ia 
Cartagine il 1° difebhraio del 484 ( aano VUJ det regno di Unnerico) 
fureno Lucifero II di Caglieri, Martiniane di Eoro-Traiaoo (Fankm- 
gianos) , Vitale di Soki e Felice di Torres ( Ved. Tsta , JHxian. 
biagr. dei Sardi ill., vot II, pag. 9fr, 196, »3«, e wo>. HI , pag. 307). 
£ssi sottosorissero, alla professione di fede (fidei coMolysae rirsiniii) 
presenlata a Unaerico da Eagenio vesoovo cartagifiese, oorae ai aa 
da Gennadio (cap. XGII), e i lere aomi si vedono segnaGL intMme 
agli aitri dei vescovi delle isole Baleari , e di un vascovo di seae 
iaeerta, nel modo segaente: 

PiOMINA EPISCOPOBTH UiSV.LAB SAaMNISB. 

Lucifer, calaritanus. Fitaiis, sukHtmm. 

MarUnianus , de Foro Traiani, Feliec de Turtibus. 

Bonifacius de Sanafer. H*Vsu dt Maioriea. 

Macarius de Minoriea. QpiHo *k £«tu».; 7;; 

Sunt nxtmtro Vlll • s ., ., 

( Ved. Sirmoad , Notit. pravinc. et cii/it. ecoles. afric , edit.,t6aft 
-Mansi, Ss. concil. nov. <f ampl. eoiiect., lom. .VII, c«L 1*64); ..'•.> 

(9) Vit. S. Fuigent., «ap. XVI , «aud Sarium ( die t iaauav/:)i 

- Baren., Annal. eccl., «d ann. 504, nura. 33. 

(10) VU. S. Fulgeul. , loc. cit. cap. XVI, XX, XXI, XXII, XXtr. 

- Baron., Annal eccl., ad ann. $04, nara 35, 36 et 37. Sul namere 
dei vescovi africani esiljati in Sardegaa non sono coiicor* te sffr- 
ujoni degli scrittori; takioi riducendolo a cenlovenli, come il Platra* 
e il Sabellico , ed aitri accrescendoio auio a duecentoventi , «esae 
Paoio diaceao (Fara, De reb. sard., I, 156). QuesfaUima optaioae 
vedesi segoita, senza esitanza, nejla Storia misosUama (uav, XV, 
tn vit. Anast. ). kio segaato il 507 per primo aono di tal esilia, 
percbe sebbene il Barooio ( ad ann. 504 , aum. 93 ) dimostii con 
olMme ragioni.cne la pereecaeione di Trasamonde.ebne iatoswww- 
mento nel 504; cid tuttavia non prova che Ja relegaziene >de« *ud- 
detti vescovi debba datarsi AaUo etesso anae. E nalla vita di £. 
Fulgenao, scritta dal diacooe Ferraado suo discepoio (cap. XX), 
si dice chiarameate , che qaei famoso vescovo di Rusaa contata 
sedici anni di episcopalo, allorcae nel 5i3 Ilderico lo rioaiamo 
cuuTesilio , e venlicioque allorche mori nel 1° di gennaio del 533. 
Dunque nel 504 non era tuttavia insignito del carattare episoopale, 
e quindi non pud essere coUooato in tale aono U suo confiao oeJ^ 
1'isola cogli altri vescovi africani. 



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PAIMA. 



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?.c N.491 -5.*. «eUosi la mistica navn detia chtesa uftiveeteie (498-51 4)(t£ 
Bisuoab allora colla faaia laaaenteirole dehe anticbe e delte 
recenti sventure chiaro e sfoleulne per tulto il mondo catto-r 
HcoiUnomesardo; e benedetta fu chiamatalaierra ohe dava 
a Roma uq generoso ristoralore della soa anlica grandezza!, 
che accogiieva ospitauseute i yatorosi prop«gnatoiri delka 
fede perseguitata in Africa da un re tiranno, che riceveva., 
quasi palfadiodisicurezza, il preaioso deposito delle spoglie 
mottali del famoso vescovo dlppona (*), e che nel silenzio 
deUa sua soltludine, e sotto un ciejo non turbato daicla^ 
mori e dalle bestemmie .degli eresiarchi, concedeva a S 
Fulgenzio e a' suoi compagm di esiglio una dimora paeifica, 
per consumarvi colla maoo e colla penna tante opere stu- 
pende di religione e di pieta ( 3 ). Uno dei monumenti pio 
rimarchevoli dt quella eta e Tepistola CQnsolatorfa che papa 
Simmaco iodirizzo ai vescovi africani esuli in Sardegna , e 
piacemi riporlarla quale ci fu conservata da Enoodio, accio 
s| veda come io quel sommo gerarca fossero insieme con- 
giuete la carita e la sapieoza, e come ai fatti ed al ouore ( 4 ) 
rispondesseco' in lui egregiamenlela parola e rintelletto, 
per consigliare con efficacia nei pericoii la costanza, e nelle 
avversita -la mansuetndine, delle quali egh stesso aveva gia 
dato, ed era per dare al raondo cosi rari e lumioosi gli esempi. 

DILECTISSIMIS FRATRIBVS EPtSCOPlS JFRIS 

SYMMACHVS. 

Lucntm forsitan pularet inimicus, si inter pcricula quae 
ckrislianis indixit, credentium animos subegisset, etper diversa 

(l)L'assunziooe di S.Simmaco al pontificato, lo scisraa dell'antipapa 
Lorenzo , la decisione del re Teodorico , i varii concilii celebrati in 
Roma , e quanfaltro riggaarda le azioni e gli scritti di qnesto animoso 
pontefice , nativo di Sardegna, e stato da me riferito largamente 
nel Dizionario biografico dei Sardi illustri (vol. III, pag. 163 e seg.), 
al qualc percid rlmando i lettori che volessero averne piu distesa 
Botizia. 

(3) Baron. , Annal. eccl., ad ann. 504 , num. 38 et 40. 11 corpo di 
S. Agoslino fu custodito in Sardegna per dugenlo e piu anni , e 
qufaidi nei prhni lnstri del secolo ottavo fu trasferito solennemente 
a Pavia da Luitprando re dei Longobardi, il quale lo riseaUo dalte 
mani dei Saraceni , come si vedra a suo luogo. 

(3) Brumasio vescovo di Cagliari accoise S. Fulgenzio e gli altri 
Tescovi •afrieatti esiliati da TrasamonoV, largheggid verso i medeshni 
di soccorsi e di consolazioni , e concedette loro un luogo acconcio 
presso alla basilica di S. Saturnino per edificarvi un monistero 
( ved. Tola, Dizion. biogr., dei Sard. ill. , voL 1 , pag. 145, art 
Bbcmasio; e vol. III , pag. 171 , arL S. Satumino). Va in quesU 
tranqaillo rittro che il vescovo di Rospa scrisse la nuggior parte 
delle sue opere in difesa della fede cattolica, e che nel 541, o in 
quel torno, assembratosi conciiiarmente cogii altr 1 suoi «ompagni 
di esilio, deUo la famosa Epistola tinodica sulla grazia e sul libero 
arbitrio , in risposta alle dubbiezze proposte da alcuni monaci 
orientali (Ferrand. diacon., tn viL S. Fulgent., cap. XX, XXI, XXII). 
La medesima e riportata per inliero dal Mansi nel tom. VHI della 
Collezione dei concilii ( col. 591 , 99 e seg. ) sotto questa rubrica: 
Concilium Sardinieme Episcoporum africanorum in Sardinia exulum, 
anno, ut quidam atterunl, Chritti DXXI, aut circiter, ed e inlitoiata: 
Epistola Synodica Epiteoporum africanorum in Sardinia exutum, de 
gratia Dei et humano arbitrio. U cardinale di Aguirre ha sopra 
qoest' epistola un' eccellente dissertazione storica e dogmatica nel 
tom. II Concil. Hispan. 

(4) Per non arrecare in mezzo le molte prove che si potrebbero 
addorre della liberalita di S. Simmaco, mi contenterd di ripetere 
le parole colle quali nel Libro pontificale sono riferite alcune delle 
sue largizioni. Hic (idest Symmachut) omni anno per Africam vel 
Sardiniam episcopit qui in exilio erant retruti, pecunias et vettet 
ministrabat. Hic capHvos per Liguriam et Mediolanum , et per di- 
versai provincias pecuniis redemit , et dona multiplicavit et dimisit. 
{Lib. pont., in vit. S. Symmach. Pap.). In quanto poi si apparliene 
aila magnificenza ed alla spiepdidezza delle opere che cgli fece 
eeeguire per maggior luslro del colto esterno, si puo leggere quanto 
ne scrive Anastasio bibliotecario. 



Qoomi grege disperto, non' supemtet vet inter paucos , a 
quifm possit fide perseverante calcari. Regnat adhuc ille in 
numero vestroj quisibi non tarn tn ntultitudine qwm %n devor 
fione complaeuit. Soripivm esl&um daiam Salanae potestatem 
Mt servos Chrisfi eribraret: ut quod de tritico irwenhi passet , 
fiorr eisjnngeretnruquQd .de paleis, ad ignium alimeuta trqns- 
irtii Ad vos specialiter dietum esl : Noiite timere, pusillus 
grex: eomptaeuir Patri vestrt) dare vobis regnum. Yenit intcr 
vos gkdius perfidovum , qui marcida Ecclesiae membra rese- 
caret, et ad coelcslem gloriam, sanaperditceret. Quus Jiabeat 
CkmfHf niililes , miamen ostcndil : qui Iriumpltum merealur, 
per bella cognoscitur. JSolile nuiuere , quod ponlificalis u vobis 
apicis infulas abstulerunl. Yobiscum est saccrdos ille vel hoslia, 
qui non tam /wnoribus consuevit yaudere, quam mentibus. 
Majora svnt cvnfesswms praemia, quam noannatae munera 
dignitatis. Ad illa plefwnque eiiam minoris meriti personas 
fovor. Jtumqnus addqeii;, is,la- nisi grqtia superna non tribuii. 
Jpse enitn in<*pbis et pugnayit et vicit^ quem fides mereiur ei 
inlcr hominum tormenta sociqri. 

Prolixis won est opus ud. fervorevt in vobis caelestem ani- 
mare colloquiis. Habet incrementa sua divinae virtutis incen- 
dium. Non est opus eos in trophaeojqtn posilos attolli lauctibus 
qui sine monUore .viceruni : gravant umscientiqm christiani 
quidquid afferunt biandimenta praeconii. Res quidem virtulis 
esl quam feeistis., sed summi praemii restitutione superanda. 
Quod tamen, directis ad filium nostrum N. Ennodium diaco- 
mm lileris, sperastis, bealorum Nazzarii et Romani benedi- 
etionem poscentes , fidelibus non negamus. Accipite veneranda 
patrociniq invictorum mililum, quia etjam vestrampiafn fidem 
in praeliis impefator agnovit. 

Feliciter confessionis munera consummare dabit Deus, cum 
ipsi placuerit reducei-e ecclesiis quietem; et ut moerorent, quem 
induxit adversilas , pacis dulcedine eonsolelur ( 5 ). 

Yolgevano inlanto per la Sardegna menp acorbi gli eventi; 
e Ulderico, successore di Trasamondo, restituiva ai vcscovi 
le loro chiese, e i proscritti richiamava dall'esiglio (&23) ( 6 ), 
e Gelimere, usurpalore del regnovandalico (530), lasciavala 
tranquillare sotto il governo di Goda, che per lui col uome 
di duce vi esercitava il comando. Goto di nazione, sagacc e 
perito nel trattare le cose pubbliche, Goda fu dapprincipio , 
o mostrossi in apparenza uomo di fede incorrolta; ma poi, 
fattosi intemperante pel successo della sua lieta fortuna, in- 
clino 1'animo alla tirannide , nieg6 a Gelimere 1'obbedienza 
ed il tributo, e occupata 1'isola per defezione, scrisse a Giu- 
stiniano, che gia accingevasi a guerreggiare in Africa, accio 
lo accogliesse solto I'egida dell'impero, e di aiuti lo sov- 
venisse per mantenersi nel suo nuovo stato d'iudipendenza ( 7 ). 
« Non la perfidia, egli diceva, non T ingratitodine averlo 
» spinto alla ribellione, ma la sola crudelta di Gelimere : 

(5) Mansi, Ss. Concil. nov. et ampl. cotlect., tom. VIII, coi. 317-18. 

(6) Hildericus ex Eudaxia VaUntiniani augutti filia procreatui. . . 
licet a Tratamundo tacramento adactui , ne catholicii pareeret, longe 
aliud, quam tuperiorei reges, ingenium ■ induit , atque initio regni 
eatholicoi ab exilio reoocavit, et episcopis ecclesias reddidii (Sigon. 
Dcoccid. Imp., lib. XVI, pag. 286, edit praed.). 

(7) Oodas unus e Gelimeris dueibus erat genere Gothus, animo 
sagax ac in rebus agendis solers , tum erga dominum fidelis visut. 
U ad regendam Sardiniam fuit , et cuttodia* et tributum ex ea exi- 
gendi gratia miisut; fortunae successutn ex aequo sustinere non 
valuit , quin protinus in tyrannidem indinavit , nec solum tributum 
non mitit , sed insulam per dcfcctioncm ocoupavit , sciensque quod 
Justinianus Africam cum Gilimere debcllare itatuerat, haec <* scri- 
psit etc. Procop., De betl. vandal,, lib. I, pag. 391 , edit. praed. 



P. C. N. i3i.. 



P. C. N. 533. 



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88 



DISS2KTAZI0NE 



» afver egli o&fisftterfctft cotf dolow i barbflti traUaflteati e 
»> il disuihano 1 pf oOedere tfi quel vawtalo ffcroce, ne so&V 
» rifglt 1'ariraio di attnteiter la fede a ohi> n'efa indegHO: 
>* essere migtwr coritfghe serVife a uri re gkttto e benigM*\ 
»' anri che a un re «ramw. E poiche neoes6tta lo 9tringeva 
rf a traf f e si lurigi » dado , supplicavato di pronto soccoiW, 
» afltoche net dufe frangente Ia> vendetta oWoffetse rtio^ 
» riarea non ropprhnesse » : Nequc per itigrafitudinem atft 
perftdidm a domitto meo desdiseo, &d ejm veJtmelifeM cM+ 
deWatM simvi et iHkmatkatem qmiem m ms ecseteeiemi* 
siderans, animo ei WbeMi subesse neqttee, longeque praetM 
iusto servire regi r qnarn tyratmo inique itkpermU. Quare te 
cum sentienti fer, qttaeso, attaUium, ut uttro me petenlilm 
qxtuik opus possim resisfere O. Giustioiario , uso a vendere 
tufpemente ai sttoi stfdditi leleggie i giodizi, e a comprare 
dai bafbafi la pace deiriafpeToW, anziche) abborrife, «n^ 
eoroift cob sue lettefe il fradimctoto di 6oda, e chiamo prtf- 
denza la di loi ftrltonia, giasfizia la tofedelta, inviandogli 
insieme il suo legato Eulogio, per ptomettergli a viva voce 
soldati e capitani, i quatt, nonobe difenderlo dai Vandali, 
amptlerebbeTo con nuove couqoiste il soo nascente domioio. 
Hanc impctalor epistolam (Gadae) accipiens, Eulogium le^ 
gatutn cum litteris mittit, quibtts eius prudentiam, institiam, 
tum egregiam in societtite itteunda voluntalem laudal, deinde 
exercitum, ducesque polHcelur, quibus non solum msniarti r#- 
tinere, sed etiam alia capcre neu Vandilortm minis aliquo 
modo terreri posset ( 3 ). Eutogio trovfr Goda eircondato <fi 
sateltiti , che affettava gia it nome e 1'autoritb regia, e salite 
in superbia per 1'usurpalo potere, non armi, hh soldati 
chiedea piu da Giusliniano, ma soli duci valorosi ed esperti 
per governarli. E tattavia Giustiniano, riconoscendo in quel- 
l'atto la stolta temerila di un uomo perfido e sleale, spedi 
all 1 isola qualtroeeftto «omini di guerra capitanati da Cirillo, 
affinche raccozzandosi oolle truppe di Goda, ia difendessero 
dagli assalli di Geltmefe (*). 

Ma Gelimere non rimanevasi ozioso fra i pericoli che lo 
tninacciavano , e differitaad altro tempo la espugnazione di 
Tripoli gia occupatada Podenzio, rivolse ogni suo pensiero 
a ricuperare il sardo dominio, e a punire il tradimento di 
Goda ( 5 ). Armati percio cinque mila Vandaii , dei quali af- 
fid6 il comando al suo fralello Zazone , li spedl con cenlo 
venti navi alla volta della Sardegna, e con felicila pari alla 
pfontezza rieonquistc- la signoria dellisola rapitagli poco 
irinanzi dal Goto temerario e ribelle. Imperocche Zazone, 
sbarcato improvvisamente nei porto di Cagliari, e profittando 
detrafdore de'suoi che anelavano aila battaglia, sconfisse le 
truppe mercenafie di Goda e delPimpero, espugno la citta 
ti ogni altro luogo forliOcalo, e fusurpatorc istesso caduto 



(1) Procop. , De bell. vandal., loc. cit 
(9) Procop., Hut. arean-i cap. XV e XVII. 

(3) Procop. , Dt bell. vandal. , lib I, pag. 381, edit. praed. 

(4) Enlogiu» igitur in Sardttriatn profectmt Godam offendil, habitu 
mmineque regio tumpto , eirea te tateUitet habere , qui , iectu im* 
peraiorit UUeris , ait , te quidem militum tati$ habere, dttce tantum 
earere. Hit igitur JutUnianU* non tatit eredent , mitttet quadringento* 
una eum Cyrillo, ut insulam Godae cuttotHrent , parat ete. , Procop. 
D* bell. vandaL, loccit. y 

- (5) Procopio, scrittore della gnerra vandalica, troravasi in tal tempo 
in Siracnsa, e racconta a questo proposito, che nn servo del rao 
atbergatore, il qnale era stat» tre giorni avanti in Cartagine, aveagli 
riferito tra le altre cose , che Gelimere sl occapava intieramente 
detla spedizione contre Ooda: Utntum eontrm Oodem omnem befli 
apparatum trudueere.(Dt bell. vandal., Nb. 1 , pag. 396, edit. praed.). 



iri sue' maai imtkei^ ai gkHto 1 funew deile sufr priaie vBs- 
dtelte ( 6 ). Ebbro di queteta Vittoria, e iguan» del dieastri & 
Gelnaere, obe ia fortuna e il vatore di BeiisaTtoiaweano' grk 
proatrato ta Gactagine, Zazone is^rias* al frateHo rtriohfnda 
lai ottenati, la morte di.Goda, e i riemiei che preaaravaai 
a debeltafe , mvttandelo a celebrare con festi ve dimoslraziom 
di giobilo ib lieto imcominoiameuto della impma ( 7 X 
Godam tyranrmm meis manibut perime, et iasutam twsns 
regno luo restiMam , o Vtmddhrum atque Alanorum rear., 
profeclo iciaB: quapropter tKloriae fastnm eek&ritatemqme 
agito : reUquos vero hoste», qui rmtram invadere stmtemm 
terram^ extxtima eumdem forttmae bretriter exitum habiluros, 
qui eisdem contra nastim majoret vtnientibus eonttgit ( 8 ). 
Perd giungevaao poeo appresso, scfitte in divcrso metoo, e 
querule e dotorOse, le lettere dt Gelimere ( 9 ). « D(wk Godat, 
» ne ta sva defeaiene m Sardegn» (son (e parole d) Getimene), 
h ma la sola avversitt» det destino avergli ft*rato nel m«tg- 
» gior sopo i pid forti, e «vet gittale al fondo le riechezee 
» e gti stati di Genserico. Essersi salvata 1'isola per petder 
» 1'Affica, ed averglielo con triste evento fatto patese ftnr- 
r> qua e capricctosa fortqna Perehe Beligario coitf poche 
» squadre fu vincitore di motte, e la eensueta virta van» 
» dalica manc<V a se stessa nei giorni det gran ein>ento. 
» Esser periti pugnando Ammata e Gibamondo; perili in- 
» sieme i cavafli e fe navi; e Caftagine e fAfrica Intera 
» essere in potesta del nemico. Rapiti gli averi, i figli e le 
» spose< tpovarai egli oo'saoi piir fidt rinchtoso net campo 
» di Buia, ponendo negli aiuti frateroi la sola speranza 
» estrema di sua salvezza. Abbandonasse adunque i sardi 
» lidi, e al suo soccorso votasse cot navilio e colfesercito: 
» ogni allro consiglio esser vauo, dappoiche un solo pen- 
» siero, un conato solo cbiedea la somma deHe cese cbe 
» perigliava. Combatterebbono quind'innanzi insieme: cosl 
» congiunti, o ristorerebbero 1'anlica fortuna, o sosterreb- 
» bero almeno con piu coraggio i nuovi ed avversi casi , 
» co' quali volesse il cielo percuoterli » : Existimo profecto 
non Qodam in Sardinia a nabis defidentem; sed quoddam 
Vandilorum hoc tempore fatum, leque et ceteros fortissimos 
mihi subripuisse, ex quo eontigerit omnes Gkerici upes, ac 



(6) Gilimer autem iam TripoH per Pudentium , et Safdinia per 
Godam privatut , de reeipienda Tripoli tp*m admodum pettvam ha- 
bebat. . ., intulam vero tervare maturavit, antequam Romaeorum em- 
ailia dd eam pervenirent Quapropter qmrujue Vandilorum millia , 
(«m nave» CXX armat, hUque fratrem Zaeonem praeficit quiomnet 
ttudio plurimo ae alacret in Godam ferebantur. . , Zenon vefo G»M- 
fflsrw frater. . . eum etamin Sardiniam invtctut , in Catalis portum 
detcendU, civitatemque eam repente emtpit , ae Godam tyramnum «e 
quicquid eum eo inexpugnabile vidtbatur, tuttulit. (Procop. , De betl. 
vandal. , lib. I , pag. 339 e 338, edii praed.> 

(7) Ubi vtro audiit (Zazon) elattem Juttiniani Apktteae terram 
attigitte, neeciut aihuc eorum quae gerta erant, fratri in hant 
tententiam tcriptU: Godam tyramnum etc. (come rtel testo). Procop> , 
D* bell. vandal., lih. I, pag. 338, edil. praed. 

(8) Procop. loc. cit., nel quale racconta eziandio come questa 
lettera e i latori della medesima venissero in potere di Belisario, e 
come Cirillo, odita la morte di Goda, evitasse di approdare in 
Sardegna , e navigasse celeremente verso Cartagine : Interea Cyritlut, 
quem tupra in Sardiniam mittum a Juttmiano memoravi , qturn 
prope insulam cuncta quae Godae atcidittent, aeeepittet, Carthaginem 
e vestigio adnavigavit (ibfd. , pag. 339). 

(9) Gilimer autem, amissa Carihagine , quemdam e VandaHt ih 
Sardiniam Zatoni fratri cum epittola miltit , qui confettim ad litou 
venien* , onerarium tune forte tohentem nattut , in Caralis portum 
adnavigavit, epUtotamque Zaxeni traditit , in quahaee scripta erant: 
Btcittimo profeeto *tc. (corae nel testo) Procop. , De bello randal , 
lib. I, pag. 339 , 340, edit praed. 



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PRIMA. 



89- 



bona simul corruisse. Non enim , ul insulam uobis seivares a 
Goda, hinc abiisti, sed ut Africae totius Justinianus potiretttr. 
Nam quod fortuna prius sibi voluil, nunc licet ex eventis iu- 
dicare. Belisarius igilur, parvo admodum exercitu, contra 
nosvenit, virlus aulem solita Vandilorum deficiens, ttna secum 
fortunam etiam abstulil. Ammalas enitn et Gibamundus ob 
nosirorum ignaviam el molliliem perierunl, insuper equi et 
navalia. Omnis denique Africa cum ipsa Carlhagine ab hosti- 
bus tenelur, quibus nunc quiescere licet, pro labore ac virtute 
bellica fitios ac uxores, omnes denique opes nostras possiden- 
tibus. Nobis iantum Bulae campus relictus , ubi, si qua reliqua 
spes, nos vosque defendal ac nmniat. Quapropter tyrannidem 
ac Sardiniam, omnemque, circa ista loca, curam deserens, 
ad nos cum omni classe protinus advola. Nam quibus de rei 
summa periculum imminet, stultum est atia curare. Simul enim 
in fttturum pugnantes contra hostes, vel fortunam pristinam 
recuperabimus , vel hoc saltem lucYi faciemus, quod sitnul eliam 
ferre casus, quos nobis Deus inflixerit, assuescemus. 

A cosi tristi novelle succedettero le lamentanze e le la- 
grime di Zazone. II qnale tnltavia, nascondendo aglMsolani 
il proprio cordoglio, e sollecito a correre in Africa, dove 

10 chiamava il maggior periglio, raccolto affrettatamente 
Tesercito , salpo colla sua flotta da Cagliari , e dopo tre giorni 
di prospera navigazione tocco i lidi deserti cbe dipartiscono 
la Mauritania dalla Numidia 0). Cola messi a lerra i soldati, 
e spintosi con celere marcia fino a Bula, si accozz6 toslo 
colle squadre deiransioso fratello che, imbaldanzito per 
1'acquisto di nuove forze, tenl6 altra volta sul campo la 

e. c N.534. fortuna rischievole delle battaglie. Ma la fortuna lo avea gia 
abbandonato; e la spada di Beiisario riportd sopra i Vandali 
una seconda viltoria, cui tcnne dietro la morte di Zazone, 
la cattivita di Gelimere, e la conquista delVAfrica (534). 

11 greco capitano spedl allora in Sardegna Cirillo e Fara con 
gran copia di soldatesche, certificb gl'isolani delCesterminio 
vandalico, e fattone mostrar loro il segno sanguinoeo nel 
reciso capo di Zazone, sforzolli a cedere alla necessita degli 
eventi, e a riconoscere nei vessilli d'orienle la rinnovata 
aulorita delI'impero W. 



PERIODO ORIENTALE. 

U primo prowedimento emanato in Sardegna dai greci 
imperatori fu la di lei dipendenza dal prefetto del pretorio 

(1) Haec (i. e. CiKmerjs epistolam) ubi Zaion aecepit, atque 
Vandilis retulil , in luctut atque lamentationei conveni tunt , neque 
tamen manifetto , sed clam intularibus intra te tacile suum fatum 
conquerebantur, ac ttatim ita ut erant in praetenti navet contcendunt, 
inde cum omni clatte tolventet terlia die in Aphricae tittut perveniunt, 
quod Numidat a Mauritanis diducit (Procop. , De bello vandal. , lib. 
II, pag. 240). 

(2) Cyrillum igitur (Belisarius) cum magna multitudine in Sar- 
diniam miltit , Zazonit capul ferentem , quod intularet Romaeit 
minime obtemperarent Vandilot formidantet, nec tane quae con- 
Ugerant apud Trieamarum facile credentct , mandatque eidem ut 
exercitut partem tn Conicam mittat non procul a Sardinia titam , 
quae Vandilorum tequebatur auctoritatem. Pharat itaque in Sardiniam 
venient, Zasonii illico caput ostendit etc. ( Procop., De bell. vandal.\, 
)xb. II, pag. 347-48, edit. praed.). Da questo passo di Procopio si 
ricava che il dominio dei Vandali in Sardegna ebbe propriamente 
il suo termine nel 534 delfera volgare, cioe dopo settantotfanni 
dalle prime loro incursioni, dopo sessantasei anni dal trionfo di 
Genserico sulla flotta di Leone imperalore d'Oriente , e dopo soli 
sessantaquattro anni dal conseguilo sgombramento delle squadre 
imperiali daU'isola. 



delCAfrica, decretala da Giustiniano, il quale nel riordinaro p. c n.ss { . 
l'aroministrazione delle provincie gia possedute dai Vandali, 
ridon6 alTisola i presidi per governarla ( 3 ), e cre6 i duci 
delie milizie stanziali, che dovessero ncll'avvenire drfenderla 
ed infrenaiia ( 4 ). Degli uni e degli altri stabill distinlamente. 
i doveri, le dipendenze, le prerogative e gli emolumenti ( 5 ); 
e ai duci parlicolarmente affid6 1' incarico di contenere colla 

(3) Cid si ricava daDa ben nota Coititusione di Giustiniano diretta 
ad Archelao nel 634 deU'era volgare, ed inserita nel suo Codice 
(lib. I , tit. XXVII De o/pc. praefect. praetor Africae) nella quale si 
trova stabilita la nuova prefeltura del pretorio per 1'Africa, e sono 
deterraiBate le province che doveano cssere soggelte. La Sardegna 
era rultima delle tre province presidiali, giacche Ie allre quattro 
erano consolari : Deo itaque auxiliante (sono le parole della legge) 
pro felicitate reipublicae nottrae per hane divinam legem tancimm, 
ut omnis Afrvsa , quam nobis Deus praestitit , per ipsius miserkordiam 
optimum sutcipiat ordinem , et propriam habeat praefecluram : ut 
sicut Oriens atque lllyricum , ita et Africa praetoriana maxima po- 
tettate a nostra clementia decoretur. Cuim tedem jubemut ette Car- 
thaginem, et tn praefaUone pubUcarum chartarum praefecturis aliis 
eius nomen adiungi: quam nunc tuam exccllentiam gubernare de- 
Cemimus. Et ab ea (auxitiante Deo) septem provinciae cum suis Ju- 
dicibus disponantur : quarum Tingi, et quae proconsolaris antea va- 
cabatur Carthago . et Byzacium ac Tripolis rectores habeant consu- 
lares: reliquae vero , id ett Numidia , Mauritania et Sardinia, a 
praesidibus cum Dei auxilio gubtrncntvr (leg. I, S§ 1 e S Cod. <k 
offic. praefect. praetor. Afric.). Kella prefazione di detta legge nar- 

rasi fra le altre cose, che i Vandali corpora liberis natalibus 

ctara jugo barbarico durissime subiugaiant ; ed e questa la lezione 
comunemente seguita in tutte le edizioni del Codice Gxustpiianeo. 
Perd in alcuni mss. dello stesso codice consultati dal cbnte Baudi 
di Vesme si legge invece jugo barbaricino, ed in altri jugobarba- 
rkinorum, lo che potrebbe intendersi dei Barbaricmi e dellaBar- 
bagia di Sardegna. Ma io sono di avviso che questo sia un errore 
degli amanuensi, percioccbe nella citata prefazione Giustiniano 
parla chiaramente del giogo dei Vandali, che per lungo tempo 
(nonaginta quinque annos) avea pesato sulfAfrica e sue province , 
una deUe quali era di certo la Sardegna; e siccome vi annoverain 
compendio le crudelta da essi usate conlro i cattolici , e ben ap- 
propriata ai fatti riferitivi , e specialmente alla schlavitu personaie, 
la espressione del giogo barbarieo , cui erano duiame#te soggiogati 
i corpi dcgU uomini liberi. Altronde la Barbagia e i Barbaricini 
di Sardegna sono vocaboli di origine posteriore alla persecuzione 
vandalica nelPAfrica, perche Procopio, scrittore contemporaneo, e 
teste oculare deUe molte cose che riferisce, racconta essere atatii 
Sardi che col procedere degli anni e col cresCere della barbarie dei 
Mauritani cacciati dai Vandali neU'isola, diedero a questa manodi 
ladri forestieri il nome di Barbaricini, come pud vedergi nel luogo 
della sua storia De bello Vandalico, d>e riporterd qui appresso 
(infra pag. 90, coL 1, not. l). 

(4) In Sardinia autem jubemus ducem ordinari: et eum iuxta montes, 
ubi barbaricae gentes videntur sedere , habentem milites pro custodia 
locorum , quantos et ibi tua magnitudo providerit (leg. II, $ 3 Dt 
offic. praef. praet. Afric.). QuesU legge fu diretla da Giustiniano a 
Beiisario nel 15 aprile deUo stesso anno 534. Dalla medesinia e 
daU'aItra precedente indirizzata ad Archelao si rileva, che ii co- 
mando civile delfisola comincid da tal anno ad essere separato dal 
comando miUtare , giacche per lo innanzi erano ambidue rinniti in 
una stessa persona; e si e gia vedulo che Matroniano nel 38J, « il 
di lui predecessorc Natale furono insieme presidi e duci di Sardegna 
(lib. IX Cod. Theod., tit. XXVII, leg. 111 ad legem Juliam repetun- 
darum. Ved. sopra pag. 88, col. 1» in not.). 

(5) Si possono leggere per intiero le citate leggi , per conoscere 
con quanta gravita Giustiniano inculcasse a tutti gli ofiiciaU deUa 
nuova prefettura d'Africa la continenza neUamministrazione deUe 
cose pubbliche, e il punluale eseguimento degli obblighi annessi ai 
loro ufllzi. Lo stipendio del preside di Sardegna non vi e partico- 
larmente indicato; ma si pud ricavare dalla Notisia esistente nella 
detta legge prima De offic. praef. praetor. Afric. , $ 8. Quello det 
duce e de'suoi subalterni era stabilito in questa forma: Item viro 
clarissimo duci Sardiniae insulae et hominibus eius an. 190 singulit 
an. tolidi 889. Adtettori ducis, et officio eius hominibus 40 on. 96. 
S. sing. an. solid. capit. 48 sing. capit. sol. 9. Simul fiunl pro on. 
et capit. 150 186. Dividantur sic : Adsessori an. 9 et cap. 3. Primir 
cerio in an. 2 cap. 3. Numerario in an. cap. 3. Ducenariis 4 an. 3 
sunt an. 16 et cap. 3 sunt et cap. 9. Circitoribus 9 on. 3 fiunt an. 
29 et cap. 3 fiunt cap. 9. Circitoribus 9 on. 3 fiunt an. 4 cap. 9 
semis. AUU 1 ad an. 16 sunt, et ad capit. 3 fiunl cap. 90. (Leg. II 
De offic. praef. praetor. Afrit., S 19). 

i3 



v 



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Gock; 



90 



DISSERTAZIONE 



forza le frotte latlre e selvaggie , use a scendere dalle mon- 
tagnc , e a depredare con scorrerie frequenti i pacifici abi- 
tatori delle sarde pianure. Originarie d'Africa, e discendenti 
da quei Mauritani che i Vandali gia tempo innanzi avevano 
cacciato in Sardegna, esse occopavano i luoghi alpestri e 
montuosi vicini a Cagliari , e cresciute poscia di numero e 
d'ardimento, devaslavano tulto a1i'intornoilpaese sottostante. 
Stranicri alla terra in cui vivevano, gli uomini di quella 
schiatta rapace erano giustamente appellati Barbaricini (0 ; 
e perci5 Giustiniano ordino ai duci dell'isola di fissare la 
loro sede appie dei monti , nascondiglio e stanza di quei 
barbari , affinche fossero impediti a trascorrere per la pro- 
vincia, e ci6 chc jon operava in quegli animi feroci la gra- 
titudine dell'ospizio accordato loro dagli isolani, operasse 
almeno il timore delle armi imperiali. La sede scelta dai 
duci a questo uopo fu probabilmente 1'antica citta di Foro- 
Trajano, poichfc leggiamo in Procopio, che Giustiniano le 
fece intorno le mura che non avea W, come ricinse nel 
tempo istesso ie citla della Numidia situate alle falde del 
monte Aurasio, per toglicre ai Mauri ogni speranza d'inva- 
derlo ( 3 ). E forse fu questo 1'antemurale che d'allora in poi 
contenne 1'audacia delle genli barbaricine, le quali tuttavia, 
allargandosi su pei monli e per le balze scoscese che si pro- 
tendono con larga zona dalforiente al mezzogiorno dell' isola, 
dicdero il nomc alla sarda Barbagia ( 4 ), umanizzata nel ca- 
dere del sesto secolo dalla luce dell'evangelio, e quindi 
cantata da Dante con quei versi pietosi : 



(1) Dobbiamo a Procopio la memoria di questi fatli;ecredo per- 
cio opportuno di riportare le sue stesse parole: Pandili enim (egli 
dice) tn hos iamdudum barbaros (i. e. Manrusios , incolas raontis 
Aurasii in Aphrica) iram exercentes , eos non admodum multos simul 
cum uxoribu* tn Sardiniam mitlentes hie sunt dominati : procedente 
autem tempore montes oecupavere qui prope Caralim sunt , ac primo 
quidem clancutum latrocinia in vieinos exercentes , postea vero non 
tninus quam ad tria millia crevere, et manifesto excursiones facientes 
minime latere curaverunt , ac omnem circa oram depopulati sunt , 
quamobrem Barbaricihi o vicinis appellati sunl (Dc betl. vandal. , 
lib. II, pag. 361-63). Non e improbabile che da questi Maurusii dei 
tempi vandalici sia derivato il nome di Maureddus dato comune- 
mente agli abitanli della provincia solcilana in Sardegna. Ed e chia- 
rissimo in pari tempo, per autorita delPaccennato testo Procopiano, 
che i Barbaricini forono una generazione di uomini nuovi venuti 
nelfisola sul finire del quinto o sul principio del sesto secolo del- 
l'era cristiana, e quindi aflalto dislinli dagli antichi Iliesi che re- 
sistettero per tanto tempo alle armi romane. II Fara volle identi- 
ficarli , forse per nobilitarne 1'origine {De reb. sard. , lib. I, pag. 164); 
ma la diversila dei due popoli e dimostrala eziandio dalla diversitk 
dei luoghi ch'essi occuparono. 

(9) Oppidum est tn insula Sardinia, cut nomen Forum Traiani. 
Hoc moenibus cinxit Justinianus, cum esset nudum antea ( Procop. , 
Aedificior., lib. VI, cap. Vll). La citta di Foro-Traiano (odierno 
Fordongianos) era notevole per il sno ponte sul Tirso, le sue terme, 
il suo acquedotto, i suoi edifizi si pubblici che privati, e per la 
grande strada romana da Torres a Cagliari che la traversava. II 
Fara crede che fosse la Gurulis nova rammentata da Tolommeo 
(Geograph., lib. III, cap. III, tab. VII Europ.): Oppidum Fordon- 
giani, egli scrive, situm est ubi erat antiqua insignis Fori-Traiani 
wbs, Gurulis nova temporibus Plolomaei appellata, quae nuncpro- 
strata juxta fluvium (Thirsi) iacet, mullis antiquis semidirutis aedi- 
ficiis tam publicis quam privatis : ornata, imprimis , thermis tota 
Sardinia celeberrimis, habenlibus aquas non solum frigidas, verum 
etiam natura calentes ad sudandum, et varios morbos depellendos 
aptissimas : ponte deinde maximo , toto lapideo , el aquaeductu sum- 
ptuosae structurae , viaque lata maximis lapidibus strata ; ac denique 
aedibus divo Luxorio sactis etc. - (Chorogr. Sard., lib. II, pag. 74, 
edit. predict. ). 

(3) Procop. , Ioc. ciL 

(4) Cioe alla Barbagia Belvi, alla Barbagia Seulo e alla Barbagia 
Ollolai, che sono i tre distretti della vasta e montuosa rcgione chia- 
mata con vocabolo collettivo Le Barbagie. 



Che la Barbagia di Sardigna assai 
Nelle femmine sue i ptu pudica, 
Che la Barbagia dov'io la lasciai (5). 

Mentre cosl la volonta di un principe vittorioso e poteute 
faceva erigere presso alle sponde del Tirso il baluardo piu 
anlico per frenare le aggressioni dei barbari , il questore e . 
duumviro Tito Flavio Giustino, congiunto per sangue ai 
Cesari d'Oriente, conduceva da lontane scaturigini alla po- p.cn. 534-3». 
polosa cilta di Torres le acque fluenti e perenni di cui di- 
fettava, e colPopcra egregia, della quale rimangono tutlavia 
gli avanzi, meritavasi gli ambiti onori quinquennali, e 1'amore 
insieme e le lodi di quella illuslre colonia ( G ). A questi scarsr 

(5) Purgatorio, eant. XXIII, v. 94 e seg. • NelPisola di Sardigna, 

• dice il Landino, sono monti asprissimi , ed in quelli popoli di 
» costumi barbari, e le femmine molto lascive, e cbiamasi il paese 

• Barbagia, quasi barbarico. Il perche Forese (in di cui bocca po- 
> neva Dante gli accennati versi) appellando per similitudine Bar- 
» bagia anche Fiorenza sua patria , dice che la Barbagia di Sar- 
» digna ha femmiue piu pudiche che Ia toscana Barbagia, dov'egli 

• morendo lascid la sua Nella » (Lombard.). Marsilio Ficino, com- 
mentando gli stessi versi, lascid scritto: Ininsula Sardinia estmon- 
tana alta , quae dicitur La Barbagia; et quando Januenses relra- 
xerunl dictam insulam de manibus infidelium , nunquam potuerunt 
retrahere dictam montanam , in qua habitat gens barbara et sine cir 
vilitate, et foeminae suae vadunt indutae subtili pirgolato (cioe di una 
specie di tessuto rado e trasparente), ita quod omnia metnbra 0- 
stendunt inhoneste ; nam est ibi magnus calor; et notat Florentiam 
Barbagiam similitudinarie , quia vadunt illae dominae scollatae , et 
ostendunt etc. Le quali ullime parole si riferiscono a cio che Oante 
cantd poco appresso (Purgat., XXIll, 97 e segg.). 

0 dolce frale , che vuoi tu ch'io dica? 
Tempo futuro m'i gia nel cospetto , 
Cut non sarh quesfora molto antica. 
Pfel qual sara in pcrgamo intcrdetto 
Alle tfacciate donne fiorentine 
Vandar mostrando colle poppe il petto ; 
E sono confermate da quanto racconta Jacopo della Lana delle 
donne de' suoi tempi: • Or questa Barbagia (egli dice) nella eta 

• presente e seminata per ogni luogo. In Francia ed anche nel 

• Piemonte le donne porlano le roammelle aperle. In Alemagna, nel 

• ducato di Gheller, ed in altri luogbi, entrano donne ignude nei 

• bagni ed in letto con uomini a loro non pertinenti. Per le cit- 
» tadi e terre dltalia, come si facciano e reggano le donne , Dio 

• lo sa, e ancora gli uomini del mondo; e certo, a chi ben con- 
» sidera li costumi della terra sua, non converra , per fare tal com- 
» parazione, andare cercando ne Barbagia ne altro luogo, ma potrk 
» dire con Marziale: In medio Tibure Sardinia est. (Comment. alla 
Commed. di Dante). 

(6) La testimonianza di questo fatto si ha daH'iscrizione che fu 
discoperta nel marzo del 1835 fra le rovine delPantica Torres , e 
quindi deposta dal cav. Sebastiano Soggiu, mio conciltadino, nella 
R. Universila degli studii di Sassari. La medesima e scolpita sul 
marmo, ed e del tenore seguente: 

T . FLAVIVS . IVSTINVS . II . VIB . Q . AE . SVPEB . HSXXXV 
QVAE . OB . HOIf . QVINQVENNAL . PBAESBNTIA . POI.LICIT 
REIP . INTVLIT . LACVM . A . FVNDAHENTI8 . PECVNIA . SVA . FECIT 
SVMPTV . 8V0 . AQVAM . INDVXIT 

II cav. D. Emanuele Marongio Nurra, canonico turritano, ed ora 
arcivescovo di Cagliari, la illustro con una erudita scrittura latina, 
che ha per titolo: Turritanum T. Flavii Justini marmor commen- 
tario iUustralum (Saceri , ex typograph. arcbiepiscop. apud Chec- 
cucci et Parodi, in-4 u ) ; e opind che il Giustino di detto monu- 
mento fosse figliuolo di Germano patrizio di Oriente, e pronipote 
delPimperatore Giustiniano, lo stesso cbe nel 539 si trovo con Be- 
lisario alla difesa di Osimo e di Fiesole contro i Vandali; che nel 
540 fu console senza collega, e due anni dopo capitano delle truppe 
imperiali in Firenze; che nel 550 guerreggid nuovaroente in Italia 
contro i Goti , e che nel 5C5 , mandalo ad Alessandria dalPimpe- 
ratore Giustino II suo cugino sotto il titolo di governatore d'Egitto 
fu da lui fatto uccidere per limore che non aspirasse alPimpero 
(Murator., Annal. d'Italia, ad ann. 539-40-42-50-65). Cid presup- 
posto, e dimostrato eziandio con ben fondati argomenti di storica 
probabilita, fissd Peta della iscrizione nel quadriennio corsodal 534 
al 539 delPera volgare, e conghietturo che T. Flavio Giustino, dopo 
la cacciata dei Vandali dalla Sardegna, ottenesse in premio delle 
sue militari fatiche il duumvirato e la questura della colonia tur- 
rilana. La quale poi, comcrecila Piscrizione, volendo perpetuare la 



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PRIMA. 



9i 



fratti di pace conseguila depo la caceiata> dei Vandali, e 
p.cN.jj»*». tangamente sospirata dairisola, sweedewtno pochi aooi 

d' inerte IranquUlila. Ma la IraaqnilUta era tosto turbata 

daUa invasione dei Goti, i quali assaltarono con poderoso 
p. c. n. 55i. navigli» la sarda terra, e faltala trUrataria a Totila (554 ) , 

la possedeUero per tre ansi, respingendone coraggiosamente 

memoria delTacquedotto e della .fonte pubblica, ch'eglt fece co- 
strurre a proprie sne spese, e dell'egregia somrua di trentacinque 
mila sesterzi da lui versati netTerario, ne fece porre, alloscadere 
del suo quinqaennale uffizio , 1'onorevole ricordo monumentale. Crede 
lo stesso erudito illustratore, che il prenome di Flavio derivasse al 
duumvko e questore dl Torres dalViroperatore Giustino 1 , gia adot- 
tato da Flavio Anicio secondo l'opinione di alcuni dolti; che gli 
anzidejti trentacinque mila sesterzi equivalessero a 739,166 (33. 4) 
seuti sardi, mettendo a base del suo calcolo la distinzione dei 
grandi e piocou sesterzi, ossia del sesterzio moneta, e del sesterzip 
numerale, ammessa dal Budeo, daU'Alciato e dal Lambino; cbe la 
fonte fatta costrurre da Tito Flavio Giustino versasse le acque nel 
sito medesimo m cul fu rlnvenuta 1'iscrizione , cioe tra fl fiume di 
Torres e Pantico tempio della Fortuna (volg. Paldzzo del Re Barbaro); 
e che le dette acque si diramassero poi per mezzo di nna rete di 
canaletti di piombo per servire agli usi privati dei ciltadini. La so- 
stanza di siffaUi schiarimenti e corredata da scetta copia di erudi- 
zione sugli ufflzi del duumvirato e della questura , e sull'onore della 
quinquennalita nelle colonie e nei municipii, ed e conchiusa dalla 
menzione brevissima delle rovine di detto acquedotlo cbe ancora 
sussistono lungo la via che da Sassari conduce a Torres , e della 
relativa narrazione del Fara , il quale lascid scritto nella sua Co- 
rografia di Sardegna : Deducta postea ad eam (i. e. Turrim Libysonis) 
colonia Romanorum, fuil mvltit et amplitsimit aedtficiis (ea urbs) 
exornata , et perenni dapsilique fonte decorala, quae ex aquis claris 
valiis sancli Martini prope Sassarim, insigni duodecim mittium pas- 
mm aquueductu, opere artuato affabre elaboraio, cuius reliquiae 
adhuc visuntur, deducebatur (Chorograph. Sard. , 11, ,55). Nonsi pud 
dire abbastanza quanto sia pregevole per ogni rispetto 1'accennata 
Hlostrazione, e quanto percid il Marongio abbia ben meritato della 
sarda archeologia; ne credo di menomare la Iode giostamente do- 
vutagli, e che io volcntieri gli tributo, se per occasione del sug- 
getto mi faccio ad osservare: 1° Che Tito Flavio Giustino, figlio di 
Germano e proaipote di Giustiniano , non era veramente cugino 
deirimperalore Giustino II, come afferma il Marpngip (o Juttino U 
imperatore eius consobrino Alexandriam missus, pag. 6 dict. illustr.) 
bensi figlie di cugino , o piu propriamente di amitino del suddelto 
imperatore, percbe, la genealogia dei Giostini di Oriente, qoale si. 
ricava da Procopio, da Agazia scolastico e da Giornande, e senza 
controversia la seguente: 

N. flf. . 

Genitori ignoti d| Giustiro I iatperatore 



Bigumzu - Sabaxio 



I 



Gnisnno I - EcreJu. Augusta 



fliDStiMuio Imperat • IVodora TionAiou • Dolcissuo 



Giustino U ImperaU-SoFU Augusta 



N.N. 

Fratello di Glustinianoe 
aua mogiie, 1 di cui nomi 
sodo taciuti dagli scril- 
tori : ma di Ger^ano e di 
dne altrl loro flgti (Bo- 
RAioc e Gmtro) sl ta 
memoria da Procopip e 
da altrl. 

Gkrbano - Passara 

I 



Giustiko,' ossia il ' 
T. Fla\io GrusTiao 

. del marmo lurri- . , 

:■!-•, tano. • 

9° che U soprannomo di Jnicio e di Flavio, aflziche daH v adozione 

«jteUa nobilissima faroigtia Aaicia, derivo a Giustino I datPadulazioneV 

perche in alcuno moneto e sopranaomato precisamente Anicxo ed in 

aUre s«l«»tente flb/rio , e Fiavxa pu»e Lnpicina sua moglie (poi Eu- 

femia aug«sta), la qnale a cento che ra schiava comperala, Come 

si ha 4al citato ProcopS» (Hitlor. arcan\ , e»p. XI); 3» che i canaletti 

dj pH>mtw, per di cui linezao si facesse colare 1'acqua della fonte di ; 

Tprres ucUe case private degli abitanti di quella colonia (quaeper 

aquatdjutus.parvulos ex.plumbo totam pene urbem cireuibatin do^ 

mettieos utus distrtbuta, pag. --16 dict. illustr.), fn una vera visione del 

firate laioo Aatonio Cano, che attohdeva nel 18S0 agli scavi delle 

aqtichila turritane, d ;per parlare piu esatlamente, faceva scavare 

alla ventura il terreno dove gia sorse l'antica Torres, perche nes- 

sqnp mm vide gti avanza di un'opera cosi grandiosa, a cominciare 

soianunte dal teaapo ;4el Fara (see. XVl)fino al presente, ne Romaf 

istessa nei tempi della sua maggiore grandezza ebbe il vantaggio 



la flotta impei iale, che sforzavasi di ricuperarla (*). Lc val- 

torie di Narsete e U valore dei Sardi , insoQerenli del goUco 

servaggio la ritolsero a quei barbari, e la restituironp 

al greco impero (553). Ma Giustiniano e i suoi successori, p- c. n. 553. 

abbandonandola poi sempre all arbitrario governo dei pre- 

sidi e dei duci (3), cbe abusavano il potere colla tirannide, 

di un reticolato sotterraneo di acque diramalo per le abitazioni pri- 
vate dei cittadini ; sicche la fede dovea essere meno corriva, trat- 
tandosi di un fatto straordinario che non ha esempio negli usi ro- 
mani del sesto secolo, incompatibile colle condizioni pecuniarie di 
una colonia, e attestato da un uomo solo, il quale nulla sapea di 
romana archeologia , anzi di ogni archeologico sapere era solenne- 
mente analfabeto. Ritornando poi col discorso al grande acquedotto 

-di Torres, noterd in ultimo non essere cosl certoche leacque nel 
medesimo raccolte derivassero dal luogo designato dal Fara, cioe 
ex aquit elaris vallis sancti Martini prope Sassarim , che non se ne 
possa tultavia dubilare. Imperocche rimangono ancora numerosi « 
visibili avanzi di quell acquedotlo alla distanza di un solo miglio da 
Sassari , i quali accenuano ad una direzione affatlo opposta, e sem- 
brano provare, cbe le acque vi fossero derivate da qualcbeduna 
delle fonti esistenti nel lato occidentale di delta citta. K laddove si 
facessero scavi diligenti e regolali, forse troverebbesi che la sorgente 
d'onde 1'acqnedotto avea capo, era ed e a Sassari mottopiu vicina, 
che non siasi scritto dal Fara, e non credasi comunemeute. Nei 
qual rispetto il Marongio si astenne con buon giudizio dal pro- 
ferire senlenza, dicendo a lal proposito: nihil refert utrum a vallc 
S. Martini vcl aliunde aqua ducta tit (pag. 16 dict. illustr.). E poi- 
che si parla di acquedotti , giovera pure ricordare 1'altro che si 
crede forinalo dai Homani per condurre le acque alTantica cilta di 
Cagliari, e del quale si suppongono tuttavia esistenli le rovine. 11 
medesimo , secondo scrive il GemeUi (Rifiorimento della Sardcgna , 
tom. II, pag. 86 in not.), cominciava da santa Maria di Siliqua, e 
vinceva in lunghezza ed in ampiezza gli aitri due di Nora e di Torres, 
giaccbe percorreva una linea di quasi diciotlo miglia italiane. Re* 
centemente si sono fatti molti sludi e ricerche sull'andamento' 
dell'antico acquedotto cagliaritano. Ma essendo stale divergenti le 
opinioni dei geometri e degli architetti sulla derivazione e dire- 
zione del medesimo, (ved. Jndicatore tardo , anuo XV , n. 27, 33, 36), 
mi limito ad osservare che il Fara, diligentissimo e minutissimo de- 

' scrittore della citta di CagUari, dei sobborghi e dellesue circostanze 
(Chorograph. Sardin. , lib. II , pag. 79 fino a pag. 83, edit pred.) , 
non ne fece menzione vernna , anzi pare che ne ignorasse total- 
mente la esistenza. 

(1) L'tnvasione gotica della Sardegna e raccontata da Procopio in 
questo modo: Totilat interea Gothorum primoret quotdam eum class* 
emitit , qui primum in Corsicam navigantes, nemine resistente , in 
potestatem insulam redegerunt. Sardinia deinde politi, utrasque To- 
tilae insulas vectigales feccrunt. Quam rem Joannet cum didicittct, 
qui in Lybia tum forte exercitui praeeral , classem et ipse mox na- 
vium, ac hominum copiat tn Sardiniam mitil: qui ubi Caralem 
wbem propiut pervenere, positis castris, hanc obsidere animo agita- 
bant; nam muros expugnare nil poterant, obsistentibus Gothis qui 
validum ibi haberent praesidium. Barbari itaque, cognito Romanorum 
adventu, erupHone ex urbe facta, quum hos repenliut invasissent, 
nullo negotio, multis jam interfeetis in fugam veriunt. Vemum qui 
praelio superfuere fugientcs te in naves recipiunt, ac paullo post inde 
solvenles Carthaginem cum universa classe pervcniunt, ibique in hy- 
berna mansere, ut ineunte mox vere majori cum qpparatu in Cor- 
sicam ac Sardiniam exercitus ducerent (De bell. goth. lib. III, pag. 
904 , edit. Basil. , 1631 , in-fol. , ex recens. et vers. B. Rcnani ). A 
questa temporaria oocupazione deU'isola per parte dei Goti accenna 
quel passo di Leonardo Aretino, in cui si legge: Italiam universam 
cum Sicitia, Cortiea, Sardinia et Dalmatia (Gothorum gens) possi- 
dobat. De bell. ltaHc. advers. Goth. , lib. III , pag. 573, edil. Basil., 
Mftcxxxi, in-fol.). 

■ <(X> I Sardi infatti, appena udirono 1'arrivo di Narsete in Itaiia, 
crimmciaroiio a tumuHuare contro i Goti , come si ha dal suddetto 
Leonardo Aretino : quum de adventu Narsttit, deque eius apparatibus 

muita. erebri rumoret citcumferrent defcctiones quacdam fieri 

coepta tunt adversus Totiiam. Et molus quidam in Sardinia adversus 
Gothot fieri nunciabatur, quo Narset coactit per hyemem copiis ad 
ittr te comparavit (De bell. Ital. advers. Goth. lib. IV , pag. 587 , 
edit praed. ). E ia. Sardegna , parte per gli acceftnati movimeoU , 
parte per la pace couchiusa co'Goti , nella quale era stato special- 
mente convenuto lo sgombero loro da tutta 1'Italia , 'ritornd sottd 
il dommio degl' imperatori greci. II Pagi opina , che l'occupazione 
gotica deUa Sardegna abbia durato soU Ire anni, cioe dal 551 al 554 
( Critie. Baro*., tom. X , ad ann. 559 , n* 16 et ad arin. 554 n° 6 
et seqq. ). r 
(3) Cie> e dimostrato dai fatti posteriori che si ricavano dalle 

34 



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92 



DISSE&TAZIONE 



p.c.N.591. 



la sforzaroao a ricorrere aila protezione dei papi, posti dal 
cielo a vedetta sul campidoglio cristiano, per tutelare col 
patronato cattolico la conculcata liberta dei popoli. Radice 
di molti beni , e di non pochi mali medicina e riparo fu alla 
Sardegna il patrocinio pietoso dei romani pontefici, fra i 
quali S. Gregorio Magno, per priorita di tempo e per eccel- 
lenza di fatti, fu il primo e piu valoroso dei magnanimi 
suoi difensori. Lo violenze dei roinistri imperiali moderate 

0 represse, la disciplina ecclesiastica rinvigorita, il raffre- 
nato potere laicale, le vedove, i poveri e gli orfani consolati 
e protetti, la condannala venalita dei sepolcri, le nuove 
incursioni longobardiche prevedute ed impedite, i monasteri 
e gli ospedali pii) fedelmente amministrati, i Barbaricini 
converliti alla fede, 1'eslirpazione delle pratiche supersliziose, 
e cento altre opere di giustizia, di consiglio e di umanita, 
promosse da quel sommo gerarca colla potenza infaticabile 
dcl suo zelo maraviglioso, migliorarono nel cadere del sesto 
secolo, e nel principiare del secolo seguente, le condizioni 
civiU e religiose dellMsola. Monumento immortale di tante 
sue solleciludini a favore degli uoraini e delle cose sarde 
sono le epistole che di lui ci rimangono , ed io le riporter6 
tutte nelKordine loro cronologico (0, per integrare la serie 
dei documenti storici di quella eta, e per temperare, se fia 
possibile , col testimonio scritto delle cure benevole adope- 
rate da queH'animoso successore di S. Pietro, per consolare 

1 Sardi abbandonati ed oppressi, la narrazione dolorosa dei 
patimenti e delle miserie insulari. 

I. 

Epist. XLVI, lib. I, indict. IX (*). 
Gregorius Theodoro Duct Sardikiae. 

Iustitiam quam mente geritis, oportel coram hominibus luce 
operum demonstretis. Juliaka siquidem abbatissamonasterU 

epistole di S. Cregorio Magno. 1 preludii di qaesto miserevole ab- 
bandono cominciarono dallo stesso momento in coi i Goti furono 
cacciati d' ltalia , poiche e opinione di molti dotti , e specialmente 
del Panvinio, cbe Ginstiniano concedesse a Narsete 1'amministrazjone 
della Sardegna e di totta la penisola italiana in premio della con- 
seguita vittoria : Bello confecto , et Gothu Italia omni exactit, ipta 
cum insulit Sicilia , Sardinia et Corsica imperio orientali attributa 
ett, atque in victoriae praemium Ifarti ab imperatore admmittranda 
concesta (Onuphr, Panvin., Imper. rom., cap. XXVIII apud. Graev., 
Thet. antiq. rom. , vol. 1 , col. 565 ). 

(I ) Mi credo in debito di awertire i lettori cbe nella riproduzione 
delle epistole di S. Gregorio Magno pertinenti alla Sardegna ho 
seguito di preferenza la edizione dell' Epistolario qregoriano fatta 
dal Mansi ( St. concil. nov. et amplitt. collecU , tom. IX , col. 1039 
nsque ad 1340 , e tom. X col. t" nsque ad 433. Florentiae 1763 e 
1764 in-fol. ), la quale contiene le varianti e le emendazioni fattevi 
nelle precedenti edizioni dal Goussanville , dal Labbe e dai PP. 
Maurini (Paris, 1705). Da quesfoltima sono ricavate ie piu impor- 
tanti di dette epistole pubblicate in Torino ( ex typogr. Ilyacinthi 
Marietti, 1835, in-8°) con erudili commentarii latini dal gia citato. 
canonico Marongio, ora arcivescovo di Cagliari. 

(9) Ex Mansi , oper. cit , tom. IX , coL 1067. Teodoro , duce 0 
comandante delle milizie imperiali stanziate in Sardegna nel 591 , 
snccedette in tale ufllzio a Endacio che copriva la stessa carica nel 
589, come si ricava dalla seguente epistola XLVII. Lesue atlribuzioni 
erano rislrette al governo della soldatesca , eppercid S. Gregorio 
nelle doe successive lettere dello stesso anno (epist. 47, 59, lib. I, 
indict. IX ) lo appella gloriosum magittrum militum. Forse in as- 
senza del preside gli sara stato affldato provvisoriamente il governO 
eziandio delle cose civili deU'isola; ma la sna qnalita di dnce lo 
chiamava unicaraente al disbrigo delle faccende militari. Imperoc- 
che Giustioiano nelle gia cilate leggi (I e II Cod. de off. praef. 
praet. Jfric. , supr. pag. 89, col. 3' , not. 3 e 4) institui le doe 



sancti Viti, quod ViTVLAKAquondmtrecordandaememoriae 
construxerat, minuavil nobis a Dokato offkiali vettro pos- 
sessionemjuris praedicti monasterU detentari. Qui dum excel- 
lentiae veslrae patrocinUs erigi se conspicit , ad exammandum 
judicium venire contemnit. Sed nunc gloria vestra praecipiat 
eumdem offkialem cum praedicta ancilla Dei arbitrale subire 
judicium; quatenus quidquid eorum de tali controversia ar- 
bitrorum judicio fuerit diffinitum, effectui mancipetur, ut id 
quod se amittere swe retinere perspexerit, non hoc virtutis 
opere fieri , sed legis justitiae debeat reputari. Pariler et 
Pojupejaka religiosa, quae monasterhm in domo propria 
construxisse dignoscitur, querilur matrem quondam generi sui 
defuncti testamentum ejus velle cassare, quatenus ultimum 
filii ejus arbitrtum ad irritum deducatur. Pro qua re caritate 
palerna gloriam vestram nccessario duximus adhorlandam , 
ut piis se causis salvajustitia libenter accommodet, et quidquid 
hisjuris ralio tribuit, benigne jubeat custodiri. Dominum au- 
tem pelimus, ut viam vitae vestrae propitius dirigat, dignita- 
temque susceplam administrationis prosperitate disponat. 

II. 

Epist. XLVII, lib. I, indict. IX (3). p. c. «. s,.. 

Gregorius Honorato Diacoko. 

Quia regiminis locum, licet immeriti, suscepimus, oportet 
ut fratrum nostrorum necessitatibus, inquantum facultas sup- 
petit, occurramus, Jakuarius ergo metropoleos Caralis fra- 
ter et coepiscopue noster veniens huc in Romanam civitatem 
edocuit nos Theodorum gloriosum magistrum mUitum, qui 
ducatum Sardiniae insulae suscepisse dignoscitur, muita 
iUic contra piissimorum dominorvm jussa peragere, quibus 
plurima gravissimapossessorum, velcivium imperU sui, com- 
petenti clementia ac mansuetudme submovermt. Pro qua re 

cariche separate di preside e di duce , le quali continuarono ad 
essere distinle I' una dall'altra per tutto il sesto secolo , giacche lo 
stesso papa S. Gregorio Magno in una sua lettera del 599 (epist. V, 
lib. VII, part. II) parla del duce Eupaterio {gloriosi magittri militum), 
e del preside ( magnifid ptt »n domino praeeidit ) , che nel detto 
anno rappresentavano separatamenle nelT.isola 1' autorila civiie e 
militare dell'impero; e poi in altra lettera del 601 ( epist XVII, 
Iib. IX ) parla pnre di Spesindeo , che in tal anno era preside di 
Sardegna. Donato era nno degli ufflziali subalterni di Teodoro , e 
forse 1' istesso che otto anni dopo ( 599 ) e ricordato in un' altra 
epistola gregoriana (epist. II, lib. VII, part. II) siccome possessore 
di un campo gia seminato , dal qnale il vescovo Gianuario fece 
sradicare le biade in giorno festivo. In questo caso non e impro- 
babile che la possessione di Donato fosse il frutlo della usurpazione 
e della violenza da lui osata conlro Giuliana , abbadessa del mo- 
nistero di S. Vito fondato da Vitulana. Di Pompeiana poi , che vedesi 
raccomandata colla presente lettera al suddctto Teodoro , lo stesso 
pontefice fa memoria in altre sue epistole degli anni 593, 601 , 603 
(ep. LXI, lib. I; ep. XXXVI, libu II; ep. XX, hb. IX ; ep. LIX , 
lib. XI ), dalle quali si raccoglie ch'essa era vedova di Stefano e 
madre di Matrona , e che fondo il monistero di S. Erma. ' • 

(3) Ex Mansi, oper. cit, tom. IX, col. 1067, Gli abosi di tratorfta, 
che il doce Teodoro commetteva in Sardegna, eccitarono il papa 
S. Gregorio Magno a serivere a Onorato, diacono della chiesa ro- 
mana e suo apocrisiario o legato in Oriente, affinche facesse conoscere 
agli augusli Tiberio Maurizio e Costantina ( pUttimit dominit ) le 
giuste doglianze dei Sardi , e facesse richiamare Teodoro alCosser^ 
vanza dei benigni decreti imperiali emanati nel 589 sotto il ducato 
di Endacio. Le querele degl' isolani erano state recate a Roma da 
Gianuario vescovo metropolitano di Cagliari, del qaale e fatto 
frequenlissimo ricordo nelle epistole di detto pontefice. Si ricava 
dalla presente Iettora che Endacio e Teodoro , per assenza 0 im- 
pedimento del preside , amministrareoo teroporariamente totte le 
faccende insulari. 



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I 



PRIMA. 



93 



vohmus, ut apto iempore piissmis dommit, juxla id quod 
provinciales praedictae insulae jusle et compelenter postulant, 
suggeras, dum et antea ad Endacium gloriosum magistrum 
nrilikmjamper indictionem septimam tmc ducemSARDiitiAE, 
sacra imperialia cucurrermt: quibus omnia praecepermt gra- 
via nunc capitula submoveri , quatems eorum jussa de pietatis 
fonte procedentia, a ducibus, quos in tempore praeesse con~ 
tigerit, inconcusso serventur, mercesque eorum ab administra- 
toribus non debeat dissipari: ut quielam sub imperio clementi 
dominorum vitam transigant, et consuUum, quod subjectis 
suis tranquilla mente tribuunt, m adventu aeterni judicis mui~ 
HpUcata compensatione recipiant. 



III. 

*• c RS »>- Epist. LIX , lib. I , indicl. IX U). 

Gregorivs Gennadiq Pjtricio et Exarcbo 
Africae. 



Dei prae ocuUs vot indesinenter habere timorem , ac sectari 
jtuUtiam, suimissg hostium coUa testantur: sed ut gloriam 
vestram in eadem prosperitate gratia Christi custodiat , quae- 
atmque perperam comnritU cognoscitis, celeri, ticut consue- 
vittit, cohibiUone compescite, ut armis justitiae praemuniti, 
hosliles iapetut fidei virtute, quod est totius cumen virtutis, 
sttpereUs. Mjririanus siquidem Turritame civitaUs frater 
et coepitcoput noster nobis lacrgmabiUter mdicavit, civitatis 
tme pauperes omnmo vtxari, et comntodalibus affligi dispen- 
diis. Insuper et religiosot ecclesiae suae homines, gravem ab 
hommbus Theodori magistri miUtum susUnere molestiam, 
ac pali corporales injurias , el quod ad hoc usque prorumpkur, 
ut in carcerem, quod dici nefas est, retrudanlur: saepe qui- 
dem eUam in causis ad ecclesiam suam pertinentibus a prae- 
fato glorioso viro graviter impediri. Quaecutnque sint, si 
tamen vera sint, reipublicae disciplinae contraria vos sciUs. 
Et quia haee omniavestram excellentiam convenit emendare, 
salutans eminentiam vestram exposco, ut ea ulterius fieri non 
sinatis, sed ex opere illi jubete diligenti, ul ab ecclesiae se 
laesione removeat, et nuUus eorum in angariis seu commodis 
ultra quam sinit ratio praegravetur, aut si quae causae fuerint, 
non potentatus metu, sed legaU ordine finiantur. Ita igitur 
quaeso, aspirante vobis Domino, haec omnia praeceptionis 
vestrae interminatione corrigite, ut si non rectitudinis con- 
tempiatione, saltem formidine vestrae jussionis a talibus se 
gloriosus Theodorus vel homines ejus abstineanti quattnus, 
quod ad laudem vestram proficiat et mercedem, in partibus 
commissis possit florere cum libertate justitia. 



(1) Ex Maosi , oper. cit. , tom. IX , col. 1079. Non e piu il soJo 
Giawwrio di Cagliari, ma cziandio Mariniano vescovo di Torres che 
Ca consapevole il papa delle vessazioni esercilate da Teodoro contro 
i Sardi. E queste nonsono piu indicate eon termini raghi e generali, 
ma specificamenle , dicendosi nella lettera, che quell' iniquo duce 
o capo di milizia molestava i chierici ed i poveri con prestazioni 
iadebite ( commodahhus dispendiu ) e con ingiurie personali , cac- 
ciandoli pecfino in.carcere , e che negli afiari contenaiosi turbava 
iooUre la giorisdizione ecclesiastica dei vescovi turritani. S. Gre- 
gorio magno , cue per reprimere siffatti abosi avea poco innanzi , 
e neUo stesso anno 591 , scritto direttamente a Teodoro e ad Onorato 
(opist. XLVI e \LVI1 preeed.), ora iavoca l'autorita di Gennadie', 
eaarca o prefetto del pretorio <i'Africa, accio faccia rientrare il 
porvicace Teodoro nei Umiti del suo doverc. 



IV. 

Epist. LX, lib. I, iodict. IX W. p. c. n. 

GUEGOHIUS JANUARIO ARCHIEtlSCOPO CAlARITAlfO 
SARDtmAE. 



Si ipte dommut noster viduarum st maritum, orphano- 
rumque patrem scripturae sacrae profitetur testimomo, nos 
quoque membra corporis ejus ad imitandum caput sumtno de- 
bemus mentis affecto intendere, et sakajusHUa orphanis et 
viduis praesto, si necesse sit, esse. Et quia insinualum est 
nobit Catellaju reUgiosem feminam, habentem filium suum 
hie tn sancta romana Ecclesia, cui Deo auctore praesidemus, 
miUtantem, quorundam immissionibus vel inquietudinibus mo- 
lestari; de ea re fraternilatem vestram scriptis praesentibus 
necesse duximus adhmiandam, ut eidem praedictae feminae 
tmUonem ferre, salva jusUUa, non declinet; sciens quod de 
hujusmodi rebus et dominum sibi debitorem faciat, et nwtram 
cirea se caritatem mdgis astringat. Causas enim praedictde 
femmae, sive sint, tive fuermt, nostro vohtmus judibio ter^ 
minari, ut foralis illi inquietudo submovrri debeat; et tamen 
a judicii justitia nullatenus excusetur. Oro autem Dominum, 
quo viam vestram curm ad se prospero dirigal, et ad regnum 
venturae gloriae propitiatus ipse perducat. 



EpUU LXI.lib. I, indict. IX ( a ). 

gregorius i.4nuario episcopo calaritano 
Sardiniae. 

Licet fraternitas vestra zelo jusUtiae se in dwersorum 
tuitionem congruenter impendat, proniorem tamen eam cre- 
dinm prorsus existere in eorum solamina quos ei nostra 
eommendat epistola. Pompejana igitur reUgiosa feminaper 
hominem suum suggessit nobis multa te quorundam homimm 
sustinere assidue irrationaliter gravamina, et ob hoc nobis 
suppUcasse dignoscitur, ut nostris eam vobis commendaremus 
qpicibus. Propterea, salutantes fralernitatem vestram , debito 
caritatis affectu praedictam vobis feminam necessario duxmus 
commendandam, ut comitante justitia, in nulla eam fraternitas 
tua contra aequitatem gravari causa permittat, nec aliqua 
inconsulte paU dispendia. Sed si quas eam habere caasas 
contigerit, in electorum judicio , altercanUum ventiletur coa- 
tentio; et quaecumque fuerint diffinita, ita tranquiUe ad effe- 
clum vobis solaUantibus perducantur, ut etvobispro tali opere 
merces inhaereaf, et nostris apicibus commendata gaudeat se 
invenisse jusUtiam. ■ 

(9) Ex Mansi , oper. cit., tom. IX, col. 1073. La raccomandazione 
di Catella, vedova e pia donna, fatta da S. Gregorio alParcivescovo 
di Cagliari , e ripeluta con allra leltera di qucsto medesimo auno 
(ep. LXII, lib. I, indict. IX), fu probabilmente provocata daldilei 
Oglio , II quale mililava in Roma nella via clericale. Per questo 
mezzo Catelfa ottenne ancora che Ie sue lili presenti e future fossero 
definite dal papa, come si ricava dal testo della presente epistola. 

(3) Ex Mansi, oper. cit. , tom. IX, col. 1073. Le roolcstie, delle 
quali erasi doluta 1'ompefana presso il ponteflce ,'erano forse l& 
iatessa gia manifestate da S. Gregorio a Teodoro duce di Sardegnaf 
con precedente lettera dello stesso anno 591 ( ep. XLVl , lib. 1 . 
indict. IX. Ved. sopr. pag. 99 , col. 9 a ). Quindi si scorge chc if 
papa non ometteva verun raezzo per far rendero ragione a questa 
pia vedova, poiche non contento di averla gia rnccomandata ar 
suddetto Teodoro, la raccomandd eziandio al vcscovo Gianuario , 
mipeuendogli di far delinire con uiudizio di arbitri (rlrclormn judido^ 
tulle le di lei queslioni. 



P. C N. 5 9 i. 



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94 



DISSERTAZIONE 



VI. 

v. c. n. s,.. JJpiat. LXU , lib. 1, iiuUct. IX (0. 

Gregorivs Janvario Arcmiepiscobo Calaritano 
Samdiniae. 



PastoraUs regmmis necessitate etmtpellimur, ut orphano- 
rum viduarumque causis solertius quam euris ceteris insista- 
mus: et quia insinuatum nobis est Catellam religiosam 
feminam habentem filium hic in saneta romana Ecclesia, cui 
Deo auctore praesidemus, militantem, quorundam immissio- 
nibus, vel inquietudinibus molestari, de ea re fraternitatem 
vestram scriptis praesentibus necesse duximus adhortandam, 
ut eidem praedictae feminae tuitionem feire salva justitia non 
declinet: sciens quod de hujusmodi rebus et sibi dominum fa- 
ciat debitorem, et nostram circa se caritatem astrmgat. Cau- 
sas enm praedictae fernime sive sint, sive fuerint, nostro 
volumus judicio terminari, ut foralis illi inquietudo submoveri 
debeat , et tamen a judicii justitia mllatems excusetur. Oro 
autem Ddminum quo viam vestram cursu ad se prospero dir, 
rigat, et ad regnumventurae gloriae propitiahts ipse perducat. 

VII. 

p.c.w.5,. Epist. LXXXI, lib. I, indict. IX (*). 

Gregorivs Janvario Arcbiepiscopo Caralis 

Scriptis tuis cor nostrum laetificasse dignosceris, quod te 
mandatorum nostrorum memorem fuisse testatus es. Et quia 
memoriter retinemus ea quao nos fraternitati tuae mandasse 
commemoras, quemadmodum disponendum sit, ubi vohmtatis 
nostrae expectalur auctoritas, scriptis praesentibus breviter 
respondemus. Liberatvs igitur, de quo nobis tua fraternitas 
mdicavit, qui diaeonii fungi perhibetur officio, ti a decessore 
tuo non factus est cardinalis, ordinatis a te diaconibus nulla 
debet ratione praeponi; ne eos, quos conseerando probasse 
eognosceris, reprobare supponendo quodam modo videaris. 
Praedictum itaque Liberatvm , quem reprimendus ambi- 
tionis inflat spirilus, omni instantia ab intentus stti pravitate 
eompesce, et ultimum inter diaconos stare constitue, ne dum 
se ilHcite praeferri contendit, immeritus, loco in quo nunc 
situs estjudicetur. Cujus tamensi obedientia fueris invitahts, 
et eum post haec cardinalem facere voheris, nisi pontificis 
sui concessionem solemnimore meruerit, abstmendum ab omni 
ejus incardimtione memineris; quoniam aequitati convenire 
non ambigis, ut aliis servare non differas, quod ipse quoque 
tibi servari desideras. 



(1) Ex Hansi, op. ciL , tom. IX, col. 1083. La presente lettera 
e una ripetizione dell'altra (ep. LX, lib 1, indict. IX) gia poco 
innanzi riportata ( Ved. sopr. pag. 93 , col. 9* ). 

(9) Ex Mansi , oper. cit. , tom. IX , col. 1083. II soggetto della 
presente lettera e diretto intieramente a reprimere 1'ambizione del 
diacono Liberato. Costui volea preeedere a tutti gli altri diaeoni 
della chiesa cagliaritana , alla quale non constava che fosse incar- 
dinato, perche andatovi da altra diocesi dell'isola. Quindi S. Gregorio 
scrisse a Gianuario , che, laddove il vescovo suo predecessore non 
avesse gia incardinato quel diacono forasliero alla suddetta chiesa 
di Cagliari, lo posponesse a tutti gli altri dello stesso ordine; e che 
tuttavia potesse egli stesso incardinarvelo , se vi acconsentisae il 
vescovo dal quale Liberato dipendeva. 



VIII. 

Kpist. XXXIV, lib. II , part. I, indict. X W: *• «■ «• ^ 

GREGORIVS JASVARIO EPISCOPO CALARITANb. 

Si saeerdotale quod administramus officwm mentis inte- 
griiate pensemus, sie nos cum filHs nostris individuae cari- 
tatis debet unire concordio, ut sicut patres in nomine, ita 
affectu probemur in opere. Dum ergo tales non esse quaies 
praefati sumus oporteat, miramur cur adversus fraternitatem 
tuam tanta querimoniarum moles exorta est. Quod quidem 
nos adhuc credere dubitamus. Sed ut veritatem valeamus agno- 
scere, Joannem sedis nostrae notarium nostra illic prae- 
ceptione suffultum direximus , quipartes in electorum compellat 
adesse judicio, et sua ad effectum executione, quae fuerint 
judicata, perducat. Quo cirea fraternitatem tuam scriptis 
praesentibus adhortamur, ut causarum apud se ante debeat 
merita pertractare. Et si qua se injuste tulisse vel habere 
cognoscit ante judicium, sacerdotii contemplatione restituat. 
Inter querelas autem mulliplices, Isidorvs vir clarissimus 
a fraternitate tua frustra se esxommunicatum anathematiza- 
tumque conquestus est. Quod ob quam rem faekm fuerit, dm 
a elerico tuo, qui praesens erat, voluissemus addiscere, pro 
nulla alia causa, nisi pro eo quod te injuriavcrat, factum 
innotuit. Quae res nos vehementer affligit. Quod si ita est, 
nibil te ostendis de caelestibus cogitare, sed terrenam te con- 
versationem habere significas, dum pro vindicta propriae 
injuriae, quod sacris regulis prohibetur, maledictfenem ana- 
thematis^invexisti. Unde de cetero omnino esto circumspectus 
atque sollicitus , et lalia cuiquam pro defensione injuriae tuae 
inferre denuo non praesumas. Nom si tale aliquid feceris, in 
te scias pastea vindicandum. 

IX. 

Episi XXXVI, lib. II, part. II, indict. XI W. p. c «. sys. 

Gmegorivs Sabino defessori Sardinije, 
et Anthemio svbdiacono. 

Quaedam ad aures nostras graviapervenerunt, quae quo- 
niam canonieam emendationem expectant, ideirco experientiae 
tuae prapcipmus, quatenus una cum Joanne notario, onrni 



(3) Ex Mansi , oper. cit. , tom. IX , col. 1103. Molte doglianse 
erano pervenute a S. Gregorio Magno sull'avventatezza di Gianuario 
vescovo di Cagliari, fra le quali e ricordata fn questa lettera la sola 
scomunica fulminata contro Isidoro, personaggio charisshno. Di tale 
scomunica e dei privati risentimenti che vi aveano dato causa , 
il pontefice era stato informato da un chierico sardo trovatosi 
presente al fatto. Percio il papa spedl a Cagliari un notaio della 
sede apostolica per nome Giovanni, affinche riducesse a termine, 
per via di giudizi arbitramentali, le questioni che aveano dato oc- 
casione agli eccessi di Gianuario. Del suddetto notaio Giovanni e 
anche di lsidoro si fa menzione uella seguente lettera gregoriana 
del 593. L'ultima parte di questa epistola, che e relativa alla sco- 
munioa d'lsidoro, e stata riprodotta da Graziano nel suo Deoreto, 
part. II , caus. XXIII , quaest IV , can. 97. 

(4) Ex Mansi, oper. cit., tom. IX, coi. 1113. La prima parte di 
questa lettera diretta a Sabino difensore di Sardegna, ossia ammi- 
nistratore dei beni patrimoniali di S. Pietro esistenti neirisola, ba 
relazione col contenuto nelI'episU»Ia precedente. Perche vi si parla 
nuovamente delle imputazioni fatte a Gianoario, sulle quali doveva 
inquirire il- notaio Giovanni, e della lite d'Isidoro, uomo eloquen- 
tissimo, colla chiesa cagliaritana. Nella parte poi, che sembra in- 
dirizzata ad Antemio ed a Sabino insieme, si fa nnova menzione di 
Pompejana, e vi e per la prima volta nominata Teedosia, la quale 



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PRIMA. 



95 



excusatione postposita, Januarium fratrem et coepiscopum 
nostnm summa hac exhibere instantia nm omittas, ut eo 
coram posito, ea quae ad nos perlata sunt subtili valeant 
indagatione perquiri. Pompejana vero atque Theodosia 
religiosae feminae iuxta postulationem suam, si huc venire 
vokerint, vestra eis in omnibus praebete solatia, ut desideria 
sua vobis queant succurrentibus adimplere: praecipue autem 
Isidorum eloquentissimum, sicut petiit, studii vestri sitper 
omnia vobiscum adducere, ut caussae ejus qualitas, quam 
contra ecclesiam Calaritanam habere dignoscitur, interiustru- 
tinata, legalem valeat fimm accipere. Praeterea quoniam ali- 
qua nobis de persona Epiphanii presbyteri facinora nuntiata 
sunt, necesse est ut diligentius cuncta perscruteris , et seu 
mulieres, cum quibus perisse (forse peregisse) dicitur, seu 
alios quos de caussa eadem scire aliquid senseris, huc pariter 
festines adducere, quatenus, ecclesiasticae districtioni liquide 
possint aperiri quae vera sunt. Baec vero omnia ita efficaciter 
utrique curabitis adimplere, ut nulla vos de neglecta culpa 
respiciat, scientes ad vestrum omnino pertinere periculum, si 
haec nostra quoquo modo fuerit lentata praeceptio. 

X. 

•■• c ». s«. Epist. VIII , lib. III , indict. XII («). 

Gregorius Januario Episcopo Calaritano 
Sardiniae. 

Theodosia religiosa femina in construendo monasterio 
voluntatem Stephani quondam viri suicomplere desiderans, 
peliit a nobis, ut ad fraternitatem tuam nostras transmitte- 
remus epistolas, quibus per commendationem nostram tuum 
facilius mereretur auxilium. Asserit siquidem hoc a suo 
conjuge consUtutum, ut in praedio, quod appellatur Piscenas, 
quod ad xenodochii Thomae quondam episcopi jura per- 
venit, monasterkm construi debuisset. Quia igitur in alienis 
hoc fundare rebus, licet possessor permitieret, dominus tamen 
videtur cum ratione refugere, petitionem ejus praevidimus 
annuendam, idest, ut in domo juris sui, quam Calaris as- 
serit se habere, ancillarum Dei monasterium debeat, Dotnino 
adjuvante, construere. Sed quia praedictam domum suam dicit 
ab hospitibus atque supervenientibus onerari , hortamur fra- 
ternitatem tuam ut studeas ei in cunctis concurrere, devotio- 
nique ejus tuae praebeas tuitionis auxilium , ut mercedis 
defuncti, atque ejus studii, tuus te concursus faciat et solli- 

era vedova di Stefano, e fondd un monistero ordinato con testamento 
dal di lei marito ( Ved. infr. ep. VIII e X , lib. III , indict. XII , 
ep. II , lib. IV , indict. XIII ). II sacerdote Epifanio che in questa 
lettera apparisce accusato di molti misfatti, e specialmente di aver 
usato carnalmente con femmine, andd a Roma, e fu riconosciuto 
innocente ed assolto da S. Gregorio (ved. infr. ep. XXIV, lib. III , 
indict. XII); e forse e lo stesso Epifanio che nel 599 era arciprete, 
cioe il seniore dei sacerdoti della chiesa di Cagliari (ved. infr. ep. 
VII , Hb. VII , part. II , indict. II ). 

(I) Ex Mansi, op. cit., tom. IX, col. 1160. Stefano aveaordinato 
che si erigesse un monistero di femmine nel predio di Piseetuu. Ma 
siccome questa possessione era divenuta di proprieta dello spedale 
di pellegrini gia fondato dal vescovo Tommaso (che forse fu il pre- 
decessore del vescovo Gianuario), percid Teodosia vedova di Stefano 
avea imploralo dal papa la permissione di erigerlo nella propria 
saa casa , come in effetto ve lo eresse , dopo un anno ( ved. infr. 
ep. X , lib. III , indict. XII ; ep. II , lib. IV , indict. XIII ). E il 
pontefice scrisse a Gianuario, raccomandandogli la giusta petizione 
di Teodosia, e incaricandolo insieme di liberare la di lei casa dallc 
molestie dei pellegrini che vi ospitavano. 



citudo partieipem. ReHquiae vero, quas tbidem postulat cotto- 
candas, vohmus ut a fraternitate tua sub debita veneratione 
condantur. 

XI. 

Epist. IX , lib. III , indictl XII («). P . c . ». s M . 

Gregorius Januario Episcopo Calaritano. 

Satis quidem te ipse pastoralis zehts instigare debuerat , 
ut gregem , quem susceperas , etiam sine nostro solatio sdlu- 
briter ac provide tuereris, et a callidis inimicorum surreptio- . 
mbus cum diligenti circumspectione servares. Sed quia 
caritatem tudm pro suae firmitatis augmento, nostrae quoque 
pagina auctoritatis indigere comperimus , necessarium nobis 
fuit titubantes animos tuos ad reHgiosi vigoris studium fra* 
ternae dilectionis exhortatione firmare. Pervenit siquidem ad 
nos minus te monasteriis ancillarum Dei in Sardinu sitis 
tuitionis impendere ;. et cum dispositum a tuis prudehter 
fuisset decessoribus , ut quidam de clero probati viri curam 
gerentes, earum se necessitatibus adhiberent; nwnc ita funditus 
isse neglectum, ut per publicas personas , pro tributis aliisque 
muniis ipsae per se principaliter Deo dedicatUe feminae eom- 
pellantur subire, necessitatemque habeant pro supplendis fi~ 
scaHbus per villas praediaque discurrere, atque virilibus in- 
competenter se miscere negotiis. Quod malum fraternitas tua 
faciU correctione removeat, ut unum probatum virum vita 
moribusque, cujus aetas, atque locus nihil de se pravae su* 
spicioni injiciat, sollicite deputet, qui sic monasteriis ipsis 
cum Dei timore possit assistere, quatenus ulterius eis pr$ 
quibuslibet causis privatis vel publicis extra venerabUia loca 
contra regulam vagari non liceat, sed quidquidpro his agen- 
dum est,per eumquem deputaveris , rationabiliter peragatur. 
Ipsae vero referenles Deo laudes , atque coercentes semetipsas, 
in monasteriis suis nullam occasionem ulterius fidelium men- 
tibus pravae suspicionis injiciant. Si qua autem earum, vel 
per anteriorem licentiam, vel per impunitatis pravam con- 
suetudinem ad lapsum adulterii deducta fuerit, aut in stupri 
fuerit perducta voraginem, hanc post competentis severitatem 



(9) Ex Mansi, oper. cit, tom. IX, col. 1161. E questa una lettera 
piena di rimproveri e di avverlimenti. S. Gregorio raccomanda a 
Gianuario di preporre, secondo 1'antica consuetudine , sacerdoti di 
provata virtu alPamministrazione dei monasteri di femmine , accid 
costoro potessero attendere piu quietamente aIl'orazione, ne piu si 
vedessero discorrere da un luogo alPallro per attendere alle fac- 
cende temporali. Da questo abuso erano forse nati gli scandali di 
vergini dedicate a Dio stuprate da laici e da chierici , poiche il 
papa prescrive i castigbi da applicarsi alle une e agli altri. Rac- 
comandasi inoltre a Gianuario di convocare sinodalmente due volte 
all'anno i suoi suffraganei , di vendicare in liberta , e difendere 
virilmente i serv» e le ancelle degli ebrei che per causa di fede si 
rifuggissero nelle chiese; di non permettere che i preli nngessero 
col sacro crisma le fronti dei battezzandi o gia battezzati , lo che 
si apparteneva ai vescovi, ma che li ungessero solamente nel petto 
(proibizione poi rivocata dailo stesso papa , ep. XXVI, lib. III, 
indict. XII infr.), e di curare con sollecitudine la erezione dei nuovi 
monasteri ordinati dalla pieta di molti Sardi, sia morti che viventi. 
Fra qnesti e nominato un cerlo Pietro , che avea disposto per la 
fondazione di nn monastero nella propria sua casa; e il pontetice 
commette a Gianuario di verificare lo stato e quantita dei redditi 
percid esistenti. Non bisogna confondere il suddetto Pielro con altri 
tre dello stesso nome (ved. infr. ep. IX, lib. IV, indict. XIII; ep. II 
e V, lib. VII , part. II , indict. II). Quattro luoghi di questa epistola 
sono stati riprodolti nel Decreto di Graziano, part. I, distincL LIV, 
can. 16; part. II , caus. XVI, quaesL I, can. 14; caus. XXVII, 
quaest. I, can. 38; part. III, Vt cotueerat., distinct. IV, ran. i90- 



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96 



DISSEUTAZIONE 



vMiem* , in atmd mstrmtius viryiumn mamsternrm in poe- 
niimtiom vammus redigi, iU Uik orationibus atque jejunii» 

vacet, et sic poenitendo proficiat, et metuendum coeteris ar- 
ctioris disciplinae praestet exemplum. Is autem quicum hujus- 
modi feminis in aliqua fuerit iniquitate repertus , omni com- 
mmione privetur , si laicus est; si vero/olericus fuerit, a suo 
quoque remotus officio , pro suis continuo lugendis excessibus 
in monastermm deirudatur. Episvopvrum etiam conciha, sicut 
tam tuae mos dicitur fuisse provinciae, quam quod sanctorum 
canonum auctprUate praecipUur, bw in anno ceiebrare te 
volumus, ut si qnis inter eos a sui forma propositi actionis, 
edque morum quatitate discordat, sociali possit fratrum in- 
crepatione redargui; et pro securitate eommissi gregis, am- 
marumqw stat», paterna valeat circumspectione tractari. 
Pervenit etiam ad nos, servos anctiiasque judaeorum fidei 
cmssa ad Ecclesiam refugientes, aut infidelibus restilui do- 
mtnis, ant eorvm, ne restiktantur, pretium dari. Hortamur 
igitur , ut nuUatenus tam pravam consuetudinm manere per- 
■mittas; sed si quilibet servus judaeorum ad venerabiUa loca 
confugerit cmma fidei, nullatenus eum putamini praejudkium 
smtincre. Sed sive oiim christiamis , sive nunc fuerit bapti- 
xatus, sute uilo chrisUanontm pauperum damno reiigioso ec- 
ciesiasticae pietatis palrocinio in libertatem modis omnHm 
defendatur. Presbyteri baptixatos infantes signare sacro in 
frontibus chrismate non praesumant; sed presbyteribaptixatos 
ungant m pectore, ut episcopi postmodum ungere debeant in 
fronte. Pro fundandis etiam monasteriis, quae a diversis jussa 
smt construi, si mjusta perspids haec aliqua ab Us quibus 
mdicta sunt excusatione differri,soterter secundum quodleges 
praecipiunt admonere te voiumus, ne piae vivorum aut de- 
frmctortm vohntales tua, quod absit, remissione cassentur. 
De monasterio autem , quod m donio sua construenaum quon- 
dam Petrus asseritur praecepisse , praevidimus , ut frater- 
nitas tua subtititer requirat relictorum UHc reddituum quan- 
titatem. Et si quidem modus habetur substaniiae, recoliectis 
omnibus quae de rebus ipsis mminuta dicuntur esse, veldis- 
persa, cum omni studio hoc et sine aUqua dilatione fundetvr. 
Siu autem, vel minus idonea, vel damnosa facuiias est, om- 
nibus, ut edictum est, subtiiiter inquisitis, nobis renuntiare 
te volumus, ut sciamus quid deliberare, juvante Domino, de 
ejus constructione possimus. Fraternitas igitur tua ita in 
cunctis praedictis capitulis se solerter impendat, ut nec no- 
strae admonitionis seriem inveniatur fuisse transgressa, nec 
divini reajudicii, de minori selo pastoralis existat officn. 

XII. 

P.c.s.5,». Epist. X, lib. III, indicU XII W. 

Gregorius Janvarw Episcopo Calaritano. 

Nos quidem arbitramur, quod ad imminentiam expletionis 
piarum rerum, ipse te tuus satis ordo compellat. Sed ne 
tehtm tuum cuiuslibet interventus remissionis emolUal , de his 



(1) Ex Mansi, oper. cit., tom. IX, col. 1169. S. Gregorio magno, 
sempre zelante e sempre inslancabile neU'esercizio deH'aotorHa saa 
pontificale , diresse la presente epistola a Gianuario , affinche ec- 
citasse Teodosia alla effettiva fondazione del monistcro ordinata dal 
sno marito Stefano , prefiggendole percid il termine di un anno ; 
paasato il quale senza avervi adempito , autorizzo il vescovo di 
Cagliari a farlo ediicare coi rondi lasciati <M testatore. 



etiam te speciaUter judicavmms. exkortandum. Pervenit *t- 
quidem ad nos Stephanum vestrumde hac luce migrantem, 
supremae toluntatis eioquio monasterium praecepisse fundari. 
Cujus desiderium a Theodosia hvnesta femina, herede ejus, 
fertur quodhactenus dilalione protrahitur. Quamobrm hor- 
tamur freternitatem tuam, ut mazimum de praedxcta caussa 
studium geras atque ante nominatam fminam commoneas , 
quatenus intra annale spatium monasterium quod jussum est, 
debeat ordinare, et cuncta secundum defuncti voluntatem sine 
allercatione construere. Quod si intra praedicti temporis 
metam aliqua perficere tnegligenlia vel catliditate distulerit, 
ut sive in loco eo , quo constitutum fuerat, seu certe ibi non 
poterit, el aUbi placet ordinari, et dilatione interveniente ne- 
gUgitur; (unc volumus ut fraternitatis tuae aedificetur studio, 
ordinatisque omnibus, res atque redditus qui relicfi sunt,per 
te loco ipsi venerabiU sine imminutione aliqua socientur. Sic 
enim et ante tremendum judkem tuum sentenliam remissimis 
effugies , et secundum pUssimas leges , ditatas defunctonm 
pias voluntates episcopali suppiebis studio. 

XIII. 

Epist. XXIII , lib. III , indict. XII p. c. n. 5y4 . 

GREGORIVS NOBILIBVS AC POSSESSORIBVS 
IN SARDINIA INSUL 4 CONSISTENTIBUS. 

Fratris et coepiscopi mei Felicis, et filii mei Ctriaci 
servi Dei relatione cognovi , pene omnes vestros rustieos in 
vestris possessionibus idotolatriae deditos habere. Et valde 
hac de re contristatus sum, quia scio quod subjectorum culpa 
praepositorum deprimit vUam , et cum in subjecto peccatum 
non corrigitur, t» eos, qui praesunt, sententia retorquetur. 
Unde, magnifici filii, exhortor, ut omni cura omuique soUi- 
citudine animarum vestrarum setum habere debeatis, el qua$ 
rationes omnipotenti Deo de subjectis vestris redduuri estis, 
aspicite. Ad iioc quippe vobis UU commissi sunt , quatenus et 
ipsi vestrae utiUtati valeant ad terrena servire, et vos per 
vestram providentiam eorum animabus ea quae sunt aeterna 
prospicere. Si igitur impendunt illi quod debent , vos eis cur 
non soivilis quod debetis? id est , ut assidue Ulos magnitudo 
veslra commoneat, ab idoloiatriae errore compescat, quatenus^ 
eis ad fidem ductis , omnipotentem Dominum erga se placo- 
btiem faciat. Ecce enim mundum hunc quam vicinus finds 
urget , aspicitis , quod modo humanus in nos , modo divinus 
saeviat gladius videtis ; et tamen vos veri Dei cultores a 
commissis vobis lapides adorari conspicitis, et tacetis ? Quid, 
quaeso , tn tremendo judicio dicluri estis , quando hostes Dei 
et sub potestate vestra suscepislis, et tamen eos Deo subdere. 



(Xi Ex Mansi , oper. cit., tom. IX , col. 1171. Felice vescovo di 
Porto, e Ciriaco abate del monastero di S. Andrea, comesiricava 
dalle successive epistole gregoriane (XXIII, XXV, XXVI lib. III, 
indict. XII ; II , lib. IV , indict. XIII , 1 e II , lib. VII , part. II , 
indict. II ) erano stati mandati a Sardegna in qnalita di missionarii 
per convertire alla fede i Barbaricim, o quella parte del volgo che 
perseverava tuttavia nelle pratiche del paganesimo. S. Gregorio 
scrisse la presente lettera ai nobili e ai possidenti dellMsola, af- 
finche aiutassero i detti missionarii nella santa opera , e perche 
non tollerassero piu nelle loro possessioni i servi idolatri, o dediti 
alle superstizioni idolatriche. Ed e notevole il passo in cui , per 
indurii a rimuovere i loro schiavi o servi di gleba dagli errori del 
gentilesimo , fa loro presente il prossimo finimondo: ecce enim 
mundum hunc quam ricinut fini$ vrget, atpicitit. 



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paiMA. 



atque ad eum revocare conlemhitis ? Unde debitum saluta- 
tionis attoquium sokens petq , ut magmtudo vestra attendere 
erga selum Dei vehementer invigilet, et quis quantos ad 
Chrisbtm perduxtrii , suis mihi epistolis indicare festinet. 
Quod ergo vos ogere ex aliqua occasione forsitan minime 
valetis) praediclo fratri st coepiscopo nostro Felici ttdfilio 
meo Cyriaco mjmgite, eitquc ad opus Dti solamn ipraebete^ 
ul in remuneratione vitae tanto possitis esse participes, 
quantd nunc bono operi salalium praebetis. 

XIV. 

p. c. it. 5*. fcpkt. XXIV , lib. III , indict. XII (0. 

Oregorius Tanvario Episcopo Calaritano. 

Oportebat si qiiidem fraUrmtatem tuam ita de rebus piis 
esse solHeitam , ut nihil adcxplendas eas nostris admonitio- 
nibvs penUus imdigertt; tdmen.quia quaedom ad nos perve* 
merunt qnae sunt ootrigenda cdpitula, nihil est incongrmtm, 
tinostraequbque vobfapagina auctoritatis accedat. Quamobrtm 
significatnus pervenisse ad nos, consueludmem fuissc, dt 
wenodoehia, quae «unf m Calarituns parlibus consiituta, apud 
episcopum civitatis singulis temporibus suas svbtiliter rationes 
exponerent, ejus videlicet tuitione atque sollicitudine guber- 
nanda. Quod quia tua hactenus fertur caritas neglexisse , 
hortamur, ul, sicut dictum est, tibisingulis quibusque tempo- 
ribus rationes suqs xenodochii , qui in eis sunt consiitutt' vel 
fuerunt , subtiliter reddant. Atque tales in eis qui praesint 
ordinentur , qui vita , moribus atque industria inventantur 
csse dignissinti, retigiosi dumtamt, quos vexandi judicesrton 
habeant potestatem: ne $i tales personae fuerutt , quas in 
suum postint evocare judidum , vastandarum rerum debUivm, 
quae iiiie rejacent, praebedtvr ocvasio : de qmbus rebus sum* 
mam ie euram gtrere volumus , tU nvlli sine tua iieentiu 
detur notitia, ne vsquc ad direplionem earum ex fraternitatis 
tuae peneniatur uicurts. Praeterea nottrt latorem praesen- 
thm EpipbaniVJU pretbytcrum qnorvndam sacerdotum 
literis erminaUter accusatum, cvjus nos, utvalvimtte, discu- 
tientet catmam, vihilque in eo obiectorum reperientes, ui ad 
iocum suum reverteretur , absolvimus. Criminis ergo ejus 
auctores te volumus perscrutari. Et nisi qui easdem tranmisk 
epistolas paratus fuerit , hoc quod objecit canonicis atque di- 
strictissimis probationibus . edocere , nullatenus ad sanctae 
mysterium commmionis accedat. Pavluiu vero clericum , 
qui saepe dicitur in maleficiis deprehensus , qui despecto 

(1) Ex Mansi, oper. cit, tom. IX, col. 1171. Variisono gli oggetti 
eontemplati neUa presente lettera; le ragionida renderai periodica- 
roente ai veseovo di Gagliari dagli amministratori degli «pedali dei 
peUegrini , «sistenti ta calaritanu partibut; 1'assoluzione del sa- 
cerdote Epifanio , cbe vidimo accusato di gravi delitti neU'anno 
precedente ( supr. ep. XXXVI , lib. II , part II , indict XI ) ; il 
processo ordinatn contro i snoi calunniatori ; e Ia punizione da 
iniliggersi al chierico Paolo dedito ai sortilegi e aile stregoaerie , 
che avea deposte 1'abito clericale , ed erasi fuggito in Africa. Qnindi 
ii papa inculca a Gianoario di non permetlere che in occasione di 
ordini sacri, di nozze di chierici o di velamenti monacali si esigano 
premii o prestazioni di sorta, ma si accettino le sole offerte e doni 
spontanei, e che il clero regolare non debba patrocinare i piati dei 
laici. E in nllimo provvede che si riammettano alla comnnione i 
oorruttori delle sacre vergini , laddove siane veramente pentiti , e 
che per le donne uscite dai cbiostri per andare a marito si ese- 
guiscano le disposizioni da lui comunicate in Roma al suddetto 
sacerdote Epifanio. Duo luoghi deila presente lettera si leggono nel 
Deertto di Grariano, part II, eans. V,quaest Vl.can. 4; caus. XXVII, 
quaost I , can. 39. 



97 

ItabUu suo adlakam revertus vitam in Africam fugerat ; si 
e£t» corporalis prius proveniente vindicta, praevidimut in 
pomtentiatn dari, qutttenus ct secundum apostolicam sen- 
tefiUam, -ex cdrnis affliotioui^piritus salvus fiat ; et terrenas 
pewatoruni nprdes, quas pravie contraxim fertur operibvs, 
iAcrymarum poesit assidmtate dihiere. Eis vero qui ab ec- 
elesjastica tommumme suspene* tmt , nulks reUgiotut 
e*<*mdum canonum praecepta jungaiur. De ordinatwnibus 
vefo #el de mptiis dericorum , aut de iis quae veUmtur 
vitgimbus , nullui , vt nmc fieri diciktr , quidquam prmemH 
praotumot «ccipere , nisi quippiam sua tpoate offerre tna- 
faritf.y,p* nitikeribns, qvae de monasterHs ad laicm vUdm 
tmtt vgre^tae ,. virosqnte sortitae , quid fieri debeat, cum 
praedicto. frMetnttalis tmae presbytero tubiUm svmus col- 
iocuti : cvjws' reiatione sanctitas vestra patest pimius tnfor- 
ftmri: ^rekgioti vero clerivi cemmtus , ptttrocitm laicotvm 
ee)veitnt t .«t iuae modit tmnibvs secmmum canones jm itdictiom 
subdtmfur , ne remtttumt frtttemitedis tude ; *jus oui praees 
discipUna dwdhatur Eealesiae. Eot autem qui in praedictas 
mtdtetes, quae egrfstae tmt de vmast*tw\ emmserunt, et 
mmc dicunMr a commutmme suspemi , si.fraternitas ttta de 
tadi faetmore digne pdeniUmit praeviderH , ad sacram com- 
mumonem ic vohmss revocare. 

XV. 

Eplst. XXV , lib. Ml , iodict. XII (0. 

Gregorius Zabardae duci Sardisiae. 

. Scrtptis fratris et eoepiscopi mei FEircts et CrRtAci 
servi Dei, gkriae vestrae bom CQgnovim*. Magtmque omni- 
potenti Deo gmtias agimut, quod kdem duocm Sardia ia 
totscepit, qui sic sciat qvae terrena sunt reipvblicae exolverc, 
ut bene eltam notnrit ommpotenti Deo obsequia patriae coe- 
iestit exhibere. Scriptcrunt etenim mihi quod co pdcto cum 
Barbariciuis facere paeem disponitis , ut eosdet» Barbaricinos 
ad Christi tervititm adducatis. Eat de re valde laetatusstm, 
tt dom vestra , si omnipotenli Deo placuerit , eims serenis- 
simis principibus imotetco. Vot ergo quod coepistis, explete: 
omnipotenti Deo devoGonem vestrae mentis ostendile : eos 
quos illuc ad convertendos Barbaricinos tranmisitnus , 
qmntum valetis adjuvale ; scientes qvod taha opera multum 
vos et ante terrenos principes , et cotam coelesti rege prae- 
valeant adjuvare. 

XVI. 

Epist. XXVI, lib. III, indict. XII (*). 
Gregorius Jjnvario episcopo Calaritano. 
Fratris et coepiscopi nostri Felicis et Cyriaci abbatis 

(l) Ex Hansi, oper. cit, tom. IX, coL 1173. Zabarda, duce delle 
mUiaie imperiali in Sardegna, non potendo coroprimere coUa foraa 
gli aadaci Borbaricim, stim6 essere miglior consiglio fermare con 
essi la pace , e condnrli alla fede cella dolcezza. A qnesto suo di- 
visamento davano opportanita U oonsenao di Ospitone, duce o capo 
di detti Barbarieini, che professava la reiigione cristiana (ved. iefira 
ep. XXVII, lU». III, indict XII), e la presenza dl Felice e Giriaco, 
i quali predicavano revangelio fra quei popoU selvaggi (ved. supr. 
ep. XXIII e infr., ep. XXVII, Ub. III,indict XII),eprobabUmente 
avevano convertito lo stesso Ospitone aUa vera credenza. S. Gregorio 
diresse percio a Zabarda qaesta lettera di encomio , eccitandolo a 
perseverare nel santo propOsito, e ad essere generoso di aiutl verao 
i suddetti missionarii. 

(3) Ex Mansi, oper. cit , tom. IX , col. U73. Le vessazioni dei 



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98 DISSEIl 

relatione, cogmei»\tts , quod itiinsutaSARDlWli mseritdtd 
*» laieis judicibu» opprimanturi Wfratemitaiem tuam nHnist^i 
mi despiciant: dtmque sblwm smptidtaU a wbi^itttdeKtr^\ 
quantum videmus, disciptima negtigitur. Unde hortor,Momn\ 
exeusatione postposita, ecdmam, qum'suscepisti,uuttwt. 
Deo , regas ; disciplinam cTericos tenere cogas t nnUm-Wrba 
metuere stttdeas. Xrckididcomm vero twm , ut a*di#\>wtm 
mulieribus habitate proh&uisji, e{ nuncu^que in ea prvhibitioh» 
despiceris. Qui nisi jussioni tmeparuerii, eum iachordm 
vohmus esse priyitum. Aectdit .autem aiiudvalde lugert^m) 
quia ipsos rusticps , qum habe^ eccksiahtQfWnSttsqwyiti 
infideiitale remanere negtigentia fratermtaWf : vestta**perWi»iA 
Et quid vos adrmneo x ut exttaneopad Berim adtfHeati&>qw 
vestros ab mfideUtate c&rHgety negUgiUs fri$Ula\ne6e$mMt 
vos per omnia in eorum conversionem' vigitur^ Nam"*& 
cujuslibet episcopi in Sjrdimi • iimla pagtmfh rustimti 
invenire potuero ^in>\ etmimiepiscopum fortiknviMieai». 
Jam vero^ si \ru^cus ta^ta» fve^it\pevfidm et obsUnaiioms 
inventus \ y ut >ad Dbmimmk ^Tn^oBwre wwAt^ c^^H^» 
tanto pensiorfis onere' gmmdus^est,utipm ewtfumsi&m 
poena- cotnpeUat^radr^itudine^ifestmare. Perventt etiam 
ad msrquosdam fosd\wwdiriitm tysn$y\dpd»t>po«nb 
tenliam , vel ante , ad ministeriimi ofj^eiudt^i^cmiy^Xod 
omnino prohibuimus, et in hac re sacratissimi qttoque canones 
contradicunt. Qui igitur postao6eptum sacrum ordinem lapsus 
in peccatum carms fuerit , 'lflc.ro: onlini ifa,<'(ipreal , ut ad 
altaris ministerhtm ttlteritts non accedat. Sed ne ttnquam ii , 
qui ordinali sunt, pereant, provideri debel qiiales ordtnentur, 
ul s pruts aspiciatur, si vita eorum contincns in apim pjuriinis 
fuit, ds-ttaUtm orationis, si eleemosgnae amoremhabuermt. 
Quaeiwndtwtyqtooque est ne forte fuerit bigamus. Vidmdun} 
etiam, ne sin* literis, aut obnoxius curide, cbmpetiaiur povt 
sacnm ordinem.ad txactionem publieam redire. Eaec itaque 
■omnia ditigenter fraternitds vestrainquirat,utdumdiiigehter 
guilibet ■exquisitus ordindtur, non ceteriter-post 4>rdha-+ 
tionem depdmtur. Ed autem quae fralernitati vestrae scri- 
psimvs , cunetis sub vobis episcopis imotesoite , quia ego 
iitis scribere nolui , ne . honoirem vestrum viderer >immi+ 
nuere. Pervenit quoque ad nos qvosdam scandalixatos fuivse, 
quod presbyteros chrisntate tangert in fronte eos, qui bat 
pHxati sunt, prohibuimus. Et nos quidem sccundtm urnrn 
veterem ecclesiae nostrae fecimus: sed si ommno.^hac de 
re atiqtti contristantur, ubi episcopi desunt , ut presbyleri 
eliam in frontibus baptisatos chrismate tangere debeant, con- 
cedimus. . . 

ministri imperiali sul clero, la vita scandalosa delP arddiacono 
cagliaritano, e 1'idolatria dei coloni dipendenti dalla chicsa gover- 
nata da Gianuario formano il soggetto della prima parte di qaesta 
epistola ; ed e da notarsi il mezzo gravatorio cho il papa suggerisce 
per condurre i delti coloni alla fede. La seconda parte poi risguarda 
la riabilitazione dei sacri ministri che fossero sospesi dalPesercizio 
delle loro funzioni per peccato carnale (peccahun carnit) , le di> 
scipline da osservarsi nell' accettare gP iniziandi agli ordini ec- 
elosiastici, e la facolta accordata ai sempBci sacerdoti diammmistrare 
il sacramento della confermaziono in qoei luoghi, nei qoali non si 
trovassero gia stabiliti i vescovi. Questa rivooazione del precedenfe 
divieto fatto da S. Gregorio Hagno sulla stossa materia (ved. sopr. 
ep. IX, lib. III, indict. XII), diede occasione a diversi opinamenti 
di teologi e di canonisli (ved. Estius, lib. IV, dist 1, $ 83, pag. 177. 
- De-Marca, JVoHl. ad concil. claram. can. XXVIII, pag. 3, dissert. 
de concord. tacerd. et imper. in fin. - Nalal. Alexand., HitU Ecelet., 
saoc. II , dissert. X , % 14. - Tournely , De tacram. eonfirmat. , 
quacst. III, art. 9. - Lambertini (Bened. XIV ), De tynod. dioccet., 
lib. VII , cap. VII , nuni. V , pag. 501 ). • 



\4SCIO\E 

■ ' '« •' - • • XVII. ••• • » •■ ■ , .'« - -i. 
' ' Episl.ixVH, lib. Ili, indicl. Xll ("0. ,v W "' " p.cn.s,, 

\m ■ ' .'•■. i l -• >v V. ' . .-. ; : ..' -;-\ . 1 3 ,.V> ■ 

■>,..', .•.•»'. ■ \ v','." .'.'\ '■••' >'l ?■> v V, V,V> 

, > \. " 

• • '' (bm de gente vestra -nemv chvtsUan\s < sii\ r» ^oc ' seio 
guia omni gente tua cs meli&r, qttia^tu m ea tftristiaitks- in» 
ven\ris. Dum enim Barbarieini ormes wf> itejeiwaftr ^dnimaUa 
vivant, Deum verum nesciont, ligndau1em?et lapides addrenU 
in eo ipso quod Deum verum colis, qttantum omnes antecedas, 
ostendis. Sed fidem , quam pfrcepisti , etiam bonis actibtts et 
verbis exequi debes, et Christa cui credis, offerre quodprae- 
vales, ut ad euni quoscumque potueris adducas; eosque bapti- 
zari { ja<[iQS. x .et ae{erwm vilam Migere admoneas.^Qupd si 
•fortasse ipse agere non poles , quia ad alittd occttparis , 
edtytaiisypch , ut homimbus nostris qudi iUue. tremainisinttts , 
frairi ^soUicet' eh eoepiseopo meb { Feltcl fiHbque vreo ) 
Ctri^co servo Dei solatiari in ontnibus debeus , tit dum 
eorum Jabores adjnvas, devotionem tuamomnipotenti Domnw 
ostekdas, el ipse tibi in bonis actibus adjutor sit) cttitis tu in 
"botwoperf famulis solatiaris. Benedictionem tero sancti Petri 
apostoli per eos vobis trdmsmisimus, quam peto.ut debeatis 
benigne suscipere. '■> ■<■ ' ■ » 

\ ' XVIIf. " ' 

7' V Epist XXIX, lib. III, indict. XIl .'(«). , p.c. N .j vi 

OrEGORWS J.4NVARIO EPISCOPO C.IL,.4RITAN0. 

'»••'• " f ' : \ 

-,\» Pervenit ad nos, in loco qui inUra provinciam Sardini4m 
situs est, et dicitur Phasiana ( Maurin. leg. Phausiana ) 
consuetudinem fuisse episcopum ordinandi , sed hanc pro 
rerum necessitate longis abolevisse temporibus: Quia autem 
nunc sacerdottm indigentia qumdam iUic paganos remanere 
cognoeimus , et ferino degentes modo , Bei cultmt penitus 
igndrarC; hortamur fraternitatem tuam , ut iUic secundum 
pristinum modum ordinare festinel antistitem, talem videUcet, 
qui ad hoc opus moribus ac verbo existat idoneus , et aber* 
rantes ad gregem dominicwm pastoralis studeat aemulatione 
deducere, quatenus eo iltic ad animarum vacante compendmnt, 
nec vos mveniamini superflua poposcisse, nee olim destructa 
frustra nos reformaste poeniteat. 

(1) Ex Mansi, oper. cit., tom. IX, col. 1174. Mentre Grcgorio 
sativeva a Zabarda per la conversfone An-Sttrbaricini ( ved. supp. 
ep. XXV) lib. III, indict. XII), scriveya pure per lo, stcsso oggetlo 
a Ospitone loro duce o capo. Dalla presonte lclt.era si ricnva che 
i suddetti Barbaricini viveano indipendentemente dagli Smpcratori 
greci, ai quali ubbidiva il rimanente delPisoia; che avevano una 
forraa particolare di goveruo, ed erano subordinati ad ui> loro capo, 
chiamato duce; cbe U pontefice aveva spedHo m Sardegna ii ve- 
scovo Felice e Pabato Ciriaco per converlirli alla fede; e cho Ospit 
tone , gia faltosi cristiano , aiutava la santa . impresa di q«ci doo 
uomini apostolici. ,• ':',. 

, (9) Ex Mansi, oper. ciU, tom. IX, col. H7A, Suiierovine diOlbia 
doi tempi romani sorse la citta di Fausaaia dei tempi oristiani ,.« 
dai ruderi di quest' ultima Podierno villaggio di TerPaneva. Fau* 
sania fu sede vescovile da tempi antichissirai, e credesi che il primo 
ad occnparla. sia stato il martire S. Simpiicie nelPuItuno dol ter» 
o nei primi anni del quarto secolo (ved. Tola, Dixion. bfogr. dei 
Sardi illttttri, vol. III, pag. 303). Ma Pordiaazione dei suoi vescovi 
essendo stata longamente inlerrotta, ed essendovi percid nel paese 
alcuni idolatri che vivevano ferino modo, il papa S. Gregorio ordind 
a Gianaario di ordinatw per quella sede un vescovo, il quale com- 
parisce quattro anni dopo col nome di Vittore ( ved. infr. ep. VIII, 
lib. VII, parL II, indict. II; ep. 1 e XVII , lib. IX , indict. IV ). 
GVidolatri dei quali parlail santo pontefice neila presente epislola, 
erano forse pe'costumi selvaggi e per le paganiche superstizioui 
poco dissomiglianti dagli indomili barbaricini. 



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PffcTKl» 1 



XII. 

p. c * ^ tyUL Ji, llb. IV , mdlfcL-.XHLf»>.. 

GbEGQMZTS FbLICI BTISCOMMT CfUIJiCtXVtBBdtil. 

.. QuerriamTjBBODaSiAE retigiotae fbtmiuat utbSStae 
vobit satitterit» rtktiems exphmat^ ,tk qum pktra et uon md 
taeerdotalem perimentia tnantmtudraem cantraJANCAlu VM 
fratrem ei eoipuoepum ndsirum- capttuia cdmpr^hensa rete- 
erms\ itautpott fmdalunt aitt tervotmm Dri monasieriim, 
onme ^ttorf dd aotritiae turbvlenikim ptreriudsavrnoue periintt 
Umphre eUcuhw orattrnipsimdeiitwtionis exhibitum. Qktam- 
tbrtm ti itaettj ut ante faiavejut suggettion* ctnperimui, 
etvnhoc qnidquam cognotcitxs indecentin fitisse dommitsnm, 
hdrtamur utMustcvp obhatm memasttrii AgiJitewi, remotit 
prnu OJnnHnu pnujndicris, studealis ut m motmehos suos 
quot iliie mUnmre caeperat , mnmopere tacare feslinet; 
quatenus ipta wnerabili loco deeenti reguiarique mpdo per 
vts , Dojimo jkmnte , disposito, net frequens mos praeditiae 
rekaiotae fttminat de ntw. impietis bontt detvlmis stris 
qtnrela eouautial. nee eum vettrae dttrimento sit antmae, ti 
iam pum\prvpmitgtn aUqva vobis negiifentibm , quod non 
endinm T dUatiant torpetcai. 

• . XX. A 

p.c.n.5,5. Epi*.XXXIU r lib: IV, «Act im (*), 

GrEGQHMUS CoMSTAlfTlNAB Avoustae. 

Cum seremsstmam dammai* sriam de coelettipatriaatqut 
atmtae tuae rita oogitare^ ealpam me commiitet e vektmenter 

(') Ometto di nnorUre La lellera IX del libro IV ( Mansi , ibid. 
col. 1189), perche sebbene Tedasi indirizzata Petro notariq in Sardinia, 
tottaria, parlandoTisi sefemefite- «t» affa+r cencernentr ana ekiesa Tescerile 
deH'Abrazzo. (iiiritntu , ed*V Jt>nri#.j Jlcrietuis , edit. labbeen.), e 
di Severvno TescoTO di Squillace , sembra faori di dabbi» che Piscri- 
zione delta epistola sia errata, e cbe debba Icggersi, come net migliori 
eodiei, Pttro notafta ia Oegb. E easi appnaio laggeai netla citaia 
edizione. parigin*. 

(1) Bx Mansl , bper. *h\ , tbm. IX, eol. 1186. rTo» ri rieava dai 
tonterto MH Ietlera qnali slano. s(at< le doglianze di Teo4*sia 
contro Gianuario; ma dalle parole: Quod ad avaritiae turbulentiam 
praejudiciumquc pertineat, etc., si pud argomentare cbe il vescovo 
di Cagiari avesM fatte estfzioni indebit» da T«*desi» in, oeeasione 
deiia «tedkaniene deR' eratovio: Mmessb al meaistero' ereit» da lei, 
ed ordimto gia dal suo taarit* Stefeno (ved. sopr. ep. VtH e X , 
Rt>. in, kiA. XII). Oueste monietep» intMolavasi Jg iHM mio, o oJ*n 
abate Mvsie», il quale fwre eht foss» trascurat» ne» goveroo dei 
monaci da lui dipendeati , gtaeche it papa raceemanda a Felioe e> 
Cirfae» dl rkhiamarto al devore al par» 41 Gmmeeio. 

(9) Ex Manri , oper. cit , tom. TX, eol. 1109. Cen qsjesla lettor» 
diretta a Goslantita Aagus*», raeglie detrimperatore Mawriri», I* 
papa S. Gregorio si dneie cne , dop» aver egti tanxiato a Sardegna 
ano de'veseevi< d*Itari»( feliee m rort») per convertire alk» ted» 
) coReri degli idot» (ii BriarieiMi ), tt giudic* de»'is*ta pemettev» 
tuttavte i riti pagantei, mediawte lo sborso di ona cwrta semma d* 
danaro ebe egB esigeva soito titel* m tassa, e ehe inoltre confhmava 
ad esiger» la tassa ■aedesima <W neofiti, i quali-avevaD» abbandoaet» 
N gentilesimo- , ed eraa» stati battenati , preteetaedo di non poter 
aRrifneett pagare ii tuffragmm, etee la pecvaia pre«essa agfi aolie* 
della eorte di Coetaatieepott, aHerehe per ioro favere edkitercessle*» 
aveva ettesoto 1'affiri» delkv mut%eah>rm. E qoesta una netiria istorica 
assai impertaate, perebe dimostra il mal geverno che faeevasi dette- 
eose iasdari net flnite del sesto seeolo. II gtudict, del qoate parla 
S. Gregerie , sendira che fesse ono dei magistrati o* ufBofeli snb- 
aMerai, destmati ad ammmstrare 1» gioattziaead eaiger» i tribeti 
■ei vati> meghi, o »ei raegW prieeipali del'isol», poiobe loslesso 
papa parla altrove di questi gxudiei , 4 li ehiarea afiHeeni ( forse 



exittimo , ti ea quae pro tintore omnipotentis Domini tunt 
suggerenda siiuero. Dum, in Sardi&ia insula mltos esse 
gentiles cognovissem , eosque adhuc pravae gentilitatis more 
idolorum taorifiais deeermre, et eiusdm intufa» sacerdates 
ad praedicandum Redemptorem nostrum torpentes existere, 
wmm Mac ex ItaHae epiteopit miti, qui muttos gentiiium ad 
fidem domino eoopwante convertit. Sed qtudom rem mtM 
sacrilegdm mmtiavii : qma ki , qui in ea idolis immohmt , 
juehei praemivm ptrsolvunt, ut eii hoc faeere Uceat. Quorum 
dum .quidam baptvaati esSent, t4 ii)wtoior« jam tdolis desnis- 
sent , adhuc mb eodtm meuiad jtidka etiam pott faptitmum 
prtimium iihtd extgitur , quod dari prius pro idobrmn im- 
malatidne < cmsueveimt. Quem eum praedichs episcopus 
incrtparet , tantum se sufftaqwm pnmisisse respondit , «4 
rtiti de camns etiam tdlibus impiert non pOssiL Corsica oero 
ineulo tavta ntmietate evigeniinm et gravamate premitur 
exacHonum t ut ipti qui in iUasunt, eadem quae ewiguntur 
eomplere tix frUos svot vendendo mpeiant. Und* fii, ut 
dereHcta pia repubiiea , possessores eiutdem insuia* ad ne~ 
fandtssiniam Longobardorum gtntem cogantuf eflwjtre. Quid 
enim grarius , qttid crudetiut a barbaris pttti potsunt , quam 
ut constricti atque cawtptessi mos vendere fUioaamtpeUaniut? 
/« StciUa autem mmla Strpuanos quidam marmarum 
partitm chdrtularius, tanfapraejudiciatantatqne oppresmttet 
optrari dicitur, mvadmida loca mgulorum, atqne sine distiana 
edusarum per possetsidnet ac demot titutot pemeuda , ut ri 
veUm acta ents singula quae ad me pervenennt dieere, magnd 
vohmiue haee t&piere non possim. Quae omnia teratissima 
dommo solerter aspiciat, et opprtssorum gemittts cvmpeseai: 
haec enim ego ad pUssimas aures vestrds penenisw nm 
tuspieor. Nam si pervenire potuidsent, ntmcttsque mmme 
permansissent. Quae piissmo dontkto apto smti tempore 
suggmnda , ut ab anima sua , ab imperio atque a fUHs suis 
tale hoe tantumque facrtms peetatique pondus amoteai Qui 
scio quoniom dicturus est , quia nobis m ItaUece expenris 
transmittitur quidquid de praedictis insuUr aggregatur. Sed 
ego suggero ad hoc , ut etsi minus expensae in Italia tri- 
buantur , a suo tamen imperio oppressorum lacrymas com- 
pescat flam et idcirco fortasse tantae expensae in hac terra 
mmus ad utiiitatem profieiunt , quia cum peccati ahqttn 
adanxtione cottiguntur. Praecipiant ergo serenissimi domini , 
nihU cum peccato colligC Nam scio quia etsiparum reipubHcae 
attribuitur uiilitatibus , ex eo multum respubiiea adjuvatur. 
Quod etsiforlasse contingat expensis minorflkis minus adjwari, 
mtiius est tamen tmporaliter nos mn mere y quam uos ad 
aeternam vitam obstacnftm atiquot invenire. Quae enim 
mentes , qualia viseera parentum esse possunt , perpendite , 
quando fiKos suos distrahmt ne torqmeont/ur? Qualiter antem 
miserendum sit filiis aliorum , hoc bene sciunt qui habent 
prvpriot. Unde mihi kaec breviter tuggessme suffieiat , ne si 
ea,quae m his partibus agmtur,pietds vestra non cognosceret, 
me apud districtum judicem. sitentii viei eulpa muktareU 

perch» venott d' AMc* , » meodati «Wesorco d'AMca- , dat qaab» 
h Sardegn* dipeBdeva), e dlce db» mettavaae i luegh» saeri , 
esfgevano doppt «ribott, e CDBtmettevano moit» attrer i n^ it wt r x ie » 
Qutrimr ( Vktor Phaiwanieneis ) mulctut im leei* taeruf vttltntur, 
muHaqKB eito contra I*ei tttmortm aftrksmoejadioea extrtere; dtniqnr 
ttt d\pUcia -ilHt tiHtOU , (fuod «imMo tpto intotiorandvm ett , «stt- 
gmtur (ved. kifr. ep. I, lib. IX, irtdicti IT). * rimaneaaa della 
lettera s» rMerisee agtt abusi netvmeite graviebje iministri imperiati 
coromettevano in Sicilia ed in Corsica. 

96 



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iOQ 



DISSE&TAZIONE 



■. ■ ■ i .. .xxi n , 

p. c. n. s». Epist. I , lib. VH, part.ll, indict. II (0. 

Gregorivs Janoario episcopo calaritaNo. 

Praedicator bmnipotentis Domini Paulus apostohs dicit: 
Seniorem ne increpaveris. Sed haec ejus regula tunc in eo 
servanda est, cum culpa senioris exemph suo non trahit ad 
mteritum corda jmiorum. Ubi autem senior juvenibus exem- 
plum dd mtetitum praebet, ibi distriota increpatione ferien- 
dus est. Nam scriptum est: Laqueus juvenum omhes vos. 
Et rursus propketa dicit: Et puer centum annorum mate- 
dictus est. Tanta autem nequitia ad aures meas de tua se~ 
nectute pervenit, ut eam, nisi adhuc humanitus pensaremur, 
fixa iam maledictione feriremus; Dictum quippe mihi est, 
quod dominico die , priusquam missarum solemnia celebrares, 
ad exarandam messem latoris praesentium perrexisti, et post 
exarationem eius missarum solemnia celebrasti. Post missa- 
rum solemnia elidm termmos possessionis illius eradicare 
miahne timuisti. Quod factum quae poena debeat insequi, 
omnes qui audiunt sciunt. Dubii auiem de tanta hac perver- 
siiate fueramus; sed filius noster Czriacvs abbas a nobis 
requisitus, dum esset Calaris, ita se cognovisse perhibuit. 
Et quia adhuc canis tuis parcimus , hortamur ut aliquando 
resipiseas, miser senex, atque aiahta te levitate mbrum et 
operum perversitate compescas. Quanto morti vicinior efficeris, 
tanto fieri sollicitior atque timidior debes. Et quidem poenae 
senientia in te fuerat jaculanda, sed quia simplicitatem tuam 
cum senectute novimus, interim tocemus, eos vero, quorum 
eonsilio haec egisti, in duobus mensibus excommunicalos esse 
decernimus ; ita tamen ut, si quid eis intra duorum mehsium 
spatium hnmanitus evenit, benedictione viatici non priventur. 
Deinceps autem ab eorum consiHis cautus existe, te quoque 
sollicile custodi, ne si eis in malo discipulus fueris,.quibus in 
bono magister esse debuisli, nec simplicitati tuae ulterius, 
nec senectuti parcamus. 



(*) Anteriore di un anno a questa leltera e 1'altra cho leggesi nel 
libro VII, parte I, indict. 1 deWEpistolario Gregoriano, al n° XI (ap. 
Mansi, oper. cit., tom. X, col. 92), la quale e diretta Eusebio tkessa- 
Umicensi , Urbico dirrachitano , Constanlio mediolanensi, Andreae neapo- 
litanq , Joanni Corinihi , Joanni primae Justinianae , Joanni cretensi 
scoritano , Joanni larissaeo , Mariniano ravennati , Joanni calaritano 
Sardiniae, et omnibus episcopis Sidtiae, e tratta della legge pubblicata 
datl' imperatore Maurizio contro coloro che abbandonavano la milizia 
per farsi monaci, e del triennio dclla probazione monaslica. Nella 
detta epistola e manifesto 1' errore degli amanuensi dei codici , che 
scrissero Joanni a vece di Januario calaritano. 

(1) Ex Mansi , oper. cit. , tom. X , col. 110. Gravissimi sono i 
rimproveri fatti da S. Gregorio colia presenfe lettera a Gianuario, 
per aver fatto sradicare le messi , e schiantare i termini di un 
privato podere in giorno festivo. Il padrone del predio violato, che 
addtmandavasi Donalo , come si rtcava datla segnente epretola f, 
era ito personalmente a Roma per implorare dal papa Ia nparazione 
di questo fatto scandaloso; e il papa che n' era stato eziandio in- 
formato dalPabate Ciriaco trovatosi presente in Caghari, scrisse la 
lettera di cui discorriamo , e la consegno a Donato medesimo. E 
poicbe constava che Giannario erasi lasciato trasportare a tanto 
eccesso, cosi per leggereiza ed iracondia sua naturate , come per 
incitamento di perversi eonsiglieri , s. Gregorio assoggettd qnesli 
ultimi alla sconraniea per doe mesi, e permise soltanto che in caso 
di morte , o di grave morbo , potessero rioevere il viatico. Qnesta 
lettera e stata riprodotta quasi inlieramente da Graziaao nella 
parte 1 del suo Deereto , distinct LXXXVl , can. XXIV , al quale 
si riforisce il breve tratto che leggesi nella parte II , dello slesso 
Dtereto , caus. I , quaest. VII , can. XI , e eaus. II , quaest. VII , 
can. XXVUI. 



xxii: 

Epist. 11 T lib. VII , part. II , indici. II W. p. c n. s,,. 

GREOORIVS JANOARJO EPISCOPO CAL.4RITANO. 

Quod in SARbiiftA hosles nostri fuerinl operati, prius 
quam frxUernitatis veslrae epistola ad nos perveniret, agno- 
vimus. Et quia hoc futurum dudum metuimus evenisse, qued 
praevidimus, nobisctkn ttunc gemimus. Quod si secundum ea, 
quae tam vobis, quam excellentissimo filio nostro Geh- 
NADIO hoc fore nuntiantes scripsimus •, soliicitudo fuisset 
adhibita, ihtmici ilhtc ant nm accederent, aut accedenies 
pericuium quod fecermi ■ incurretmt: vel nunc ergo «a quae 
contigermt vigUantiam vestrcmi in futuris exacuant. Nam 
et nos quidquid prodesse possumus, facere, Ddmino auxi- 
liante, neqvaquam omittimus. Cognbscdiis autem abbatem , 
quem ad Agilvlpsujw ante multum jam tempus transmi* 
simus, paeem cum eo,Deo propiiio, quantum nobis ab excei* 
lentisskno, exarcho scriptum csl, ordinasse. Et -ideb quousque 
pacta de confirmatione paeis ipsius conseribantur , ne forte 
hostes nostfi in hac dilatione ad partes ilktS iterum veUnt 
accedere, murorum vigilias et sollicitudinem in locis facite 
omnibus adhiberi. El confidimtis in Redemptoris nastri po- 
tenlia, quia adversariorum vobis incursus, vel insidiae denuo 
non nocebunt. Eoc vero quod scribitis, multos contra vos 
nobis querelas deponere, verum est: sed inter diversas non 
nos sic res alia contristavit, quomodo id quod nbbis dilectis- 
simus filius noster Ctrijcvs abbas retulit : quia die domi- 
nico ante. missas messem de agro, quem DoKATUs possidebat, 
feceris exarari. Quod ne parum esset, expleto sacrificio, 
per temetipsum illuc accedens terminos effodisses. Ob quam 
rem horlor, ut officium quod geris soliicita mente consideres, 
et quidquid gravare potes aut opinionem tuam aut animam , 
omnino refugias, et te committere ittud nultius suasione con- 
sentias. Nam non terrenarum. rerum curam, sed animarum 
te ducatum suscepisse cognosce. Ibi ergo cor figere, ibi SolH- 
tudinem, ibi totum debes sludium adhibere , atque de earum 
lucro diligentius cogitare,i ut dum, venienti Donuno, muUi- 
plicata quae tradidit lalenia reddideris, retributionis ab eo 
fructum consequi, et inler fideles famulos in aelerna merearis 
gloria exdltari. ffoc auttm quod vbiurgo vel increpo, non ex 



(8) Ex Mansi, oper., cit. , tom. X , eoL 111, La prima parte di 
qneata epistola addimostra che i Longobardi, chiamati da S.Gregorio 
hostes nostri , aveano fatto deihv iocarsioni in Sardegna. II papa 
adunque araraoni Gianuario afiinchd fosse vigilante , e faeesse 
disporre sulle mura le scolte , . e munjsse le rocehe , e le fornisse 
di vettovagUe, accid , nel caso di nuovj assalimenti, i nemici tro- 
vassero 1'isola provveduta aUe difese. Gh stessi consigU erano stati 
dati dal pontefice molto innanzi a Genqadio esarco d'Africa, ed al 
medesimo Gianuario; ma non-essendo «tati messi m pratica, 
i Longobardi erano discesi neU'isola, e vi avevano eommesso deUe 
ostiUta. S. Gregorio inoltre infarmo. il vescovo di Cagliari della 
tregua fatta eon AgUulfo, e della pace che si sperava conchiuderc ; 
lo che si legge eiiandio neUa epjstoia 5 a di qnesto stesso libro. La 
seconda parte della lettera si aggira sulfaffore di Donato, gia riferito 
nella lettera precedente. La terea pa#e concerne la domanda dt un 
legato o latere fatta da Gianuario al papa , per riferirgli tutli gU 
afiari del suo episcopato , che abbisogaassero di ponUficio prowe- 
dimento. E la quarta ed ultima parte riguarda ii vescovo Mqriniapo 
(di Torres), il quale aveva probabilmeote riclamato presso la saata 
sede per 1'intogrita de'suoi diritti, e per la indjpendenza dal vescovo 
di Cagliari, secondo i privilegi e la consuetudine antkhissima della 
chiesa turritana ( ved. infr. ad ann. 650). Al medesimo Mariniano, 
congiuntamenle ad allri vescovi.di Sardegna, fu direttadaS. Gre- 
gorio un altra epistela iu questo slesso anno 599 (vedi infr. ep. Vlll k 
lib. VII , part. II , indict, M ). 



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PKIMA. 



m 



asperitale, sed ex fraterna scitb dilectione descendere: quia 
taeerdotemte apud onmipolentem Dernn non nomine, quod 
sohnn adpoenam ett, sed etiam meritis, qwd ad mercedem 
respieit , inveniri desidero. Nam dum mum in Redemptoris 
nostri corpore membrum sumus, sicut in culpa tua dilaceror, 
ita quoque et in bona actione ketificor. Illud praeterea quod 
vultis, ut persouam d nostro latere deputemus, cui causas 
vesiras insinuare nobis referendas subtiliter debeatis, dilectis- 
simo filio Petro et Tbeodoro consMario quaecumque 
vuttis scribite, ut per eos nobis insinuata, quidquid de his 
ratio suaserit Domino valeat reveiante disponi. De fratre 
autem et coepiscopo noslro Mariniano, dum pax cum 
praedkto AgihUpho perfecte fuerit confvrmata, erit cognitio, 
et fiet qnidquid rationis ordo dictaverit. 

XXIII. 

r. c n. 599. Episl. V, libJ VII , part. II, indict. II (0. 

Gregorivs Janvario episcopo calaritano. 

Judaei de civitate vestra huc venientes questi nobis sunt, 
• quod synagogam eorum, quae Calaris sita est, Petrvs, 
qui ex ,eorum superstitione ad christianae fidei.cultum, Deo 
volente, perductus est, adhibitis sibi quibusdam indisciplinalis, 
sequenti die baptismatis sui, hoc est dominico, in ipsa festivi- 
4ate paschali, cum gravi seandalo sine vestra occupaverit 
voluntate, atque imaginem illic Genitricis Dei Dommique 
nostri, et venerandam crucem, et birrum dlbum, quo de fonte 
resurgens indulus fuerat , posuisset. De qua re filiorum no- 
strorum Evpaterii gloriosi magistri militum, aique ma- 
gnifici pii in Domino praesidis, aliorumque nobilium civitatis 
vestrae ad nos haec eadem scripto attestantia, cucurrermt. 
Qui etiam adjecerunl a vobis hoc praediclum PetrvM, ne 
hoc auderet fuisse prohibilum. Quod cognoscenles , omnino 
laudavimus: quia ticut revera bonum decuit sacerdotem, 
nihil fieri unde jusla esset reprehensio vohtistis. Sed quia 
per hoc quod minime vos m his quae prava acta sunt mi- 
scuistis, displicere vobis quod factum est demonstrastis, con- 
sideranles hac de re veslrae voluntatis intenlum, ac magis 
judicium, his hortamur affatibus, ut sublata exinde cum ea 
qua dignum est veneratione imagine atque cruce, debeatis 
quod violenler ablalum est reformare: quia sicut legalis 
diffinilio Judaeos novas non patitur erigere synagogas, ita 
quoque eos sine inquieludine veleres habere permitlit. Ne ergo 
supradictus PiETRVs, vel alii, qui ei in hac indiscipiinationis 
pratitate praebuere solatium, sine consensu hoc zelo fidei se 
fecisse respondeant, ut per hoc quasi eis necessUas fierct 
convertendi, admonendi sunt, atque scire debent, quia hac 
circa eos temperantia magis utendum est, ut trahatur ab eis 
velle non reniti, non ut adducantur inviti, quia scriplum est: 

(I) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, eol. 113. Si ricavano dalla pre- 
sente letlera tre notizie istoriche. La priraa, che nello spirare del 
sesto secolo cristiano esisteva in Cagliari nna sinagogadi ebrei, la 
quale fn violentemente oceupata dal neoiito Pietro , che aveva abiu- 
rata la religione giodaica. Laseconda, che nel 599 Eopaterio era 
dnce ossia comandante delle milizie imperiali in Sardegna, nel qaal 
uflSzio trovavasi pnre nel 609, come risulta da un'altra epistola gre- 
goriana non awertita dai sardi scrittori (ved. infr. cp. XXI, lib. X, 
indict. V). La terza , che nello stesso anno era gia conchiusa la paco 
eon Agilulfo re dei Longobardi, ma cfae tottavia S. Cregerio, te- 
mendo che egli la rompesse, scrisse di nnovo a Gianuario, accid 
non rallentasse la vigilanza , e si manlenesso proweduto alla difc sa 
pel caso di nuovi assalti c scorrerie longobardiche nclTtsola. 



Voluntale «aorificabo libi O-. idest, ex votuntate mea confi- 
tebor tibi. Sanctitas ergo vestra gratiam inter cwitatis suae 
habitatores, adhibitis sibi fihis suit, quibus una vobis haec 
displicent, sacerdotali adhortatione , sicut eam decet, studeat 
facere: quia in hoc maxime tempore quando de hosle formido 
est, divisum habere populum non debetis. Quia vero non mi- 
norem de vobit quam denobis solliditudinem gerimns, hoe 
quoque pariter indicandnm curavwtus, quod finita hae pace 
Agilulpbvs Longobardorum rex pacem non faciet. Unde 
necesse «st ut fratemitas vestra,<dum fyet, cimtatmn suam 
vel alia hcd fortint ' m«nt>t providtat, atque immineat ut 
abundonter m eit vondita procur entor , quatenus dum hostis 
iliuc Deo sibi ireto a«cesserit\ non mveniat quod laedat, sed 
confusus absoedat. Sed et- nos pro vobis quantum postumus 
cogitamus, et iis quorum interest, ut te ad obsistendum Deo 
adjutore praeparare debeant, immmemus: quia ticut vos no- 
ttras tribulationes vesfras attendUis, ita quoque nos.vestras 
affiictioues nostrat simililer reputamus. ' 

XXIV. 

Epist. VII, lib. VII, parl. II, indict. II (*). 

Gregorivs Janvario episcopo caljritano. 

Quia mgredientibus nwnasterium converlendi gfalia ullerius 
nuUa sil testandi licentia, sed res eorum ejusdem nionasterii 
juris fiant, aperta legis definitione decretsm est. Quod cum 
pene omnibus notum sil, in magnam nos G&avinIae abba- 

(*) Psalm 53. 

(9) Ex Hansi , oper. cit., tom. X, col. 115. Per erroro degli aua- 
nuensi fti scritto nei codici Graviniae e Gravini a vece di Gavi- 
niae e Gavini, giaccbe il mouistero, di cui si paVla uella presente 
epistola, era indubitatamente dedicato ai martiri sardi Gavino e 
Lussorio, dei quali ho gia parlato a euo luogo, e 1'abbadessa Ga- 
vinia tolse dal primo di detli sanli il proprio suo nomc. Sirica, 
che aveala preceduta in tale ufflzio, non avea giammai tndossati 
gli abiti monacali, ma la sola veste usala in Sardegna dalle sacer- 
dotesse: ted in vestibtu, quibus loci illius utuntur presbilerae. Qucsto 
parole ci rivelano un fatto storico, degno di essere nolato, o si e, 
che le mogli dei chierici sardi ai tempi di S. Gregorio Hagno si 
appellavano sacerdotesse (prctbUcrae), tosloche i loro marili rice- 
vevano 1'ordine sacerdotale, e che le medesime soleano voslire a 
foggia diversa da quella che usavano le donne laiche. Siffatto 
costome era cerlamenle derivato dalla chicsa greca, e quindi si 
deve pure supporre che tali sacerdotesse vivessero separate dai 
loro compagni nel vedovato toro geniale. E probabile ancora che 
da tal punto cotesle donne mezzo chieriche e mezzo laicbe pro- 
fessassero la vita monastica.e forse per tal motivo Sirica continuo 
sempre ad indossare 1'abito speciale del suo presbiterato femmi- 
nino, ne giammai quello di abbadessa. Anzi si puo argomenlare 
che per non ripularsi essa vcra monaca, cioe vergine conserrata 
a Dio, avesse creduto lccito di disporre con testamento delle suc 
sostanze a favore di un ospedale, privandone il monistero di cui 
aveva avuto il governo per molti anni, e flno al tempo della sua 
roorte. Di questi fatti il pontefice era stato informato daH'abba- 
dessa Gaviuia , succednta a Sirica nel reggimento interno di delto 
roonistero, e da Epifanio arciprcte della rhiesa ragliarilana , (rova- 
tosi presente in Roma , il quale e probabilmente lo slesso Epifanio 
che era stato calunniato nel 593 (ved. sopr. ep. XXXVI, lib. II, 
part. II, indict. XI). Percio S. Gregorio scrisse a Gianuario, aftinche 
facesse restitnire al monistcro 1'eredita di Sirica, laddove la pos- 
sessione in cui trovavasene 1'ospedale non procedcsse da contralto 
anteriore , e gli signiBcd eziandio essere egli slato in colpa delCabuso 
commesso <la detta abbadessa per riguardo alla qualita delte vesti 
da loi usate mcntr'cra in vita. Da questa medesima epistola si ricava 
l'antichita del monistero dei Ss. Gavino e Lussorio, poiche vi si fa 
menzione di un'allra abbadcssa (innominala) anterioro a Sirica. La 
disposizionc pontilicia conlenuta nei primi vcrsi dclla prescnte let- 
tera e stata riportala da Graziano, Decret., caus. XIX, quaest. 111, 
oap. VII. Quia ingretlientibw ete., al quale e riferibile il canone XIII, 
caus. XXV, quaest. II. 



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DISSEBkTaZIONE 



tistat inamsterii sanctortm ttiurijti atque LuxORH itm- 
mwfto adtmratimem perdsmt. Qua» Sirjcam monatlmi 
sm abbatissam, postqmm regemU suscepit offieiim, condih 
Ustamento tegata quibusdam asteruit reliqmsse. Et dum de 
sanctitatk testrae soUititudme querercmm, eur res mantttlmo 
cmpetentet ab ahis ptriuterit detmeri, eommums fdvts Epi- 
pbanius archipresbutetfvester praesent inveultts respondit, 
praememoratm abhatismm usque ad diem\ obimt intkn te 
monachiea veste mkmse, ted in vesHbu* quibas ioci UHtts 
uttmtur presbyterae pemansim. Ad haec nspHcoiat praedicta 
Gravinia hoe pene <w* ctametudme licuisse, idea ui abba~ 
Hssam quae ante mpntmiptam Sirjcj.v fuerat, taUbm 
utarn fuisse veetHm aUegarek Cum erga de qua&ate vesiitm 
nee nos mediacriter edepistmm ambigere, neeettarium wtum 
ett nobis, tam eum coMsikanh naslrh, quam cum ahis kujus 
cwitatis doctis vitris, quid etsei agendtm dalege traclcm. Qm 
traetontes responderunt: Postquam sotmui more abbatissa ab 
episcopo ordinala est, et m monasterii regimme per annos 
plurimos usque ad vitae suae transitum praefuit; vestis qua- 
litalem ad culpam forte episcopi respicere, qui eam sic esse 
permiserit, non tamen potuisse monasterio praejudicium irro- 
gare, sed res ipsius eidem toco, ex eo quo illuc ingressa et 
abbatissa constituta est, manifesto jure competere* Et ideo 
quia ex dimissis illicite rebus xenodochium possessionem as- 
serit indebite reUnere; his vos kortamur affatibus, itt quid et 
monasterium et xenadochium ipsum m vestra esl eivUate 
positum, omni cura ae studio providere debeatis t quatmm, 
si possessio ipsa ex nutlo prateedmti eoutraeht, sed «c me- 
moratae Siricae legato descendit, ante dicto monasterio, 
postposilo strepilu vel excusatione, reddatur. Si vero ex alio 
fbrte dicilur obvenisse contractu, aut fraternitas vettra, tnter 
partes cognita veritate, quod legalis suaseril ordo defniat, 
aut mutuo sibi consemu arbilros eligani, qui earum valeant 
allegationes discindere. A quibus quidquid fuerit statutum, 
ita vero provisione servetur, ut nulhtm inter venesabilia loca 
jurghtm remaneat , quae magnopere altema pacis sunt fovenda 
concordia. Alia igitur omnia quae ex tesfamento praenomi- 
natae StRlCAE detinentur, quippe quod nulhm esse iegali 
sanclione permiltitur, necesse est utjuri monasterii fraterni- 
tatis veslrae soUicibtdine sacerdotali per omnia sludio repa- 
rentur: quia imperiali conslitutione aperte sancitum est, ut 
ea quae conlra leges fiunt, non solum inulilia, sedeliam pro 
mfectis habenda sint. 

XXV. 

p. c. i«. s w . Epist. VIII, lib. Vil, part. II, indicL II W. 

GnEGORIUS iNIfOCEIfTIO, MjRINIANO, LlBERTIlTO, 
AGATHOMy ET VlCTQRI SARDINIAE EPISCOPIS. 

Cognovimus quod mos vestrae sit insuiae post paschakm 
feslivitatem , vobis euntibus, aut directis responsalibus vestris 
ad metropoUtanum vestrum, utrum sciatis, an minime, ipse 

(1) Ex Maosi, oper. cit, tom. X, coL 116. Netta ediziose maorina 
ai legge a eapo dei cinqoe vescovi qui apnresso aotati il nome dt 
nn altro vescovo sardo chiamat» Vincenzo. JLa sna sede e le tre.altre 
d'Innocenzo, Libertino e Agalone sono incerte (ved. Fara, Be rtb. 
tard., I, 170. - Tola, Dixionar. bioar. dri Sardi illiutri, voL I, 
pag. 57, vol. U, pag. 176 e 186). 11 Mattei ha opinato che ilsecondo 
e ii terz» (Inuocenso e Libertino) fossero vascovidi Solci e di Poro- 
Traiano, e ch» il priaoo ed Uqaarto (Vinceaao e Agatone) lo fossaro 
di Bosa e di Usellus (Mattei, Sard. tarr., dissert praev., cap. IV, 



wbts de veakmo pateha seripia debeat denuntsattane mandara, 
Et quantum dicitur qmdam nestrum hoe facere secmtdtm 
cmsmhtdimm pottponetttes, aUorum qutqua oi mm obtduat- 
dum eerda pervertuat. Jtdditmr etiam qaod ex vebis emqui 
pro eceiesiat suae emergentibm eamsis hrammarina pstentes, 
tm* pratdieti metrapoHtani sui eagnititme, val eputohs r sieat 
eantmm ordo comtituii, audeaat ambubsre. Hwtamur ergo 
frtdemtatm vestram, at anlkptam eccksiarmm vestrarum 
eontmtadmem exequmtes r tam de susdpiemta pastkali oV 
mmlialione, qmm etiam si qmmdam vestum pro cattak 
propriit ubicumqm eompakril ambnlare necassitas, ab eodtn 
metropoUlam vestn secuvdum mdietam vobis regulam petere 
licentiam deheatis* nee eum potpeaere in akam praesumatis x - 
excepto si , quod non optamm y eontra eumdm metropoiitammn 
vestrum habere vos aliquid caussae contingat, ut ob hoc sedis 
apostolicae judicium requiratis. Nam iis qui petere festinant 
licentiam, quod scitis, per canones etiam antiquorum patrum 
inslitutione halere permissum est. 

XXVI. 

Epist LVI, lib. VII, part. II, indict. II («). . p c . *. ^ 

Gregorws Janvarw episcopo calaritano. 

Questa est nobis Nerejda elarissima femind, quod ab ea 
cmtrnn solidot pro fdiae tuae tepullura fraternitas veetra no» 
erubescat exigere: aique ei super dotoris gemitm majarm 

num. 3, 4 e 5). Oi Vittere non si pud dubitare che fosse vescovo 
di Fausania, e lo stesso di cui si fa nuova menzione in allre due 
epistok> gregoriane delFanno 601 (ved. infra, ep. 1 e XVII, BtclX, 
indict. IV), il quale era stato erdinato da Gianuario ycscovo di Ca- 
gliari, dopo il comandamento datogli a tal proposito dal ponteQce 
net 394 (ved. sopr. ep. XXIX, lib. IH, indict. XII). Di Mariniano 
dBhilsv M Faia (jfe reh. $atd. r ioc. mt.), e nieg» il Vico (Mitt. g*mer. 
del reyn. de Cerd. x part. III, cap. XLUI e XLIX) cke fosse vescovo 
di Torres ; ma ogni ragionevote argomento persuade che occupasse 
veramente «nieBa sede , e eh'egli sia it Marioiano vescovo tarritano, 
di cui parld & Giegorio Magno nel 591 (ved. sopr. ep. LIX, hb. I, 
indict. IX), il Mariniano medesimo, di cui poco innanzi lo stesso 
papa avea parlato con Gianaario nef 599 (ved. sopra ep. II, lib. VII, 
part. 11, uadkt II ). 3. Gregorio erdino coUa present» leMera ai 
mentovati vescovi sardi di. rioevere dal loro matropolitano Gianua- 
rio- le annualt denunziazioni della feslivita pasquale e Ie licenze 
transmarine , rkhiamande sepra di ci6 all'nbbidienza qnell» fca loro 
cbe dimostravasi piu reniteate. U vescovo che si rifiutava a tale 
sommessione e dipendenza , sebbene non siavi espressamente nomi- 
nato, era certamente Marhriano di Torres, 9 qnale forse fondava 
il suo rifiuto aeiravtichissima conswtasdme e pririfogio delta ordi- 
nazione diretta dei vescovi turritani dalla sede pontificia (ved. infra 
ad ann. 650). Di questa sua renitenza si ha pure indizio in altra 
iettera delfo stesso amo 509 dfeetta datpepa a Giansirio (ved. sopra 
ep. II , lib. VII, part II, ioduct II); sieche para probabile che nel 
suddetto anno il vescovo di Cagliari non avesse tuttavia ottenoto 
da&a santa sede la commissione speciale e temporaria di ordinare 
i vascovi turritaai (toltagli poi dal pentefic» Martmo r), « che to 
medesima fosse molto recente , ovvero che fossero gia. cessati i motivi 
transitorii pe' quafi eragli stata conceduta, e che percid Mariniano, 
difendeado i diritti piu antich4 della propr» sede>, rkasasse dl ri- 
conoscere in Gianuario 1'autorita metropolitica. 

(9) Ex Mansi, eper. cit., lonv X, eol. 149i Sono degni di ammi- 
raziooe lo spirito di carita e 1'eloquenza con cu* fa dettata Ib pre- 
sente lettera. tt santo pontefice rimpravera aeremente Gianuario per 
aver preteso da Nereida ceato soldi per ta senettuia della figlia.; • 
rammentandogli 1'esempio di Efron , uomo gentile , cfee avea ricnsato 
il precze oflerlogli da Abramo per m spetooca in cai seppelk ii ca- 
davera di Sara, gf iagianse eb» si astenesse in aweaire da tal eo- 
cesso, afimche non seknbrasse che i miaistri deli akare votessero- 
trar prolilto daile sventare e daUe togrims dei lor» siiailL Permis» 
bensi che si acceUasaer» le wtoatajtia offerte det congionti e degli 
amiei del demato. Nereidn era vedova di Orteiano, fondatere di ua 
ospedale, del qnale si trova ricorde in attra lettera di S. Gtegori» 
del 603 (ved. infr. ep. LIX, lib. XI, indiet. VI). Ed ia afe-a totlera. 



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fRIMA. 



403 



dispendii studeat mferre molesUam. Quod $i ila se tXritds 
kabet, qtiia gravemmis est, et jprotut nimis est a sacerdotis 
officio pretium >de* ierra cbncessa puttcdmi quaerere, et de 
alieno velte faberb luciu compendiutti; ab hae se petHione 
frakrnitasvcstra mUmeat ,'et molesta ei deceferb non existat: 
^namke quia. et Hortvla^vm qnondam, de qtto se ipsam 
mstrit filiam sutcepisse, ecclesiae Wttrae nbn tw parva qttany 
Jitdie munifewk^mmnorat exttUsse. lloc autemviUum et nos 
ppttquam) Deo micisre, ad episcopatus honorem accessmus, 
de tcdesia mstra omnino vttuimus, et pravam denuo consue- 
tudinm neqmqwn usurpari permitimus; mrinores quia dum 
Abraham aflm Hemor,hdc est Ephronflio Seor , sepulcrm 
pretio ad humandum cotrpus conjugis postularet; pretum ac- 
cipere remit, tte commodttm videremr de cadavere eonsecw- 
tus ('). Si ergo tantae i consideratiokis )Htgams vir fuH,mcmt* 
snagisnos, qui saeerdotes diemur\ hoc facere nbn dekemtts? 
^Unde ne hoc avaritiae vttkm, nevcl m alieni» demo tmtare 
praesumatur admoneo. ■ Sed si qumdo aliqum^ m eifritsta 
vcstra sepeliri conceditis, siquidem parentes ipsius, proximi 
vel heredes pro luminarihus sponte quid offerre votuerint, ac- 
cipere nm vetamusi PeH>vtm aui dtSquM exigi omninoprohi- 
bemus: ne, quod valde irreligiosufn esf, aut venqlis for{asse, 
quod absit, dicatur ecclesia, aut vos de .humanis videamini 
mortibus gratulari, si ex eorum cadaveribus studeatis quaerere 
quolibet modo compmdiunh Alias vero eaussas, quas prae- 
diciae Nereidae est complexa petitio, KorUmur ut aitt 
pacifica si fieri potest, ordinaUone de/kiias, aut certe, in depu- 
tatum a nobis judicium perstmam instruetam dhngere non 
tmittas; quia ad hoc Redempti/m defcnsorem naslrum 
praesentium portitorem illic direximus, ut et parte* w\ptiicio 
observare competlal, et executionis snae instantid ad efftetum 
quae fuerinl judicata perducat. ' ' ,' , , ' 



XXVII. 

c s. s*. Epist. LXVI, lib. VII , parl. II, indict. it (,}). '. "; . . 



GREGORIUS VlTALt DEEEJfSORl SAltPIMAE. ' 

> •. .K. t ■ 

Indicalum nobis est, quod quidam calarilanae eccleside 
clerici disciplinam sui refugientes episcopi, eankra eym sola- 
tium tuae defensionis exquirant, atque per hdc itti; qitod dici 
grave est, contumaces existant. Quam rem,si iiaest, omnino 

dello stesso anno e nomroato eriandio Rcdento , destinato dal papa 
a deGoire lo altre qaestioni di Neretia eolla chiesa cagliaritana 
(ved. infr. ep. LIII, lib. XI, indict. VI).. Le disposiriOni oentenute 
■otta presente epistoia per riguardo al gratuito a«pa«lninento dei 
aaorti sono ripetole da-Graziane ( Decrtt., csag. K411, quaest. II, 
cap. XII). :•- „ ;« i n,- ... <• • 

(*) Genes., cap. XXIII. ' ' '' .'■ 

(1) Ex Hansi, oper. cit., todi.' X, teol. 15*. Lo zeld di §. Gregorio 
Magno nei difendere i diritti dell'episcopato appartece cbiarameate 
dauapre»eiUeepist(>4a.Egliraceo»»ai^aaVitole4ifeBSDradiSar(legna 
di non prestare aioto ai ohierici deUa «hies* cagiiaritaaa ch'erano 
insobordinati al loro »e»covo , e che , ahbandoeato il servicio eccle- 
siastico, si occupavano di aitre (accende non cwvenienti ai loro 
stalo. Gli raccoraanda exiandio di non pormettero che i eoloni delia 
saddetta chiesa di Cagliari si appljchino alla culiura dei predii dei 
prirati cittadini, e che i monasteri, siadi maschi.che di femmine', 
siano tnrbati con liti indebita aei tribonali secolari. Di qoesto Vitale, 
che forse succedeUe a Safcino neWaffizio didtfensore delChoia (ved. 
sopra, ep. XXXVI, Db. II, part 1I> indict. XI), si parla nuovamente 
in allre tre leltere gregoriane dal 601 o del 603 (ved. infra ep. XVIII, 
luwix, indict. IV; ep. Ull e LIX, lib. XI, indict. VI ). L ultima 
parte di questa leatora lecgesi riporlala nei Detrtlo di Graziano., 
part. II, caus. XVIII, quaest. II, can. XIX. 



dure snscepimus. Dicitur etiam quod suae aclrn deserentes 
evclesiae, in aUorum se obsequiis ac laboribus occupantes, ubi 
nornm dedmmt miUtiae, mveniantur extranei. Experientiae 
ergo tme demmtiamus, ul nihil deinceps tale aliquid facere 
praesumai: sed si eujusquam elerici, ut assoiet, cutpae casus 
tmerserit, in qua te sibi petere debeat adjutdrcm, ad emdem 
'episeopum reverenter accede, et sicut eaussae < meritutn cttgm^ 
*>eris\ apud etm nlon defensor culpae, sed potius intercessor ' 
exfste , «I ' hac provisione et poscmti feras amilium, et jnra 
praepostH non conturbmtur. Si (/ui vero surit qttt jusld popo- 
'teermf/eis per te auxilium sedis apostoUc^tef nm est <negan- 
"tktd: Setbtamm ifa servandum est, ut tmimeujusque episcopi 
rmermtia 'et cleric6rum disctpUna per defmtionis tua« expe- 
rtentinm mmmti\so'lva1tir. Dictm est noVityubd rttstici pos- 
msionis ejusdem "calaritande eccksiaejura ^ 
myr^tortm fossemonibtts mtiuram taboris exhibeant. Ex 
qua re agitur, ut possetsiones ecclesiae proprio m alias occu- 
pato' cultore depereant, atque ad tributa sua persohenda 
fdoneae mm eteistant. Jn qua re ewperimtiam tttam vottmus 
amttim esse solHoiiam, tti tale quidquam i^rt: poslkac nostm 
metotitate' data t&i permitter» debeut, fktiums quod si negtt- 
wemi nostrvs e^cmie ^immri tHa^soUi&iHtdme contra te 
dnimo» commoveri Cogtiovmtts etiwm yuod ■monasteria ser- 
vorum Dei vei etiam fminartm pro sttb quisque libitu et 
Hversartm caussarum exectttione perturbet: quodonmino non 
grate stmepimus, iuamque experiehtidm ex hoc commmemm, 
ne quemquam hoc usurpare dentto aocepta nostra attctoritate 
permittaSi sed ut episcopis loci ipeius, sub euius degunt 
modenamme, curae sit eortm caustas ulilitatesque disponere. 
VaUe mim est mcongruum, ut omissb eo, alius qmlibel eorum 
se caussis admisceat. Sed itie eormi vitam competenii regu- 
lariqve debet\nioderatione dtsponere, qui pro eommissis eorum 
tibimimbbtts compellitur reddere rationem. ■ 

. ' .' XXVIII.. . ' 
Epist. LXVH, Hb, VII, part. II, indict. II W. p. c. *. 

Gregorius Janvario episcopo calaritjxo. 

.... , . .,).'.>.• ' '• 

Pervenit dd nos qttod qutdam de^vettris clerieis spiritu 
etationk inflati, quod dici grave ,est\ fratehtitatis vestrae 
jussionibtts obedire postponattt, atque in aUorutn se mttgis 
obsequHs ac laboribus occupantet, suae deserant, ubi ■stoit 
neceasarii, actus ecclesiae. Ex qtta re niinium admiramur, 
vur in eis ecclesiaslicae non teneatis regnlam disciplinae, nee 
eos dissolute vagantes m deviis ad normam sttscepti officii, 
districti, moderaminis freno restrmgatis. Dieitttr etiam qtiod 
aliqui ex eisdcm contumacibus ctericis, ut defendi conlra ros 
valeant, ad Vitalis defmsoris nostri patrocinia convola- 

(9) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, col. 156-57. La prima parto di 
questa lettera versa sullo slesso soggetto delia insubordinaziono dei 
chierici cagliaritani contemplalo nella lellera precedentc. Le allre 
parti sono relative alla eredita lasciata da una pia vedova al nio- 
nastero di S. Giuliano, ed usurpata da un chierico, ai cuilori dc- 
gfidoli, ai sorttlegi ed agl" indovini , e airamministrazione dei benl 
ecclesiastici cbe si affidava alle persone secolari. La prcscrizione 
della tortura 6 delle percosse pe' servi , e dcl carcere o della clau- 
sura per gli uomini liberi che fossero pertinaci nel cullo degl' idoli 
e nelle pratiche superstiziose, era conaentanea alla barbarie' dci 
tempi,n^ si dcvo percid condannare come un alto poco wuano di 
S. Gregorio , il quate per 1'opposto si aflatieo' cogli scritti o collc 
opere per addolcire le leggi e i costumi del secolo in cui visse. 
Graziano riprodusse alcuni Inoghi di quesia epistola nel suo Decrtto, 
part. I, distinct. LXXXIX, can. V; e nella parte II, caus. XXYI, 
quaest. V, can. X. 



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404 



D1SSBRTAZ0ONE 



rint. Uude ad eum scripta mttra direxmus, ne quemqmm 
dericorum vestrorum conlra vos irrationabiliter denuo audeat 
defensare: sed si ctnpae caeus emerserit, et graris non est, 
sed veniam mereatur, intercessnr apud vos magis accedere 
debeat, quam defensor. Ne ergo tale ad nos drinceps de 
swjectorum veslrorum cmtemplu quidquam pemniat, prae- 
oavete. Cognorimus etiam quod monasterio saneti JuUANl 
quaedam vidua suam suUkmtum dereUnquens , a ckrico 
vesko, qm ejusdem defmctae wdieris actus, dm adhuc 
riwet, gubernabai, ipta sit direpta substantia, uuncque cal~ 
lidum adreddendum exislere, ffortamur ergoni eum, si, ut 
dieiiur, ita vertvn me potuerit, districta faciatis e(tecntione 
aonstringi, quatenus re» monasterio derelictas restituere sme 
inminutione festinet, et quod adire servaia fidei suae puritate 
non debuit, vet eutn pudorie mdavmo redder» compelUUur. 
Quam vero verecmdum sit, ni fraternitatem tesiram nos adr 
monere videamur, quaienus clericum suum suh disciplwae 
rigore restringai, credo qmd eadem fraternitas vestra tacita 
etiam ipsa eonsidere.1. Contra, idolonun namq«« ©aUores veJ 
araspicu» aique sorUlegoriUD (*>, fateraitotemvesiramvehe- 
mentius pattorati horiamur invigUare. evstodia, atque pvbhue 
in populo aontra hujus m viros sermonem faoere, eosque a 
tanti labe sacrilegii et divini inteniatime judieii, et praesentie 
vilae perieulo, adhottalione smsoria revocarc. Quos tamen, 
si emendare se a taiibus atque carrigere nolle repereris; fer- 
venli comprehendere zeio te volumus: et si quidem servismt, 
verberibus crueiatibusque, qmbus ad emendationm pervenire 
valeant, castigare: sivero. smt liberi, inclusione digna distri- 
claque smt in poenitentiam dirigendi: ut qui sakbria et a 
mortis periculo revocantia audire verba contemnmt, cruciatus 
saltem eos corporis ad desiderandam mentis valeas reducere 
smitatem. Indicatum etiam nqbis esl, quod laibis quibus- 
dam curam vestri pairimonii committentes (**) postmodum in 
rusticorum vestrorum depraedationibus , atque per hoc ex fa- 
ligationibus fuerint deprehensi, et reddere res quas indecenter 
retinent habitas, quasi swe dilwnis, quippe vestrae non sup- 
positi curationi, posponant, vobisque despiciant actuum suo- 
rum reddere rationem. Quod si ila est, districte a vobis discuti 
convenit, atque inter eos ecclesiae vestrae rusticos caussam 
examinare subtilius. Et quidquid in eis fuerit fraudis inven- 
tum, cum poena legibus. statuta reddere compellmtur. , De 
cetero vero cavendum a fraternitate vestra esl, ne saecularibus 
riris, atque non sub regula vestra degentibus, res ecclesiasticae 
eommitlantur, sed probatis de vestro officio clericis. In quibus 
si quid reperiri poterit praritatis, ut in subditis, emendare 
quodillicite gestum fuerit \aleatis , quos apud vos habitus sui 
magis officium commendet quam excuset. 

XXIX. 

P.c.N.600. Epist. XXXVIII, lib. VIII, indicl. III «). 

GREGORIVS JANUARIO EPISCOPO CALARITANO. 

Qualiter m Sardinia minores vel pauperes ab eis qui 
illis majores smt opprimmtur, revcrendissimi fratris nostri 

( * ) Qaeslo intiero capHoio rignardanle i saddetli cultori degTidoli 
leggesi ael Decrcto di Graxiano (caos. XXVI, quaeat V, cap. X). 

(") Nello stesso Decrcto di Graziano (distinct. LXXXIX, cap. V) 
Irovasi ripetulo per inliero qoesVallro capitolo relatWo alfammini- 
stnutione dei fondi e dei redditi ecclesiaatici. 

(1) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, col. 933. Tutto il conteelo della 



Domnici carlhaginensis episcopi atque eminentissmi fHU 
nostri Innocentii praefecti epistolae . tetttantur, a quilm 
ut quae nobk scripia smt noveritis, ipsarvm uobis epistolarum 
cxtvnpkria praevidimus tranmittenda. Et ideo quia ea quae 
petenda smt offermtur, studiose agendum est, ul ea quae 
promiltmtw, opere compleantur. Si qui eortm, de quibvs ett 
quaestio, i» ecclesiam fortasse refugermt, ita debet emtea 
dHiyentia vestra disponi, ut nec ipsi violentiam patiasUwr, 
nec fi, qui dicmtur oppressi, damna svbstmeant. Cwrae ergo 
vestrae sit, ut eis saeramentum ab iis qnonm inieresl de ser-r 
vanda lege etjmiitia promittatur :, etper.omma commcmeantvr 
firire, atque svortm acluum reddere ralionem , quibm etiatn 
ecclesiae vestrae defensorem .deputare ws eonwnit, Cujus 
soUkitudme ea quae illis fuerint promissa. serventmr: quate- 
iw nec ialiis noxia sint, et ipsis ecclesiastica , saiva ralione, 
possint prodesse refugia. Ita ergo fraternitas vestra faciai, 
■ut haefi qme ejus studio emendmda smi., mora per eam vel 
impedimenlum aliquod nm contmgai. 

XXX. 

Epist. I, : lib, IX, iadict IV W. . p.c. n. <»■. 

Gregorius SEB.ru s sERroRUM Dei Innocentio 

AFRICAE P1L4EFECTO. 

Qui pravorum actmm emmeutiam vestram rindicem esse 
desiderat, qttid de aequitatis eius bono senliat aestimatis. 

presente epistola e ina prova tnminosa delle benefiche sotlecitndini 
adoperate da S. Gregorio Magno per mitigare le affliaoai dei poveri 
e delle nmili persone , le quali in Sardegaa erano oppresse dai 
grandi e dai potenti. Egli comando a Gianuario di proteggere gli 
uni e "le altre, e che laddore si rifuggissere alla ehiesa per cansare 
le oppressioni, faeesse gl ehe aon avessero a dolersi di eaeersi abi 
bandoriati invano alla protezione ecclesiaslica. Domenico vescovo di 
Carlagine, e Innocenzo prefetto aveano informato il papa degli abusi 
che in tal rispetto si comtnettevano nelPisola, locche addimostra la 
dipendenza immediata dell'isola medesima dalla prefettura del pre- 
torio d'Africa. II suddetto Inneeenze era stato creato prefetto nello 
stesso anno 000, come si ricava dalla epistola gratulatoria (XVII, 
lib. VIII, indict. III) indirittagii da S. Gregorio in occasione del 
di lui innalzamento a tale carica; ed e lo stesso Innocenzo, al quale 
nelCaono segueate fu diretta dai suddetto pontefice nna letteca re- 
lativa ad alcune doglianze fattegli da Vittore vescovo di Fausania 
(ved. infr. ep. I, lib. IX, indict. IV). 

(3) Ex Mansi, oper. cit tom. X, eol. 351. Vittore vescovo di 
Faosania, io stesso che leggesi nominato con altri vescovi sardi nel 
S99 (ved. sopra ep. VIII, lib. VII, part II, indict II), e nelia epi- 
stola successiva del presente anno (601 ) avea rappresentato a S. 
Gregorio Magno gli abusi che si commettevano nella sua diocesi dai 
giudici africani, i quali imponevano multe indebite senza veran 
rispetto agli stessi luoghi sacri , ed estorquivano duplieati tributi 
dai provineiali. Forse Vittore avea esposte a voce al papa le sue 
doglianze a tal riguardo, poiche in alcuni codiei e nella edizione 
maurina la preseate letterae datata merue octobri, indicHoru quarta 
(601), e nel. 5 ottobra dello stesso anao Vittore trovavasi indubita- 
tamente in Roma , anzi assislette con aitri vescovi a una congrega- 
zione o consulta presieduta dallo stesso ponteiice, nella quale fu 
accordata a Probo abate del monastero di S. Andrea la facolta di 
testare (ep. XXII, ii*. IX, indict. IV, ap. Mansi, oper. cit-, tom. X, 
coL 363). J>i qnesto monumeato non urovo fatto rioordo da veruno 
degli scrittort nazionali: e tutuuria Isggendovisi neila introduziona 
bnperantibtu iomno MauriUa tt Tibtrio augutti» , anno incamaUo- 
nii domimca* scxctnUtvmo primo , eodemque domm undecie* eontuU, 
tub die tertia maorwt octobriutn , praetidetdc bcatittimo et apotto- 
tico papa Greaorio, aiqvc tqntideniibut reverendutitnit Menna epu 
toopo Teletmo, Satilio. Capuano , Constantia Numentano , Montano 
Savonente, Vietore Fautanente eec., si ba dal medesimo nna prova 
certa della presenza di vittore nella metropoli dei mondo cristiane 
sul finire deil'anno 60t I gindici africani, dei qnali si fa parola 
nella presente lettera, erano probabilmente i nanistri subalteroi 
del preside, o del duce, che si mandavano neUe proviacie per am. 
ministrare la giustizia, o per riscuotere i tribuU; e forse piu tardi 
queato nome di giudici (m assunto par imitazioate dai regoii sardi , 
come dird a suo luogo. 



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PBJMA. 



405 



Proinde reverendissimi fratrit et coepiscopi nostri Victoris 
Fausianensis episcopi plenam vobis doloribus querelam defe- 
rimus, ut el mahs ab actione propterea corrigatis, et ab in- 
justitia quam sustinet oppressos eruatis. Queritur siquidem 
supradictus fraier noster mulctas in locis sacris violantes, 
multaque alia contra Dei timorem africanos jadices exercere: 
denique ut duplicia illic tributa, quod auditu ipso intoleran- 
dum est, exiganiur. Et quia kujus mali emendatio vestrae 
specialiter auctoritatem dignitatis expectat; petimus ui subtili 
indagatione perquirere, et ita hoc Deo vobis mperante debeatis 
corrigere; quatenus affliclis pro mercede animae veslrae pro- 
tectione justiliae succurratis, et hujus emendationis exemplo 
alios m futuro a pravis actionibus arceatis. 

XXXI. 

Epist. XVII, lib. IX, indict. IV (0. 

GREGORIUS SPESINDEO PRAESIDI SARDINIAE. 

■ Particeps procul dubio mercedis existit qui bonorvm se 
operum exhibet adjutorem. Quia ergo multi de barbaris pro- 
vincialibus Sardiniae ad christianam fidem dicmtur, Deo 
propitio , devotissime festinare, magnitudo vestra studium 
suum hac in caussa decenter accommodet, et fratri coepisco- 
poque nostro Victori in convertendis baplisandisque eis 
studiose concurrat; quatenus dum de interitu multorum animae 
per baptismatis graliam vobis fuerint solatiantibus liberatae, 
et apud homines laudem habere , et apud omnipotentem Do- 
minum , summopere studendum est, magnam mercedem poss\lis 
acquirere, atque nos vobis gratias referentes magnitudini ve- 
strae possimus modis omnibus existere debitores. 

XXXII 

Epist. XVIII, lib. IX, indict. IV W. 

GREGORIUS VlTALl DEFENSORl SARDINIAE. . 

Bonifaciuiu praesentium portitorem, notarium scilicet 
noslrum, ad nos experientia lua illuc transmisisse cognoscat, 
ut in utilitatem parochiae Barbaricina debeat maocipia com~ 
parare. Et ideo experientia tua omnino ei sludiose sollici- 
teque concurrat, ut bono pretio, el talia debeat comparare , 
quae in ministerio parochiae vtilia valeant inveniri, atque 
emplis eis hUc, Deo prolegente, is ipse celerius possit remeare. 

(I) Ex Mansi, oper. cit. , tom. X, col. 960. Spesindeo, a) quale 
S. Gregorio raccomanda di prestare ainto a VHtOre vescovo di Fau- 
sania nella conversione alla fede dei barbari della sua diocesi o 
provincia, era preside di Sardegna, e forse queU'istesso preside in- 
nominato, di cui lo stesso papa avea fatto cenno doe anni avanti 
(ved. sopra ep. V, lib. XIII, part. II, indict. II), II qoale reggeva 
1'isola al lempo mcdesfcao, ia coi EupateriO era duce dellc milizie. 
Cid si puo argomentare dal trovarsi ancora nel 609 riveslito della 
stessa qsalita militare H suddetto Eopaterio o Eupatore, come lo 
prova mValtra lettera gregoriana, non avrertita ne mai citata dagti 
scrittori sardi (ved. infr. epist. XXI, lib. X, indiet. V). 

(8) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, col. 360. Vitale difensore di 
Sardogna , al quate e diretta la presente epistola , e lo stesso che 
vedesi fiominato nelle due lettere precedenti del 599 (ved. sopi*. 
epist LXVI e LXVII, lib. VII, parl. II, indict. II), nella seguente 
lettcra di questo medesimo anno 601, e in altre due lettere delfanno 
603 (ved. ihfir. epist. Llll e LIX, lib. XI, indicl. VI). E Bonifacio, 
che il papa S. Oregorio spedi in Sardegna per comperarvi alcuni 
servi barbaricini, e probabilmente lo stesso Bonifacio, di cui altra 
volta leggesi il nome in nnepistola delfanno 603 (ved. infr. epist. 
Llx, lib. XI, indict. VI). 



Ila ergo te in hac re exhibere festina, ut te quasi servientium 
amatorem, quorum usibus emmtur, ostendas, et nobis te ipsi 
de tua vakant solliciludine commendare. 

XXXIII. 

Episl. XX, lib. IX, indict. IV (3). p. c. b. 6... 

Gregorius Januario episcopo calar ITANO . 

Gratam nobis fraternitatis vestrae sollieitudinem fuisse 
cognoscite, quod pastoraiise vigikmtia pro tutamine anima- 
rtM», utoportebat, exhibuit. Nmtiatvm siquidem nobis est, 
quod in domo quondam Epiphanii lectotis ecclesiae vestrae 
idcirco secwtdum volmtatm ipsius monasterium construi 
veiuistis, ne pro eo quod domus ipsa aneiUarwn Dei mona- 
tterio cohaerebat, deceptio exmde contingeret animarum. Et 
vaide laudavimus: quia mtiqui hostit insidias provisione con- 
grua, ut decuit, praecavistis. Sed quia periatum ad nos est 
Pojiipej anam religiosam feminam velle de eodem mona- 
sterio ancillas Dei tollere, et ad sua, unde acceptae fuerant, 
monasteria revocare, alque illic congregationem restituere 
monachorum; necesse est ut, si mpletum hoc fuerit, defuncti 
dispositio modis omnibus conservetur. Si vero factum hoc non 
fuerit, ne testatoris voluntas in totum videatur esse frustrata, 
volumus ut, quia monasterium Urbani quondam abbatis 
positum foris extra cimtatem calaritanam ita dicitur desti- 
tutum, ut ne mus illic monachus remaneret, Joanneiu, 
quem memoratus Epiphanius in monasterio quod, sicut 
dictum est, in domo sua fiendum decreverat, abbatem esse 
constiiuas: si tamen nihil est quod evm impediat, abbas 
debeat ordinari. Atque reliquiae, quae in domo ante dicti 
Epipbanii condendae fuerant, ibi recondantur, et ei modis 
omnibus applicetur quidquid idem Epiphanius in mona- 
sterio, quod deputaverat, aedificari' contulerat: quatems et 
ti de loco propler tupradictam cautelam volmtas ejus non 
disponitur, merces nihilominus illibata servetur. Et haec 
quidem omnia fraternitas vestra una cum Vitali defensore 
disponat, et ita ea utUiter studeat ordinare, ut sicuidelaudabili 
prohibitione , ita quoque de bona habere possit construction* 
mercedem. Ipsum vero monasterium licet fratemitati vestrue 
sit supervacuum commendari, hortamur tamen ex abundanti, 
mt id, salva justitia, sicut vos decet, habeatis commendatum. 

(3) Ex Mansi, oper. cit. tom. X, col. 361. Commendasi nella pre- 
sente lettera la prudenza di Gianuario, per non aver permesso 
1'apertura di un raonistcro d'uomini nella casa di Epifanio lettore 
della chiesa cagharitana , perche la oelta casa era contigua a un 
akro monistero di femmine fondato da Pompeiana. II papa commette 
al vescovo cagiiaritano la esecozione della pia volonta di Epifanio, 
incarieandolo di aprire il monistero nei luogo designato dal testa- 
tore , se Pompeiana togliera flal suo le sagrate ancelle che vi avea 
raccolte, e lo eedera ai monaci che prima loabitavano: inopposto 
gli comanda «he la fondazione ordinata da Epifanio si faccia nel 
monistero gia derelitto delPabate Urbane , etistente fuori.dcllo mura 
di Cagliari , e ohe vi preponga per abate il monaco Giovanfai , rac- 
comandandogli in pari tempo di esegnire tali cose di conoerto con 
Vitalf difensore di Sardegna. Sembra che Giovanni sia stato preposto 
veramente al governo del nuovo monistero , poiche due anni dopo 
comparisce col titolo di abate (vod. infr. epist. VI , lib. XI , indict VI). 
Pompeiana e la stessa pia donna rioordata in tre epistole del 591 e 593 
(ved. sopr. epist. XLVI e LXI, lib. I, indicL IX; episL XXXVI, lib. II, 
part II, indiot. XI), ed in nn'altra del 603 (ved. infr. epfet LIX, 
lib. XI, indict. VI). Non so perd affermare che rEptfanio, di cui 
essa-era suooera, fosse 1'istesso Epifanio nominato nella presente 
epistola. Graziano riporta nel suoX>#crelo(part, II, caua. XIII, quaest.I1, ' 
can. IV ) il breve tratto di questa lettera che risguarda l iroplemento 
dclle pie volonta dei defunti. 



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406 



DISSERTAZIONE 



XXXIV. 

t. c. r. Epist XXI, lib. X, indict V (U 

GREGORIUS EvPATORI DVCI SjRDINIAE. 

Cum lator praesentium Valdaricvs illa nos pro sua 
commendatione scribere postulet , quae magnitudinem vestram 
aequitatis intuitu sine cujusquam etiam intercessione non 
dubitamus efficere, petiiionem ipsius minime despiciendam 
prospeximus. Quia ergo cum uceore sua, quam hic de romana 
civitate esse perhibet, reverti, sicut desiderat, valeat, vestris se 
poscit patrociniis adjuvandum; paternae dilectionis salutantes 
affectu petimus, ul hac in re magnitudinis vestrae tuitionem 
habeat, et a nullo eos illic contra rationis ordinem impediri 
permittatis: sed desideriis eorum pro vestra mercede adesse 
et concurrere debeatis, quatenus et illi se adjutosDestra ope 
congaudeant, et magnitudo veslra poscentibus impendisse quod 
justum piumque est videatur. 

XXXV. 

p. c. n. m. Epist. VI, lib. XI, indict. VI (*). 

Gregorivs Janvario episcopo CALARITAITO. 

Quando inter religiosas personas de terrenis rebus contro- 
versia nascitur, ita sacerdotali est sollicitudme fmienda, ut 
crescere non possit ex mora contentio. Desideria siquidem 
abbatissa lalrix praesenlium huc veniens quesla est, substan- 
tiam parentum suorum pariter et germani sui sibi rationabi- 
liter competentem a Joanne abbate indebite detineri. Et 
* quia eamdem caussam interveniente petil judicio terminari, 

fraternitas vestra, adhibitis sibi Innocentio atque Liber- 
tino fratribus et coepiscopis nostris, cum eis negotii hujus 
qualitatem diligenter examinet, et pari consilio communique 
tractatu ita se in dejmiendo ex omni latere festinet exhibere 
sotticitam, quatenus et ipsa omni invidia favoris ac negli- 
gentiae careat, et inter ilbs post defmitionem vestram aliquod 
non possit litigium remanere. Si vero aliqua ex lege vobis ad 
proferendam sententiam fuerit nata dubietas, sapientem virum, 
et quem nostis Dei timorem habere prae oculis, requirite, ut 
ab eo quid sit legitimum informati, nullam reprehensionem 
vestrae defmitionis valeat calculus sustinere. 



(1) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, col. 330. Nontrovo riprodotta, 
ne citata da veruno degli scrittori sardi la presente epistola , dalla 
qoale si ricava che nel 609 Enpatore era duce imperiale nelPisola. 
Egli e senza dubbio lo slesso dnce Eopaterio ricordato in altra epi- 
stola del 599 (ved. sopr. epist. V, lib. VII, part II, indict II), e 
reggeva le cose mililari di Sardegna, mentre Spesindeo presiedeva 
alle civili. Dal contesto della lettera sembra potersi argomentare 
che Valdarico fosse sardo, e si avesse tolto moglie in Roma: e perd 
ignoto il motivo per cui il pontefice lo raccomando ad Eupatore. 

(3) Ex Mansi , oper. cit col. 344. Come e perche Giovanni abate 
( lo stesso forse che fu nominato nella lettera precedente ) avesse 
nsurpato i beni spettanti a Desideria per ereditk (amigliare, non si 
ricava menomamente dalle parole di S. Gregorio. I vescovi Libertino 
e Innocenzo, che il papa da per consiglieri e congiudici a Gia- 
nuario per definire le controversie insorte per causa di detta eredita 
tra Desideria e Giovanni , sono i medesimi vescovi di sede incerta, 
ai quali fu diretta nel 599 un'altra epistola gregoriana gia da m« 
riportata (vedi sopra epist VHI.lib. VII, part II, indict. II). De- 
sideria poi, che dicesi abbadeua, forse reggeve. il monistero dei 
Ss. Gavino e Lussorio, gia governato da Sirica c da Gavinia (vedi 
sopr. epbt VII, lib. VII, part. II, indict II). 



XXXVI (*). 

Epist. LIII, lib. XI, indict. VI (»). p.c. ». m. 

GrEGORIVS VlTALl DEFENSORl CALARITANO. 

Quid de fratre nostro Janvario episcopo agnovimus , 
et lator praesentium, et exemplaria scriptorum nostrorum 
te poterunt informare; atque ideo excommunicaUonem quam 

(*) Alla lettera LIU del libroXI precedono nello stesso libro allre 
due epistole (XVII e XVIII) Ad plebem turriUmauem et taurianensem, 
e Ad Venerium epitcopum. Colla prima S. Gregorio raccomanda ai fedeli 
ai quali e direlta di obbidire al vescovo Venerio, da lui destinato a 
visitare le rispettive loro chiese. Colta aeconda commette allo stesso 
Venerio 1'anzidetta visitaxione. 11 Vico opino che sollo il nome di 
plebe e di ehieta turritanerue si dovessero intendere 1'antico popolo e 
sede vescovile di Torres in Sardegna, e da cio trasse argomento a 
conchiudere , che Paolino fosse succeduto a Mariniano nell'episcopato 
turritano, e che dopo la morte di Paolino la visitazione di questa chiesa 
vacante foase stata affidala da S. Gregorio , prima a Giovanni vescovo 
di Squillace, e quindi a Venerio vescovo di sede incerta {Hist. gen. 
del reyn. de Sard., part III, cap. XLIII e XLIX). Siffatla opinione 
non sarebbe strana ne irragionevole, se si fosse limilata alta sola no- 
minale applicazione della parola turritanense , perciocche il Mansi, 
uomo dottissimo nella sloria ecclesiaslica, e a nessuno secondo nelia * 
eccellenza della crilica istorica, osservo giustamenle che , sebbene 
apud veteres turritana etiam dicatur ecclesia quaedam in Calabria, tut- 
tavia nomine turritanae ecclesiae turritana in Sardinia plerumque venit 
(oper. cit., tom. X, col. 448); e il Berardi, non meno erndito ne meno 
profondo del Mansi nella cognizione delPepistolario gregoriano, non 
solo ammise la turritanense , ma eziandio )a taurianense come due dislinle 
chiese sarde , e dippiu credelte che Venerio fosse vescovo di qualche- 

duna delle anliche sedi vescovili di Sardegna: elenim (egli dice) 

epistola Gregorii legitur ad Venerium episcopum (cioe la epislola XVIII 
del lib. XI), in qua Gregorius illi commisit visitationem ecclesiarum tau- 
rianensis et turritanensis , quae sane ecclesiae uti erant in Sardinia sitae, 
ita et in Sardinia existenti episcopo commendari debuerunt. Gratian., 
Canon., part. II, tom. II, pag. 99, edit. taurin., 1755). Pcro il Vico erro 
manifestamente nelle sue indnzioni; imperocche il Paolino vescovo 
taurianense morlo nel 603 (delta epist XVIII, lib. XI, indict. VI) fu 
certamente vescovo di Tauro nelPAbruzzo fin dal 599, e percio e 
cbiamato eziandio vescovo taurense (epist. XLVII, lib. VII, part. II, 
indict II); e laddove non voglia oredersi lo stesso, di cui S. Gregorio 
avea parlato nove anni prima scrivendo a Felice vescovo di Messina 
(epist. XXXVIII, lib. I, indict. IX), eperd senza dubbio il medesimo 
Paolino vescovo taurianense, cui fu raccomandata nel 599 I'ammini- 
strazione della chiesa di Lipari (ep. XIII e XXVI, lib. II, part. I, 
indict. X), vacante per la rimozione di Agatone (ep. LIII, lib II, part II, 
indict. XI ); sicche non potea .in verun modo essere creduto vcscovo 
di Torres in Sardegna, perche negii anni sovra indicali governava 
quella sede il vescovo Mariniano. Nemmeno si potea dire che Venerio 
(al. leg. Venereo e Venario) fosse vescovo di sede incerta, poiche dalle 
stesse lettere gregoriane si ricava che fu vescovo di Bibona nella detta 
provincia degli Abruzzi (ep. XLVII, lib. VII, parl. II, indict. II); 
che nel 599 fu depulato con altri vescovi e col diacono Sabino per 
inqsirire sulle impntazioni fatte a Bonifacio vescovo di Reggio in Ca- 
labria ( ep. XLVI, lib. VII, part II, indict. II), e che nel 609 f« 
incaricato dal papa insieme al vescovo Stefano di spedire a Roma 
alcune travi fatte* recidere nelPanlico paese dei Brnzi e dei Sannili 
per nso delle basiliche dei Ss. apostoli Pielro e Paolo (epist XXVII, 
lib. X, indict V). In quanlo poi a Giovanni , priaaa veseovo di Lissa 
in Dahnazia, e appresso di Squillace in Calabria (episl. XXV, Ub. II, 
part. I, indict. X), del quale si hanno memorie dal 599 al 698 delPera 
volgare (epist. cit, ed epist XXXIII, lib. VII, part I, indict. I), 
egli e ben vero cbe nel dette anno 599 gli fu commessa da S. Gregorio 
la visitazione delle due cbiese vacanti tauriatinensis et lurritanae (epist. 
XXXVHl, lib. II, part I, indict X), ma non consta che fosse poi 
veicovo della seeonda, come per altro inescpsabile errore opino il 
Vico (oper. cit, part. VI, cap. V), anzi si ha ia prova cerla del oon- 
Uario, giacche sei anni dopo (598) lo stesso pontefice S. Gregorio lo 
appella vescovo squillatino (cit ep. XXXIII, lib. VII, part. I, indict. I). 
Ma qui appnnto nasce una grave diCOcolta, alla quale non vedo 
essersi fatta attenzione dai sardi scriltori. Come poteasi nel 699 rac- 
oomandare a Giovanoi vescovo squillatino la visilazione della ohiesa 
turritana in Sardegna (cil. epist. XXXVIII, lib. II , part. I, indict X) 

(3) Ex Mansi , oper. cit. tom. X , col. 314. 1 Maurini la trasferirono 
alla indizione seconda (599). Gianuario gia cadente per gli anni 
avea scelto due consiglieri che governassero l episcopato a suo nome, 
e sotto la sua autorila. Costoro, como acoade quasi sempre in casi 
somiglianti, abusavano del coniidatogli potere: quindi S. Gregorio 



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PRIMA. 



107 



super perversos ejvs consiliarios dari decrevimus, tua experien- 
tia solerter exequatur, ut eadentes discant, quatenus incaute 
ambulare non debeant. Praeterea preikm tritici, quod nobis 
xenii nomine fuerat transmissum, per latorem praesentium 
Redemptorem defensorem tranmismus. Videat experien- 
Ua tua, ne vel tu, vel ipse qui detuUt, aliquid ex eoin preUo 
commodi participare praesumat, sed totum singuUs vel simul 
omnibus illibatum restiiuat, eorumque mihi scripta de eodem 
pretio tranmittat, quia (si) aiiter quam admoneo factum co- 
gnovero, vindictamex eadem caussa non mediocriter exercebo. 

se in queU'anno, e nei posteriori fino «1599 1« medesiraa era taltavia 
occupala da Mariniano ? (epist. LIX, lib. I , indict. IX; epist. II e VIII., 
lib. VII, part. II, iudict. II). E sopposto eziandio, che la chieta Uar- 
ritana della citata epistola XXXVIII non fosse quella esistente in Sar- 
degna, ma laltra dello stesto nome in Torri di Calabria, come si 
poteva comraettere al predetto vescovo Giovanni la visitazione deila 
chiesa tauritianente, ossia di Tauro aeU'Abruzzo, e dirsi gia morto 
Paotino nel 699, se cestui vivea ancora, come si c veduto piu innanzi, 
e visse e occupo quella sede fino al €03? Come poi oonciliare questa 
delegazione pontificia fatta al vescovo di Squillaee nel 593 eolla dele* 
gazioae semigliante fatta per le stesse chiese a Venerio vescovo di 
Bibona (ep. XVUI, lib. XI ) nel 600, aecondo i Maurini (mdict III), 
o nel 603 (indkL VI) aecondo il Manei? Ne ai puo dire ohe aiano state 
due le vacanze deile accennate chieae, una cioe nel 593, e 1'aHra 
nel 600 • nel 603, percbe nel primo di deUi anni la turritmna di Sar- 
degna e ia tauriana o tauritianent* dell'Abruzzo erano occupale da 
Mariniane e da Paolino (ved. sopr.), e d'altra parte e identica in tutto 
la letlera con cui S. Gregorio oommelte a Giovamii la visitazioae di 
delte chiese nei 598 coU'altra lettera in coi 1« cemmetto a Venerio 
nel 690 o 603. Quindi non rimane altra via di cenciliazione , fuoroh* 
supporre che «na sola aia la lettera scritta dai papa per la visitazione 
delie chiese taurianente e haritana vacate per la morte dei rispettivi 
loro vescovi , e che vaeata essendo colla prima anche 1'altra di Lipari 
gia eccupata da Paolino (ved. aepr.), siano stati destinati da S. Gre- 
gorio tre vescovi per eaegnire in ctasemta delie medesime 1'uffizio 
della viaitazione. Due di tali viaitatori furono senza dubbio Giovanai 
di Squillace e Venerio di Bibona; e il terzo fu Stefano, vescovo di 
sede incerta, al quaie oongiuntamente a Venerio leggesi indiritta in 
alcani oodici e nekla edixione manrina la mentovata lettera XVM del 
libro XI. Dal che ne coaseguirebbe che la leUera al vetcovo squiUatino 
(XXXVIII, lib. II, part. 1, indict. X), siccorae una ripetizione, anzi 
una medesima ooll'altra leUera a Stefaao e a Venerio (ep. XVIII , lib. XI, 
indict. HI vel VI ) , si dovesse dire anteposta , e quindi rieolloearti 
nell' Epittolarn gregeriano al suo vero e primitivo luogo, cioe nel 
libro XI, e che la epistola XVII dello ateaso lihro XI, la quaVe nel- 
■Tedixioue mawrina vedesi indiriazata clero et ordini et plebi contitUnti 
Taurmat, Tmrrii et Gotentiat, e nella edizione mansiana plebi tmrri- 
tanemi et tanrianenti, si dovesse invece intilolare clero et plebi turri- 
tanenti, taurianenii et Uparitanae. Conchiudero questa longa nota col- 
1'nwertzra che il traUo delle suddeUe lelUre (XXXVIII, lib. II e XVIU, 
iib. XI ) relaUvo alla petudaxione e alla contegranone dei veeeovi, e «lato 
ripartato «a Graziano nel suo Decrtto, part. I, distioct. LXI, can. XI. 

Ii scomunico , e scrisse a Vitale difensore di Sardegna , afflnche 
sifiatta puniziooe gi eseguisse. Lalore detle lettere pontificie era 
Bedentore, ossia Bedento (eome nella edizioue maorina), 1o steeso 
di ctri e fatta mencione ra altra lettera del 599 (ved. sopr. epist. LI, 
Kb. VII , part II, indict II), ai quale ii papa avea altreei conse- 
gnato il prezzo del frameoto, ebe daHa Sardegna era stato spedite 
a Boraa a titoto di regalo (xenii nomint). QuesfuMima notizia sparge 
qualche hime snlie oondiziooi politiche deUa Sardegna netlo spe- 
gnersi del sesto, e nel eominciare det setlimo secolo cristiano, 
pcriche sembra indicare che in lal tenopo 1'anlorita dei greci impe- 
tori fosse scaduta quasi al tatto nefrTisola , e ebe pereio i Sardi, 
reputandosi di fatto, se non di diritto, dipendenti dalla sede apo- 
stolica, la quale esercitava in tutti i bisogni loro 1'offizio benekoo 
del protettorato , solessero presentare il capo snpremo defta chiesa 
di qnei dwtri (xtnia), che, per antichissima eestumaaza , e qoasi in 
ricogniziene di potesta, si davano per lo innanzi ai procoosoii e 
.agli attri reggitori deUe provincie remane (leg. VI Digett.,4e uffic. 
procont.). Pere e da notare la continenza di S. Gregorio, ii quale 
pago il prezzo di quel framento , e dimostrd coo tale atto di mode- 
razione, twroe si possa esereitare il dkitto deUa paternita spirituale 
senza invadere Ia temporatHa dei diritti altrai. OaUa segnente let- 
terapoi, oltre legih citate (epist. XLVI, XLVII, LIX, «b. I, indict: IX; 
epist XXV, lib. III, indict XII; epist. XXXHI , tth. IV, indiet.XIII; 
epist. I e XVII, Kb. IX,indict IV), apparisee piu manifostaMetile, 
che II santo pontefioe rkonosceva e rispettava a un tempo la sttpro- 
del domntio imperiale neUa Sardegna. 



XXXVII. 
Epist. UX.lib. XI, indict. VI (0. 

GREGORIUS VlTALl DEFEJVSORI SARDINIAE. p c. n. m. 

Experieatia tua indicante comperimus xenodochia m 
Sardinia constitula gravem habere neglectum; unde reve- 
rendissimus frater et coepiscopus noster Jaxuarius vehe- 
mentisskne fuerat objurgandus, nisi nos ejus senectus, ac 
simplicitas, et superveniens aegritudo, quam ipse retulisti, 
suspenderet. Quia ergo ita est positus ui ad aiiquam ordina- 
iionem esse non possit idoneus, oeconomum ejus ecclesiae 
atqueEpiPBANiuM archipresbgierum ex uostra districtionis 
auctoritate commone, ut eadem xenodochia sine periculo suo 
sollicite ac utiliter studeant ordinare. Nam si quis illic post 
haec neglectus extiterit, nuUa se noverit posse apud nos ra- 
tione \diquatenus excusare. Quoniam vero possessores nos 
Sardiniae petiverunt, ut quia dwersis oneribus afiiguntur, 
Constantmopolm pro eorum debeas remodio projkisci, licen- 
tiam tibi emdi concedimus. Sed et dileoUssimo filio nosiro 
BonifaciO scripsimus, ut suum tibi pro remedio iltius pro- 
vmciae studeat adhibere solatitm. De ecclesUs autem quas 
vacare sacerdotibus indicasti, praedicto reverendissimo fratri 
et coepiscopo nostro Januario scripsmus , ut eas debeat 
ordinare; sic tamm, ut non omnes ad episcopatum de ecclesia 
ipsius eUgantur. Nam sic eum convenit aUas ordinare, ui 



(1) Ex Mansi, oper. cit, tom. X, col. 380-81. Varii sono gli og* 
gelti contemplati neUa presenle lettera, e molte e di vario genere 
le notizio che so ne ricavano. Si rileva in primo luogo che la vec- 
ohiezza e le infermita corporaU del veseovo Gianuario, congiunto 
alla sua semplicita , aveaoo fatto cadere in abbandono gli ospedali, 
dei quali percio fu raccomandata la direzione aU'arciprete Epifanio, 
e all economo della chiesa cagliaritana. Si rileva eziandio che ncl 
tempo in coi fu aerilta fepistola i proprietarii sardi erano oppressi 
da molte gravezze, perloche il papa perroetteva a ViUle, cui la 
leltera e indiritta , di trasferirsi a Costantinopoli per pororare la 
loro causa , e commetteva inollre a Bonifacio di apportare ai raali 
loro on qualche rimedio. Vitale e Bonifacio qui nomiaati sono gli 
stessi , dei quali si fa parola neUe altre lettere gia riportate del 599 
e del 601 (ved. sopr. epist. LXVI e LXVII , lib. VII, part. II , indict. II; 
epist. XVIII e XX, Ub. IX, indict IV). RUevasi in torzo luogo, che 
nel 603 varie chiese dell isola mancavano di vescovi e di sacerdoti; 
che alcuni monisteri erano governati da abati di vita licenziosa e 
di riproveveH costumi, e ehe esistevano questioni tra Pompeiana 
gia nominata in altre epistole (ved. sopr. epist XLVle LXI, Ub. I, 
indict. IX; epist. XXXVI, lib. II , part II, indict. XI; epist. XX, 
lib. IX, indict. IV), e Gianuario vescovo di Cagliari , non solo pel 
nonistero di S. Erma da lei fondato oelia propria sua casa (*), ma 
eziandio per 1'altro monistero ordinato dal di lei genero Epifanio , 
marito di Matrona. Le quali questioni avevano probabilmente avulo 
origine dne anni prima, per i motivi espressi m aHra lettcra grc- 
-goriana (ved. sopr. epiet XX, Ub, IX, indicL IV). E si desume in 
ultimo dalla stessa lettera, che molte usurpazioni erano state com- 
messe nei beni e nei reddili delle chiese, dei monistori e di altri 
iuogbi pii; ch» riguarde agli ospedali di pellegrinf gia fondati da 
Ortolane e dal vescovo Tommaso ( ved. sopr. epkt. VI 11 , lib. 111 , 
indict XII, epist. LVI, lib. VII, part. II, indict. 11), vi crano stali 
prowedimenti imperiaU, dei qaali il papa ordinava Posservanza; 
e che il detto vescovo Gianuario era gia tanto aggravato dagli anni 
e dalle infermila, che spesso era costretto a intcrromperc gli atli 
deUa messa, lo che succedendo quasi scrapre neUe parti piii sostau- 
ziaU del sacrifizio, aveano dohitato e dubkavaoo i fedeli della vali- 
dha della consegrazione; su <li che rescrisse S. Gregorio: aegrilu- 
dinem pertonae tacri mytterii bcnedic(ioncm nec mutare, nec polhtere. 

C>) tfato qui per incideaza che il Bianohi-Giovini aella sua cosi deita 
Storia dei Papi (Tom. HI, pag, 3 e 4. Ediz. di Capolago e Torino, 1851) 
scrive tra le allre cose , chfe Palatioo fratello del Ponteficc S. Gregorio 
Magno, Prefetto di Roma, e glorioto Patricio, fondo il Monastero di 
Sakt'Erma in Sardegna. Da cio si argomenti quaie sta la esattezza isio- 
rica di tal scrillore, che calunnia sfaccialamente il Papalo, pubbli- 
cando quel libcllo famoso da lui chiamato Storia. 

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DISSERTAZIONE 



ecclesiue suae de personis , quae in ea possint proficere, ne- 
cessitatem non faciat. IUud igilur quod ad gubernationem 
quorundam tnonasteriorum personas esse praeposilas, quae 
anle dum adhuc in minori essent ordine monachico habitu 
lapsae sunl indicasli, officium quidam abbatis suscipere, nisi 
otnnino correcta vita, et digna praecedente poenitentia minime 
debuermt. Sed quoniam jam abbatum, sicut dicis, officium 
suscepermt, de vita, moribus, ac sollicitudine eorum cura 
gerenda est. Et si actus eorum inventi contra officium non 
fuerint, in eo quo smt ordine perseverent: alioquin remotis 
eis, alii, qui commissis sibi animabus prodesse valeant, or- 
dinentur. Caussa praeterea de monasterioS. Hermae, quod 
in domo Pompejanae religiosae feminae a fratre nostro 
constructum est, quia plus blandimentis quam districtione 
agenda est , experientia tua apud eamdem mulierem cum 
dulcedine agere studeat; quatenus nec illa in peccalo proprio 
actoris sui debeat postponere voluntatem, et tu utilitates mo- 
nasterii valeas salubriter procurare. Puellas autem suas, quas 
antedicta Pompejana in momsterio mutata olim reUgiosa 
veste converlit, abstrahi ab ea vel inquietari nuUo modo pa- 
tiaris: sed in ea qua sunt conversione, Deo protegente , per- 
maneanl. 'Pro requkendis vero rebus ecclesiarum, vel mona- 
steriorum, sive piarum caussarum, quod scripsisti, prius 
quidem hi quorum interest admonendi sunt, ut ab eis te insi- 
stente atque solatiante modis omnibus requiranlur. Quod si 
forte vel ipsi negligentes extiterint, vel cerle, qui eas requi- 
rere debeant, inventi non fuerint, tunc omnia ipse perquire, 
atque ita reperta recollige, ut manu aliquod judieium inferre 
cuiquam minime videaris. De xenodochiis itaque Hortu- 
LANi atque Thomae nil hactenus horum quae indicasti 
cognovimus. Eapropler experientia tua jussionem prineipis 
ex hoc datam diligenter inspicial, et omnia secundutn ejus 
tenorem disponat, et nobis quidquid egeril innotescat. De hoc 
igilur quod scripsisti, fratrem et coepiscopum nostrum Ja- 
nuarivm , tempore quo sacrificium celebral, tantam pati 
freqttenter angustiam, ut vix post longa intervalla ad locum 
canonis redvre valeat quem reliquit, atque ex hoc multos 
dubitare si communionem debeant de ejus consecratione per- 
cipere, admonendi sunt, ut nullatenus pertimescant , sedcum 
omni fide et securilate communicent: quia aegritudo personac 
sacri mysterii benedictionem nec mutat nec polluit. Secretius 
tamen omnino idem fraler noster horlandus est, ut quplies 
aliquam molestiam senserit, non procedat, ne ex hoc se et 
despiciendum praebeal, et infirmorum animis scandalum faciat. 
Praeterea Pompejana religiosa femina questa nobis est, 
hereditatem quondam generi sui EpiphaNII, in qua Epi- 
phanius idem Matronam conjugem suam filiam ante- 
fatae Pompejanje usufructuariam constitueral , monasterio 
quod in domo sua fundari statuerat, el postea extincto, usu- 
fructu modis omnibus profuturani, atque alia quae eidem 
Matronae proprietatis jure probantur competere, ab expe~ 
rientia tua, et a reverendissimo fratre et coepiscopo nostro 
Januario injuste sublata, et exinde nihil hactenus vel 
filiae suae redditum, vel profecisse m&nasterio. Quod si ita 
veritas se habet, et aliquid te indecenter fecisse cognoscis, 
absque ulla mora ablaia restitue: aul certe si aUtef esse 
pulas , ne gravari pars adversa praejvdicialiier videatur re- 
lectorum cum ea judicivm hac de cauua.nuUo modo subire 
postponas, ul, utrtm vera justaque ejus sit qtterimonia, de- 
finitione judicii declaretur. 



XXXVIII. 



GREGORIUS VeNERIO CALARIS EPISCOPO W. p. C. n. 6«4- 

De gradibus propinquitatis , super quibus parvilatem no- 
slrem consulere placuit, quod ego cum omnibus orthodoxae 
fidei cuUoribus sentio ratum duxi paucis vobis absolvere. 

(1) Ex Mansi, oper. cit tom. X, col. 444-45. Riporto per intiero 
qnesla e la seguente lettera, dirette entrambe a Venerio vescovo 
di Cagliari, non perche voglia difenderne assolutamente 1'autenticila, 
ma perche non mi sembrano conclndenti le ragioni allegate dai PP. 
Maurini per dichiarare apocrifa la seeonda, e colla medesima anche 
il breve frammento della prima, che ci era stato conservato da 
Graziano nel suo decreto (caus. XXXV, quaest V, can. 3. Porro de 
affinitate). Sono tre gli argomenti principali messi in campo da quei 
dotti monaci per convalidare la loro opinione: 1° non essere con- 
forme a quello delle genuine epistole gregoriane lo stile adoperato 
in qneste due lettere ; 8.° non trovarsi registrato nei dittici della 
chiesa cagliaritana il nome di Venerio; 3.° nessun vescovo di tal 
nome aver esistito ai tempi di S. Gregorio Magno. A siffatte obbie- 
zioni rispose il Mansi (oper. cit, tom. X, col. 448), non potersi dal 
breve tratto di una o due epistole, che versano sopra un soggetto 
incapace per se stesso di lenocinii oratorii , portar giudizio dello 
stile di uno scrittore; essere troppo ambigno ed oscnro quanto si 
scrisse dai Maurini a riguardo delle tavole o registri deUa chiesa di 
CagUari; non essere nuovo il nome di Venerio ai tempi di S. Gre- 
gorio, e trovarsi nel regesto gregoriano una epistola (XVIII, lib. XI, 
indict. VI), colla qnale fu raccomandata a un Venerio la visitazione 
deila chiesa turritanense (ved. sopr. pag. 106, col. S.«, not (*)), 
cuiut nomine turritana eccletia in Sardinia plerumque venit: ne 
doversi per ultimo nel conflitto deUe opinioni e delle dubbiezze 
pretermettere 1'autorila di S. Anselmo di Liicca, U quaie inserl nella 
sua coUezione ms. il frammento della prima di dette due epistole, 
e 1'antorita eziandio de!l'altro codice ms. del secole XII (e forse 
anche piu antico) consullato daUo stesso Mansi, nel quale il detto 
frammenlo di leltera e parimenti riportato. So bene che a quesful- 
tima ragione si potra opporre il giodizio del Berardi, il quale di- 
moslro di essersi erroneamente attribuito a S. Gregorio un canone 
inserito nella coUezione di S. Anselmo di Lucca (lib. X, cap. XXVI), 
e nolTaltra di Graziano ( caus. XXVII, quest. II, can. 99), come 
desunto da una epistola di delto pontefice a Venerio vescovo di 
Cagliari (Berardi , Gratian., can., part II, tom. II, pag. 37, 98 e 99, 
edit. praed.). Ma si deve osservare, che riguardo a tal canone l'er- 
rore era assai manifesto, sia perche in altro luogo del suo Decreto 
Graziano ne replicd l'inserzione (caus. XXXIII, quaest 1, can. 1 ), 
dicendolo ricavato daUe epistole gregoriane a Giovanni vescovo di 
Ravenna, neUe quaU non si ritrovano al certo le parole e le deci- 
sioni di quel dupUcato canone grazianeo (ved. epitt gregor. ad 
Joann. Ravenn. ep. XXXV, lib. I, indict IX; ep. XXU, XXVIII e 
XXXII, lib. II, part I, indict X; ep. LV, lib. II, part II, indict XI; 
ep. I, XI e XV, lib. IV, indict XIII), sia perche gli anticbi glos- 
satori avevano gia riconosciuto che quel canone era stato tolto dai 
Capitolari di Francia (lib. VI, cap. LV), indicati non oscuramente 
da Rabano in una sua leltera ad Eribaldo (cap. XXIX), e che Bur- 
cardo di Worms fu U primo ad attribuirlo a S. Gregdrio Magno 
(Collect. can. lib. IX, cap. XL), nel che poi fu seguito da Ivone 
(part VIII, cap. LXXX e CLXXVIII), e da Graziano (loc. cit.) neUe 
loro canoniche collezioni. Perd da un fatto e da un caso singolare 
noa si poo ne si deve conchiudere simililudinariamente per altri 
fatti e casi particolari; ne perche l'anzidetto canone fu erronea- 
mente attribuito a S. Gregorio, si debbono senz'altro esame riget- 
tare come apocrife le due Iettere, deUe quali discerriamo. Ck> si 
potrebbe logicamente indorre , se esistessero altri argomenti vaHdi 
a comprovarlo. Ma qoaU, e qoanti sono questi argomenti? QueUo 
ricavato dal tempo di dette epistole e arbilrario e conlroverbbile: 
l.? perche le medesime sono di data inccrta, sebbeae alcuni edi- 
tori di Granano abbiano a loro talento dalata 1'aitima nel 609; 
S.° perehe se si yolesse fissar 1'anno in cui furono scritte, varie 
conghietture indurrcbbero a credere cbe cid accadesse nel 604 
delCera volgare. Ora, siccome e indubitato che S. Gregoria Magao 
visse fino al 19 marzo del 604 (Lib. pontific. ap. Mansi, opfir. cit, 
tom. IX, col. 1093 e seguenti), oosi ancora e molto probabile efae 
in tale anno Gianuario vescovo di Cagliari non.fosse piu nei numarp 
dei viveati. lmperocche egU era gia vecchio ael 599 , oome sj trova 
espiicitamente ripetuto in una coetanea epistola gregoriana ( ved. 
sopr. epist I, lib. VII, part. II, indict. II); e,nel603 era orinai coai 
eadente per gU anni e per le infermita corporaU, che ncl .celebraru 
U divino sacrifizio mal poteva, ancho con lunghi inlorvalli tli tcmpa, 
consumare la consecrazione (ved. sopr. epist. LIX, lib. XI, indict. VI). 
ISieute dunque vi e di slrano o d'impossibile nel sopporre clie Gia- 



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PRIHA. 



109 



Ab kis omnino dissentio, quiperversae parentelae succes- 
siones supputantes gradus diducmt, et de uno duos consti- 
tuunt; acper hoc eum, qui pritnus esse debet, secundum; 
qui vero secmdus efficiunt terthm. Itaque ex omni parte 
generationes corrumpmt; ut cum arborem quae de parentela 
compmgitur, ab ipsis ahscissam conspicimus, corpus ut ita 
dixerim, detruncatum suis artubus videatur. Igitur parentelae 
gradus a nobis taliter computatur. Siquidem ego et frater 
meus una generatio sumus, primumque gradum efjicimus, 
nuUo a nobis gradu dislamus. 

Rursus filius meus , fratrisque mei filius secunda generatio 
smt, ac per hoc gradum secundum faciunt, nec a se gradu 
aliquo separantur. Itemque meus nepos, fratrisque mei nepos 
teriia generatio sunt, ideoque gradum tertium faciuat , nec a 
se gradu aliquo dividmtur. 

Atque ad hunc modum ceterae successiones numerandae 
veracissime smt. Porro autem de affinitate, quam dicitis 

nnario morisse nel delto anno 603, dopo il qoale non si trova piu 
nel regesto gregoriano altra epistola a lui diretla, e cbe nel tempo 
corso dal di lui obito a quello di S. Gregorio Hagno, il papa avesse 
proweduto di nuovo pastore la chiesa cagliaritana. Ammessa questa 
ipotesi, cbe a me pare probabilissima, non so vedere perche il 
nuovo vescovo elotto non debba credersi Venerio , secondo 1'opinione 
dei PP. Maurini. Io non dird cbe vi sia fondamento certo per af- 
fermarlo ; ma dird tuttavia che non vi e ragione vorona concludente 
per niegarlo. E se nella incertezza si dovesse risolvere il dubbio 
coUautorila, io non esiterei ad appellarmi a quella del codice di 
S. Anselmo, e deU'allro codice luccbese del secolo XII citato dal 
Mansi , nei quali qneste due epislole si trovano registrate , aggiun- 
gcndovi appresso le testimonianze d'Ivone e di Graziano, dalle quali 
il Fara e il Machin tolsero argomenlo a notare nel 604 il nome di 
Venerio nella serie degli antichi vescovi cagliaritani (ved. Fara, De 
reb. tard. , lib. I , pag. 171 , edit. praed.; Machin , Defens. primat. 
archiep. ealar., in fin., ediL calarit., 1639). E laddove mi si oppo- 
nesse, cbe in un allro codice ms. di S. Anselmo, custodito nella 
biblioteca di S. Germano di Parigi , a margine della seconda di dette 
letlere si leggevano scritte da mano ignota queste parole: apocryphum 
caput (Balut., in not ad Gratian., pag. 558 , edit. paris., 1673), ri- 
sponderei non potersi aU'autorita di molti contrapporre I'autorila 
di un codice singolare, di cui non consta Fela, e nel quale non 
Irovasi nemmeno inserta la prima delle stesse due citate epistole, 
ne il giudizio senza motivi di nn anonimo annotatore dover preva- 
iere a quello di tanti altri collettori ed illuslratori. Dal che tulto 
io vengo a concbiudere che, se non puossi positivamente asserire 
la genuinila dei due monumenti gregoriani qui riportati, nonsi pud 
nemmeno con sentenza inappellabile deGnire, come fecero i Maorini 
(Epist. S. Greg. M., tom. II, in append., col. 1304, edit. paris., 1705, 
in-foL), che i medesimi siano assolutamente apocrifi. Se poi mi si 
domandasse, quale io creda essere stato il vescovo cagliaritano 
del 604, o il Venerio visitatore della chiesa Utrritanense (S. Greg., 
.epist XVII e XVIII, lib. XI, indicL VI), ovvero un altro affatto 
diverso , potrei per conghiettura argomentare che lo fosse il primo, 
non solamente perche non si ha prova verana della esistenza di un 
altro Venerio, ma eziandio per la probabilita che in occasione ap- 
punto della suddetta visilazione egli sia stato eletto dal clero e dal 
popolo cagliarHano per occupare il seggio fatto vacanle in quello 
slesso anno (603) per la morte di Gianuario. Qui pero nascerebbe 
di noovo la lite sulla vera intelligenza deUa parola turritanente: ne 
io vogUo ripetere il gia detto a questo proposito (vedi sopn pag. 166, 
col. 2.», not. (*) ). Aggiungero soltanto che nei monumenti eccter 
siastici di tulle le eta i vescovi deU'anlica Torres in Sardegna sono 
chiamati invariabilmente turritanenses , o temteni, a differeoza 
dei vescovi di Torri in Calabria, appellati ordinariamente thurini, 
e che lo steiso Giovanni, intervenuto ai sinodi romani oonvocati 
dal papa S. Simmaco nel 501 e 504, e creduto daU'Arduine e dal 
Coletti (Harduin., Jndic. geograph. epite.; Colet., ItaL Saer., tom. X, 
col. 173) vesoovo della suddetta chiesa di Torri , si sottoscrivo negli 
atti conoiliari Joannes Thuritanus (ap. Mansi, oper. cit., lom. VIII, 
coL 953 e 315). Sicche daU'istesso unico esempio cho ti potrebbe 
addurre, per provare la comonione del vocabok» turrUanense, si 
dedurrebbe piu legittimamente la prova contraria a favoro dei ve- 
scovi di Torres. Qnalunque perd sia U valore di questa mia opinione, 
ne io voglio pertinacemente difenderla comovera, np rigettare irri- 
verentemente come faisa 1'opinione contraria, abbracciata e difesa 
da uomini valentissimi , ai quali mi protesto troppo infcriore nel- 
l ingogno e nella dottrina. 



parentelam esse, quae ad virum ex parte uxoris, seu quae a 
parte viri ad uxorem pertinet, manifestissima ratio est. 

Quia si secmdum divinam sententiam ego et uxor mea 
ma caro sumus; profecto mihi ex illa in ea suaque parentela 
propinquitas una efficitur. Quocirca cgo et soror uxoris meae 
in uno et primo gradu erimus; filia vero ejus, secundo a me 
gradu erit, nepos vero tertio. Eodem modo utrinque in cae- 
teris agendum est successionibus. Uxorem vero propinqui 
cujuscumque gradus sit, ita me oportel attendere, quemad- 
modum ipsius quoque gradus aliqua femina propriae propin- 
quitatis sit: quod nimirum uxori meae de propinquarum 
suarum viris et in cunctis cognationis gradibus convenit ob- 
servare. Qui vero aliorsum sentimt, antichristi smt, a quibus 
tanto vos soUicitius cavere oportet, quanto apertius deprehen- 
ditis illos divmis legibus oppugnare. 

XXXIX. 

Gregorws Papa Venerio caralitano epjscopo. 

Fraternitatis vestrae studiosae sagacitati, frater amande , 
quas debeo, refero grates. Quoniam quaesisti, quae debuisti; 
jucundum me reddidisti. Vnde placide ad inquisita respondeo. 
Sedem apostolicam consulere decrevisti, si mulier copia 
nuptiali extraneo viro conjuncta, cognationi ejus perttneat, 
si eo defuncto cognatio maneat, vel si sub altero viro cogna- 
tionis vocabula dissolvantur , tel si susceptae soboles possint 
legitime ad prioris viri cognationis transire copulam. Est 
enim verbum Domini vaiidum, et forte est durabile, est im- 
mutabile, est perseverabile , non momentaneum, non transi- 
torium. Ait enim per se ipsa veritas, quae Deus est, et verbum 
Dei: Coelum, et terra transibunt, verba autem mea non 
transibunt. Anlequam Deus in carne inter Iiomines appareret, 
eo inspirante dixit Adam: quamobrem reiinquet homo pa- 
trem suum, et matrem, et adbaerebil uxori suae, et erunt 
duo in carne una: cui non contradixit Dominus. Deinde cum 
veritas oriretur de terra m terram, et visibiUs in humanitale 
appareret, interrogatus est, si licitum esset homini uxorem 
relinquere. Quod prohibens , fieri vetuit, nisi forte fornicatio 
excluderei maritalem copulam. Unde protulit statim in medium 
eamdem ipsam sententiam, quam ante secula manens cum 
Patre Verbum inspiraverat Adae, ipse confirmans, quod ipse 
homo primus protulit : Quamobrem relinquet homo patrem 
stuim et matrem, et adhaerebil uxori soae; et erunt duo in 
carne una. Si una caro fhini , quomodo potest aliquis eorum 
ptopinquius pertinere mi, nisi pertineat alleri? hoc minime 
posse fieri credendum est. Porro uno defuncto, in supcrstite 
affmitas non deletur, nec alia copula conjugalis affinitatem 
prioris copulae solvere potest. Sedneque aiterius conjunetionis 
soboles placet ad affmitatis prioris viri transire consortium: 
pro eo quod verbum Domini validum est, et forte: et ut in- 
quiens dixit Propheta: Verbum Domini manet in aeternum. 
Et alius Propheta: quoniam ipse dixit, et facta sunt: ipse 
maadavit, et creata sunt: statuitea in aeternum, et in sae- 
culum saeculi : praeceptum posuit, et non praeteribit. Non 
potest per verbum suum, atque praecepium efficere Deus duos 
carnem unam, idest, masculum,et foeminam: qui innumeram 
multitudinem utriusque sexus non destitit sexum facere unum, 
sicut per se Veritas dixit: non pro his lanlum rogo, scd 
etiam pro cis qui credituri sunt per verbum eorum in mc , 



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DISSERTAZIONE 



ut omnes unum sini, sicul tu Paler in me, el ego in te, 
ul et ipsi in nobis unum siot. Si quis ergo temerario et sa- 
crilego usu in defmcto qmerit propinqtiitatm extinguere, 
vel sub altero affmitatis vocabulo dissipare, vel susceptam 
sobolem alterius copulae propinquitati prioris credit legitime 
sociari, hic negat Dei verbum validum esse, et forte: et qui 
tam facile, et tam velociter qxtaerit dissolvere, hic non credit 
verbum Dei in aeternum permanere. Confice terram ex quatuor 
locis magna intercapedme a te distantibus: et confectam, et 
conglutinatam finge cujuscumque figurae, vel immensitatis 
corpus vohteris; numquid erit kumanum ingenium, quod ipsas 
quatuor partes ad inviccm valeat segregare, ut unaquaeque 
per se possil agnosd? Sic a quatuor avis duo confiomntur 
in unum: et de duobus fit ma concreatio. Hanc simiUtudinem 
de qualuor elementis, unde concreatus est homo, colligere 
potes; si eorum unamquamque speciem, quae in multis divi- 
sionibus partita est, per discretas inter separtes assignaveris. 
Fil idem in melallis; hoc etiam in liquoribus: probat etiam 
in coloribus pictor, qui sequitur arte naturam, colores admi- 
scendo ex visilibus fucis corpora fingens 0). 

Alle memorie serbaleci dalle riportate epistole gregoriane 
snccedono nellordine dei lempi le accuse fatte alla santa 
sede contro Tarcivescovo e il clero cagliaritano; la prontezza 
del primo nel trasferirsi a Roma, per prosciogliersi dalle 
fattegli imputazioni, e la resistenza del secondo a compa- 
rirvi, percfae convinto dei proprii reati; Tanatema pontificio 
quindi incorso da quelttudocile chieresla, e la missione di 
Barbaro difensore regionario per costringerla alla ubbidienza; 
le violenze usalo in tale incontro da Teodoro preside iniquo 
p. c. n. 6» 7 . deirisola, e lincarico percii dato dal pontefice al suddia- 
cono Sergio di riclamare presso il prefelto del pretorio 
d'Africa contro 1'autorita del comando villanamente abusata 
da quel supremo governante, e conlro la violazione dei 
decreti imperiali di Teodosio e Valenliniano, benigni ripa- 
ratori degli antichi, e generosi conceditori di nuovi privilegi 
a favore della sede apostolica. La serie di questi fatti e 
riferita minutamente in una lettera coetanea di papa Ono- 
rio I; la quale, come si legge nelMansi W, che la esemplo 
dal testo deH'anUca coUezione Diodatina ( 3 ), e del tenore 
seguente: 

HOXORIVS SERGIO SVBD1.4CONO. 

Post parvi tomporis spatium qnaedam nobis svnt capUa 
adversus caratitanae civUatis arehiepiscopum vet ejus clericos 
nuntiata; pro quibus exequendis, atque canonica discretione 
in hac romana civitate ventilandis, non solum praefatae 
civitatis episcopum emissa praeceptione, sed etiam ejus cle- 
ricos, de quHbus referebatur aliqua commisisse, praecepimus 
evocare. Et quia •antefatus quidem episcopus, secundum quod 
ei iussum fuerat, in hanc civitatem venire curavit; ejus verv 
clerici proprio reatu convicli venire timentes, dsi sunt a sacra 
communione privari, et anathematis vincttlo imodari. Et 
post haec misso Barbaro defensore regionario sanctae nostrae 
ecclesiae ad ernndem civitatem caratitanam, *t praedictos 
clericos debuisset deducere, acium est ut TbeOdorus qwi- 

• (I) Ex Hansi, oper. cit., tom. X, col. 445-46. Sono comuni a 
questa seconda lo osservazioni gia fatte alla pTecedenle epistola 
gregoriana. Noterd solo, cbe la preeento lettera leggesi per intfcre 
nel Deerelo di Graziano, part. II, can. XXXV, quaest. X, can. I. 

(9) Ss. eoncU. nov. et ampl. collect., tora. X , col. 582. 

(3) Collect. can., lib. III, can. CLXXXiX. 



dam perversus praeses ejusdem Sardiniae ( 4 ) diabotica inten- 
tione arreptus venire eos jam navi impositos prohibuit, et 
violenter ablatos in africanam provinciam destinavit. Scri- 
psimus itaque filio nostro Gregorio praefecto tale tantumque 
facinus Tbbodoro ejusdem insulae praesidi jubere, corri- 
gere, et ipsas personas nostrae jurisdictionis suppositas 
nobis in hanc civitatem romanam dirigere. Propterea cxpe- 
rientia tua eidem eminentissimo praefecto imminendum depro- 
peret, ut tanti viri facinus uleiscendum studeat, et tas nobis 
personas dirigere non omittat: sciens quia non sohm hi qui 
crimine tenentur obnoxii a sacra smt communione privali, 
anathematis poena mulctati, sed etiam hi qui cum eis videntur 
conjuncti. Exemplar vero saerae Theodosii et Valentiniani 
(constitutionis) tuae experientiae curavimus destinandum, et 
eidem eminentissimo praefectoper tuam experientiam dirigen- 
dum: cujus series non solum ejus eminentiam, verum etiam 
omnes omnino qui a sedis apostoticae dictione exorbUare con- 
tendunt, nihilominus informare possit. Quemadmodum serenis- 
simi principes hactenus omnes innovaverunt cuncta privilegia 
sedis aposlolicae, et quae olim eidem sunt concessa, ipsa 
lectione poterunt approbari. Nam de Domini Dei noslrimise- 
ricordia confidimus, quodjura vel privilegia beati Petri cura- 
bimus expetere, atque immutilata intentione quaesita atque 
imperlita defendere. Tua ergo experientia ejusdem sacrae 
(constiiulionis) tenore attentius relegendo suffulta, non solum 
eminentissimo praefccto, sed etiam atiis haec eadem insinuare 
non differat. Nobis autem de his omnibus, sicut divinus favor 
impunxerit, cura erit ac solticitudo justa tramitem aequitatis 
sine dubio deliberare, atque utilius fine canonico terminare. 
Data IV idusjunias, indictione XV (62?). 

L'intervento dei due vescovi sardi Diodalo e Yalentino p. c. n. t i9 . 
al concilio lateranense (649), m cui fu condannato lerrore 
dei monotelili ( 5 ), la facolla temporaria di ordinare i vescovi 

(4) 11 preside Teodoro, di cni si paiia nelia presente epistota , e 
ferse 1'istesso Teedoro dace delie milizie imperiali stannate in Sar- 
degna, al qoale S. Gregorio Magno serisse direttamente nel 591 
{ep. XLVI, lib. I, indict. IX), e del quale fece meniiono neU'anno 
medesimo in altre due lettere indiriUe al diacono Onerato e aaVesarca 
Gennadio <ep. XLVH e LIX, lib. I, indict. IX). L'idenUta della peraona 
« pod argomentare daila somtgltanza del carattere, poiche il Teo- 
doro gregoriano n nomo violento e bestiale come il Teodoro ono- 
riano. Tuttavia non vogHo dissknnlare ta dtfficotta cbe nasce «huia 
•diversila dei tempi, giacche dai 591 ai 697 corsero trentasei anni, 
e se non 6 improbabiie , e pero straordmario cbe uno stesso uomo , 
gia comandante supremo deile milizie imperiali, e quiodi raaturo 
di eta, fosse abile ancora, dopo sette lustri, a reggere le eorti oiviii 
delltsola. 

(5) L'eresia dei monoteliti, dasinata snccessivamente nei coocilio 
geroselimitano del 634, nel concilio romano del 640, in coi fa pro- 
scritta eziandjo VBctesi di Eraclio, e dai cencilii namidko, mauri- 
4aaico , bizaceao , e carUgioese det 646 («p. Mansi , S*. cewdL coUect., 
tom. X , col. «49 «e seg., 679-80, 697 e seg., 761 e seg.), fu anate- 
matizzata dt nuovo ool Tipo deU'imperatore Costante dal ooncilio 
lateraneose celebrato nei 649, sotto il ponteGce Martine I (ap. Mansi, 
oper. cit., tom. X, ool. 783-84, 863 eseg.). A questa fainosa rinniene 
4i «onto e cinqne vescovi ortodossi, nella qoale furono dkhiaratt' 
nemid defla fede e della tradiciene cattoika Cire patriarca di Ales- 
-sandria, Sergio, Paote « Pirro patriarchi di Costantinopoli, che 
«veane negato e niegavano pertinacemente ia duplice voionta (divina 
ed umana) nella persona di G. C, intervenner* Diedato vescov» 
<di Cagiiari, e Valentino vescovo di Torres. II prime di «ssi parW 
eloqaentemente ai cospetto 4ei padri netle sesskni prima , seconda, 
qnarta e qolnta (ap. Maasi, oper. cit, tom. X, coL 887-90, 910, 
941 , 1097, 1138 e seg.), e knne il torze luoge fra i seniori. En- 
trambi sottoscriesero agli atU cencBiari con qnesta formola: Deu* 
deiit episcopu* tanctue c»raUkmae ccclesiac : Palentim* cpiscopm 
tanctae twrritanae ecclesiae (ap. Mansi, ep. cH., tom. X.kwI. 1109, 
1167). A Diodato succedette Giuslino nella sode cagliartttna , poiebe 



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PRIMA. 



p. c n. 6so. turrilani tolla da papa Martino I (650) agli arcivescevi di 
Cagliari (0, e la lunga epistola dirella da Anastasio, disce- 
f.c. w. 655. polo di S. Massimo, ai monaci cagliarilani (655), acci6 

tra i vescovi che non intervennero al detto concilio lateranense, 
ma che ne approvarono gli atti, dappoicbe fa conchiaso, vedesi 
sottoscritto Juttinui epucopus tanctae Caraiitanae eecletiae intulae 
Sardiniae (ap. Hansi, oper. cit, tom. cit, col. 1170). 

(I) 11 fatto e attestato da Anastasio bibliotecario nella vita del 
pontefice Giovanni V. Narrando egli la ordinazione di NoveUo ve- 
scovo di Torres tatta nel 684 o in quel lorno , da Citonato arcivescovo 
di Cagliari, dice che il papa la riprovd come nnlla ed arbitraria, 
perche il suo predecessore Martino 1 avea richiamato a stretta os- 
servanza 1'antica consuetudine della chiesa turritana , in virtu della 
quale i suoi vescovi dipendevano direttamente dalla sedia apostolica, 
e doveano dalla medesima essere ordinati , rivocando percid la fa- 
colta temporaria di siffatte ordftazioni accordata per motivi speciali 
agli arcivescovi cagliaritani, i quali poi, montati in soperbia, con- 
tinuavano ad usarne come di un diritto ordinario. Soggiunge lo stesso 
autore , che il snddetto papa Giovanni V convoco un concilio di 
sacerdoti, e, rinnovata la ordinazione di Novello, lo restitui e lo 
riconfermd nell' antica e diretta soggezione della sede pontificia. 
Hie (i. e. Joannes P. V.) pott multortm annorum cwricula propter 
trantgrettionem ordmationU eccletiae turritanae in Sardinia, quam 
rine auctoritate pontificU feeerat Citonatds archiepiicopv* calari- 
tanut, pro eo quod antiquitut ordinatio fuit tedit apottolicae, et ad 
temput concetta fuerat ipta ordinatio eidem eccletiae. Postmodum , 
protervia faciente archiepitcoporum, per praecepta ponti/icum ab 
eadem ordinatione tutperui sunt juxta determmdtionem tanctae me- 
moriae Martmi papae. Et facto concilio tacerdotum Novelldm epi- 
tcopum, qui ab eodem archiepitcopo ordinatut fuerat, tub ditione 
ledit aposlolicae redintegravit atque firmavit, quorum chirographu* 
archivo ecclesiae detentut est (Vti. Joann. pap. V, ex lib. Ponlif.,«p. 
Mansi, oper. cit., tom. XI, col. 1093). Di quesla dipendenza antica 
ed immediata dei vescovi di Torres dal romano pontefice, e della 
conferma fattane dai papi Martino I, e Giovanni V negli anni 650, 
( vel circ. ) e 684 , parld pure il Fara nel libro I De rcbut tardoit 
pag. 170, edit. praed. ), e disse di trovarsene memoria nel libro 
(ossia nella Colletione canoniea) di Diodato che si conserva nella 
biblioteca vaticana. II Machin, non potendo niegare il falto, cercd 
Vli travisarlo , e scrisse che il vescovo di Torres erat antea calaritano 
(episcopo) tubieetus iure ordinario, et ordinabatur ab Ulo; ma che 
poi iuxta determmationem sanctae memoriae Martini papae fuit 
exemptus (Defent'. Primat., archiep. calar., cap. XXIII, pag. 103, n. 10, 
edit. praed.); lo che e diamelralmente contrario alla narrazione di 
Anastasio, secondo la quele i vescovi turritani dipendevano diret- 
tamente dalla sedia apostolica, e da tempi molto antichi ricevevano 
l'ordinazione immediata dai papi: Turritanae eceleriae qrdinatio an- 
liquitui fuit tedis apoitolicae. E se d'aItro canto qoesta medesima 
drdinazione fuit (postea) ad tempus concessa agli arcivescovi di Ca- 
gliari , e poi , protervia ( eorum ) faciente , ne rarono privati dal 
ponlefice Martino I , e finalmente fa annullala dal papa Giovanni V 
la ordinazione di Novello fatta da Citonato sine auctorUaU pontificU, 
chi non vede che i prelali cagtiaritani non aveano , prima di detta 
concessione, o facolta temporaria, diritto veruno di ordinazione, 
od altro, sopra i vescovi di Torres? Ne mi si dica col Mattei (Sardin. 
taer. Bcelet. calariL, n.° IX, pag. 84, %ccles. turrit , n.° IV, pag. 145), 
che sebbene il pontefice Giovanni V abbia riconosciuto irrita la 
ordinazione di Novello fatta da Citonato, tnttavia la confermd e 
1'approvo poco dopo : sed postea eonfirmata fuit. ... sed postmodum 
UUim probavU (loc. cit.). Imperocche con totto il rispetto dovnto, e 
ehe io sinceramente professo a questo insigne scritlore delle cose 
ecclesiastiche di Sardegna, risponderd franramente, ch'egli o non 
volle intendere, o volle fare aperta violenza alle parole di Anastasio 
bibUotecario , il quale non disse , ne potea dire approvata o confer- 
mata dal papa una ordinazione eseguita propter trantgressionem. . . 
rine auctoritate pontificis , ma scrisse chiaramente, e senza dar luogo 
ad ambiguita, od interpretazioni, che il pontefice Giovanni V, facto 
concilio sacerdotum, Novellgm episcopum, qui ab eodem archiepi- 
icopo (Citonato) ordinatut fuerat, tub dUione tedis apotlolicae redin- 
tegravU utque firmavit. Ora, e ben diverso il redintegrare dal con- 
firmare e dal probare, giaccheil primo vooabolo signiDca rinnova- 
zione di un atto intrinsecamente nuUo , e gli altri due possono 
intendersi, sia di on atto gia valido per se stesso, cbe di un atto 
mancante soltanto di qoalche formalita. Forse qui potrobbesi chie- 
dereda lalnno, qnando, e perche sia stata accordata agli arcivescovi 
di Cagliari la facolta temporaria di ordinare i vescovi turritani. Se 
si consulla la storia ecclesiastica, non si trova certamente monu- 
mento veruno, che ce ne additi il motivo ed il tempo. Ma se in 
mancanza di documenti storici si ricorra a ragionevoti conghietture, 
io propendo ad opinare, che cio succedesse sotlo il pontificato di 
S. Gregorio Magno, o per rausa delle incursioni longobardichc , o 
perche 11 mare frapposto impcdiva il pronto c facUc acccsso doi 



serbassero incontaminata la credenza callolica sulla duplic& 
volonta di G. C, propugnandola coraggiosamente contro le 
nuove cavillazioni degli eresiarchi ( 2 ), sono i soli fatti d'im- 

vescovi di Torres alla melropoli del mondo crisliano per esservi 
ordinati dal pontefice. Leggo infiatti neUe epislole gregoriane, che 
in tal tempo appunto, e precisamente nel 599, fu concedula a Mas- 
simiano vescovo di Siracusa (a lui personalmente, non alla sede: 
pertonae, non loeo, come dice il papa) l'aatorita della sede aposto- 
lica sopra tutli i vescovi della Sicilia, quatenut eit non rit necet- 
tarium, pott haec, tanta mari* spatia transeundo ad nos pervenire 
(ep. IV, lib II, indict. X, edit. Mans.), e trovo nel medesimo epi- 
slolario, cbe nel 599 Mariniano vescovo di Torres dimostravasi 
renitente a nbbidire agli ordini di Gianuario vescovo di Cagliari, e 
che il papa si riservava di prowedere sopra le differenz